Metafisica e castità.
Un
accostamento insolito.
Benchè la cosa non possa apparire a tutta
prima del tutto chiara, bisogna dire che tra castità e metafisica esiste uno
stretto rapporto. La castità favorisce il sapere metafisico e la sapienza
metafisica favorisce la castità. Viceversa, la lussuria impedisce o raffredda gli
interessi metafisici e il disprezzo per la metafisica si accorda con la
sensualità e la tendenza alla lussuria. Infatti i più grandi metafisici si
contano tra i religiosi, i santi e gli amanti dello spirito, mentre i maggiori
spregiatori della metafisica sono facilmente degli avventurieri, dei teologastri,
degli pseudofilosofi, dei ciarlatani o degli uomini di mondo, i cui interessi
si racchiudono nell’orizzonte dei piaceri e degli interessi terreni.
Ci sono poi i falsi metafisici, come gli
idealisti, i quali tolgono alla metafisica, come vedremo, la sua vera utilità, dignità
e funzione, col pretesto di innalzarla, mentre invece si perdono in sproloqui
assurdi ed incomprensibili, tanto che, come è noto, per colpa loro la
metafisica presso gli empiristi inglesi si è fatta la fama di un discorso
insensato (non-sense).
Per queste persone attaccate alle vanità di
questo mondo, anche se sono religiose, la castità è un giogo insopportabile,
non ne comprendono né appezzano le ragioni, che sono metafisiche, ossia
spirituali, ed appena possono, magari di nascosto, cedono alla lussuria.
Anche se non hanno fama di lussuriosi e sanno
condursi bene esteriormente, la loro condotta mondana, il loro agitarsi, la
loro impulsività ed irascibilità, la loro ingordigia nei cibi e nelle bevande,
l’attaccamento alle comodità e al denaro,
la loro vanità e leggerezza, la loro mancanza di riflessione, la loro
prepotenza e voglia di comandare, l’attaccamento al successo, il loro ridere
sguaiato, i loro interessi meramente terreni, l’affarismo, il carrierismo, il
loro disprezzo o paura della donna, il loro eloquio vano e futile, e il loro
ragionare carnale sprezzante della metafisica e delle cose religiose, sacre e
spirituali, lascia intendere che essi
comunque non possono apprezzare e vivere serenamente, in modo convinto, la
castità.
Si può dire allora che le visioni del mondo e
della società di tipo secolarizzante o immanentista o politicizzante, che riconducono
il mondo a «questo mondo», escludendo che ce ne sia un altro, escludendo quindi
la dottrina, che pure è evangelica, dei «due mondi», come per esempio Gustavo
Gutiérrez[1];
o vedono lo spirito come autotrascendimento del mondo, come Teilhard de Chardin,
o sostengono che il cristianesimo porta la felicità in questo mondo, come
Albert Nolan[2] o mondanizzano
la Chiesa, come Leonardo Boff[3],
e che quindi disprezzano la metafisica, che fa guardare al di là e al di sopra
del mondo, privano di ragion d‘essere la
castità, la quale si giustifica invece col bisogno di astenersi dai piaceri illusori
di questo mondo e di varcarne i confini, in quanto tali piaceri, che portano
alla stoltezza e all’egoismo o ne sono l’effetto, fanno da ostacolo al conseguimento
di un al di là di questo mondo, che è il mondo dello spirito e del divino, dove
soltanto l’uomo trova la sua pace e la sua felicità.
Queste prospettive terrene di riscatto umano
e di salvezza non mancano certo di generosità, coraggio, concretezza e serietà,
ma accentuano esageratamente l’azione della misericordia corporale e sottovalutano
quella della misericordia spirituale.
