La Russia e l’Europa
Seconda Parte (2/2)
La missione
della Russia
È comprensibile che la Russia, il cui
territorio comprende anche la Siberia, guardi ad un’egemonia sulle nazioni
confinanti, come l’Armenia, gli Stati musulmani, la Georgia, la Moldavia, la
Cecenia, la Mongolia, la Cina, la Corea, l’India, il Pakistan, la Tailandia, il
Borneo, il Giappone e le Filippine. Tuttavia la Russia è originariamente
europea e per la precisione ucraina, dato che essa è nata col Battesimo della
Russia di Kiev ad opera di San Vladimiro nel 988.
L’Unione europea, pertanto, non potrà essere
veramente europea finché non includerà la Russia fino agli Urali, anche se ciò
naturalmente non comporterà nessuna divisione dalla Russia asiatica. Certo
l’Europa non è solo un’entità geografica, ma anzitutto culturale e religiosa,
avendo comuni radici cristiane. Ma nulla impedisce alla Russia, come sostiene
Dugin, di essere un popolo euroasiatico.
Mosca, però, insieme col resto delle Chiese
ortodosse sorte dallo scisma del 1054, sta raccogliendo i frutti amarissimi
della sua ribellione a Roma: Mosca, che attraverso Costantinopoli ha voluto abbandonare
l’obbedienza a Roma, adesso è lei stessa oggetto di disobbedienza. Il male che
essa ha fatto, ora ricade su di lei.
Per rimediare a questa situazione aggrovigliata
e disastrosa, che soffre di una conflittualità mai prima esistita nella Chiesa
ortodossa, dove pare che lo Spirito Santo si sia allontanato, sostituito da uno
spirito di rancore e di vendetta, occorre che i nostri fratelli ortodossi
rivadano col loro ricordo a quel momento fatale, nel quale il Patriarca Michele
Cerulario cessò di prestare la propria obbedienza al Romano Pontefice come suo
legittimo Superiore, Padre, Pastore e Guida nel cammino che in Cristo ci
conduce al regno di Dio.
Bisogna che i nostri fratelli ortodossi riconoscano
di avere sbagliato nel respingere il primato di Pietro voluto da Cristo nello Spirito
Santo, occorre che si rendano conto dell’inconsistenza ed illegittimità delle
ragioni che accampano per rifiutare l’obbedienza al Romano Pontefice, bisogna che rivedano con molta serietà e
lealtà ed in base a una buona informazione storica, i motivi che portarono
Michele ad una decisione così grave, che avrebbe costituito il nascere di
quelle Chiese ortodosse tuttora separate da Roma.
Già al Concilio di Lione del 1274 e al
Concilio di Firenze del 1439 questi nostri fratelli vollero riunirsi a noi,
anche se disgraziatamente essi presto tornarono nel loro scisma. Tuttavia
furono quelli momenti privilegiati, nei quali tutti sentirono il soffio dello
Spirito Santo e gioirono come in una nuova Pentecoste, anche se di lì a poco lo
spirito delle tenebre e della discordia sarebbe tornato ad agire confondendo le
menti e raffreddando i cuori.
Come è
potuto accadere?
La domanda che viene spontanea è come abbia
potuto avere tanto seguito e tanta influenza una dissennata decisione, come
quella di Michele, decisione che da uno zelante e fedele Patriarca, conscio
della sua gravissima responsabilità di Pastore di un importantissimo
Patriarcato quale quello di Costantinopoli, non avremmo mai dovuto aspettarci e
come è potuto accadere che tanti cristiani da allora ad oggi abbiano potuto
seguire questo cattivo esempio senza mai deflettere e pentirsi.
Per quanto aspro fosse il tono della
scomunica inflitta da Roma, Michele avrebbe dovuto avere l’umiltà e la saggezza
di farsi da parte, e certamente Roma avrebbe consentito l’elezione di un nuovo
Patriarca in comunione con Roma. Ma purtroppo da tempo a Costantinopoli
esisteva una tendenza favorevole allo scisma e alla ribellione basata
soprattutto sul rifiuto del Filioque
ed anche su di una concezione della Chiesa nella quale il potere temporale,
sotto pretesto che rappresenta Dio (Rm 13, 1-7), viene talmente sopravvalutato,
che lo stesso detentore del potere spirituale, il pastore della Chiesa locale,
invece di tenere a sé soggetto il potere temporale, così come lo spirito deve
governare la carne e il temporale deve servire allo spirituale[1],
mancando di una coscienza sufficiente della sublimità del suo sacro ministero
al di sopra di tutti i poteri terreni, tendeva
a pareggiare l’ossequio dovuto a Cesare con quello dovuto a Dio.
La conseguenza era che gli Imperatori
bizantini, favoriti in ciò dagli stessi Patriarchi, nella convinzione di essere
i rappresentanti di Dio in terra, vedevano il ruolo del Patriarca non come un ministero
spirituale dipendente dalla pastorale del Vescovo di Roma, rappresentante di
quel Cristo al quale il Padre ha concesso ogni potere in cielo e in terra, ma
come semplice Vescovo di Costantinopoli, città imperiale, capitale dell’Impero
d’Oriente, ormai più importante di Roma, decaduta dal suo ruolo imperiale e
soggetta al dominio dei barbari.
