14 settembre, 2024

La differenza tra il pensiero e l’essere

 

La differenza tra il pensiero e l’essere

Una questione che mette in gioco la differenza fra l’uomo e Dio

Tutti sappiamo distinguere fra 100e reali e 100e pensati.  Ciascuno di noi preferirebbe certamente possedere 100e reali che 100e pensati. Eppure, a partire da Parmenide, per arrivare ad Hegel e a Rahner una schiera infinita di filosofi ci assicura che pensare ed essere sono la stessa cosa. Non c’è differenza fra100e pensati e 100e reali. Dice infatti Rahner:

«L’essenza dell’essere è conoscere ed essere conosciuto in una unità originaria che noi vogliamo chiamare coscienza o trasparenza («soggettività», «conoscenza») dell’essere di ogni ente».

Applichiamo questo principio ai 100e. Risulta che l’essenza di 100e reali si identifica col fatto di conoscerli e di essere da noi conosciuti in una unità originaria che è trasparenza del loro essere ovvero la nostra coscienza o soggettività. 

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Fontanellato, 11 settembre 2024.


Il pensiero può essere un progetto della mente: l’idea. E ciò appartiene innanzitutto alla mente divina creatrice. Oppure può essere un sostituto dell’essere, una sua rappresentazione formata dalla nostra mente. Gli angeli, partecipando delle idee divine, ricevono da Dio le idee delle cose corrispondenti alle cose, ma non tratte dalle cose come facciamo noi partendo dall’esperienza sensibile.

 

Immagine da Internet: Angelo, Michelangelo


12 settembre, 2024

Lo sbaglio di Cartesio - Seconda Parte (2/2)

 

Lo sbaglio di Cartesio

Seconda Parte (2/2)

 Il vero oggetto della metafisica

Cartesio ha un concetto sbagliato della metafisica. Nella metafisica non devo parlare di me stesso, ma dell’ente. Non devo dare fondamento al mio io, ma all’ente. Non devo parlare della mia esistenza, ma dell’esistenza dell’ente. Oggetto della metafisica non è l’io, ma l’ente.

In metafisica, non interessa un ente particolare, ma l’ente in universale, la totalità dell’ente, il principio di ogni ente. Il mio io m’interessa se devo curare la mia salute o compiere i miei doveri morali. Ma allora questo non è il campo della metafisica ma della mia condotta personale. 

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Aristotele intende dire che il nostro pensiero o le nostre idee sono misurate sulle cose o sugli enti. Non è, come credeva Protagora, che il nostro pensiero sia la misura delle cose, ma sono le cose ad essere la misura del nostro pensarle affinchè siamo nel vero.

Aristotele peraltro precisa che noi però possiamo misurare o calcolare le matematicamente le dimensioni delle cose, supponendole comunque già esistenti indipendentemente da noi. Così dunque Aristotele prosegue e conclude:

«non perché noi ti pensiamo bianco tu sei veramente bianco, ma per il fatto che tu sei bianco, noi, che affermiamo questo, siamo nel vero».

Bisogna distinguere le cose dalle idee delle cose. Le cose sono create da Dio; le idee le produciamo noi per conoscere le cose. La dottrina delle idee non serve per arrivare a cogliere le cose partendo dalle idee come oggetto immediato del sapere. Ma serve per spiegare come e perché conosciamo le cose: io mi rendo conto di conoscere quella data cosa e che essa è immaterialmente in me. Come è possibile questo? Perché mi formo un’idea della cosa, che è una similitudine immateriale della cosa nella mia mente.

Immagine da Internet: Minerva, Claude Michel (Clodion)

11 settembre, 2024

Lo sbaglio di Cartesio - Prima Parte (1/2)

 

Lo sbaglio di Cartesio

Prima Parte (1/2)

La loro stessa lingua li farà cadere

Sal 64,9

O realismo o idealismo: tertium non datur

È conforme a Cristo Aristotele o Cartesio? Questo è il nodo da sciogliere se noi cattolici vogliamo obbedire a Cristo nella concordia e nella pace, finalmente liberi dalla maledetta e scandalosa lacerazione tra rahneriani e lefevriani nata col postconcilio sessant’anni fa che ci porta all’odio reciproco e ci fa dare un pessimo esempio agli occhi di quel mondo al quale pretendiamo di portare la pace e che invece giustamente si fà beffe di noi nel constatare che siamo noi i primi ad essere in discordia fra di noi.