A questi obbiettivi meramente politici,
immanenti e terreni di liberazione corrispondono spesso, purtroppo, come fa notare
un documento della CDF del 1984[4],
un facile ricorso alla violenza, una passionalità incontrollata, l’utopismo rivoluzionario,
l’indottrinamento e la fanatizzazione delle masse, il semplicismo
irresponsabile, che considera la soluzione dei problemi sociali come la vittoria
in una partita a scacchi, la totale ignoranza della necessità della grazia per
un’efficace esercizio della giustizia sociale e la liberazione degli oppressi,
il populismo rousseauiano e giacobino, la partigianeria, l’autoesaltazione, le calunnie
contro i ricchi, i vescovi e persino il Papa, l’impazienza scambiata per coraggio
e la pazienza scambiata per vigliaccheria, l’incapacità di una seria lettura
della situazione sociopolitica e la facilità di agire in base a schemi astratti
e preconcetti.
Si nota in queste tendenze la mancanza di una
lettura profonda e cristiana dell’animo umano e dei suoi reali ed autentici dinamismi,
potenzialità, limiti e risorse interiori ed esteriori; il che ovviamente
suppone l’ignoranza di un’antropologia metafisica e della morale, che da essa
discende. Il che vuol dire che manca una base metafisica e quindi c’è il
disprezzo della metafisica.
Ma nel contempo questa irruente passionalità
e litigiosità, questo estremismo e questa tendenza all’impazienza, alla
violenza e all’odio, che tolgono la lucidità dello sguardo e l’oggettività del
giudizio, sono anche il segno di un mancato o insufficiente controllo della
propria emotività ed affettività, sintomo che a sua volta la castità viene
trascurata. E qui vediamo come i conti tornano: metafisica e castità non
possono fare a meno l’una dell’altra.
Occorre dire allora che l’antropologia metafisica
fonda un’etica sociale, che innalza gli umili e libera gli oppressi dal giogo
dei potenti, non però per aprir loro semplicemente un orizzonte terreno di
questo mondo, ma per aprir loro la porta di un altro mondo, oltre la tomba,
quel regno dei cieli, del quale Pietro, per incarico di Cristo, possiede le
chiavi.
È vero che «altro mondo» vuol dire sostanzialmente
trasformazione e salvezza del mondo ad opera della grazia. Tuttavia, ciò non significa
che la pienezza della salvezza avvenga in questo mondo prima della morte, ma solo
dopo.
I pastori, al riguardo, hanno una grande
responsabilità, perché la tentazione, alla quale vanno soggetti, è il temporalismo
e quindi il rischio di creare e presentare una Chiesa mondana, lassista e
temporalista, attaccata al potere, ai piaceri e alle ricchezze. Certamente,
questa Chiesa e questi pastori non favoriscono nè la metafisica né la castità,
ma danno occasione al sorgere di movimenti ereticali antigerarchici, che ogni
tanto appaiono, come i catari, i valdesi, gli hussiti, i protestanti, fino alla
moderna teologia della liberazione.
Ma qual è allora il volo di Pindaro che
sorpassa il mondo, libera il cuore dagli affanni e rende padroni di sé, se non
la serena e sublime metafisica, che fa sentire il primato dello spirito e, con
il Qohelet, la vanità dei piaceri
terreni, scopre l’esistenza di Dio, lancia il cuore all’amore di Dio e del
prossimo, alla dedizione e al sacrificio?
E che cosa è d’altra parte l’astinenza ascetica
dai piaceri mondani, che inaridiscono e chiudono il cuore in se stesso e lo
rendono cieco e ribelle alla legge divina e ai bisogni del prossimo, se non la
castità? Ecco perchè i veri metafisici sono i casti e i veri casti sono i metafisici.
Chi non ama la metafisica, non ama la castità e chi non ama la castità non ama la
metafisica. Non si sfugge.