Questa concezione distorta o quanto meno
equivoca del rapporto fra Patriarca ed Imperatore era lentamente maturata nel
corso dei secoli precedenti ed era già sfociata in alcune rotture con Roma, di
breve durata, ma purtroppo questa volta le cose erano andate tanto avanti, che
la rottura dal 1054 è rimasta fino ad ora, nonostante i brevi periodi di
ritorno degli ortodossi a Roma, ottenuti dai Concili di Lione II e di Firenze.
Oggi bisogna riandare a quei felici momenti per vedere come la Chiesa era
riuscita a far tornare i fratelli separati.
I difetti
della Chiesa ortodossa
Uno degli intenti del Concilio Vaticano II è certamente
la riunificazione dei cristiani, ma c’è da domandarsi come mai dopo
sessant’anni dalla sua attuazione noi cattolici non siamo riusciti ad ottenere
nulla o quasi nulla, ed anzi si è infiltrata fra noi una concezione di Chiesa
ed una visione dell’autorità del Papa e del vescovo, che risente dei difetti
della visione ortodossa.
La Chiesa orientale, già da prima del 1054
non ha mai afferrato il valore del governo civile popolare, ossia il diritto
del popolo all’autogoverno, quella che dal ‘700 si è cominciata a chiamare
«democrazia», dove il governante, come già aveva insegnato San Tommaso, è vicem gerens multitudinis.
La Chiesa ortodossa ha inventato l’autocefalia
per i vescovi, l’autocrazia per gli zar, ma non ha pensato di elaborare il
concetto di autogoverno del popolo, così come è suggerito dalle parole di
Cristo, che ci fa presente che «chi vorrà diventare grande tra voi si farà
vostro servo» (Mt 20,26); «uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti
fratelli» (Mt 23,8); «io sono tra voi come colui che serve» (Lc 22,27). Ora, se
l’autorità è un servizio, vuol dire che spetta a chi si fa servire scegliere il
servo dal quale vuole essere servito.
Altro grave limite delle Chiese ortodosse,
sempre causato dal bisogno di un punto di riferimento mancante per l’assenza
del Papa, è che, come è ben noto, si tratta di Chiese nazionali, per cui
l’eretico è nemico della patria e viceversa, per essere buoni cittadini si deve
essere ortodossi.
Altro inconveniente è quello della confusione
fra evangelizzazione ed espansionismo nazionale: siccome amor di patria vuol
dire essere ortodossi ed essere ortodossi vuol dire diffondere il Vangelo,
l’opera di diffusione del Vangelo va di pari passo con l’espansionismo e
l’imperialismo nazionale.
Anche sul piano dell’antropologia esiste una
differenza fra cristianità occidentale e cristianità orientale. Mentre l’antropologia
orientale è sotto l’influsso di Platone, che oppone lo spirito al corpo, e
fonda quindi una morale rigorista e sessuofoba, la Chiesa cattolica si apre nel
sec. XIII all’antropologia aristotelica, più conforme alla Scrittura, la quale,
concependo l’uomo come composto di anima forma sostanziale e materia corporea,
fonda un’etica di armonia fra volontà e passione, spirito e carne, anima e
corpo. L’ortodossia, invece, oscilla fra il Platone del disprezzo del senso e
il Platone della sensualità, fra il Monte Athos e Rasputin, fra la durezza e l’emotività.
L’attuale
guerra in Ucraina deve rinverdire l’ecumenismo
I dialoghi ecumenici hanno indubbiamente
portato frutti positivi nel senso di una migliore conoscenza reciproca ed una
reciproca collaborazione nelle opere della carità, ma nel contempo mentre si è
diffusa tra noi cattolici una stima anche eccessiva della spiritualità
ortodossa, e si tace sulle sue carenze, alcuni fra noi sono giunti a credere
che ormai gli ortodossi sono fratelli semplicemente diversi, nei quali non vi
sia nulla da correggere e che quindi la loro Chiesa non sia al di sotto, ma
alla pari della Chiesa cattolica.
L’attuale guerra in Ucraina dovrebbe renderci
consapevoli che la realtà delle nostre Chiese è ben diversa dai sogni illusori ed
idilliaci degli ecumenisti opportunisti e perditempo, ma presenta tuttora una
situazione che non comporta assolutamente la composizione dello scisma, ma che
registra, salvo lodevoli eccezioni, da parte cattolica una acquiescenza
biasimevole e da parte ortodossa il persistere del loro complesso di
superiorità.
Dobbiamo dire pertanto che la decisione di
Michele Cerulario si inquadrò in un contesto teologico, sociale, politico,
disciplinare ed ecclesiale, che ormai da secoli stava muovendosi verso una
graduale diminuzione della stima e rispetto del Papa come pastorale universale
della Chiesa e Vicario di Cristo.
