Può un Papa
avere il dovere di ravvedersi?
Siate benevoli gli uni verso gli altri,
misericordiosi,
perdonandovi a vicenda con amore,
come Dio ha perdonato a voi in Cristo.
Ef 4,32
Tutti ci dobbiamo convertire
Papa Francesco
insiste molto sul fatto che i discepoli di Cristo sentono il peso della
fragilità umana conseguente al peccato originale come tutti gli uomini, ma che
essi, uniti fra di loro nella carità da un comune vincolo di fratellanza
dipendente dal fatto di essere tutti fratelli, figli in Cristo del Padre
celeste, hanno per grazia la possibilità ed il dovere di perdonarsi
reciprocamente dei propri peccati.
Ora, in
questa comunità di fratelli che è la Chiesa, uno di essi, fratello tra i fratelli,
segnato come tutti dalle conseguenze del peccato originale e tuttora peccatore
come gli altri, ma riscattato come tutti dal sangue di Cristo, è incaricato da
Cristo, come sappiamo bene, di pascere il suo gregge e di confermarlo nella
fede. È il Successore di Pietro.
Egli,
quindi, è chiamato in modo eminente ad annunciare il piano di misericordia del
Padre attuato in Cristo e nello Spirito Santo, per il quale, avendo tutti la
possibilità di essere perdonati da Dio dei nostri peccati, siamo chiamati a
nostra volta a confessare i nostri peccati e a perdonarci l’un l’altro.
Investito
come Successore di Pietro di questo ufficio dottrinale, per espletare
degnamente il quale possiede dallo Spirito Santo un dono di infallibilità, il
Papa, al fine di rendere più autorevole, persuasiva e credibile la propria
predicazione, di edificare e guidare efficacemente la Chiesa al regno di Dio e
salvare la propria anima, è tenuto a mettere in pratica per primo ciò che predica
e a dare l’esempio, possedendo a tal fine una speciale grazia di stato, la quale,
però, non lo rende impeccabile, ma che egli può sempre respingere col peccato e
recuperare col pentimento e il ravvedimento.
È chiaro che
l’insegnamento dottrinale del Papa dev’essere accettato comunque, perché egli è
il Successore di Pietro; per cui quell’insegnamento è valido in se stesso e non
ricava la sua verità dal fatto che il Papa lo mette in pratica, come credevano
Wycliff ed Hus. Per questo, bisogna accettare gli insegnamenti morali del Papa
come interpretazione della Parola di Dio, indipendentemente dal fatto che il
Papa li metta o non li metta in pratica.
Per questo, i
buoni cattolici erano tenuti ad accogliere gli insegnamenti sulla mitezza di un
Bonifacio VIII o quelli sullo spirito di pace di un Giulio II o quelli sulla castità
di un Alessandro VI o quelli sulla sobrietà di un Leone X o quelli sul distacco
dal potere di un Clemente VII. Tuttavia è evidente quanta maggiore attrattiva
ed autorevolezza hanno tali insegnamenti, se vengono dalla bocca di un Papa
santo o quanto meno coerente con quello che insegna e comanda agli altri.
È evidente dunque
che un Papa può peccare. Per questo, anche lui, come ogni peccatore, quando
pecca, ha il dovere di ravvedersi. Tale dovere concerne innanzitutto il suo
intimo davanti a Dio, il foro interno del sacramento della Confessione, per il quale
il Papa, come ogni cristiano, è tenuto a ravvedersi e purificarsi dai peccati occulti,
che egli solo e il suo confessore conoscono.
Ma quando si
tratta di un peccato esterno e noto ad altri, soprattutto se grave, con un
riflesso sociale, così da interessare la Chiesa o una porzione di Chiesa, sembra
che occorra, in linea di principio, che egli si ravveda e che rimedi pubblicamente
al male fatto, perché altrimenti darebbe scandalo o un cattivo esempio davanti a
tutta la Chiesa, che potrebbe sentirsi indotta ad imitarlo.
Tuttavia, il ravvedimento pubblico di un Papa
è cosa assai delicata e complessa, ben diversa da come vanno le cose nel comune
fedele. Le difficoltà si accavallano: difficoltà di disporre di adatti criteri di
indagine e di giudizio circa la supposta colpa – giudicare un Papa non è come giudicare
un fedele qualsiasi - , e quindi giudicare su cosa esattamente ha fatto o non
ha fatto o se ha veramente peccato o no
e quanto e perché; se è stato o non é stato in buona fede; se è non è
scusabile. E poi c’è la difficoltà delle fonti d’informazione. Sono notizie
certe e provate o sono fake-news o malignità o
fraintendimenti?