Vediamo allora a fondo qual è la ragione di questo
reciproco avvantaggiarsi di castità e metafisica. Detta ragione è data dal
fatto che, mentre da una parte la metafisica apre lo spirito alla teologia e
quindi ai valori più alti dello spirito e della morale, apre a quelle che Paolo
chiama «le cose di lassù», la lussuria, invece, impegolando ed imprigionando lo
spirito nelle «cose della terra», come fossero la felicità, nei fascinosi ma
ingannevoli piaceri del mondo, rendendo cieco l’occhio della mente alle cose
dello spirito e della trascendenza e incatenando l’affetto nei
piaceri del sesso, crea l’insensibilità, il disgusto, la noia o la
freddezza per le cose di lassù, ossia quel vizio capitale che si chiama
«accidia».
Da qui la necessità, per chi avverte, anche
minimamente, il primato dello spirito e la sua assoluta ed irrinunciabile, «non
negoziabile» amabilità, di praticare almeno periodicamente, secondo il proprio
stato di vita, un’astinenza sessuale, la quale estingue o modera il desiderio
in modo tale, che la volontà sia più libera di attuare finalità lodevoli od onorabili nel campo delle virtù,
soprattutto la carità verso Dio e verso il prossimo.
Domenico e
Lutero
Nel
contempo, chi vuole essere casto, trova nello studio della metafisica la sua
migliore alleata. Per questo, quando il S.P.Domenico ebbe l’idea di fondare il
suo Ordine, ben consapevole della necessità di praticare opportune regole di ascetica
per ottenere, conservare e custodire la castità, senza trascurare i tradizionali
accorgimenti, mise in sott’ordine certe austerità fisiche praticate dai monaci
e, conformemente all’indirizzo intellettuale e culturale, che aveva dato alla sua
spiritualità, adottò come mezzo ascetico principale lo studio assiduo e
metodico della Sacra Scrittura, essendosi accorto di quanto potere ha la verità
della Parola di Dio nell’assorbire l’attenzione di chi ama la verità, in modo
tale che l’interesse che la mente prova per la verità, dà alla volontà,
sostenuta dalla grazia, la forza di vincere la tentazione della carne.
Certamente S.Domenico inizialmente non pensò
alla metafisica. Tuttavia mandò i suoi frati più capaci a studiare e ad addottorarsi
all’Università di Parigi e di Bologna, essendosi reso conto di quanto importane
fosse lo studio della filosofia per la comprensione e l’interpretazione delle
verità di fede, come risultava dalla prassi secolare del Magistero della
Chiesa.
Uno, però,
si potrebbe chiedere: come mai allora Lutero, che pur tanto amava la Parola di
Dio, non riusciva a vincere la concupiscenza, tanto da abolire il voto di
castità, mentre odiava la metafisica? Lo studio della Scrittura non gli serviva
a calmare la passione? E perché questo odio contro la metafisica, se tanto
affermava di amare la verità?
Viene il sospetto che il suo problema di fondo
non fosse la conoscenza della verità, ma il bisogno di affermare se stesso come
tra tutti illuminato da Dio – una
specie di esasperazione dell’illuminismo agostiniano condito di orgoglio - e
quindi, da qui e solo in questo senso, il suo esser annunciatore del Vangelo.
Lutero assomiglia a Domenico e ai Domenicani
nella volontà di annunciare la Verità. La abissale differenza sta però nel
fatto che mentre i Domenicani considerano la verità con umiltà, come adaequatio
intellectus et rei, per Lutero la verità è ciò che insegna lui e solo lui
infallibilmente sotto la mozione dello Spirito. Dunque, da una parte abbiamo
l’umiltà; dall’altra, la superbia. Adesso possiamo rispondere alla domanda: come
mai Lutero non amava né la castità nè la metafisica. Perché per amarle occorre
amare la verità, E per amare la verità occorre l’umiltà.
La falsità della spiritualità luterana appare
anche dal suo ridurre la carità all’amore del prossimo, respingendo il primato
dell’amore di Dio, come se l’amore del prossimo non fosse motivato dall’amore
di Dio. In tal modo l’amore del prossimo perde la sua regola e misura, in modo tale
che Lutero lo può amare come gli pare e piace, ed ugualmente disprezzare. Certo
Lutero confidava in Cristo, non però come via alla contemplazione del Padre, ma
solo per la convinzione presuntuosa e temeraria che si era fatto che Cristo lo
avrebbe salvato senza meriti.
