Vescovi falsari della fede Un gravissimo attentato al Magistero di Papa Francesco


Vescovi falsari della fede
Un gravissimo attentato al Magistero di Papa Francesco

Commento ad alcune dichiarazioni del Documento del Sinodo Tedesco
riguardanti il sacerdozio femminile
tratte dal blog di Sandro Magister del 6 maggio 2020

I brani del documento dei vescovi sono tra graffette

Premessa dottrinale

Compito dei Sinodi ecclesiali nazionali è quello di essere l’espressione della collegialità episcopale che pasce collegialmente, in unione ed obbedienza al Romano Pontefice, il popolo di Dio residente in quella nazione, al fine di affrontare e risolvere, in giusta autonomia, alla luce del Magistero universale della Chiesa, questioni attinenti al modo migliore di vivere come Chiesa nazionale, il Vangelo in quella nazione, in comunione con la Chiesa universale e col Sommo Pontefice, al quale può indirizzare proposte pratiche di vita o di riforma della Chiesa, che il Papa si riserva di valutare e sottoporre al suo prudente giudizio e può, se crede, far sue per il bene della Chiesa universale.

Ma questa assemblea non ha assolutamente l’autorità magisteriale per affrontare e decidere su temi dottrinali o attinenti al dogma, che siano oggetto di discussioni o contestazioni, temi che, come tali, non sono e non possono essere di competenza di una singola Conferenza Episcopale Nazionale, ma, trattandosi di argomenti di interesse della Chiesa universale, non possono che essere di competenza di colui che è stato costituito da Cristo capo e pastore della sua Chiesa, col compito di pascerla e confermarla nella fede a nome e col potere, conferitogli da Cristo, di definire infallibilmente e dichiarare definitivamente, all’occorrenza, ciò che va tenuto per fede, al fine di porre termine alle discussioni ed alle incertezze e far sapere a tutti i fedeli con sicurezza qual è la verità salutare, un po’ come adesso tutti siamo in attesa che la comunità scientifica metta in circolazione un vaccino efficace a far cessare la pandemia.

Quale sarebbe lo stolto o il temerario che, col pretesto dell’evoluzione della scienza, mettesse in discussione, una volta trovato il vaccino, la sua validità? Eppure, questi vescovi fanno la stessa cosa nei confronti di un Magistero pontificio, il quale, a differenza del sapere umano che può sbagliare, ci  garantisce infallibilmente circa l’essenza di quel sacerdozio cristiano, che è ministero di salvezza eterna.

Il compito magisteriale di una Conferenza episcopale nazionale è molto prezioso, ma, tutto sommato, è semplicemente quello di mediare e spiegare ai fedeli della propria Chiesa locale gli insegnamenti della Chiesa universale, custoditi e proclamati dal Sommo Pontefice, e di farli applicare ai loro fedeli. Inoltre, ha il dovere di difendere il Magistero della Chiesa dagli attacchi degli increduli e dalle truffe degli eretici, confutando le loro bestemmie e le loro menzogne.

Esame delle proposizioni

Quale sarebbe la «cultura scientifica»?

Dicono i vescovi: “L’evidente discrepanza fra la posizione dei documenti magisteriali e l’argomentazione unanime della teologia scientifica sulla questione della chiamata femminile all’apostolato ministeriale è uno ‘skandalon’ che deve essere superato per amore della credibilità dell’annuncio del Vangelo della Pasqua”.

Rispondo rivolgendomi direttamente a loro: lo scandalo siete voi, cari vescovi, che tradite, nuovi Giuda, e profanate vergognosamente, per ambizione mondana mascherata di pietà, il vostro sacro mandato di successori degli Apostoli e di collaboratori del Successore di Pietro per l’edificazione e il cammino della Chiesa verso il regno di Dio.