Questa alternativa corrisponde al confronto fra realismo e idealismo: il realismo, che, come ci ha ricordato più volte Papa Francesco, dà il primato della realtà sull’idea e l’idealismo, che dà il primato dell’idea sulla realtà; il realismo, per il quale l’idea è rappresentazione della realtà; l’idealismo per il quale la realtà è l’idea che l’idealista ha nella sua mente; il realismo, per  il quale il pensiero è distinto dall’essere; l’idealismo, per il quale il pensiero s’identifica con l’essere; il realismo, per il quale il vero è il pensare adeguato all’essere o l’idea adeguata al reale; l’idealismo per il quale la verità è il contenuto del pensiero dell’idealista.

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L’idealismo viene confutato in base a quello stesso realismo al quale l’idealismo è obbligato ad appoggiarsi per sostenere di essere vero. Non è vero, quindi, che, come sostiene Bontadini, l’idealismo è inconfutabile. Inconfutabile è il realismo, per il quale l’idealista non ha bisogno di essere confutato dal realista, perché è lo stesso idealista, che, nel momento in cui crede di essere nel vero, confuta sé stesso nel credere che il suo pensiero sia adeguato alla realtà, ossia nel credere che sia vero.

Per il realista il pensiero non si identifica con l’essere, ma è una perfezione spirituale analogica e gerarchica soggetta a gradi di perfezione, che, partendo dal minimo, il pensiero umano, sale al medio, il pensare angelico, per salire al grado massimo, che è quello divino.

La nozione metafisica di pensiero, come quella dell’essere, comporta un arco di possibilità: pensiero umano, pensiero angelico e pensiero divino. La semplice nozione di pensiero non dice, di per sé, come credono gli idealisti, pensiero attuale, ma può comportare anche il pensiero potenziale, il pensiero come facoltà di pensare: non è solo il pensiero che s’identifica con l’essere, ma è anche il pensiero distinto dall’essere e subordinato all’essere. Insomma, non c’è solo il pensiero divino, ma anche quello creato, sia esso quello dell’angelo o quello dell’uomo.

Immagine da Internet: Mercurio, Jean Baptiste Pigalle

09 settembre, 2024

Gli attributi di Dio - Conferenza di P. Tomas Tyn, OP

 

Gli attributi di Dio

Conferenza di P. Tomas Tyn, OP

Bologna, 27 novembre 1986 - Presso Istituto Tincani

 

Audio:  http://youtu.be/z4zp7N9Jjh0

L’ultima volta ci siamo intrattenuti affabilmente, riguardo alla esistenza di Dio, le cinque vie di San Tommaso, per dimostrare l’esistenza appunto di Dio. Abbiamo detto che Dio è quell’ente che sussiste in virtù del suo stesso essere. È una cosa interessantissima. Tutte le cose, tutte le entità hanno il loro essere quasi al di fuori di sé. È possibilissimo concepire l’uomo senza pensare al suo essere.

Tanto è vero che esistono potenzialmente tanti individui umani, che realmente ancora non esistono, esisteranno tra cento anni, per esempio, ma oggi ancora non esistono. Quindi nel concetto di una entità limitata non si nasconde, non è implicito l’essere stesso. C’è un solo concetto in cui l’essenza coincide con l’essere: è il concetto di Dio. Dio non si lascia definire, ma la descrizione migliore di Dio, è quella che dice: Dio è quella essenza che coincide con il suo stesso essere. 

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Servo di Dio Padre Tomas Tyn, OP

Quelle perfezioni, che in noi si sovrappongono l’una all’altra e si distinguono realmente l’una dall’altra, in Dio coincidono in un unico essere. Tutte le perfezioni lì sono un tutt’uno. Vedete la semplicità di Dio. Essa significa che in Dio non c’è alcuna composizione. In Dio non esistono composizioni di sorta. 