Diciamo allora che non è vera spiritualità,
né vera fede, né vera teologia, nè vera carità quella che disprezza la
metafisica, che è il sapere che purifica ed eleva la mente alle realtà
invisibili, dell’al di là, ultraterrene, divine, soprannaturali ed
escatologiche.
Così la spiritualità di Lutero, col suo odio
per la metafisica, non è una vera spiritualità, nonostante tutta la sua
affettata devozione allo Spirito Santo. Ma tale devozione non è autentica, come
è dimostrato dal fatto che egli nega i doni gerarchici, che invece sono
essenziali alla Chiesa. Ed inoltre vediamo come Lutero disprezzasse il voto di
castità, che egli considerava irrealizzabile. Eppure è anch’esso un dono dello
Spirito Santo. In Lutero lo Spirito Santo funziona come una corrente alternata.
Inoltre, Lutero aveva senza dubbio un cuore
generoso, misericordioso e sensibile ai bisogni del prossimo, si prese cura
della giustizia sociale e del riscatto dei poveri e degli oppressi, ma tutto
ciò lo faceva discendere non da una visione veramente ampia, universale,
oggettiva, disinteressata, imparziale, serena e cattolica dei bisogni
dell’uomo, una visione che solo un’antropologia metafisica illuminata dalla
fede cattolica può assicurare, una visione consentita dalla pratica della
castità consacrata, come avrebbe dovuto fare in quanto monaco agostiniano, ma
condizionava l’aiuto al prossimo all’adesione fanatica alle sue idee ereticali,
mentre odiava dal profondo del cuore tutti i cattolici rimasti fedeli al Papa,
senza parlare del suo odio satanico contro il Papa. E, guarda caso, tutto ciò
si accompagnava con un disprezzo plateale, arrogante ed isterico per il
Magistero della Chiesa, per la metafisica di S.Tommaso e dei Dottori scolastici
e per il voto di castità.
Si potrebbe forse obbiettare che molti Santi
della carità, come per esempio S.Vincenzo de’ Paoli, S.Teresa di Calcutta, Martino de Porres, la Madre Cabrini, i Santi
Francesco Saverio, Filippo Neri, Comboni, Bosco, Cottolengo, Cafasso, Murialdo,
Orione, Lataste, Giuseppe Moscati e tanti altri non pare avessero particolare
competenza in metafisica, eppure, quanta carità!
Certamente. Ma nessuno mi negherà che
amassero la castità e nel contempo stiamo pur certi che avessero rispetto e
stima per la metafisica, se non altro perchè raccomandata dalla Chiesa nella
formazione del clero ed illustrata da tanti Santi Dottori lungo i secoli.
E d’altra parte, il dono di sapienza, del
quale fruivano nella loro umiltà e carità sostituiva abbondantemente una
cultura accademica, che peraltro può esser occasione di superbia e presunzione.
Scientia inflat; caritas autem aedificat.
Se per fondare la castità e la carità dobbiamo aspettare la metafisica di
Rahner o di Heidegger, aspetteremo per un bel pezzo.
La
metafisica dei piccoli
Qui però per «metafisica» non intendo necessariamente
la metafisica come scienza universalissima, razionale, originaria,
stratificata. suprema, accessibile e praticabile solo dai dotti e dagli accademici,
ma intendo il termine e quindi il concetto nel suo significato originario
etimologico: «oltre la fisica», ossia la capacità, la volontà e il gusto di oltrepassare con la mente e col cuore le realtà
circostanti materiali e sensibili, passeggere e corruttibili, per elevare lo sguardo
alle cose spirituali, celesti, trascendenti, eterne e divine.