Quella che voi chiamate pomposamente e con sussiego «teologia scientifica», che ha la pretesa di confutare o quanto meno di mettere in discussione il Magistero dogmatico del Papa, ve lo dico io che cosa è in realtà: è la teologia neomodernista luterano-hegeliana, gnostica, falsa mistica idealista e panteista di Karl Rahner[1], falsificatore delle dottrine del Concilio Vaticano II, Rahner, le cui eresie sono peggiori di quelle di Lutero, Rahner, dal quale vi siete lasciati sedurre da cinquant’anni, dato che è proprio lui, che, tra le altre eresie, ha osato empiamente falsificare l’essenza del sacerdozio[2], e quindi vi ha indotti, ad insistere con biasimevole e stolta pervicacia, quasi ispirati da Satana, a volere una pratica  eretica condannata sin dai tempi di S.Paolo VI. 

Non vi rendete conto che la vostra iniziativa arrogante e sfrontata scandalizza il buon popolo di Dio, fa esultare gli eretici e i modernisti, dispiace a tutti i vostri confratelli vescovi nel mondo, vi rende scismatici, addolora e indigna il Santo Padre, che mai cederà alle vostre pretese, mentre invece attirerete su di voi i fulmini dell’ira di Dio? Egli ha permesso questa pandemia per indurvi a far pulizia e voi avete l’audacia di aumentare l’immondizia?  Desistete, vi scongiuro, dal vostro insano proposito, prima che Dio ci mandi un flagello ancor peggiore di questo! Togliete la sporcizia ereticale dalla Chiesa, come auspicò a suo tempo quel sant’uomo di Benedetto XVI!

L’esclusione della donna dal sacerdozio ministeriale
non intacca per nulla la pari dignità dell’uomo e della donna

 Dice il documento: “Si percepisce una discrepanza fra la pari dignità dell’uomo e della donna, continuamente sottolineata nelle dichiarazioni della Chiesa, e la partecipazione di fatto non paritaria delle donne alla vita della Chiesa nella corresponsabilità ministeriale”.

La pari dignità dell’uomo e della donna, continuamente sottolineata nelle dichiarazioni della Chiesa, consiste, come dovreste ben sapere dal Magistero della Chiesa sin dall’epoca di Pio XII, nel fatto di possedere entrambi sul piano naturale la medesima natura umana e dignità di persona, creata da Dio a sua immagine e sul piano soprannaturale, come dono della grazia, la medesima dignità di figli di Dio, ad immagine di Cristo, pur nella diversità e complementarità reciproca fisica, psicologica e spirituale[3], entrambi chiamati come membra del medesimo Corpo mistico di Cristo e sotto la mozione dei vari doni dello Spirito Santo, ad «essere uno in Gesù Cristo» (Gal 3,28),  alla santità ed alla medesima vita eterna[4].

Infatti, come sappiamo dalla fede, Dio «maschio e femmina li creò» (Gen 1,27)[5] perché fossero «una sola carne» (Gen 3,24)[6], qui in terra e alla futura resurrezione[7], segno sacramentale ed immagine dello sposalizio mistico di Cristo con la Chiesa, prefigurazione di Cristo nuovo Adamo e di Maria nuova Eva, sicché la tendenza omosessuale, falsamente ritenuta da alcuni come semplice «diverso orientamento sessuale», è in realtà una corruzione dell’originaria dualità sessuale voluta da Dio ed è quindi una conseguenza del peccato originale.

Questa pari dignità, così come è descritta e precisata sopra,  non richiede affatto, secondo il dato rivelato e la tradizione della Chiesa, la partecipazione paritaria delle donne alla vita della Chiesa nella corresponsabilità ministeriale, come se la organizzazione della Chiesa potesse essere sic et simpliciter omologata a quella di qualunque organizzazione della società civile: e invece la gerarchia ecclesiastica sacramentale (diaconato, presbiterato ed episcopato) non è basata sul diritto naturale o positivo come quella civile, ma è un dato di fede, perché è stata voluta da Cristo per mandato del Padre, per cui il  cambiarla o mutarla, magari col pretesto dell’«evoluzione del dogma», è eresia.  

