Il Papa ricorda la santità della Chiesa russa

 

Il Papa ricorda la santità della Chiesa russa

La pace si costruisce con l’ecumenismo

Sappiamo come il Santo Padre nell’agosto scorso si è collegato con i ragazzi russi riuniti a San Pietroburgo in occasione del decimo incontro nazionale dei giovani cattolici della Russia[1]. Il tema scelto per l’evento era lo stesso della Giornata mondiale della Gioventù tenutasi a Lisbona a inizio agosto e il discorso del Pontefice, apparso sul sito ufficiale del Vaticano, è una summa di quanto già detto in Portogallo.

Il Pontefice prima della benedizione finale ha pronunciato le seguenti parole, che poi sono state pubblicate sul portale dell’Arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca:

«Non dimenticare mai l’eredità. Siete gli eredi della grande Russia: la grande Russia dei santi, dei governanti, la grande Russia di Pietro I, Caterina II, quell’impero – un grande, illuminato, paese di grande cultura e di grande umanità. Non rinunciate mai a questa eredità, siete gli eredi della grande Madre Russia, andate avanti. E grazie. Grazie per il vostro modo di essere, per il vostro modo di essere russi».

Successivamente, nel viaggio di ritorno dalla Mongolia il 4 settembre scorso, il Papa è stato poi interrogato da un giornalista su questo episodio[2]:

Fausto Gasparroni (ANSA)

«Santità, io faccio la domanda a nome del gruppo italiano. Recentemente hanno fatto discutere certe sue affermazioni rivolte a giovani cattolici russi riguardanti la grande madre Russia, l’eredità di personaggi come Pietro il grande e Caterina II. Sono affermazioni che, diciamo, hanno molto irritato per esempio gli ucraini, hanno avuto conseguenze anche in ambito diplomatico e sono state un po’ viste come quasi un’esaltazione dell’imperialismo russo e una sorta di avallo anche alle politiche di Putin. Lei, volevo chiederLe, perché ha sentito la necessità di fare queste affermazioni, se ha valutato l’opportunità di farle, se le ripeterebbe; e anche, per chiarezza, se può dirci che cosa pensa degli imperialismi e in particolare di quello russo?

Papa Francesco:

«Consideriamo dove è stata fatta la cosa: un dialogo con i giovani russi. Alla fine del dialogo ho dato loro un messaggio, un messaggio che ripeto sempre: di farsi carico della loro eredità. Questo per primo: prendete la vostra eredità. Lo stesso che dico dappertutto. E con questa visione cerco anche di fare il dialogo tra nonni e nipoti: che i nipoti prendano l’eredità. Questo lo dico dappertutto, e questo è stato il messaggio. Un secondo passo, per esplicitare l’eredità: ho detto della grande Russia, perché l’eredità russa è molto buona, è molto bella. Pensa nel campo delle lettere, nel campo della musica, fino ad arrivare a un Dostoevskij che oggi ci parla di umanesimo maturo; si è fatta carico di questo umanesimo, che si è sviluppato, nell’arte e nella letteratura. Questo sarebbe un secondo piano, di quando ho parlato dell’eredità. Il terzo, forse non è stato felice, ma parlando della grande Russia nel senso non tanto geografico, ma culturale, mi è venuto in mente quello che ci hanno insegnato nella scuola: Pietro I, Caterina II, ed è venuto questo terzo aspetto, che forse non è proprio giusto, non so, che ce lo dicano gli storici, ma è stata un’aggiunta che mi è venuta in mente perché l’avevo studiato a scuola. Ma quello che ho detto ai giovani russi è di farsi carico della propria eredità, di prendere la propria eredità, che vuol dire non “andare a comprarla” altrove, sai? Assumere la propria eredità. E quale eredità? Quella della grande Russia: la cultura russa è di una bellezza, di una profondità molto grande, e non va cancellata per problemi politici. Hanno avuto anni bui – politici – in Russia, ma l’eredità sempre è rimasta così, disponibile.