Nel mondo creaturale esistono tante composizioni. Pensate per esempio alla più banale, che è quella delle parti cosiddette integrali, le parti quantitative: una casa che è fatta dalle fondamenta, dalle pareti, dal tetto, dalle finestre, dalle porte e via dicendo, insomma tutto quello che spetta ad una casa. Pensate all’uomo, fatto di una testa, di un collo, torace, mani, gambe e via dicendo, insomma tutte le parti sono ben distinte l’una dall’altra. In Dio tutto questo ovviamente non esiste. Voi capite che questa distinzione di parti è dovuta alla quantità, all’estensione, che spetta solamente ai corpi, quindi delle sostanze incorporee non sono estese né così quantificabili.

Poi c’è la composizione di accidente e di sostanza, come abbiamo visto. Per esempio, mi metto a camminare, ma il mio camminare non è il mio essere. In Dio, tutto ciò che Dio fa è il suo essere, non è una aggiunta al suo essere. E poi c’è la composizione di materia e forma. Tutte le cose materiali corporee sono una forma ricevuta in una materia. In Dio ovviamente non c’è composizione di materia e di forma. Ma non solo. In tutte le creature, anche quelle immateriali, anche quelle più pure e più semplici, anche negli angeli e nelle anime nostre che sono un po’ imparentate con gli angeli, in quanto pure immortali e spirituali, ebbene, anche nelle essenze in qualche modo spirituali e immateriali esiste una minima complessità. Questa minima complessità, che caratterizza tutto il mondo delle creature è la composizione dell’essenza con l’essere. Anche nell’angelo differisce ciò che è l’angelo dal suo esserci. Solo in Dio sparisce anche questa minima composizione. Quindi, Dio è assolutamente semplice.

Ora, San Tommaso ha questa tesi. Egli dice che l’essenza metafisica di Dio è costituita dalla sua aseità, mentre l’essenza delle creature, in quanto creature ed è comune a tutte le creature in tal senso, è costituita dalla loro abalienità.

 D’altra parte anche la nostra cara Consorella Santa Caterina ha avuto una rivelazione di Gesù, il quale, come Verbo dell’eterno Padre, le disse appunto: “Tu sei colei che non è. Io sono Colui Che E’”. È così semplice. La creatura è quella che non è. Dio è Colui Che è. Non nel senso che noi non siamo nulla, ma nel senso che noi siamo per partecipazione.

 

Immagine da Internet:
- Santa Caterina e Gesù, Scuola Toscana

07 settembre, 2024

Politeismo e dialogo interreligioso

 

Politeismo e dialogo interreligioso

Nella linea del Concilio Vaticano II

Come sappiamo, il famoso Decreto conciliare Nostra aetate ha suscitato molte discussioni ed opposizioni. Ma è stato anche frainteso, come se esso autorizzasse l’indifferentismo o il sincretismo o il relativismo religioso, negando il primato del cristianesimo e l’obbligo di ogni uomo di obbedire a Cristo per conseguire la salvezza. Alcuni lo hanno contrapposto anche agli insegnamenti del Beato Pio IX, soprattutto le encicliche Quanta cura o Qui pluribus o al Sillabo, come se fosse una smentita a quegli insegnamenti.

Ricordo che nel 1986, mentre allora lavoravo come officiale della Segreteria di Stato, alcuni miei colleghi manifestarono parole di perplessità per non dire disapprovazione per il famoso Incontro interreligioso di preghiera per la pace voluto da San Giovanni Paolo II ad Assisi, come se tale iniziativa fosse tale da favorire il relativismo religioso o insinuasse l’idea della parità di tutti i culti, negando quindi l’obbligo di ogni uomo di obbedire a Cristo per ottenere la salvezza. 

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Fontanellato, 6 settembre 2024


 

La Convenzione che Papa Francesco ha firmato insieme col Grande Imam dell’Indonesia nella sua visita al suo Paese, ricorda la Convenzione di Abu-Dhabi con l’Imam Al-Tayyeb del Cairo.