Ora, come da sempre la Chiesa ha insegnato e in modo speciale i Papi a partire da San Paolo VI fino a Papa Francesco, la mascolinità è essenziale al sacramento dell’Ordine, sicché l’aggiunta del sesso femminile non sarebbe per nulla una promozione della donna, ma un’adulterazione eretica del sacramento, che pertanto non sarebbe più valido. Non è la stessa cosa per un eventuale sacerdozio coniugato. Su ciò la Chiesa ha già precisato che il celibato non entra nell’essenza del sacramento dell’Ordine, per cui un sacerdozio uxorato è altrettanto valido quanto uno celibatario.

Una concezione eretica del sacramento dell’Ordine

La detta concezione eretica del sacramento dell’Ordine,  sembra essere quella di Rahner[8] e Schillebeeckx[9], per i quali l’essenza del sacerdozio da loro preferibilmente e significativamente chiamato «ministero», non sta nel potere del sacerdote alter Christus di offrire (sacrum-dans) il sacrificio di Cristo, ma di fungere da «presidenti della comunità».

L’operazione condotta da quei due teologi è simile a quella condotta da Lutero: togliere al sacerdozio il riferimento all’offerta del sacrificio di Cristo e ridurlo a una semplice funzione di presidenza della comunità, con l’annuncio del Vangelo. Ora, togliendo e relativizzando il riferimento a una vittima di sesso maschile, con quella riduzione sociologistica, per non dire politica, non appare alcun motivo per il quale il presidente di una comunità, soprattutto oggi, debba per forza essere maschio. Suona infatti come insulto ed umiliazione della donna. 

Cristo inoltre col suo Sacrificio volle essere in continuità con i sacrifici dell’Antica Alleanza, che utilizzavano vittime di animali maschi. Infatti allora si riteneva che il maschio fosse più prezioso e quindi più degno della femmina da offrire a Dio. Senza fare alcuna valutazione circa un’eventuale superiorità del maschio sulla femmina, Gesù volle adattarsi alle idee del suo tempo e decise di istituire il sacrificio cristiano con una vittima maschile, che fu Egli stesso e per conseguenza il sacerdote cristiano. Ma un sacramento divino, una volta istituito, nessuno lo può più cambiare nella sua sostanza, come la Chiesa ha detto e ripetuto molte volte. Chi infatti e con quale autorità poteva cambiare ciò che Dio ha stabilito per sempre? Ci ha provato Lutero; ma giustamente la Chiesa lo ha condannato. E i vescovi tedeschi oggi vogliono riprovarci? 

Certo, con la recente scoperta della pari dignità dell’uomo e della donna, si può capire che il problema sia sorto: ma perché dovremmo mantenere ancora un’idea arcaica del sacrificio, che suppone la superiorità del maschio sulla femmina? Semplicemente per mantenere religiosamente ciò che Cristo ha voluto, senza che ciò implichi minimamente alcun giudizio men che sfavorevole o discriminatorio nei confronti della donna nel campo della società e della Chiesa.

Continuano i vescovi: “Nella percezione pubblica e anche in quella interna alla Chiesa esiste una notevole differenza fra questi processi. Essi devono essere presi molto seriamente come espressioni del ‘sensus fidelium’. Se questo non avviene si può giungere a una divisione dall’esterno della Chiesa cattolica, che già s’intravvede all’interno”.

Il sensus fidelium è una sensibilità spirituale collettiva ispirata dallo Spirito Santo, quello stesso Spirito, che assiste il Papa e i pastori uniti con lui; per cui non può mai esserci contrasto fra sensus fidelium e dottrina della Chiesa. Questa dà fondamento dogmatico al sensus fdelium, mentre il sensus fidelium, basato sul dogma, può suggerire al Magistero un progresso dogmatico. I vescovi sembrano ricorrere alle minacce. Se il Papa non li accontenta, nascerà uno scisma. Ma di chi sarà la colpa, se non dei vescovi? Vogliamo ripetere l’esperienza di Lutero?