Poi, Lei parla dell’imperialismo. In realtà, io non pensavo all’imperialismo quando ho detto quello, ho parlato della cultura, e la trasmissione della cultura mai è “imperiale”, mai; è sempre un dialogare, e parlavo di questo. È vero che ci sono degli imperialismi che vogliono imporre la loro ideologia. Mi fermo su questo: quando la cultura viene “distillata” e trasformata in ideologia, questo è il veleno. Si usa la cultura, ma distillata in ideologia. Questo bisogna distinguere: quando si tratta della cultura di un popolo e quando si tratta delle ideologie che sorgono da qualche filosofo, da qualche politico di quel popolo. E questo lo dico per tutti, anche per la Chiesa: dentro la Chiesa a volte si mettono le ideologie, che staccano la Chiesa dalla vita che viene dalla radice e va in su; staccano la Chiesa dall’influsso dello Spirito Santo. Un’ideologia è incapace di incarnarsi, è idea soltanto. Ma quando l’ideologia prende forza e si fa politica, di solito diventa dittatura, diviene incapacità di dialogo, di andare avanti con le culture. E gli imperialismi fanno questo. L’imperialismo sempre si consolida in base a un’ideologia. Dobbiamo distinguere anche nella Chiesa tra dottrina e ideologia: la vera dottrina mai è ideologica, mai; è radicata nel santo popolo fedele di Dio; invece l’ideologia è staccata dalla realtà, staccata dal popolo... Non so se ho risposto».

Commento

Sappiamo come il Papa sin dall’inizio della guerra fra Ucraina e Russia parlò di «guerra fratricida» con evidente riferimento a uno dei temi fondamentali del suo pontificato: la fratellanza umana universale, che cosa è, su che cosa si fonda, che vantaggi procura, come la si rompe e come la si ripara.

Senza misconoscere l’ingiustizia dell’aggressione russa e la legittimità della difesa da parte dell’Ucraina, egli da Pastore universale della Chiesa si pose subito sul suo proprio piano spirituale di padre comune dei cristiani promotore della pace di Cristo e quindi di giudice super partes dei conflitti, che inevitabilmente sorgono nella nostra povera umanità e nella Chiesa stessa a seguito del peccato originale e delle nostre stesse colpe[3].

Così nelle guerre: anche se una parte ha ragione e l’altra ha torto, siamo tutti peccatori, tutti fratelli, tutti figli di Dio, tutti chiamati alla salvezza. Per questo vi sono torti anche in chi ha ragione vi sono ragioni anche in chi ha torto. Il fenomeno della guerra è un fenomeno estremamente complesso, effetto di una molteplicità di cause, materiali e spirituali, ideologiche e morali, politiche e religiose, economiche e sociali, nazionali e umanitarie, storiche ed attuali. Giudicare chi ha ragione e chi ha torto non è così semplice come nel caso del passante che viene aggredito e derubato del portafoglio o della donna violentata da un bruto.

Per questo, per pacificare due belligeranti, occorre con un paziente, tenace, fiducioso  e saggio lavoro, ricucire lo strappo, riconciliare e calmare gli animi, illuminare la situazione in base ad elevati criteri di giudizio, conoscere a fondo il cuore umano, tener conto di tutti i fattori concorrenti, motivanti o scatenanti il conflitto, dei diritti e dei doveri delle due parti, richiamando le parti a valori ed interessi comuni,  promovendo in entrambe i lati buoni e correggendo quelli cattivi.

Il Papa ha intuìto subito che un elemento che nella guerra di Ucraina gioca un ruolo determinante, anche se non certo l’unico, accanto ad antichi rancori e incancrenite divisioni,  sete di vendetta, crudeltà ancestrali, interessi economici,  spinte autonomistiche o nazionalistiche ed appetiti imperialistici, è la secolare dolorosa divisione fra cattolici ed ortodossi, in qualche modo connessa con l’opposizione fra cultura occidentale e cultura orientale, benché ovviamente cattolicesimo dica  universalità in teoria e di fatto, senza contare l’interesse che hanno i grandi poteri mondiali anticristiani massonico, islamico, induista, sionista e comunista a tener divisa la Chiesa a scopo di distruggerla.