Intesa in questo senso, la metafisica è intuizione,
della quale è capace già il fanciullo intelligente ed onesto, che cerca la
verità e la bontà e si chiede il perchè delle cose e possiede già, forse
inconsciamente, quelle nozioni spontanee e prime della mente – cosa, essere,
niente, buono, vero, bello, so, posso, voglio, penso, sempre, mai, tutto,
mondo, ecc. -, e pronunzia quei giudizi primi e certissimi, che stanno alla
base di ogni sapere e volere.
Il bambino concepisce da solo quei valori fondamentali ed universali dell’esistenza e
della vita, dell’essere e del non essere, del sì e del no, dell’io e del
non-io, del mio e del tuo, del questo e del quello, del vero e del falso, del bene e del male, senza che alcuno glie li
insegni, se non indicativamente con l’esempio e il parlare; e la successiva educazione
genitoriale e scolastica non sarà che uno sviluppo, un’esplicitazione, un
approfondimento, un’applicazione ed una determinazione di quelle prime nozioni
e di quei primi giudizi.
La metafisica trascende il sapere fisico; dà
il primato ai valori dello spirito rispetto a quelli materiali; fonda un agire
morale che si oppone con fermezza alle tentazioni della carne; conduce l’anima
alla divina contemplazione separatamente dal corpo dopo la morte; conduce a
tenere in gran pregio l’astinenza sessuale come via ascetica per consentire
all’anima di darsi più liberamente alle gioie dello spirito; spinge a una severa
disciplina, a un cammino di conversione ed alla pratica della rinuncia, della
mortificazione e della penitenza e a
castigare il corpo, ma senza che ciò abbia nulla a che vedere con un disprezzo platonico
o induista del corpo e del sesso.
Contro la
metafisica dualista
La vera spiritualità infatti, fondata su di una
sana metafisica, respinge quell’ostilità e diffidenza verso il senso, non
estranea a Platone e a Cartesio, per le quali il soggetto si rifiuta di
ammettere che i sensi possano darci il vero e crede che tutte le colpe nascano
dal contatto con la materia e dal suo cattivo influsso, insomma dalla tentazione della carne.
In queste concezioni, che credono
erroneamente nella possibilità di un’autocoscienza apriorica che precede il
contatto con le cose sensibili, ed esaltano ed affermano lo spirito contro il
corpo, come se si trattasse di opporre il bene al male, pare che l’ideale sia
quello di liberarsi dal corpo, per cui i grandi peccati non sono più quelli
dello spirito, ma quelli della carne.
Queste concezioni dimenticano che le grandi
colpe non sono quelle commesse quando lo spirito cede alla carne, ma quando lo spirito nella sua malizia e superbia,
vuol disporre della carne a suo
capriccio; e allora è proprio la volta che diventa schiavo della carne. Merita
comprensione chi per debolezza cede alla tentazione carnale. Ma il disprezzo
per la metafisica, se non è equivoco o ignoranza, è cosa abominevole, perché,
per usare l’espressione del Catechismo
di S. Pio X, è «impugnazione della verità conosciuta» e ciò non può avvenire
senza grave colpa cosciente e deliberata.
Invece la vera e sana spiritualità umana non
è la separazione dalla materia, ma la congiunzione col corpo, quindi col sesso.
L’operazione astrattiva propria della metafisica va di pari passo con
l’ascetica della rinuncia e dell’astinenza, ma l’intelletto che passa dal
concreto all’astratto nella speculazione, al momento dell’azione avvia il
processo inverso del ritorno dell’intelletto sul concreto.
Condannabile è anche la metafisica idealista,
monista e panteista di Hegel e di Gentile, che identifica l’essere col pensiero
e con l’agire. Alla fine essa, confondendo l’essere col divenire, confonde lo
spirito con la materia e si rovescia nel suo opposto, che è il materialismo,
secondo la ben nota operazione compiuta da Marx.
È facile capire che cosa diventa la castità
con queste premesse e in questo clima di pensiero: una pratica puramente
esterna, convenzionale e borghese nell’etica hegeliana; il libero
soddisfacimento dell’istinto sessuale nell’etica marxista, premessa dell’etica
freudiana.