Disprezzo per il dogma

Ancora: “Nella ricerca teologica non si concorda su quanto sia vincolante l’affermazione nella lettera apostolica ‘Ordinatio sacerdotalis’ di papa Giovanni Paolo II secondo cui l’esclusione delle donne dal ministero sacramentale deve essere ‘definitive tenendam’, ossia una decisione alla quale devono ‘attenersi in modo definitivo’ tutti i fedeli. […] Al riguardo bisogna considerare la tematica fondamentale dello sviluppo dei dogmi”. 

Osservo che è evidente che se il Magistero della Chiesa dovesse «recepire le dichiarazioni di teologhe e teologi sulla possibilità della chiamata anche di donne ai servizi e ministeri della Chiesa», nonché le «manifestazioni di protesta anche a livello di comunità cristiane (per esempio da parte di associazioni femminili e del movimento Maria 2.0) che si sono organizzate in tempi recenti », aprirebbe il sacerdozio anche alle donne. Solo che qui i vescovi invertono le parti: è il Magistero che deve obbedire ai teologi modernisti o sono questi che devono obbedire al Magistero? 

A parte la ribellione nella questione specifica del sacerdozio della donna, l’errore di fondo che traspare dal documento del Sinodo su questo punto, è una forma di disprezzo neomodernista del dogma. È cioè un atteggiamento di sfiducia e indisponibilità ad accogliere le decisioni o sentenze del Magistero pontificio come mediatore di una verità divina salvifica che ci libera e dura in eterno, di un bene certo, prezioso, immutabile ed incorruttibile, da conservare con cura, una roccia che ci rende saldi e sicuri contro le tempeste, una medicina che ci guarisce, una forte difesa e protezione contro le forze nemiche, una soluzione o risposta certa e definitiva ai nostri dubbi esistenziali, un’indicazione certa sul cammino da compiere o sulle cose da fare, un ideale sublime e stabile, al quale esser fedele per sempre e ad ogni costo. Una perla preziosa nascosta in un campo, per acquistare la quale siamo pronti a vendere tutto.

Pare che i vescovi tedeschi non sappiano che il dogma non limita la nostra libertà, ma la disciplina e la promuove. Esso è liberante, non opprimente. Amplia e sublima il pensiero, non lo restringe, né lo immiserisce, Può sembrare, certo, ostico alla ragione, anzi irragionevole e scandaloso; ma ad uno sguardo umile e attento si rivela ispirato a sublime sapienza. Può sembrare troppo pesante o addirittura impossibile da praticare; eppure esso dà lo sguardo dell’aquila, la libertà dell’uccello, la semplicità della colomba, la prudenza del serpente, il coraggio de leone, «la forza di un bufalo» (Sal 92, 11), la corsa del cavallo, l’agilità delle cerve. 

Invece i teologi cavillosi citati dai vescovi, soffocati dai loro presuntuosi titoli accademici, stanno a misurare al centimetro la loro spilorceria intellettuale, anziché mostrarsi, come dovrebbero, semplici, fiduciosi, generosi ed aperti nella loro adesione intellettuale, sia pur sempre liberi e prudenti, non certo come nastri registratori o pappagalli, ma da veri uomini di fede figli della Chiesa. 

Che cosa sono queste discussioni su fino quanto sia o non sia vincolante la sentenza di San iovanni Paolo II? Esse non sono lecite e denotano incredulità. Gravissimo pertanto è l’avallo fatto dai vescovi a simili vane discussioni. Infatti, il cattolico qui obbedisce senza discutere, pena il cadere nell’eresia per mancanza di fede. 

Le sentenze definitive dei Romani Pontefici servono a metter fine alle discussioni, a togliere i dubbi e dar certezza definitiva su difficili questioni di dogmatica e di morale dibattute fra i teologi o gli esperti. E non c’è da credere che una di queste sentenze, oggi vera, domani potrebbe diventare falsa o un’opinione da loro giudicata falsa, domani potrebbe diventare vera, perché la Parola di Dio che esse interpretano infallibilmente, è una Parola che non passa (Mt 24,35)., avendo per oggetto realtà immutabili ed eterne e anche quando si tratta di pratiche sacramentali che, come in questo  caso, dovranno cessare nella futura resurrezione, la verità che il Papa insegna su di esse resta comunque eterna.