Il Papa sa che in questa drammatica vicenda che sta mettendo a rischio la sopravvivenza dell’umanità, egli ha una carta importante da giocare, che nessuno meglio di lui può giocare, carta inefficace solo per coloro che, con lo sguardo della gallina, non sanno ragionare altro che in termini mondani: la carta dell’ecumenismo cattolico-ortodosso, che, come sappiamo, ha avuto un’autorevole consacrazione dal Concilio Vaticano II e da allora non ha cessato di fiorire producendo  abbondanti frutti di riconciliazione, mutua comprensione e carità, anche se il cammino potrà concludersi solo quando Mosca rinuncerà alla dottrina della Terza Roma e Costantinopoli riconoscerà il Filioque e Mosca e Costantinopoli giungeranno così alla piena comunione con la Chiesa Romana.

Purtroppo l’Ucraina non ha saputo apprezzare la spinta ecumenica data dal Concilio nei suoi stessi interessi di unità nazionale. Dopo che la Chiesa di Kiev, fondata col battesimo del re San Vladimiro nel 988, aveva portato il cristianesimo a Mosca nel sec. IX, la Chiesa di Kiev, dopo aver seguito con Mosca Costantinopoli nello scisma del sec. XI, con l’accrescersi della grandezza del principato di Mosca, da madre della Chiesa di Mosca, finì gradatamente per passare alla soggezione a Mosca, che nel sec. XVI si era proclamata Terza Roma, quindi al di sopra di Costantinopoli.

In questo momento iniziò da parte del Patriarcato di Mosca un atteggiamento dispotico di supremazia umiliante nei confronti della Chiesa di Kiev, che pure era stata la Chiesa che aveva generato quella di Mosca. Sin da allora, quindi, in Ucraina, cominciò a diffondersi una non convinta obbedienza al Patriarcato di Mosca, obbedienza che tuttavia esiste ancora in Ucraina, dove la maggioranza dei cristiani sono ortodossi.

A complicare le cose nel sec. XVII nacque in Ucraina un movimento di accostamento a Roma guidato dal Vescovo San Giosafat, convertito dall’ortodossia al cattolicesimo, fondatore della cosiddetta Chiesa «uniate», un uomo coraggioso che divenne fumo negli occhi per gli ortodossi, i quali giunsero al punto di ucciderlo, sicchè egli è ricordato come Martire dalla Chiesa cattolica.

 In tal modo nacque in Ucraina una profonda divisione fra cattolici residenti nell’ovest del Paese e legati all’Europa occidentale e gli ortodossi del’Ucraina dell’est, legati alla Russia e al Patriarcato di Mosca. Purtroppo il movimento ecumenico avviato dal Concilio non ha avuto alcun influsso in Ucraina, dove sono rimasti secolari rancori e antagonismi fra cattolici ed ortodossi, adesso strumentalizzati dall’antagonismo-competizione fra Stati Uniti e Russia, entrambi vogliosi di assoggettare a sé l’Ucraina.

La quale, purtroppo, in questa aspra vicenda che mette a repentaglio la sua stessa sicurezza ed unità nazionale, non riesce a far comprendere agli aspiranti alla sua mano da quale parte vuol stare, mentre di per sé, data la sua stessa posizione geografica di confine tra occidente ed oriente, potrebbe diventare un centro internazionale di ecumenismo di prim’ordine, esempio per tutta la Chiesa. Ma è chiaro che ci sono forze potenti che vogliono impedire questo fatto, che recherebbe unità, potenza e prestigio alla Chiesa che esse vogliono invece distruggere.

Senonchè, a peggiorare le cose, come sappiamo, a Kiev è di recente sorto un Patriarcato autocefalo indipendente da Mosca, approvato da Costantinopoli e sconfessato da Cirillo Patriarca di Mosca. Nel contempo Cirillo, a seguito dell’aggressione russa all’Ucraina, ha perso molti fedeli, e lo si può ben comprendere.