Il metafisico, invece, amante della castità,
sa godere equilibratamente e moderatamente dei piaceri del sesso. Chi invece disprezza
la metafisica, è attaccato ai piaceri della terra e quindi disprezza la castità,
la quale modera o si astiene da questi piaceri per amore dei più alti valori dello
spirito e quindi della metafisica.
Vediamo adesso alcune categorie di persone,
di condizioni e stati di vita molto diversi, alcuni più dignitosi, altri di
dignità inferiore, eppur tutti chiamati alla vita di grazia e alla salvezza. Tutti,
quindi, a diversi livelli, chiamati alla castità, alcuni in condizioni più facili, altri più difficili,
alcuni vittoriosi sulla lussuria, altri, in lotta con essa.
Qui evidentemente non è il caso di parlare di
metafisica. Alcuni certamente non sanno neppure che cosa è o non ne hanno mai
sentito parlare. Ma quanti, anche tra i dotti, sanno che cosa è veramente la
metafisica? Ma non importa. La si chiami metafisica o la si chiami ontologia o
filosofia prima o trascendentale o con un altro nome – in sanscrito si chiama jata-vidya=veggenza germinale, la metafisica
ha questo di peculiare fra tutte le altre scienze, che è la più nota
inconsciamente e la meno nota esplicitamente. Il che vuol dire che essa è nel
cuore di tutti, come una luce alta e misteriosa, imperativa ed ineludibile, principio
di verità e di bontà. È una traccia del Logos. È un raggio della divina
sapienza. Tutti la possono vedere e seguire, anche le prostitute, i sodomiti e
i pedofili. Anche loro, dunque, comprendono il senso della mia tesi.
Il giovane che si astiene da rapporti
sessuali in preparazione al matrimonio, in forza di un principio morale fondato
in ultima analisi sul primato dello
spirito, oggetto della metafisica, quando sarà sposato, potrà esprimere l’amore
col rapporto sessuale, che è appunto l’espressione sensibile della comunione
spirituale propria del matrimonio, comunione che trae origine dalla
spiritualità dell’amore, oggetto privilegiato dell’intuizione e contemplazione
metafisica.
L’astinenza sessuale vedovile è un vero dono
della grazia, che non esclude un nuovo matrimonio, ma che più spesso dà alla
vedova o al vedovo la gioia interiore di approfondire la vita spirituale, senza
escludere amicizie dell’altro sesso. Nei primi secoli esisteva un vero e
proprio Ordine delle Vedove, certo giustificata in parte dal fatto che allora
la donna non aveva l’autonomia di adesso, per cui esse dovevano essere
mantenute dalla comunità.
La grazia dell’astinenza sostiene anche la vita
dei celibi similmente alla grazia della vedovanza. Anche negli stati di vita
irregolari, come le unioni civili o quelli dei divorziati risposati o delle
meretrici è possibile e doveroso, per quanto possono, con l’aiuto della grazia divina, un ragionevole controllo del piacere sessuale.
L’astinenza sessuale praticata da un uomo e
una donna consacrati, uniti da una casta amicizia, prepara quella comunione
inimmaginabile, della quale godranno in cielo, comunione, il cui mistero può
essere pallidamente approcciato e presentito solo da un’intuizione di
antropologia metafisica, illuminata dalla fede e dalla speranza, avente per
oggetto l’altissima dignità della differenza sessuale nel mondo della
resurrezione.
La castità
dall’ascetica alla mistica
L’astinenza sessuale propria della castità
consacrata, insieme con gli altri esercizi ascetici ed osservanze religiose e
regolari, corrisponde alla fase ascetica
e purificatrice della vita morale e spirituale, soprattutto nella vita religiosa
e monastica, e prepara al momento dell’esperienza mistica, che è, già in questa
vita, la pregustazione contemplativa e gustosissima seppur sempre nella fede,
della futura visione beatifica, per un impulso di ardentissima carità e sotto la
mozione dello Spirito Santo.