Il Papa era vieppiù apparso ad una critica
dotta, abile, astuta, malevola e sistematica, adulatrice del potere politico,
seppur non priva di buone ragioni, - anche il Papa è un peccatore! - durata per
secoli e poco controbilanciata da spiriti onesti, intelligenti e coraggiosi, non un padre amorevole e saggio, non guida
sicura e illuminante, non un pastore zelante e disinteressato, ma un sovrano
voglioso di erigersi a maestro e giudice assoluto del vero e del bene, di
dominare tutti i popoli, presuntuosamente dimentico di essere uomo fallibile
come tutti gli altri.
Nel contempo da secoli il Patriarca di
Costantinopoli percepiva sempre di più la propria dignità apostolica, ma sempre
meno soggetta a quella del Papa e sempre più fondata non sulla scelta del Papa,
ma direttamente sulla volontà di Cristo e dello Spirito Santo.
Non che si negasse che il Papa sia il
Successore di Pietro, ma, col progressivo decadere di Roma dopo la fine
dell’Impero romano d’occidente nel 454 e lo sviluppo graduale della potenza
politica di Costantinopoli, capitale dell’Impero Romano d’Oriente, sorse gradualmente
in questa la convinzione che il primato sulla Chiesa universale stesse passando
gradualmente a lei. Ci si stava dimenticando che Cristo aveva affidato a Pietro
e ai suoi successori fino alla fine del mondo il compito di pascere il suo
gregge.
L’idea che questo compito dovesse passare al
Patriarca di Costantinopoli, la «nuova Roma», era una vera e propria eresia,
che inutilmente fu più volte condannata dai Papi in contemporanea col suo
sorgere, all’inizio quasi impercettibile, e rintracciabile in certi canoni del
Concilio di Nicea e di Calcedonia, naturalmente cassati poi dal Papa.
La decisione di Michele ha un significato
storico di estrema importanza perché dà come il sigillo ad una separazione o
frattura fra l’Europa occidentale e l’Europa orientale, fra due mondi
profondamente diversi e per certi aspetti opposti, divide l’Europa fino ad
allora cattolica, sotto la guida del Papa, in due parti, delle quali solo
quella occidentale resta sotto la giurisdizione del Papa, mentre quella
orientale appare come una galassia di Chiese, ognuna che va per conto suo
grazie alla cosiddetta «autocefalia», tenute assieme dalla comune ripugnanza
verso Roma, ma prive di un capo visibile che faccia da principio di unità e di
organizzazione, da giudice imparziale delle controversie, da custode
infallibile della dottrina.
I Papi in un
primo momento, anche per rispetto alle rimostranze di Costantinopoli, che
insisteva che non si doveva aggiungere nulla al Simbolo degli Apostoli, furono restii all’introduzione della
formula. Ma poi, considerando, dietro suggerimento dei teologi latini, che essa
non faceva che spiegare come il Figlio si distingue dallo Spirito Santo avendo
comune origine dal Padre, e poiché le Persone divine si distinguono per l’origine,
non c’era altro modo per fare questa distinzione che ammettere che lo Spirito
procede anche dal Figlio, i Papi accondiscesero all’inserimento della formula[2], che appare nel Simbolo
Niceno-Costantinopolitano che noi cattolici recitiamo a tutt’oggi.
Appena a Costantinopoli si seppe della concessione
del Papa, scoppiò lo scandalo e il Papa venne maggiormente infamato come
eretico. Quando quindi il Card. Umberto di Silva Candida scomunicò Michele per
gli atti ostili da lui compiuti contro il Papa e i Latini residenti a Costantinopoli,
egli ebbe davanti alla Chiesa costantinopolitana facile gioco nel dichiarare
nulla la scomunica ed anzi, come sappiamo, per tutta risposta scomunicò i
Legati del Papa. Ora, è chiaro che se era valida la scomunica che proveniva da Roma
a nome del Papa, nulla era la scomunica irrogata da Michele. E invece era lui
che col respingere la scomunica, poneva sé e la Chiesa costantinopolitana in
una posizione decisamente scismatica rispetto a Roma.
Resta comunque che le Chiese ortodosse hanno
mantenuto l’episcopato e tutte si raccolgono attorno a Cristo, allo Spirito
Santo, alla Sacra Scrittura, alla dottrina dei Padri e a quella dei primi sette
Concili, con vivo senso della collegialità o sinodalità. E ciò è indubbiamente
un fattore di unità e di armonia. Ma l’assenza del Papa si fa sentire in tanti
modi incresciosi, come la mancanza di un’istanza suprema ed infallibile, che
giudichi della verità e dell’eresia, un unico capo supremo, che mantenga, se è
necessario, anche con la coercizione e con adeguate pene, l’ordine, la
giustizia e la disciplina, un giudice supremo ed imparziale delle controversie,
al quale ricorrere per ottenere giustizia e per poter far pace con
l’avversario.