Russi ed Ucraini sono nati come un solo popolo[4] ed hanno sempre fatto parte dell’impero zarista. Ucraina significa semplicemente «territorio di confine». Solo a partire dal sec. XVII, allorchè nacque la Chiesa Uniate, mentre la Russia restava ortodossa, cominciò a sorgere tra Russi ed Ucraini una certa divisione ed una certa frizione, delle quali Stalin astutamente approfittò per applicare il principio divide et impera, sicchè giunse al punto da dichiarare Russia ed Ucraina Stati autonomi ed indipendenti, facendosi così la fama di sovrano liberale e rispettoso delle autonomie locali. Ma ciò non fece che favorire i vecchi rancori nazionalistici e religiosi, che, giunti all’esasperazione, hanno prodotto la guerra attuale.

Il Papa ha capito che deve battere la strada dell’ecumenismo. In questo quadro ottima è stata l’iniziativa del Papa di inviare come suo rappresentante il Card. Zuppi per un incontro con Cirillo, a quanto sembra ben riuscito. È questa la strada giusta. Le trattative diplomatiche, le iniziative umanitarie e gli incontri con governanti o capi di Stato è meglio che il Papa li lasci a forze laiche e politiche di sua fiducia.

Egli deve fare ciò che nessuno, al di fuori di lui Vicario di Cristo, può fare: operare per la riconciliazione e pacificazione dei cristiani in Ucraina e per il loro buon rapporto con i cristiani russi, cattolici od ortodossi che siano. In questo quadro si inserisce l’ottimo gesto di Papa Francesco dell’incontro con i ragazzi cattolici russi di che hanno partecipato alla GMG.

Nella ricerca della pace svolge un ruolo importante il rapporto del Papa col Patriarca Cirillo. Questi gode oggi un prestigio religioso e politico del quale non godeva ai tempi dell’Unione Sovietica. Nel contempo occorre ricordare che Putin non è Stalin. Abbiamo un’ampia documentazione sui rapporti di amicizia e sulla stima reciproca fra Cirillo e Putin sulla base della comune fede ortodossa.

Ecco dunque ricomparire la carta dell’ecumenismo. Sarà questa la carta vincente. Non dimentichiamo che l’ecumenismo è somma scuola di condivisione, di mitezza, di pace, di mutua comprensione e di accettazione e di riconciliazione. È vero che la Chiesa ortodossa, erede del cesaropapismo degli Imperatori bizantini, influenzati a loro volta dal modello dell’imperatore romano pagano pontifex maximus, e d’altra parte priva dell’appoggio del Sommo Pontefice, è vittima di una debolezza congenita, che la rende dipendente dal potere politico, a causa di una cattiva interpretazione del sostegno e della difesa temporale della Chiesa ai quali è obbligato l’Imperatore cristiano.

E Putin è effettivamente cristiano. Ma come? Lo è sinceramente o vuol assoggettare la Chiesa ortodossa a un concetto della «santa» Russia come dominatrice dei popoli? Magari influenzato da Dugin? Tante crudeltà commesse dalle truppe russe in Ucraina vanno d’accordo con una testimonianza cristiana di un governante che ha ordinato la spedizione militare?

Forse i soldati gli hanno preso la mano manifestando quella crudeltà, che purtroppo, per lo stesso riconoscimento degli interessati, è presente nell’indole slavo-russa, sia pur accanto ad accenti di squisita nobiltà d’animo e spiritualità?[5] La tragica fine di Prigozin significa la volontà di Putin di frenare questi eccessi? Era necessaria tanta violenza per rivendicare i diritti della minoranza russa del Donbass e della Crimea?