Nel contempo la fase mistica della castità
comporta la pregustazione della comunione fra uomo e donna, ripresa della
comunione genesiaca, che precorre la comunione escatologica nel mondo della
futura resurrezione. Mentre il rapporto uomo-donna condizionato dell’astinenza sessuale è raggiungibile dallo
sforzo ascetico, sia pur sorretto dalla grazia, la comunione mistica,
conseguenza di una profonda comunione spirituale fra uomo donna, e punto d’arrivo
della castità ascetica, è dono raro dello Spirito Santo, precorrimento e pregustazione
della comunione escatologica.
E questo perchè simili forme di unione presuppongono
un’armonizzazione tra spirito e carne, fra volontà e passione e un forte dominio
sulla concupiscenza, raggiunto dopo un lungo esercizio ascetico, normalmente a
tarda età, tale per cui la natura, pur restando ferita dal peccato originale,
sembra quasi totalmente guarita.
Il sapere metafisico è presente sia nella
fase ascetica che in quella mistica della vita spirituale e della pratica della
castità. Nella fase ascetica la mente si
esercita nell’opera astrattiva, per la quale, partendo dal primo grado di
astrazione, quello della fisica o della conoscenza o esperienza delle realtà
materiali, passa all’astrazione matematica, ancora legata all’immaginazione e
quindi alla materia, e da qui, prescindendo da ogni materia, sale al puro
intellegibile, ossia all’ente in quanto tale, il quale, nel suo significato analogico,
consente il passaggio o l’induzione dall’ente
all’essere, dall’ens ab alio all’ens a se, dall’ente finito a quello infinito,
dall’ente contingente all’ente necessario, dall’ente mosso al motore immobile, dal
mutevole all’immutabile, dall’ente per partecipazione all’ente per essenza, dall’ente
causato all’ente incausato e causa prima, dall’ente finalizzato all’ente fine ultimo,
dall’ente relativo all’ente assoluto, dall’ente minimo all’ente massimo, dall’ente
creato all’ente creatore, insomma, dalle cose, dall’io e dal mondo a Dio.
La
metafisica è fondamento della morale
Ma, come abbiamo già visto, la metafisica
rende un preziosissimo servizio anche all’antropologia ed alla morale,
assicurandone i fondamenti primi. Essa infatti stabilisce le varie proprietà
trascendentali dell’ente, i gradi dell’essere, distingue la sostanza dagli
accidenti, l’atto dalla potenza, l’essere dall’agire, il corpo dallo spirito, il
singolare dall’universale, e l’essenza dalla sussistenza, per cui stabilisce la
dottrina della persona umana,
sostanza razionale singola e sussistente, e quella della natura umana, sostanza
composta da anima spirituale e di corpo.
La metafisica, inoltre, distinguendo l’essere
dal pensiero, l’ideale dal reale, fonda la dottrina dell’intelletto e della
verità. Distinguendo il poter agire dall’azione, e distinguendo fra il bene il
male, fonda la dottrina della volontà. Ecco dunque le due facoltà spirituali
dell’uomo rapportate alle facoltà inferiori del senso e delle passioni.
La metafisica, inoltre, collegando l’uno al
molteplice, mediante il principio dell’analogia, della somiglianza, della
diversità e della proporzione, è principio primo, fautrice, promotrice di unione, di armonia, di concordia e di pace
tra tutti gli enti fra di loro, e promuove l’armonia universale, in special modo
nel mondo umano e sociale e nel rapporto dell’uomo con Dio, dove elimina il
conflitto e la contraddizione.