Pertanto, ogni fedele, quale che sia il suo grado nella gerarchia ecclesiastica, compresi quindi i vescovi, che anzi devono dare il buon esempio, deve accogliere con gioia e gratitudine al Papa queste sue sentenze come doni preziosi fatti da Dio alla Chiesa per suo tramite in ordine alla salvezza.  Il mantenere dubbi o rimettere in discussione queste sentenze è segno di stoltezza, di intollerabile presunzione e di mancanza di fede. 

Credono forse questi sciagurati vescovi di riuscire a far cambiare idea al  Papa o di poter agire in buona coscienza disobbedendogli? Allora che gettino la maschera e che si facciano luterani, come avvenne purtroppo per certi vescovi tedeschi sedotti dalla predicazione di Lutero! 

Non hanno ancora capito la lezione degli ultimi Papi? Quanti altri Papi dovranno parlare perché si convincano che stanno sbagliando? Credono forse che con Papa Francesco sia arrivato un soggetto manovrabile secondo i loro piani diabolici, solo perchè Francesco è aperto all’ecumenismo ed apprezza certi lati di Lutero, come se il Papa non sapesse distinguere l’ortodossia dall’eresia?? Si ricordino invece che se continuano ad insistere, sperimenteranno non più la dolcezza ma la terribile severità del Vicario di Cristo. Sperano che sia il Papa a cedere? S’illudono gravemente, e saranno loro invece a restare scornati con immensa vergogna davanti a tutta la Chiesa. 

Si tratta di una definizione dogmatica

In questa questione, infatti, non c’è in gioco un vecchio pregiudizio antifemminista o un’opinione privata o un gesto autoritario di San Giovanni Paolo II, ma è chiarissimo, da come si esprime il Papa, che si tratta di un argomento serissimo, che tocca la Rivelazione divina e più precisamente, come dice appunto il Papa, la «Costituzione divina della Chiesa», che non è una creazione del Papa, ma di Cristo.
Si tratta insomma di una dottrina di fede, e ciò per due motivi: primo, perché Giovanni Paolo II dichiara di insegnarla «in virtù del mio ministero di confermare i fratelli nella fede (cf Lc 22,32)». E che vuol dire confermare i fratelli nella fede? Appunto insegnare una verità di fede, la cui negazione o messa in discussione è eresia.
 
In secondo luogo, se un Papa dichiara che si debba tenere in modo definitivo una sua sentenza in materia di fede («divina Costituzione della Chiesa»), è chiaro che intende enunciare una dottrina di fede, cioè un dogma.

E poi che cosa c’entra l’«evoluzione dei dogmi»? I vescovi sembrano quasi subdolamente insinuare la possibilità di respingere o mutare la sentenza del Papa in nome dell’evoluzione del dogma. Diciamo subito che l’espressione, già usata dal modernismo dei tempi di San Pio X, è piuttosto pericolosa o rischiosa, in quanto posta nell’enciclica Pascendi a titolo del n.19, dove è appunto pronunciata la condanna dell’«evoluzione del dogma», intesa come «mutevolezza delle formule dogmatiche», causata dal «pervertimento dell’eterno concetto di verità».  

I motivi dell’esclusione

Ancora: “Quello che occorre motivare non è l’ammissione delle donne al ministero ordinato sacramentale, ma la loro esclusione”.

Non occorre motivare l’ammissione delle donne al ministero ordinato sacramentale, perché la motivazione non esiste, mentre le motivazioni dell’esclusione sono ben note soprattutto dal Magistero di San Paolo VI e S.Giovanni Paolo II. 