Quale che sia la risposta non facile a queste domande inevitabili, alle quali forse neppure il Papa sa rispondere, una cosa egli può e deve fare: occorre che egli insista di più sulla linea dell’ecumenismo camminando sulla strada che gli ha già aperto San Giovanni Paolo II con i suoi storici documenti commemorativi del battesimo della Russia di Kiev nella persona del re San Vladimiro e l’evangelizzazione degli Slavi ad opera dei Santi Cirillo e Metodio nel sec. IX.

È in questi eventi decisivi della storia cristiana dell’Ucraina e della Russia e della stessa Europa, che il Papa troverà gli spunti, le ragioni, i principi, le vie e i metodi per pacificare e riconciliare fra di loro Ucraina e Russia. Il problema di fondo è quello segnalato più volte da San Giovanni Paolo II: l’Europa deve ritrovare le sue radici cristiane.

Occorre che il Papa, con ogni saggezza e prudenza, ma anche con coraggio, si adoperi o trovi la via per far leva sulle risorse morali cristiane del popolo russo, delle quali ha fatto l’elogio, senza scavalcare le sue autorità civili e religiose, deve andare direttamente al cuore del popolo. Da questo punto di vista, ottimo è quanto ha detto ai ragazzi russi. Deve procedere su questa linea. Così pure ottima fu l’idea di consacrare alla Madonna di Fatima la Russia insieme con l’Ucraina e quella di far portare la croce nella processione del Venerdì Santo da una donna russa e da una donna ucraina. È questa la strada giusta.

Ma sono proprio queste cose ciò che le potenze di cui sopra disprezzano o non vogliono. Pertanto non possiamo attenderci sufficienti mediatori di Pace da potenze come gli Stati Uniti, la Cina, l’India o la Turchia, i quali non hanno una visione dell’umanità e del suo bene comune in grado di indicare le vie della pace, perchè in un modo o nell’altro puntano soltanto sulle forze dell’uomo. Solo la Chiesa di Cristo, pienamente presente nella Chiesa cattolica e parzialmente presente nella Chiesa ortodossa.

Le Chiese protestanti si possono associare a quest’opera di pace, in quanto anch’esse appartengono alla Chiesa di Cristo, benché non con la pienezza della Chiesa cattolica, alla Chiesa di Cristo. È questo il banco di prova del vero ecumenismo. Il resto sono chiacchiere. Occorre infine ricordare la responsabilità delle Nazioni Unite al di sopra di tutti gli Stati della comunità internazionale.

Al ceto dirigenziale della massima assise giuridica e politica mondiale spetta per diritto delle genti il compito supremo e sovrano di garantire la coesistenza giusta e pacifica tra le nazioni, di indicare la vie della pace, del superamento dei confitti e della riconciliazione fra i popoli della terra secondo i princìpi del diritto internazionale e valendosi degli opportuni strumenti e sanzioni disciplinari escludendo nel modo più assoluto per sé e per tutti gi Stati l’impiego della armi atomiche e limitandosi all’uso delle sole forze di polizia internazionale.

Stando così le cose il Papa ha avuto un’ottima idea – idea che peraltro sarebbe venuta in mente a chiunque - ad esortare i ragazzi cattolici russi a conservare l’eredità della cultura russa, a farsi educare dalla cultura e dalla santità russe, a farsene carico, a farsene discepoli, trasmettitori e divulgatori per formare le nuove generazioni. Stupisce, pertanto, e amareggia la reazione di Zelensky, che pur dovrebbe riconoscere il valore anche per l’Ucraina delle radici storiche cristiane della Russia nei suoi originari legami con l’Ucraina.

Avrebbe dovuto compiacersi del fatto che il Papa abbia rievocato un passato di comune pratica della vita cristiana. Il suo timore che il Papa volesse in qualche modo giustificare l’imperialismo russo, come ha successivamente spiegato il Papa il 4 settembre, era del tutto infondato, benchè il Papa, per ricordare le glorie passate della Russia, avrebbe fatto meglio a ricordare piuttosto i Santi, come pure ha fatto qualche tempo fa rendendo omaggio a San Sergio di Radonez.