Considerando pertanto gli stati della natura
umana nella storia della salvezza, come risultano dalla rivelazione biblica,
l’etica cristiana fondata sull’antropologia metafisica, distingue in
successione storica e progressiva:
1. lo stato edenico originario, ormai passato
e perduto, di totale perfezione;
2. lo stato attuale di natura decaduta dopo il peccato originale, soggetta alla
concupiscenza ed afflitta dal conflitto della carne con lo spirito;
3. lo
stato attuale di natura redenta, nel quale,
grazie al battesimo, avviene il passaggio dall’«uomo vecchio» all’«uomo nuovo»,
dall’«uomo carnale» all’«uomo spirituale». In esso recuperiamo, in forza della
grazia della Redenzione, lo stato
edenico e fruiamo delle primizie della resurrezione futura;
4. lo stato della futura resurrezione gloriosa,
verso il quale siamo in cammino. Esso costituisce la pienezza finale e definitiva
dell’attuale processo di maturazione dell’uomo nuovo nato dal battesimo.
Dalla metafisica, dunque, illuminata dalla
fede, si ricava un’antropologia, che a sua volta fonda la morale. In questa
troviamo il giusto concetto della castità e possiamo apprezzarne il valore.
Scopriamo allora come metafisica e castità si richiamano e si sostengono a vicenda.
L’una ha bisogno dell’altra per giustificarsi e per attuare la sua potenzialità
a servizio dell’uomo e della sua salvezza.
P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 18 maggio 2019
"Una società immorale o amorale, che non sente più nella sua coscienza e non dimostra più nelle sue azioni la distinzione fra il bene e il male. che non inorridisce più allo spettacolo della corruzione, che la scusa, che vi si adatta con indifferenza, che l'accoglie con favore, che la pratica senza turbamento né rimorso, che la ostenta senza rossore, che vi si degrada, che deride la virtù, è sul cammino della sua rovina. L'alta società francese del secolo decimottavo ne fu, fra molti altri, un tragico esempio. Mai società non fu più raffinata, più elegante, più brillante, più affascinatrice. I godimenti più svariati dello spirito, una intensa coltura intellettuale, un'arte finissima di piacere, una squisita delicatezza di maniere e di linguaggio, dominavano in quella società esternamente così cortese ed amabile, ma ove tutto — libri, racconti, figure, arredi, abbigliamenti, acconciature — invitava a una sensualità che penetrava nelle vene e nei cuori, ove la stessa infedeltà coniugale non sorprendeva né scandalizzava quasi più. Così essa lavorava alla sua propria decadenza e correva verso l'abisso scavato con le sue stesse mani". Pio XII, 1945
RispondiEliminaCaro Fabio,
Eliminaqueste parole di Pio XII sono molto interessanti. Esse si adattano anche al clima edonistico e lassista dell’attuale modernismo. Naturalmente si tratta di aspetti negativi, che non escludono nello stesso modernismo aspetti positivi. Di queste cose sto parlando nei miei scritti da alcuni decenni.
Quello che si può aggiungere è che oggi il degrado morale e lo smarrimento intellettuale, anche in ambienti cattolici, sono ancor più peggiorati. Nella società francese del XVIII secolo c’era almeno l’intento di salvare le apparenze, era diffuso un certo illuminismo attento ai diritti dell’uomo, ai temi della libertà, della uguaglianza e della fraternità, certo, in una visuale deistica che non si fondava sul cristianesimo, ma sulla massoneria.
Questa società intimamente corrotta fu severamente punita dalla Rivoluzione Francese. Oggi il rischio che corriamo di una catastrofe generalizzata, che potremmo dire apocalittica, è ancora più grave e siamo ancora di più di allora sull’orlo dell’abisso. Pensiamo soltanto al rischio di una guerra nucleare, che potrebbe essere l’esito dell’attuale conflitto in Ucraina.
Ricordiamoci comunque che Dio presiede alle vicende della storia e, nonostante le forze contrarie all’avvento del suo Regno, esso arriverà comunque in modo inarrestabile. Coloro che si sottometteranno saranno accolti. Coloro invece che lo respingeranno, saranno sconfitti. In ogni caso il Vincitore è Cristo.