Occorre peraltro tener presente che le motivazioni che la Chiesa adduce in questa materia, proprio perché si tratta di materia di fede, non hanno alcuna pretesa di essere stringenti o dimostrative, ma sono solo gli argomenti di convenienza di un dato rivelato – la volontà di Cristo -, che va quindi accettato con fede e non per motivi razionali o di esegesi biblica. 

Cristo qui ci chiede solo di credere in Lui, sia pure per il tramite del Papa. Il rifiuto della sentenza pontificia implica quindi il non fidarsi di Cristo. La pretesa di chi pertanto non accetta la sentenza della Chiesa perché priva di rigore razionale o ragioni antropologiche, non è il segno di un’esigenza critica, ma di mancanza di fede. Quanto alla pretesa di opporre alla sentenza della Chiesa una propria interpretazione della Scrittura, non è segno di docilità cattolica, ma di sfiducia e presunzione protestante.

La vera promozione della donna

 La cosa semmai da fare, come ha suggerito in passato saggiamente la Conferenza Episcopale Italiana, è che i buoni Vescovi interpellino le donne stesse, chiedendo loro che, salva la loro obbedienza alle disposizioni della Chiesa riguardanti il sacerdozio,  siano esse stesse ad esprimere che cosa pensano di se stesse e delle loro capacità, come vedono il loro posto nella Chiesa a fianco dei Vescovi, dei sacerdoti, dei loro mariti, degli amici maschi; quali sono le loro esigenze, i loro desideri, le loro aspirazioni, che cosa possono fare nella Chiesa e per il bene della Chiesa? Che cosa, secondo loro, lo Spirito Santo «dice alle Chiese» (Ap 3,8) riguardo a queste cose?

Il Vescovo è un maschio, con le qualità del maschio; ma quelle femminili non può conoscerle se non dal di fuori, in quanto e nella misura in cui le manifestano le donne con le quali entra in relazione. Ma chi più della donna, coinvolta in ciò in prima persona, conosce meglio nell’intimo la donna, cioè sé stessa, che non la donna stessa guardando a se stessa e alla propria esperienza di donna

È chiaro che la donna cattolica accoglie serenamente la sentenza della Chiesa; tuttavia, bisogna che la Chiesa chiarisca ulteriormente quali sono, nella società e nella Chiesa, il ruolo e la missione specifici ed insostituibili, che il Datore dei doni, lo Spirito Santo, le assegna, accanto e in reciproca complementarità con l’uomo. 

Non ha più senso l’idea di risolvere ogni apporto femminile, salvo casi speciali, in un ruolo suppletivo, di imitazione del maschio, con l’idea che l’uomo possa farsi aiutar meglio da un altro uomo maschio piuttosto che da una donna, alla quale si è costretti a ricorrere alla donna in mancanza di meglio, ossia dell’uomo e cose del genere. La donna che vuol imitare le qualità esclusivamente proprie del maschio, si sentirà frustrata, perchè le sue qualità proprie femminili ovviamente non le consentono di pareggiarlo e superarlo. 

Sarebbe come se la donna volesse imitare la voce dell’uomo. Che ne verrebbe fuori? Ma poi chi glielo farebbe fare, quando essa ha per conto suo una voce splendida e affascinante. che il maschio non può imitare, se non facendo degli strilli ridicoli. La donna nella società e nella Chiesa ha qualità ed attitudini proprie e peculiari preziosissime ed insostituibili, delle quali deve essere fiera, per cui nulla deve importarle se non possiede le qualità del maschio, fosse anche il poter fare il Papa. 

Si pensi solo al miracolo della grazia, che, secondo una recente opinione teologica. giunge nel seno della madre a battezzare il feto prima della nascita e della possibilità di ricevere il battesimo sacramentale. Un caso del genere, benché eccezionale, a parte quello assolutamente unico della Madonna, è stato quello di S.Giovanni Battista e dei Santi Innocenti, fatti uccidere da Erode.