Inoltre,
soprattutto nei casi di persone pubbliche come un Papa, certe questioni si
chiariscono, se si chiariscono, solo col tempo, con l’esame di molti elementi e
testimoni, e dopo la morte del Papa incriminato. Sul momento, di solito, si
formano due partiti: uno innocentista e l’altro colpevolista. E non è facile
sapere chi ha ragione. Nel caso del Papa presente purtroppo la situazione è
molto agitata, si scatenano le passioni, gli animi sono ostinati ed esacerbati
e manca il dialogo tra le parti, per cui si intorbida il giudizio ed è molto difficile
sapere dove sta la verità, distinguere notizie vere da notizie false, sincerità
da calunnia, informazione da diffamazione. Si oppongono fra di loro
accanitamente due partiti, «l’uno contro l’altro armato», entrambi miopi e faziosi:
uno di cosiddetti «progressisti», fanatici esaltatori ed adulatori; e l’altro di
cosiddetti «tradizionalisti», rancorosi, arroganti e spietati fustigatori.
Il problema delle
informazioni che giungono al Santo Padre
Urge
formare, sotto il patrocinio di Maria Madre della Chiesa, un sodalizio o corrente d’opinione popolare o specializzata, fornita
di buone fonti d’informazione, in comunione con i Vescovi, molto fervorosa
nella fede e nella carità, bene informata sull’ampiezza e sui limiti
dell’autorità pontificia, colta in teologia, equilibrata, imparziale, coraggiosa,
confortante, serena, prudente, oggettiva, costruttiva, dotata di sano senso
critico, fautrice di pace, di concordia e di riconciliazione nella verità.
Bisogna che questo gruppo si adoperi con
fiducia e nella preghiera, chiedendo luce allo Spirito Santo, per attirare su
di sè, se possibile, grazie ai buoni uffici di mediatori tra di esso e il Papa,
l’attenzione del Papa, e quindi farsi da lui sentire ed ascoltare, superando la
cerchia di collaboratori e consiglieri, i quali, da quanto risulta da molti
fatti, senza per questo escludere il loro prezioso servizio, tendono però a costituire
tra il Papa e il popolo di Dio, una specie di barriera, detta da alcuni
«cerchio magico» e da altri «contorno», così da fare in modo che il Papa
ascolti solo loro, mentre invece egli, non sempre ben consigliato ed informato
da questo «contorno», che gli filtra le notizie, potrebbe trarre giovamento
anche dalle informazioni, dagli appelli, dalle proposte, dalle critiche, dai richiami
e dalle suppliche, che gli perverrebbero da questo gruppo, il quale non desidera
altro che il Papa compia bene quel servizio di verità e di carità, che Cristo gli
ha affidato per il bene di tutta la Chiesa.
Stando così le cose circa la questione di un
ravvedimento del Papa per certi scandali, si capisce quanto è delicata una
questione del genere. Per comprender questo, può bastare ricordare il fatto che
nella storia dei Papi non si registrano mai gesti di pentimento pubblico per
peccati specifici, neppure nei Papi santi e nei più umili, ma al massimo gesti
di generica penitenza in periodi liturgici penitenziali, come per esempio
l’imposizione delle ceneri il Mercoledì santo.
Secondo Rahner, S.Paolo VI avrebbe dovuto
riconoscere davanti a tutta la Chiesa di essersi sbagliato nel proibire gli
anticoncezionali nell’enciclica Humanae
Vitae. Questa è una richiesta assolutamente illegittima, perché un Papa non
può sbagliarsi quando propone in un’enciclica una dottrina morale. Rahner
doveva essere punito.
Mons.Viganò, invece, chiede molto di meno. E
questa volta la richiesta, in linea di principio, è legittima, perché non chiede
una correzione dottrinale, ma morale:
copertura
della corruzione sessuale nel clero e favoreggiamento di essa da parte di Vescovi
e Cardinali, anche se è vero che
facendo anche i nomi di tre Cardinali Segretari di Stato, Viganò non intende
certo addebitare tutta l’enorme realtà dello scandalo al solo Papa Francesco.
Una
questione molto difficile: il caso Viganò
Tuttavia, la questione resta aperta: come
prova Mons.Viganò le sue accuse? E se sono vere, il Papa dovrebbe chiedere
perdono alla Chiesa? Il Papa ha mentito sulla faccenda McCarrick? Come potrebbe
riparare? Potrebbe essere censurato? Fa bene a tacere? A tutte queste domande gravissime,
che richiedono un’amplissima e prudentissima trattazione, tenterò qui solo una
breve, modesta ed ipotetica risposta.
Innanzitutto, bisogna precisare che non si
tratterebbe di porsi sul piano giudiziario e di sottoporre il Papa a giudizio,
sì da obbligarlo a dichiararsi colpevole e ad assoggettarlo ad una sanzione
penale. Il Papa non può essere giudicato. Ma si tratterebbe di porsi sul piano
del Vangelo, applicando il principio della correzione fraterna, similmente a
come S.Paolo ha corretto S.Pietro o S.Caterina da Siena ha corretto Papa Urbano
VI.
Se un papà, dopo aver tradito la moglie, si
pente, ed essendo da lei perdonato,
chiede perdono alla moglie davanti a tutta la famiglia riunita, non è
cosa bella e nobile? Chi non perdonerebbe un papà così? Ma se avendo commesso
un adulterio, si rifiutasse di rispondere
ai familiari che gli chiedono conto di quello che ha fatto, come essi lo giudicherebbero?