Un valore importante che la Chiesa ortodossa ha
conservato è lo zelo per la retta fede, tanto da denominare se stessa, come è
noto, «ortodossa», in polemica con quella cattolica. Di fatto essa ha
conservato il ministero episcopale e la sinodalità (sobornost, in russo), noi diremmo l’apostolicità, che sono garanzia
di ortodossia.
Come esiste lo zelo per la retta fede, così
esiste la persecuzione dell’eresia. Ma purtroppo, se Costantinopoli soprattutto
nei primi secoli, ha visto Patriarchi ligi alla sana dottrina, nei secoli
successivi allo scisma, mancando la vigilanza del Papa, è avvenuto che certi
Patriarchi, per la troppo alta stima di se stessi, cadessero nell’eresia.
Similmente dicasi per gli Imperatori. Se infatti da una parte possiamo
annoverare zelantissimi Imperatori come un Teodosio o un Giustiniano, poi,
anche nel corso di secoli precedenti allo scisma del 1054, come il sec. VII, si
registrano Imperatori monofisiti o monoteliti.
Lo scisma di Costantinopoli nei secoli
seguenti si diffuse nelle Chiese del’Europa orientale. La Chiesa russa, in un
primo tempo assoggettata a Costantinopoli, con la caduta di questa nelle mani
dei Turchi nel 1453, credette che, come la prima Roma era stata sostituita
dalla seconda, adesso toccasse a lei raccogliere e portare avanti l’eredità di
Costantinopoli.
Il nodo
fondamentale della questione ucraina
Tutto il nodo della questione ucraina si
riduce al modo di concepire l’origine e la funzione dello Spirito Santo
all’interno della Santissima Trinità e la sua missione ed azione nel piano
divino della salvezza. Qui abbiamo il famoso, insensato, doloroso e scandaloso
dissenso della Chiesa ortodossa da quella cattolica circa la dottrina del Filioque. Finché i fratelli ortodossi
non si decideranno a rinunciare ad accusare noi cattolici di eresia perché
abbiamo messo il Filioque nel Credo, e non riconosceranno che Roma ha
fatto ciò con pieno diritto, senza cambiare o aggiungere nulla alla Parola di
Dio, ma semplicemente spiegando ed esplicitando ciò che era già noto.
La questione del Filioque, riguardante nientepopodimeno che quella dello Spirito Santo,
principio, ragion d’essere, centro, vertice, scopo, anima, cuore e fondamento
di tutta la fede e la vita cristiana ed ecclesiale, non toglie che la chiesa
ortodossa abbia mantenuto la fede nel dogma trinitario, tutt’altro: l’ha
conservata nella sua autenticità, a differenza delle storture blasfeme che si
sarebbero verificate invece nel protestantesimo col panteismo dialettico
hegeliano. Fede autentica ma purtroppo non integra perché irragionevolmente
contraria a un punto che si deduce necessariamente dalla stessa verità di fede.
E qui si ha la prova della tendenza
conservatoristica della teologia ortodossa, priva di quel sano dinamismo e
spirito di approfondimento mediante l’uso della ragione, che caratterizza la teologia
cattolica e quindi la dogmatica cattolica, in ciò pienamente aderente al
comando di Pietro di essere sempre pronti a rispondere a chiunque ci chiede
ragione (logos) della speranza che è in noi» (I pt 3,15).
Tale conservatorismo, peraltro valido finché
conserva il deposito della fede, è causato dal bisogno di attenersi a dati
certi, mancando la garanzia che viene dal Romano Pontefice il quale non solo conferma
nella fede, ma ha da Cristo l’ufficio di confermare i passi che la Chiesa fa,
sotto la guida dello Spirito Santo, progredendo nella storia verso la pienezza
della verità.
Purtroppo la Chiesa ortodossa, dal momento
dello scisma del 1054 si è fermata in questo cammino di avanzamento al punto in
cui era arrivata allora, ed è quindi stata superata dalla Chiesa cattolica, la
quale quindi ha continuato ad avanzare sotto la guida del Papa verso sempre
nuove scoperte ed esplicitazioni del dato rivelato. Così è successo che dal 1054
ad oggi la Chiesa cattolica ha realizzato un progresso dogmatico che la Chiesa
ortodossa non ha voluto recepire nella convinzione che la Chiesa cattolica
fosse influenzata dal modernismo.
Ora purtroppo il modernismo esiste effettivamente
fra noi cattolici, anche per influsso protestante; ma esso presenta un volto
falsificato del vero cattolicesimo. Per questo, mentre il rimprovero di conservatorismo
fatto all’ortodossia dai nostri modernisti è invalidato dalla loro stessa tendenza
modernistica, il rimprovero che viene a noi cattolici di modernismo da parte
dell’ortodossia è giusto se riferito a modernisti come i rahneriani, ma è ingiusto
se riferito ai cattolici fedeli al Papa.