Poco felice invece è stato il ricordare Pietro il Grande, al quale Putin ha voluto paragonarsi, e Caterina II, che pur ebbe l’accortezza di accogliere nel suo Stato alcuni Gesuiti dispersi dopo la soppressione della Compagnia. Il Papa avrebbe potuto ricordare santi, politici, artisti, letterati e uomini di cultura ben più meritevoli, come fece per esempio San Giovanni Paolo II, il quale nell’enciclica Fides et Ratio, ricordò e raccomandò i grandi nomi di Soloviev, Florensky, Ciadaiev e Lossky. Ma purtroppo succede che le interviste in aereo trovano il Papa impreparato, per cui non occorre dare ad esse un peso eccessivo.

Zelensky ha inteso che il Papa simpatizzasse per l’imperialismo russo. Nella risposta alla domanda del giornalista il Santo Padre coglie l’occasione per precisare il rapporto fra imperialismo e ideologia. L’imperialismo sempre si consolida in base a un’ideologia. Gli imperialismi vogliono imporre la loro ideologia. Un’ideologia è incapace di incarnarsi, è idea soltanto. Ma quando l’ideologia prende forza e si fa politica, di solito diventa dittatura, diviene incapacità di dialogo, di andare avanti con le culture.

Il tema della santità è di comune interesse per la Chiesa cattolica e per la Chiesa ortodossa, a differenza dei protestanti, per i quali il presentare un modello di condotta morale e soprattutto ascetico non serve ed anzi potrebbe favorire il farisaismo, ma è sufficiente l’esempio del peccatore che tuttavia confida nella misericordia di Dio operando il bene, ma nella forma altruista dell’impegno sociale, senza austerità o ascetismi.

Invece tanto la Chiesa cattolica quanto quella ortodossa tengono nella massima considerazione il valore della santità come effetto dell’azione dello Spirito Santo. Anche per loro come per noi la Chiesa è santa. E noi e loro rendiamo culto ai medesimi Santi canonizzati precedenti lo scisma de 1054.

Mentre tuttavia la Chiesa cattolica, assistita dallo Spirito Santo, ha il dono di mutare il suo giudizio su di un Santo canonizzato, la Chiesa ortodossa, non avendo questa comunione col Papa, che rende infallibile il giudizio, prevede la possibilità di togliere qualcuno già canonizzato dal catalogo dei Santi.

In ogni caso è evidente che il richiamo che il Papa ha fatto ai Santi russi ci incita tutti a trovare nella santità cristiana quella luce e quella forza spirituali che posseggono il segreto della pace, luce e forza che, se seguite e sperimentate, riempiono il nostro spirito di un’energia invincibile di «ardentissima carità», per usare un’espressione di Santa Caterina da Siena, in modo tale da renderci persuasivi ed irresistibili fautori e mediatori di pace, sconfiggendo le forze diaboliche lanciate sulle strade dell’odio e della morte.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 10 settembre 2023

Occorre che il Papa, con ogni saggezza e prudenza, ma anche con coraggio, si adoperi o trovi la via per far leva sulle risorse morali cristiane del popolo russo, delle quali ha fatto l’elogio, senza scavalcare le sue autorità civili e religiose, deve andare direttamente al cuore del popolo. Da questo punto di vista, ottimo è quanto ha detto ai ragazzi russi. Deve procedere su questa linea. Così pure ottima fu l’idea di consacrare alla Madonna di Fatima la Russia insieme con l’Ucraina e quella di far portare la croce nella processione del Venerdì Santo da una donna russa e da una donna ucraina. È questa la strada giusta.

Stupisce, pertanto, e amareggia la reazione di Zelensky, che pur dovrebbe riconoscere il valore anche per l’Ucraina delle radici storiche cristiane della Russia nei suoi originari legami con l’Ucraina.