Immagine da Internet:

https://www.vatican.va/content/francesco/it/travels/2024/outside/documents/indonesia-papuanuovaguinea-timorest-singapore-2024.html

- https://www.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2024/9/5/indonesia-incontro-interreligioso.html

06 settembre, 2024

Gli interessi di noi Domenicani - Seconda Parte (2/2)

 

Gli interessi di noi Domenicani

Seconda Parte (2/2)

 Un conflitto emblematico

L’Ordine domenicano giunse al Concilio già travagliato da un contrasto interno che potrebbe essere rappresentato o riassunto dal conflitto tra due personaggi-simbolo: il Maritain e il Padre Garrigou-Lagrange. Maritain ai tempi della sua conversione ricevette un grande aiuto dal Garrigou-Lagrange nella sua formazione tomistica e questi si fece ammiratore del Maritain per la sua sapienza filosofica tomista. Si attuò così per vent’anni una collaborazione fra i due ai Circoli Tomisti.

Lo scontro fra Maritain e Garrigou non avvenne sul piano della metafisica o della gnoseologia o della morale o della teologia o della mistica, ma esplose nel 1936 in occasione della guerra civile spagnola  sul piano dell’applicazione del tomismo in campo sociale e politico: mentre infatti Maritain aveva intuito che potevano essere recuperati in senso tomistico alcuni elementi del marxismo, i tomisti ligi alle Costituzioni del 1932 si attennero rigidamente alla condanna radicale del marxismo fatta da Pio XI nell’enciclica Divini Redemtoris del 1937. 

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I punti attorno ai quali oggi noi Domenicani dobbiamo concentrarci sono tre: chiarire il ruolo del Papa nella Chiesa e appoggiare Papa Francesco nella sua lotta per la piena realizzazione della riforma conciliare. Secondo: bisogna chiarire che cosa vuol dire essere cattolico, perché troppi si fregiano di questo titolo senza averne i requisiti. Terzo, chiarire che cosa significa appartenere alla Chiesa cattolica, perchè molti credono di appartenervi o sono considerati appartenenti senza averne i titoli.

La cura dei nostri interessi, che sono gli stessi interessi del Papa e della Chiesa, va congiunta con un’assidua, paziente e prudente opera di conciliazione e pacificazione fra indietristi e modernisti, così da far sì che abbandonino gli errori che li pone fuori della Chiesa e valorizzino i loro lati buoni: la cura della tradizione rettamente intesa negli indietristi e la cura per il progresso nei modernisti.

Una volta messi in luce questi due valori che si completano a vicenda sarà facile ottenere l’accordo fra questi due partiti attualmente in contrasto fra di loro e realizzare un sano pluralismo e una sana diversità ecclesiali dove ognuno è libero di orientarsi o verso la conservazione o verso il progresso come meglio gli aggrada.

Immagine da Internet

05 settembre, 2024

Gli interessi di noi Domenicani - Prima Parte (1/2)

 

Gli interessi di noi Domenicani

Prima Parte (1/2)

Abbiamo perduto lo slancio di un tempo

Vera mundi lumina

Onorio III, Bolla di approvazione

 dell’Ordine del 22 dicembre 1216

 

Hai abbandonato il tuo amore di prima

Ap 2,4

Mi trovo nella Comunità domenicana di Fontanellato, una cittadina del parmense di 7000 abitanti, che gestisce da cinque secoli un importante Santuario dedicato alla Madonna del Rosario.

C’era stata poco la vittoria di Lepanto sui musulmani e i Conti Sanvitale di Fontanellato invitarono i Domenicani a Fontanellato a fondare un convento che rendesse culto alla Madonna del Rosario, detta Regina delle Vittorie, alla recita del quale Rosario era attribuita la vittoria sui musulmani e la difesa dell’Europa cristiana. Oggi l’esorcista Padre Riccardo nella pratica deli esorcismi invoca la Madonna per la vittoria sul demonio.

Oggi il timore di essere invasi dagli Islamici ha dato luogo alla compassione per gli immigrati islamici. Qualcuno però avverte che non sarebbe male mantenere una certa vigilanza.

Noi Domenicani non abbiamo qui il problema degli immigrati islamici. Ci dedichiamo tranquillamente all’accoglienza dei numerosi pellegrini, alle confessioni, alla guida spirituale, prestiamo aiuto ai parroci della zona, io gestisco questo blog che diffonde la sua voce in molti paesi del mondo.