La
ricostruzione dell’Europa sarà impossibile finché non sarà sanato lo scisma del
1054 e Mosca non avrà rinunciato alla pretesa di essere la Terza Roma. C’è
anche da domandarsi che senso ha un’Unione Europea basata sulla massoneria di
origine protestante, anziché sulle sue radici cristiane. Questo è un
aborto di Europa, che potrà essere rappresentata da Rahner, ma non certo dalla
Roma dei Papi. E senza il Papa l’unità dell’Europa è impossibile. Inoltre
l’Europa dev’essere libera anche dall’egemonia americana e dipendere invece
dall’ONU.
Né gli Stati Uniti, né la Russia di Putin e
di Dugin devono avere mire egemoniche sull’Europa. L’attuale guerra in Ucraina
dimostra che essa è territorio conteso fra Russia e Stati Uniti e questo non va
bene. L’Ucraina dev’essere nazione europea, indipendente e soggetta solo al
governo dell’ONU, come ogni nazione del mondo, Russia e Stati Uniti compresi.
La pace in Ucraina non potrà dunque nascere
dalla forza militare che vince la guerra. I militari dell’una e dell’altra
parte dovrebbero prendere atto realisticamente di essere giunti ad un vicolo
cieco. Con la forza delle armi la pace non si ottiene, perché nessuna delle due
parti è disposta ad arrendersi, mentre entrambe le parti possono rispondere
all’attacco dell’altra con una forza aumentata, col rischio crescente di
compromettere in un immane conflitto mondale le sorti dell’umanità.
Non possiamo infatti nasconderci che il
conflitto ucraino è in fin dei conti un conflitto tra Stati Uniti e Russia. Per
trovare la pace occorrono dunque altri mezzi. Occorre dar spazio allo Spirito
Santo e alle parole che sono suggerite dallo Spirito. Bisogna ascoltare ciò che
lo Spirito dice alle Chiese (Ap cc.2-3). Queste sono le trattative diplomatiche
che sbloccheranno la situazione con soddisfazione di tutti.
Bisogna che Biden e Putin facciano un passo
indietro perché da soli non riescono a trovare un accordo, perché entrambi
aspirano al dominio del mondo in barba all’ONU, alla quale sola spetta il
governo del mondo; e quindi entrambi non sono sinceri, perché in realtà le loro
mire sono quelle di assoggettare a sé l’Ucraina.
Così l’azione di Biden tesa a mettere
l’Ucraina contro la Russia è destinata al fallimento perché il popolo russo
trae origine dal popolo ucraino. E così la violenza di Putin, simile allo sfogo
del marito geloso che bastona la moglie infedele, è del tutto controproducente
e non fa altro che alimentare l’odio dell’Ucraina per i Russi.
La pace in Ucraina non si ottiene quindi né con
le sanzioni né mandando armi a Zelensky, ma concentrandosi tutti, ONU, Biden,
Putin, Francesco e Cirillo su questa povera Ucraina, oggi più divisa e lacerata che mai, per studiare che cosa si può
fare per promuovere la pace interna e la conciliazione delle opposte fazioni.
La competizione Putin-Biden sull’Ucraina non
ha altro risultato che aggravare ferite e contraddizioni, anziché sanarle. Il
popolo ucraino non è affatto unito per gli Americani contro i Russi: questa è
la fola messa in giro dagli Americani. Il popolo ucraino sa bene di essere
all’origine del popolo russo, ma nel contempo è sconcertato per la violenza
subìta dai Russi; esso è dolorosamente diviso tra oriente ed occidente, fra
cattolici ed ortodossi, tra filoamericani e filorussi. Occorre quindi aiutarlo
a trovare l’unità nazionale nel libero pluralismo delle sue componenti civili e
religiose.
La regia
dev’essere dunque passata a Francesco e a Cirillo. Tutti gli ortodossi superino
i contrasti interni e si stringano attorno a Cirillo riconciliato con
Bartolomeo. Bartolomeo lasci Cirillo a trattare con Francesco. E similmente
noi cattolici, messe da parte le stupide polemiche modernisti-passatisti,
lefevriani-rahneriani, Benedetto sì e Francesco no, conciliari e
anticonciliari, dobbiamo stringerci attorno al Papa, Pastore universale del
gregge di Cristo, che ci rappresenta Cristo nella battaglia escatologica contro
il figli del diavolo e in questo frangente storico della guerra in Ucraina, ha
il potere come nessun altro di far scendere nei cuori divisi, nelle anime
piagate, nei fratelli che si odiano, la luce che indica la via della pace, il
balsamo che sana le ferite, l’amore che intenerisce e riconcilia i cuori.
Torniamo dunque allo stesso punto, allo
stesso problema di fondo, il vero nodo di tutta la questione: chiarire una
buona volta che cosa significa e cosa comporta per la vita della Chiesa e la pace
nel mondo la processione dello Spirito Santo dal Figlio. Non si sfugge. Questa
è la via di uscita.