Avrebbe dovuto compiacersi del fatto che il Papa abbia rievocato un passato di comune pratica della vita cristiana. Il suo timore che il Papa volesse in qualche modo giustificare l’imperialismo russo, come ha successivamente spiegato il Papa il 4 settembre, era del tutto infondato, benchè il Papa, per ricordare le glorie passate della Russia, avrebbe fatto meglio a ricordare piuttosto i Santi, come pure ha fatto qualche tempo fa rendendo omaggio a San Sergio di Radonez.


Immagini da Internet:
- Papa Francesco, in video conferenza - agosto 2023
- San Sergio di Radonez

[3] La guerra in Ucraina non dev’essere interpretata semplicemente nei termini della tradizionale volontà dell’espansionismo ed imperialismo russi. Se ci limitassimo a questo, non vedremmo altra soluzione che quella militare, la quale, come ha denunciato più volte il Papa, non solo non conduce alla pace, ma aggrava il rischio di un conflitto atomico. La soluzione verrà da un recupero da parte delle due parti dello spirito di pace proveniente dalle loro comuni radici cristiane. Cf il mio libro Dona a noi la pace. Il significato della presente guerra, Edizioni Chorabooks, Hong Kong 2022.

[4] È la tesi sostenuta non solo da S.Giovanni Paolo II, ma anche da Putin, che è dottore in legge ed ha scritto un libro apposta su questo argomento. Egli respinge l’artificioso provvedimento di Stalin di una contrapposizione legale dell’Ucraina e della Russia, approfittando del contrasto fra cattolici ed ortodossi. La nuova Costituzione della Federazione Russa del 1990  riconosce comunque la distinzione statuale fra Ucraina e Russia. Essa introduce il diritto alla libertà religiosa al posto della persecuzione voluta da Stalin. In tal modo, a partire dal 1990 assistiamo alla rifioritura in Russia delle sue antiche tradizioni cristiane, alla riapertura o costruzione o ricostruzione di chiese e di monasteri, alla rifioritura della cultura cristiana e della pietà popolare, al recuperato splendore della liturgia, appoggio ai valori della famiglia, promozione del bene pubblico, limitazione dell’aborto e della sodomia, giustizia sociale, sistema democratico. Il che non toglie ovviamente i difetti del popolo russo, l’endemico dispotismo ed oggi il sorgere di una ristrettissima classe  di cittadini ricchissimi ed egoisti. Anche all’estero comunque si nota questa rinascita religiosa: maggiore afflusso di pellegrini russi al Santuario di S.Nicola di Bari, al quale lo stesso Putin in visita colà ha fatto dono di una statua di S.Nicola; rifioritura di vocazioni al monastero russo di S.Pantelemone al Monte Athos.

[5] Vedi di Tomas Spidlik, I grandi  mistici russi, Edizioni Lipa, Roma 2016; L’idea russa. Un’altra visione dell’uomo, Edizioni Lipa, Roma 1995; Alexander Schmemann, I fondamenti della cultura russa, Edizioni Lipa, Roma 2023.

2 commenti:

  1. La rabbia di Zelenskyj nei confronti del Papa potrebbe essere un segno di quali potenze (massoneria, imperialismi occidentali...) potrebbero stare dietro Zelenskyj per mantenere l'attuale stato di guerra, evitando le vie della pace.

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    1. Caro Anonimo,
      io ritengo che la reazione di Zelensky non abbia favorito un processo di pace, perché egli ha mostrato di non tener conto che la sua stessa Patria è legata alla sua storia cristiana, la quale iniziò nel secolo IX col Battesimo del re San Vladimiro.
      Ora, la Chiesa ucraina dette origine alla Chiesa russa. Quindi il Papa, quando ha ricordato la santità della Chiesa russa, ha ricordato anche implicitamente le sue origini a Kiev.
      Ora, questo fatto storico di prima grandezza avrebbe dovuto suscitare nell’animo di Zelensky una forma di compiacimento. Sì, possiamo chiederci che cosa c’è stato dietro la reazione di disappunto di Zelensky. Quello che è immediatamente apparso dalle sue parole è stato il fraintendimento delle parole del Papa, che non si riferiva affatto a Putin, ma appunto al passato glorioso della Russia.

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