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Sembrava che Napoleone avesse distrutto tutte le nostre istituzioni accademiche e scolastiche e invece ecco che nell’’800 per opera del grande Lacordaire esse risorgono tanto da promuovere una meravigliosa rinascita tomistica che dette un formidabile contributo alle dottrine del Concilio Vaticano I e indusse Leone XIII a farsi a sua volta promotore di questa rinascita che svolgerà un ruolo determinante nell’aiutare San Pio X nella lotta al modernismo.

Tuttavia è vero che l’istanza dei modernisti non era del tutto sbagliata. Bisognava veramente che il pensiero cattolico si aprisse ad un’assunzione dei valori moderni, fatta però con oculatezza, alla luce della dottrina dell’Aquinate. L’errore tragico dei modernisti fu invece purtroppo quello di pretendere di giudicare la dottrina di Tommaso in base agli errori della modernità.

Ma restava senz’altro la necessità di assumere correttamente quei valori.

Immagine da Internet: Napoleone a Bologna

04 settembre, 2024

Continuità o rottura? Il parto doloroso del Concilio Vaticano II - Terza Parte (3/3)

 

Continuità o rottura?

Il parto doloroso del Concilio Vaticano II

Terza Parte (3/3)

Immacolato. DIBATTITO TRA ME E IL CAVALCOLI

Dice padre Cavalcoli: (La seguente risposta del Cavalcoli, è tratta dal dibattito che abbiamo avuto nei commenti del suo post di facebook) ...

 

Stando così le cose, la contrapposizione artificiosa e falsa che lei fa dell’insegnamento di venerandi Pontefici dell’800 ad altrettanti venerandi Pontefici del postconcilio è una cosa abominevole e blasfema, di cui lei si deve vergognare, tanto più che si vanta della nobile professione della Regola del Serafico.

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Immagine da Internet: 

- I discepoli di Emmaus, Arcabas

 

Continuità o rottura? Il parto doloroso del Concilio Vaticano II - Seconda Parte (2/3)

 

Continuità o rottura?

Il parto doloroso del Concilio Vaticano II

Seconda Parte (2/3)

 

Immacolato. Le avevo chiesto di non commentare più... altrimenti l'avrei bloccata! Siccome ha continuare a commentare e visto che le sue eresie sono palesi. Ora la blocco!

10) Cavalcoli. Caro Fra Pio Immacolato, lei se le fa e se le dice.

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Immagine da Internet: 

- I discepoli di Emmaus, Arcabas


Continuità o rottura? Il parto doloroso del Concilio Vaticano II - Prima Parte (1/3)

 

Continuità o rottura?

Il parto doloroso del Concilio Vaticano II

Prima Parte (1/3)

Sono passati sessant’anni dalla fine del Concilio. Eppure sono rimaste nella Chiesa le tracce di un trauma non ancora guarito, un nodo ancora irrisolto, i postumi di un duro scontro che si ebbe al Concilio tra le due contrapposte correnti dei progressisti e dei conservatori. Certo vinse a larga maggioranza la tendenza progressista, ma quella conservatrice non ha cessato di opporsi, tanto da cadere nello scisma. ...

 Ho pensato allora qui di presentare ai lettori il resoconto di un ricco dibattito con un lettore, Fratello Pio Immacolato Terziario Cappuccino, decisamente un passatista, ma ben documentato in fatto di testi pontifici, così a che egli mi dà modo di mostrare come nel magistero pontificio nei secoli esiste un elemento di continuità, che fà riferimento alla dottrina dogmatica, sempre la stessa, anche se continuamente approfondita, e un elemento contingente ed evolutivo o di discontinuità, espressione del governo della Chiesa o della pastorale o del potere giurisdizionale dei Papi.

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Immagine da Internet: 
- I discepoli di Emmaus, Arcabas

03 settembre, 2024

Come rivolgerci a Dio - Seconda Parte (2/2)

 

 Come rivolgerci a Dio

Deconda Parte (2/2)

 Al Padre

Al Padre dobbiamo chiedere che si realizzi e di poter realizzare il suo piano originario, protologico ed escatologico sul creato, sul rapporto dell’uomo con Dio, con gli angeli e con la natura, sul dominio dello spirito sul corpo, sul rapporto dell’individuo con la società, sull’unione dell’uomo con la donna, sul dominio dell’uomo sulla natura.