Se un capo d’azienda, incriminato per furto ai danni dei dipendenti, si fosse
pentito restituendo loro il maltolto e avendoli radunati, avesse loro chiesto
perdono, forse che non lo avrebbero reintegrato al suo posto? E se si fosse
tenuti i soldi, come sarebbe stato giudicato?
L’autorità che chiede perdono ai suoi sudditi
per una colpa commessa, aumenta il suo prestigio, si fa amare più che temere, i
sudditi la stimano di più e le diventano più fedeli. Invece il Superiore che vuol
coprire le sue colpe e per orgoglio non le riconosce, perde la fiducia dei sudditi,
si rende odioso e viene mal sopportato, salvo che ricorrano alla piaggeria ed
all’adulazione per ottenere favori, che in tal caso saranno disonesti.
Ma riprendiamo la domanda già fatta: in quale
campo un Papa può e deve ravvedersi? Non come dottore della fede, perché qui è
infallibile. Quindi non può peccare nella fede. Quindi non può indurci a
peccare contro la fede. Può peccare invece in tutte le altre virtù. E può indurci a peccare contro di esse.
Possiamo pensare soprattutto a un peccato o
un crimine che rechi un danno evidente alla Chiesa, una negligenza,
un’ingiustizia, un’azione imprudente, il non punire i criminali, una reticenza
dannosa, un linguaggio ambiguo o doppio, un eccesso di ira, un giudizio
fazioso, un abuso di autorità, un atto di empietà, un’avidità di potere, un
favoreggiamento del vizio, un’accezione di persone, una menzogna, un atto di viltà,
un favoritismo, un atto d’orgoglio, una condotta che conduca a disprezzare le
virtù e ad amare il vizio. Dovrebbe riconoscere di aver peccato, e ripararlo,
ossia pentirsene, chiedere perdono a Dio e a coloro che ha offeso, farne
penitenza e ripararlo.
Occorre inoltre capire le cause della colpa.
Il memoriale di Viganò ci dà un quadro impressionante, quasi incredibile, eppure
confortato da una valanga di altri fatti, della diffusione della lussuria nel
clero nelle sue forme più abbiette, quelle della pedofilia e della sodomia. Almeno
la tradizionale fornicazione e il l’antico concubinaggio rispettano il naturale
rapporto uomo-donna. Ma qui siamo al vertice dell’idolatria del piacere
sessuale corrotto non solo a riguardo della ragione, ma dello stesso istinto
animale e della sua normalità biologica.
E il Papa non pare curarsi abbastanza di tenere
a distanza o di allontanare da sè questi personaggi perversi, ma anzi si
direbbe che fra di loro si senta a perfetto suo agio, che li attiri a sè e
farne quasi la collezione. Che cosa c’è dietro a tutta questa sconcezza, che
lambisce persino il trono di Pietro? Come mai questo cancro che ha invaso la
Chiesa? Da che cosa dipende?
Si tratta evidentemente della invasione di
forze distruttrici, che colpisce la Chiesa non più soltanto nella sua
dimensione soprannaturale e spirituale, ma nella sua base umana e addirittura
biologica. Non quindi una semplice desacralizzazione o secolarizzazione della Chiesa,
secondo il progetto modernista, ma una vera e propria distruzione fisica della Chiesa, in quanto composta di
esseri umani intesi come entità biologiche.
Perché la Chiesa risorga da questo baratro, occorre che Papa
Francesco, come dicono i Romani, «si dia una mossa», ossia rinverdisca il
carisma di Pietro, in modo tale che la Chiesa, offuscata dal peccato,
illuminata da Pietro, e purificata dal suo servizio di portinaio, ritrovi
l’accesso al regno dei cieli.
P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 7 luglio 2019
padre scusi ,ma l infallibilità non è condizionata a certe condizioni? guardi che il papa sbaglia continuamente e lei lo sa quando afferma che ebrei cristiani musulmani e buddisti siamo tutti figli di DIO o la pluralità delle religioni sia voluta da DIO
RispondiEliminafabio
Caro Fabio,
Eliminacertamente l’infallibilità è data soltanto in quelle circostanze nelle quali il Papa, come Maestro della fede, insegna a tutta la Chiesa in materia di fede.
Per quanto riguarda l’universalità della figliolanza divina, le parole del Papa possono essere interpretate in due modi. O egli intende figliolanza in un senso naturale oppure egli si riferisce al fatto che tutti possono diventare figli di Dio.
Invece se per figli di Dio noi intendiamo i battezzati o comunque coloro che vivono di una fede implicita, allora è chiaro che non tutti sono figli di Dio, ma San Giovanni (I Gv 3,10) ci ricorda che ci sono anche i “figli del Diavolo”.
Un Papa bugiardo è ossimoro. Troppo politically corrente per chiamare diabolico ciò che è falso e scandaloso. Faremo tutti i conti con la Giustizia. La Misericordia possiamo scordarcela
RispondiEliminaCaro Anonimo,
Eliminale sue espressioni sono un po’ strane e non molto chiare. Le dispiacerebbe riformulare il suo pensiero in termini più chiari?