Finché l’ecumenismo infatti non chiarisce
questo punto, la guerra in Ucraina continuerà e peggiorerà. Perchè la Chiesa
cattolica mantiene il Filioque nel Credo, che è la collezione dei
principali articoli di fede, nonostante le proteste e le accuse degli ortodossi
da 1000 anni? Perchè lo fa se non per motivi gravissimi che attengono alla
natura del mistero trinitario, della Redenzione, della Chiesa e della salvezza?
E come è potuto accadere che invece nei Concili di Lione II e di Firenze i
fratelli ortodossi, seppur per breve tempo, hanno accettato il Filioque? E questo tempo di grazia non
potrebbe ripetersi anche oggi? Che cosa lo impedisce?
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 25 giugno 2022
La Chiesa bizantina era a disagio e scandalizzata per il fatto che in occidente, a cominciare dal sec. VII in Spagna, e poi successivamente in Gallia nel sec. VIII e poi in Germania nel sec. IX e finalmente a Roma nel sec. X era stata introdotta nel Credo recitato nella liturgia il famoso Filioque.
I Papi, considerando, dietro suggerimento dei
teologi latini, che il Filioque non faceva che spiegare come il Figlio si distingue
dallo Spirito Santo avendo comune origine dal Padre, e poiché le Persone divine
si distinguono per l’origine, non c’era altro modo per fare questa distinzione
che ammettere che lo Spirito procede anche dal Figlio, i Papi accondiscesero
all’inserimento della formula, che appare nel Simbolo Niceno-Costantinopolitano
che noi cattolici recitiamo a tutt’oggi.
Perché avvenga la pace in
Ucraina e sia scongiurato il rischio della guerra atomica, bisogna che Biden e
Putin non credano di essere loro i protagonisti di questo dramma. No. La regia
dev’essere passata alle guide spirituali, a quelle che s’intendono di Spirito
Santo, perché è da qui e non dalla forza delle armi che verrà la pace.
Immagini da internet:
- Icona russa che raffigura Costantino I fra i Padri conciliari al primo Concilio di Nicea (325)
- Patriarca Cirillo
[1] Cf J. Maritain,
Primauté du spirituel, Plon, Paris
1927.
[2] È
questa la spiegazione che dà San Tommaso nella Summa Theologiae (I, q.36,a.2) citando il Simbolo attribuito a Sant’Atanasio (cf Denz.75-76) e riconosciuto
da diversi Santi Dottori latini del IV-V
secolo, Simbolo che però allora non
era ancora entrato nella liturgia.
I Papi, considerando, dietro suggerimento dei teologi latini, che il Filioque non faceva che spiegare come il Figlio si distingue dallo Spirito Santo avendo comune origine dal Padre, e poiché le Persone divine si distinguono per l’origine, non c’era altro modo per fare questa distinzione che ammettere che lo Spirito procede anche dal Figlio, i Papi accondiscesero all’inserimento della formula, che appare nel Simbolo Niceno-Costantinopolitano che noi cattolici recitiamo a tutt’oggi.
Perché avvenga la pace in Ucraina e sia scongiurato il rischio della guerra atomica, bisogna che Biden e Putin non credano di essere loro i protagonisti di questo dramma. No. La regia dev’essere passata alle guide spirituali, a quelle che s’intendono di Spirito Santo, perché è da qui e non dalla forza delle armi che verrà la pace.
- Icona russa che raffigura Costantino I fra i Padri conciliari al primo Concilio di Nicea (325)
- Patriarca Cirillo
[1] Cf J. Maritain, Primauté du spirituel, Plon, Paris 1927.
[2] È questa la spiegazione che dà San Tommaso nella Summa Theologiae (I, q.36,a.2) citando il Simbolo attribuito a Sant’Atanasio (cf Denz.75-76) e riconosciuto da diversi Santi Dottori latini del IV-V secolo, Simbolo che però allora non era ancora entrato nella liturgia.
L'ecumenismo di questi nostri tempi é proprio sbilanciato verso le scuse della Chiesa cattolica che pare più interessata a farsi vedere nel torto più che a dire come le cose stanno veramente. E' un problema di mentalità attuale (tolleranza e libertà per tutto e tutti) e di linguaggio . Non sono in grado di dare delle soluzioni. Personalmente, cerco di spiegare che la vera Chiesa é quella cattolica e che non é vero che le chiese sono tutte uguali, né tantomeno le varie religioni o credenze spirituali su questa Terra (la prima affermazione mi venne riferita da un anziana signora che frequenta la messa e la parrocchia...fu sorpresa che le rispondessi a modo). Dico anche che un conto sono le persone (che vanno sempre rispettate), un altro conto é invece ciò che una Chiesa o religione é.
RispondiEliminaCaro Alessandro,
Eliminanell’ecumenismo bisogna distinguere il confronto dottrinale con la questione comportamentale. La reciproca richiesta di perdono è certamente una cosa buona. Per quanto riguarda invece i problemi dottrinali, le indicazioni di fondo ci vengono dal decreto Unitatis Reditengratio del Concilio Vaticano II.