Dobbiamo chiederGli che si realizzi in noi il suo piano di salvezza in Cristo e nella Chiesa, in modo da essere liberati dal peccato e dalla morte, e poter realizzare in Cristo la sua volontà di recupero dell’innocenza edenica e di attuazione del suo Regno escatologico.

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Lo Spirito Santo è lo Spirito dell’ardore, del fuoco, della santa passione, dell’ardentissimo ed infocato desiderio, per dirla con Santa Caterina da Siena. È quell’amore del quale San Paolo dice: «L’amore di Cristo ci spinge al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti» (II Cor 5,14). Dobbiamo chiedere allo Spirito Santo che accenda in noi il fuoco dell’amore.

Lo Spirito Santo completa in noi l’opera di Cristo per il fatto che l’accoglienza dello Spirito comporta la penetrazione della grazia nell’intimo del nostro cuore, dell’anima, dell’intelletto, della coscienza, della volontà, delle emozioni, dei sensi, delle passioni, degli affetti, dei sentimenti, del corpo stesso dei suoi moti fisici, fino allo sguardo, alla parola, ai gesti. Allora tutto il nostro essere risponde con entusiasmo alla chiamata divina.

Immagine da Internet:

- Santa Caterina d'Alessandria, Raffaello, Londra

02 settembre, 2024

Una puntualizzazione nei confronti di Alessandro Minutella e Marco di Codigoro - A proposito della questione del Papa eretico

 

Una puntualizzazione nei confronti

di Alessandro Minutella e Marco di Codigoro

A proposito della questione del Papa eretico

Sono venuto a sapere da una trasmissione di ieri di Minutella, che un certo Marco gli ha riferito di avere avuto una discussione con me, nel corso della quale lo avrei accusato di essere eretico, senza portargli alcuna ragione.

Faccio notare che io, docente emerito di teologia dogmatica, prima di arrivare a notare di eresia una persona, rendendomi ben conto della gravità di questa nota, lo faccio solo dopo accurate ricerche e fornendo le prove.

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Immagine da Internet: San Pietro

Come rivolgerci a Dio - Prima Parte (1/2)

 

Come rivolgerci a Dio

Prima Parte (1/2)

                           Padre nostro che sei nei cieli

      Figlio di Davide, abbi pietà di me!

        Veni Sancte Spiritus

 La preghiera monoteistica

ovvero la preghiera umana

La preghiera a Dio in generale la formiamo sulla base del nostro modo di pregare in una situazione di bisogno un’altra persona umana, una persona buona, che sappiamo che ci ama, che è in grado di aiutarci ed è disposta a farlo.

Per essere spinti a pregare dobbiamo aver coscienza di ciò di cui abbiamo bisogno. Possiamo conoscere ciò in una forma precisa e specifica oppure in una forma generica, vaga e indeterminata.  Possiamo conoscere ciò di cui abbiamo bisogno, ma non i mezzi per realizzarlo. Oppure può capitare di credere di aver bisogno di qualcosa, che però non ci fa veramente bene, ma ci è dannoso. 

Per essere esauditi nelle nostre preghiere a Dio dobbiamo esser certi di chiederGli ciò che Egli stesso vuole per noi. Per questo, la prima preghiera che dobbiamo rivolgerGli è di farci conoscere la sua volontà, affinchè possiamo chiederGli di poterla compiere o che venga fatta. 

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È chiaro che la possibilità della preghiera è fondata sulla coscienza della distinzione tra il nostro io e il Tu divino. Il pregare è una richiesta di aiuto a qualcuno che ci può aiutare.

La religione naturale è sufficiente a dar fondamento alla preghiera.

Il cristiano, come ogni uomo ragionevole, sa che Dio esiste, ma, in quanto cristiano, informato da Cristo e dalla Chiesa circa la piena beatitudine dell’uomo, non si limita a pregarlo in quanto Dio, bensì Lo prega come Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, giacchè è molto meglio conoscere, amare e pregare Dio così che con la sola ragione.