P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 9 maggio 2020


[1] KARL RAHNER. IL CONCILIO TRADITO, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2009.
[2] IL CONCETTO DI SACERDOZIO IN RAHNER, ne Il sacerdozio ministeriale: “L’amore del Cuore di Gesù”, Atti del Convegno Teologico Internazionale organizzato dai Francescani dell’Immacolata, a cura di P.Stefano M.Manelli, FI e P.Serafino M.Lanzetta, FI, Casa Mariana Editrice, Frigento (AV), 2010, pp.183-230.
[3] SULLA DIFFERENZA TRA L’ANIMA DELL’UOMO E QUELLA DELLA DONNA, in Atti del congresso della SITA, Ed.Massimo, Milano, pp.227-234
[4] Cf il mio libro LA COPPIA CONSACRATA, Edizioni Viverein, Roma 2008
[5] CfJ.Maritain, Facciamogli un aiuto simile a lui, in «Approches sans entraves». Scritti di filosofia cristiana. Città Nuova Editrice, Roma 1977, pp.181-199.
[6]  LA TEOLOGIA DEL CORPO NEL PENSIERO DI GIOVANNI PAOLO II, Sacra Doctrina, 6,1983, pp.604-626
[7] LA RESURREZIONE DELLA SESSUALITA’ SECONDO San TOMMASO, in Atti dell’VII Congresso Tomistico Internazionale a cura della Pontificia Accademia di San Tommaso, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1982, pp. 207-219.
[8] Vedi nota 2.
[9] Il ministero nella Chiesa. Servizio di presidenza nella comunità di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 1981.

2 commenti:

  1. Padre Cavalcoli,
    Tu dici: "Cristo inoltre col suo Sacrificio volle essere in continuità con i sacrifici dell’Antica Alleanza, che utilizzavano vittime di animali maschi. Infatti allora si riteneva che il maschio fosse più prezioso e quindi più degno della femmina da offrire a Dio. Senza fare alcuna valutazione circa un’eventuale superiorità del maschio sulla femmina, Gesù volle adattarsi alle idee del suo tempo e decise di istituire il sacrificio cristiano con una vittima maschile, che fu Egli stesso e per conseguenza il sacerdote cristiano".
    Non si capisce perché Dio abbia voluto ancorarsi nel tempo a questo punto. In altre parole, pur conoscendo la pari dignità dell'uomo e della donna, però, come quando istituì il sacerdozio, questo non si sapeva - mi risulta che Gesù lo sapesse - decise di seguire quella tendenza e stabilire che solo gli uomini potessero ricevere questo sacramento. Non è così per altre situazioni come il divorzio in cui ha contraddetto la concezione del suo tempo, anche l'autorità invocata di Mosè.

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    1. Caro Fabio,
      Gesù si è adattato alla mentalità del tempo, che poneva la superiorità dell’uomo sulla donna, per cui accettando questa mentalità non ha inteso affatto trasformarla in una verità di fede, ma l’ha semplicemente tollerata per non incorrere in altre difficoltà, oltre a quelle che già aveva.
      D’altra parte nell’insegnamento di Cristo ci sono già i presupposti che avrebbero condotto la Chiesa nei secoli seguenti alla consapevolezza della pari dignità di uomo e donna. E questi presupposti si sono appunto esplicitati con l’attuale Magistero della Chiesa concernente la pari dignità dell’uomo e della donna.
      Ciò significa che il fatto che Gesù abbia voluto che il sacerdozio sia esercitato solo dal maschio non dipende affatto dal suo essersi adattato alla mentalità del tempo. Come ha spiegato molto bene il Magistero della Chiesa sin dai tempi di San Paolo VI, la connessione del sacerdozio col sesso maschile è un dato di fede, legato al fatto che il Verbo si è incarnato in un individuo umano di sesso maschile, mistero di fede che va accolto con serenità senza pensare che possa essere offensivo della moderna dignità della donna.
      Infatti la Chiesa in questi ultimi decenni ha spiegato molto bene che la donna nella Chiesa ha un suo particolare carisma, diverso e complementare a quello maschile, in modo simile al quale padre e madre si completano a vicenda nella generazione della prole.

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