In esso si ribadisce che la pienezza della verità cristiana si trova solo nella Chiesa Cattolica, esorta noi cattolici a mettere in luce, insieme con i fratelli separati, le verità di fede che sono rimaste in comune dopo che questi fratelli si sono separati dalla Chiesa e pertanto siamo invitati ad aiutarli ad eliminare quegli ostacoli che si frappongono al loro accesso alla piena comunione con la Chiesa Cattolica.
Caro Padre Cavalcoli,
RispondiEliminaprovo un certo disagio per i passaggi del suo articolo che iniziano con i termini: "Un valore importante che la Chiesa ortodossa ha conservato è lo zelo per la retta fede...", ecc.
Ritenendomi un buon conoscitore del suo pensiero, e del suo modo di esprimere e di spiegare la fede cattolica, in tutta la sua integralità, forse il modo in cui si è espresso nei paragrafi indicati è stato forse motivato da uno scopo ecumenico, di evidenziare piuttosto ciò che accomuna piuttosto che le mancanze delle Chiese orientali, sedicenti "ortodosse".
Provo a spiegarmi:
Sottolineando nel suo articolo come una delle virtù delle Chiese ortodosse la CONSERVAZIONE della retta fede, mi sembra che venga accentuato solo un aspetto della missione affidata da Cristo a Pietro e ai suoi successori in campo magistrale: cioè , l'aspetto della CONSERVAZIONE, lasciando un po' in ombra l'aspetto del PROGRESSO.
E credo che questo modo di esprimersi qui non rispecchi la sua ben nota concezione, che hai spiegato in modo così eccellente e profondo nei suoi scritti, di entrambi gli aspetti del compito apostolico di "custodia del deposito", che implica, al tempo, conservazione e progresso.
La conseguenza immediata che vedo in questo modo parziale di presentare il compito di "custodia del deposito rivelato" è che, sottolineando la CONSERVAZIONE, si tende quasi automaticamente a guardare al PASSATO, a ciò che è già stato realizzato dal Magistero, a ciò che è stato cristallizzato, e si tende così a mettere in ombra la necessità di avanzare o PROGRESSO, in una maggiore chiarificazione del “deposito”.
Del resto, ed è un fatto indubbio, le Chiese orientali "ortodosse" hanno cessato di essere "ortodosse" proprio per questo, hanno abbandonato (in parte) la retta fede, ma non solo per eresie sulla Tradizione fino al 1054 (come lei giustamente fa notare) ma proprio per essere caduto nel passato, nel rimanere nella conservazione, trascurando il progresso (salvo eccezioni specifiche di alcuni esponenti) che è avvenuto nella retta fede nell'area del Magistero della Chiesa Romana , dal 1054 ad oggi, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II (qualcosa di simile accade ai lefebvriani, che non possono essere chiamati "conservatori della retta fede", avendo dimenticato questo aspetto del progresso, rifiutando il magistero del Vaticano II e il magistero postconciliare).
Grazie.
Riconosco che dopo quei paragrafi, lei indichi l'aspetto PROGRESSO. Ed è per questo che sono pienamente sicuro che lei, padre Cavalcoli, mantenete sempre la giusta concezione cattolica. Tuttavia, i paragrafi indicati mi sembrano cadere in un elogio eccessivo delle Chiese orientali come "custodi della retta fede". In breve, non è del tutto vero, come dirai lei più avanti. Non hanno mantenuto la retta fede nella sua pienezza.
RispondiEliminaCaro Serafino,
Eliminaquello che intendevo dire è che i nostri fratelli ortodossi si chiamano e così chiamano se stessi, in quanto vogliono esprimere la loro intenzione di conservare immutata la retta fede: orthé = retta; doxa = fede, da cui dogma.
Certamente dal punto di vista storico oggettivo a questa intenzione purtroppo non corrispondono sempre i fatti, inquantoché fino al 1054 gli ortodossi hanno mantenuto integra la fede. L’allontanamento dalla retta fede è avvenuto nei secoli successivi per il fatto che, avendo rifiutato il primato romano, non hanno accolto i dogmi successivamente definiti dalla Chiesa Cattolica fino ai nostri giorni.
https://youtu.be/gGN3pz0oKuo
RispondiEliminaBreve video ( pubblicato su Youtube) di un' omelia del Patriarca Cirillo dove ricorda che gli ortodossi sbagliarono a riunirsi con i cattolici nel concilio di Firenze , presenta come salvatore dell' ortodossia il vescovo ortodosso Marco da Efeso per essersi rifiutato di firmare l' accordo. Se il video è autentico, in rete non si può essere sempe certi, penso sia tempo perso parlare di ecumenismo con il patriarca Cirillo, da qualche parte ho letto che i cattolici vengono chiamati " i protestanti di Roma" , non mi sembra un' appellativo gentile. Non so se con gli altri patriarchi ortodossi vi siano possibilità per un dialogo ecumenico, più fecondo.
RispondiEliminaIl Filioque, è una questione così importante da giustificare una così grande frattura fra cristiani ?