Immagine da Internet:

- Angeli in preghiera, Chiocchetti G. B. (1898),Trento

30 agosto, 2024

Cartesio e la Chiesa

 

Cartesio e la Chiesa

Nessuno può porre un fondamento diverso

da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo

I Cor 3,11

Nel 1663 le opere di Cartesio furono messe all’Indice; ma la Chiesa non ha mai fatto un elenco degli errori di Cartesio. Ciò fu fatto da allora fino ai nostri giorni dai tomisti, come per esempio Giovanni di San Tommaso, Zigliara, Liberatore, Gredt, Fabro, Schwalm, Olgiati, Cordovani, de Tonquédec, Kuiper, Simon, Zacchi, Toccafondi, Maritain, Gilson, Tyn, Livi.

L’attrattiva che suscita Cartesio è data dal fatto che i cartesiani, sin dal sorgere della sua filosofia, con una costante ed abile campagna propagandistica sono riusciti ad accreditare presso molti le sue idee come la «filosofia moderna», facendo credere, quindi che la precedente filosofia tomista fosse superata per non dire falsa e illusoria. 

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L’astuzia di Cartesio fu quella di convincere molti che la sua filosofia sostituiva Aristotele nella fondazione della metafisica e della verità, dando ad intendere che forniva le vere prove dell’esistenza di Dio e dell’immortalità dell’anima. Dunque una filosofia definitiva applicando la quale – così prometteva Cartesio - l’uomo avrebbe potuto diventare pienamente signore della natura.

In effetti siamo debitori a lui degli immensi progressi moderni della tecnica. Ma a prezzo della perdita del senso dell’essere.

Ma per accorgersi dell’impostura della sua proposta filosofica sarebbe bastato considerare la stoltezza del motivo che aveva spinto Cartesio a farla: la sua convinzione che fino al suo tempo l’umanità non aveva trovato il vero fondamento primo della certezza e quindi della verità e del sapere, ma era vissuta nelle apparenze e nelle illusioni.

Chi esamina quindi con attenzione la filosofia di Cartesio si accorge che essa non solo non ha fatto progredire la filosofia, ma l’ha fatta retrocedere all’epoca della sofistica greca di Protagora, a suo tempo confutato da Aristotel.

La vera filosofia moderna, conciliabile con la fede cattolica, ed auspicata dal Concilio Vaticano II, non si costruisce su base cartesiana e neppure utilizzando l’idealismo tedesco nato da Cartesio, come crede di poter fare Rahner, ma si costruisce su base tomistica, di un tomismo, come prescrive il Concilio, che sappia assumere i valori della modernità scartandone e confutandone gli errori.


Immagine da Internet: - Ravenna, Basilica di Sant'Apollinare Nuovo, Civitas Classis, particolare

27 agosto, 2024

Il “Papa Emerito” secondo Papa Benedetto XVI

 

 Il “Papa Emerito” secondo Papa Benedetto XVI

Pubblico la traduzione, fatta nel 2020 dal famoso vaticanista Luigi Accattoli, di una interessantissima intervista, concessa da Benedetto XVI al giornalista Peter Seewald. In tale intervista il Papa illustra con una argomentazione da par suo la novità assoluta del titolo di “Papa Emerito”, che Dio gli ha fatto comprendere come un aspetto essenziale del Papato fino ad allora sconosciuto.

Qui il Pontefice Emerito si sofferma a mostrare non solo il significato dottrinale del Papato Emerito, ma racconta anche come, da grande teologo qual era, egli, attraverso una rigorosa meditazione, con riferimento alla figura del “vescovo emerito” suggerita dal Concilio Vaticano II, aveva scoperto questo aspetto spirituale del Papato Emerito, che comporta l’assenza dell’esercizio effettivo e giuridico del governo della Chiesa, che nel frattempo aveva assunto Papa Francesco.

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Immagine da Internet:

- Luigi Accattoli

26 agosto, 2024

Sui suicidi nelle carceri - Bisogna che nei penitenziari si ritrovi il valore della penitenza

 

Sui suicidi nelle carceri

Bisogna che nei penitenziari si ritrovi il valore della penitenza

Un pregio della concezione moderna dei diritti umani è la pratica della moderazione delle pene carcerarie e la loro funzione rieducativa, ma un valore che sembra essersi perduto è il significato penitenziale-espiativo della pena. La società edonista e godereccia non vuol più sentir parlare di espiazione come se si trattasse di una lugubre superstizione pagana. La sofferenza va respinta con ogni mezzo, come se fosse il massimo dei mali, anche a costo di peccare o di far del male agi altri.

Ciò avviene in concomitanza con un indebolimento della pratica cristiana, che, dando forma di virtù alla penitenza come esigenza spontanea dell’animo pentito, era riuscita in passato ad animare cristianamente anche il diritto penale civile, umanizzando gli usi pagani ancora presenti nell’alto medioevo e inserendo vitalmente la situazione del carcerato nel mistero di Cristo crocifisso. 

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Si tratta della sopravvivenza della vita civile ed ecclesiale. Se infatti  noi relativizziamo i valori morali e i divini comandamenti col pretesto della coscienza e della libertà individuale; se noi continuiamo a disprezzare la pratica penitenziale, se rifiutiamo il valore espiativo del sacrificio di Cristo e della Messa, se ci ostiniamo a dire che Dio non castiga nessuno e che tutti sono perdonati e si salvano, … e continuiamo ad  irridere all'ira divina, non solo la situazione nelle carceri, ma nell'intera società e nella Chiesa, diventerà sempre più tragica e insolubile e le cose andranno di male in peggio.

Se la giustizia umana può difettare nel riparare ai suoi falli, la giustizia divina non fallisce e al momento giusto si fa viva per regolare i conti con coloro che hanno debiti in sospeso. Nel contempo chi ha patito ingiustizia, certo della giustizia divina ma anche della misericordia, dispone il proprio animo al perdono qualora chi gli ha fatto torto sia pentito.

Saper perdonare e adoperarsi per ottenere giustizia sono due gesti che non si escludono ma si richiamano a vicenda, anche se il secondo è più nobile del primo e più conforme ai costumi di Dio.

Immagine da Internet

25 agosto, 2024

Il cristianesimo insipido - Seconda Parte (2/2)

 

Il cristianesimo insipido

Seconda Parte (2/2)

Come ha fatto il Medioevo a edificare l’Europa cristiana?

Come è riuscito il Medioevo a creare l’Europa cristiana dal Portogallo alla Russia? E com’è che a partire dal sec. XIV l’Europa cristiana ha cominciato a decadere e a disgregarsi? L’esperienza cristiana è fallita? Ha deluso l’Europa? Essa ha trovato qualcosa di meglio? L’Unione Europea guidata dalla Von der Leyen? La massoneria?

Certo nel frattempo la Chiesa non ha cessato di progredire e nuovi paesi del mondo hanno accolto il cristianesimo. Tuttavia resta il fatto che occorre rimediare all’attuale decadenza dell’Europa cristiana, per cui bisogna che l’Europa scopra il modo per ritrovare la strada di casa prima che sia troppo tardi. Il Concilio ha svolto questo servizio all’Europa, alla Chiesa e all’umanità.

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Una questione sulla quale oggi occorre far chiarezza è il concetto di Europa. Su quale concetto di Europa si basa l’attuale Unione Europea? Che idee stanno alla base di un’Unione Europea che ha rifiutato la proposta di San Giovanni Paolo II di citare nella sua Costituzione le sue radici di cristiane e nel contempo considera l’aborto, la sodomia e l’eutanasia come diritti?

Nel buio abbiamo bisogno di luce. Infatti nel buio non vediamo niente. Occorre una fiaccola che faccia luce. Il cristiano è questa fiaccola. La cecità ci è insopportabile.

Per questo Gesù Cristo da una parte è il maestro premuroso e misericordioso, nei confronti di coloro che, pentiti dei loro peccati, vogliono gustare il buon cibo, ma dall’altra parte è il cavaliere dell’Apocalisse, che non scherza, ma è quel cavaliere che combatte con giustizia, dalla cui bocca «esce una spada affilata per colpire con essa le genti» (Ap 19,15), ossia nei confronti dei ribelli e dei superbi.

 Immagini da Internet: San Pietro, Roma