Caro Anonimo,
Eliminail filmato sul Patriarca Cirillo è molto interessante. Dispiace di non poter disporre di una traduzione italiana. Ad ogni modo ho capito che non dà alcun segno di avvicinamento a Roma.
Con tutto questo, non dobbiamo perdere la speranza che possa avvenire questo avvicinamento, anche perché il Patriarcato di Mosca non si è mai trovato in una situazione così sfavorevole come adesso, dato che il Patriarca Cirillo da una parte ha scomunicato il Patriarca Bartolomeo e dall’altra ha perso moltissimi fedeli in Ucraina. E la cosa si può capire, perché ha chiamato guerra santa l’atto di invasione fatta compiuto da Putin.
Non è escluso che proprio questo disastro porti Cirillo a riflettere, a somiglianza del figliol prodigo.
Ecco la traduzione in italiano: Per salvare Costantinopoli, l'imperatore prende la decisione affinché la Chiesa ortodossa si sottometta a Roma. Il patriarca accetta questa decisione, così come la maggior parte degli episcopati, e si dirigono verso la città italiana di Ferrara e poi a Firenze, dove si svolge il Concilio di Ferrara-Firenze. Durante questo concilio, tutti i patriarchi e gli arcivescovi firmano l'unione con Roma, tranne Marco di Efeso, che comprende che non può esserci un'unione sotto minaccia; non può esserci un'unione per motivi pragmatici. Ma ciò che è più importante, non può esserci un'unione attraverso la divisione: unirsi a Roma significa distruggere l'unità con una parte significativa del mondo ortodosso. San Marco comprende questa calamità in cui cade tutto l'ortodossia e si oppone con coraggio al Concilio di Ferrara-Firenze, rifiutando di firmare l'unione.La mia ordinazione episcopale, avvenuta 40 anni fa nel giorno della festa dell'ortodossia, simbolo della vittoria su ogni eresia e della mia ascesa al trono patriarcale nel giorno della memoria di San Marco di Efeso, non la considero casuale. Ci sono troppe coincidenze perché io possa ignorarle; per me significano molto. Dobbiamo mantenere la purezza della fede ortodossa, resistendo a ogni eresia e ogni tentazione. Dobbiamo difendere l'ortodossia come è stata difesa dai nostri padri al settimo concilio ecumenico, come hanno fatto il patriarca Meftodio e l'imperatrice Teodora insieme a un sinodo di gerarchi, come ha fatto Marco di Efeso e i nostri nuovi martiri e confessori della Chiesa russa.
RispondiEliminaP.S.
Ovviamente non conosco il russo, ho scaricato la trascrizione del testo in russo da Youtube, avvelendomi poi dell' AI Perplexity ho chiesto la traduzione in italiano il risultato è la traduzione sopra.
Caro Anonimo,
Eliminanel discorso del Patriarca Cirillo io leggo purtroppo un atteggiamento di orgoglio. Già San Tommaso considerava come infetti di orgoglio gli scismatici di Costantinopoli. Si è sempre notato in questi scismatici la volontà di prevalere sulla Chiesa Romana.
Quello che è straziante è che Cirillo è un successore degli Apostoli e Papa Francesco glielo ha ricordato. Allora, ci si domanda come Cirillo abbia potuto parlare di guerra santa a proposito dell’invasione dell’Ucraina.
Ci sembra di assistere con angoscia ad un secolare odio contro noi cattolici. Che cosa fare? Non è escluso che la commemorazione del Concilio di Nicea possa servire a far riflettere il Patriarca Cirillo. Non bisogna perdere la speranza. L’ecumenismo avviato dal Concilio è stato ispirato dallo Spirito Santo.
È molto importante riconoscere i lati positivi della spiritualità russa, senza lasciarci spaventare da quella forma di crudeltà purtroppo insita nel popolo russo e che gli stessi autori russi riconoscono. Chiediamo alla Madonna che aiuti i russi a liberarsi da questo brutto difetto e ad aprirsi veramente all’azione dello Spirito Santo.
Inoltre possano essi comprendere i valori dell’Occidente e bisogna che anche noi occidentali ci sforziamo di apprezzare meglio i valori della spiritualità russa. San Giovanni Paolo II, che era slavo, ci dà preziose indicazioni su come operare questa conciliazione tra i due polmoni dell’Europa. È questa la vera Europa, non quella di adesso di una NATO armata contro la Russia, ma è anche vero che la Russia deve rinunciare alla sua volontà imperialistica e realizzare immediatamente il disarmo nucleare, in accordo con gli Stati Uniti, accondiscendendo in tal modo alle accorate ed insistenti esortazioni e suppliche del Santo Padre Francesco.
Sono convinto che la vera conversione della Russia, invocata dalla Madonna a Fatima, non è soltanto il ritorno all’ortodossia, che lascia aperte le divisioni, ma è, come auspica il Concilio Vaticano II, il raggiungimento da parte di Mosca della piena comunione con Roma.