Verginità e unione sessuale (Prima parte - 1/2)

 Verginità e unione sessuale

Il vero valore della verginità

La morale cattolica apprezza congiuntamente due atti umani che si escludono a vicenda e che sembrano comportare una valutazione incoerente della sessualità: un disprezzo dell’unione sessuale nella verginità e un apprezzamento dell’unione sessuale nel matrimonio. Lutero, come si sa, credette di poter risolvere l’antinomia semplicemente abolendo il voto di castità. Ma chiaramente non è questa la soluzione, perché il vero cristianesimo tiene la verginità nella massima stima. Ma bisogna vedere in che senso, altrimenti l’antinomia non si risolve.

Cominciamo con l’osservare che la potenza sessuale è fatta per essere attuata. Perché dunque nel cristianesimo è lodata la verginità come perfezione morale? Secondo una certa tradizione cattolica, si intende l’atto sessuale come violazione della verginità. La vergine è apprezzata perché è intatta, è considerata integra e pura, come se il toccare, proprio dell’atto sessuale volesse dire sporcare, corrompere, disintegrare. Ma è giusto? Può un atto naturale come l’atto sessuale, violare, sporcare, disintegrare?

È vero comunque che, essendo l’unione sessuale cosa buona e naturale in genere, può diventare illecita e biasimevole se attuata per lussuria o fuori dell’ordine morale. In tal modo un atto naturalmente buono come attuazione di una potenza naturale diventa moralmente cattivo perché privo del giusto contesto morale dato nella vita presente dalla legittima unione dell’uomo e della donna nel matrimonio.

Perché d’altra parte la verginità è apprezzata nel cristianesimo? Suppone veramente l’idea che l’unione sessuale sia una violazione, una sporcizia, una disintegrazione? Per nulla. Dio ha detto: «non è bene che l’uomo sia solo. Gli ho creato  una compagna simile a lui, ossa delle sue ossa e carne della sua carne». Inoltre Dio ha detto: «l’uomo si unirà alla sua donna e i due saranno una sola carne. Non divida l’uomo ciò che Dio ha unito». Dunque nel Genesi è evidentissimo che l’unione sessuale è cosa buona.

Essa, nel piano divino originario, ben lungi dall’essere una violazione, una sporcizia o una diminuzione, è attuazione di una potenzialità naturale, è superamento della solitudine, è integrazione reciproca, è espressine e manifestazione d’amore. Non è violazione, profanazione o violenza, ma armonia, comunicazione, reciprocità, apertura, introduzione e iniziazione al sacro. Non sporca un bel niente, né l’agente né il paziente, ma esprime la purezza, la perfezione e la pienezza della natura voluta da Dio. Non diminuisce, non guasta, non corrompe, ma al contrario porta ad attuazione e compimento una potenza naturale, che diversamente sarebbe inutilizzata o frustrata. Invece la potenza inattuata dice di per sé difetto e imperfezione. Pensiamo a un cieco o a un sordo: hanno la potenza visiva o uditiva, ma non funziona. È forse questa una perfezione? Perché allora il sesso inattuato dovrebbe essere una perfezione?

Sappiamo bene come nell’Antico Testamento per una donna era vergognoso non poter generare. Non esisteva l’ideale della verginità consacrata. È la Madonna che inaugura questo ideale, ma in modo specialissimo, valido solo per lei, come vedremo sotto.

Per converso: da che cosa nasce l’idea che l’unione sessuale voglia dire violenza, violazione, corruzione, sporcizia? Nasce da un’antropologia secondo la quale l’uomo è un puro spirito incarcerato in un corpo e quindi nel sesso, il quale contamina lo spirito nel contattarlo, sicché lo spirito si contamina nel contattare il corpo, per cui lo spirito che usa del corpo per l’unione sessuale contamina se stesso e il suo stesso corpo, il quale è ostile allo spirito, lo tenta al peccato, lo degrada e lo rende schiavo della materia. Sporcizia è sinonimo di peccato. Se l’unione sessuale è cosa sporca o impura, l’uso del sesso è peccato. E per contro la virtù sembra coincidere con la verginità e l’astinenza sessuale.

Se questa è la verità sul sesso, comprendiamo bene quanto disagio devono provare coloro che, spregiando l’atto sessuale, sanno che la specie umana non si riproduce se non mediante l’atto sessuale. Essi hanno dovuto adattarsi ad accettare una contraddizione: se è vero che la riproduzione della specie è cosa buona, hanno dovuto accettare la teoria assurda che un bene, cioè la prole, si può ottenere solo commettendo un peccato.

Per costoro l’ideale, la norma, la perfezione sarebbe la verginità; ma considerando il bene della riproduzione della specie, bisognerà che almeno alcuni si dedichino a questo compito. Vorrà dire allora che lo stato matrimoniale è inferiore allo stato di verginità. L’uomo perfetto è il vergine; lo sposato si trova in uno stato d’imperfezione.

Ebbene, questa teoria della superiorità della verginità sul matrimonio è verità di fede definita dalla Chiesa nel sec. III contro Gioviniano, che invece metteva matrimonio e verginità alla pari. Che vuol dire allora? Che la Chiesa è sessuofoba? Per nulla. Bisogna che spieghiamo il senso di questa dottrina.

La Chiesa, come sappiamo bene, accetta e insegna la dottrina della creazione dell’uomo e della donna e la loro unione nei termini che ho citato sopra. Occorre capire che questa dottrina della verginità non suppone affatto l’idea dell’uomo come spirito asessuato che cade in un corpo maschio e femmina a seguito di un peccato delle origini, come credeva Platone.

La verginità vale di più del matrimonio in quanto stato di vita liberamente scelto al fine di godere di una maggiore libertà spirituale nello stato di natura decaduta conseguente al peccato originale. Si tratta dunque di uno stato non relativo alla natura umana come tale, come Dio l’ha creata nell’Eden, prima del peccato originale, ma della natura umana in quanto corrotta a seguito del peccato originale.

Il voto di verginità si giustifica quindi solo in relazione ad uno stato di emergenza temporaneo, destinato a finire con la morte. Esso quindi non esisteva nell’Eden. Non era necessario, perché a differenza dallo stato presente nel quale occorre domare la ribellione della carne, la quale intralcia la libertà dello spirito, nell’Eden la carne, ossia il sesso, era perfettamente sottomesso allo spirito e in armonia con esso.  Lo stesso sarà alla futura risurrezione, nella quale, grazie alla redenzione di Cristo, la carne tornerà ad essere pienamente soggetta e in armonia con lo spirito.

Ma occorre fare attenzione che la verginità non ha solo questa funzione ascetica in rapporto alla natura decaduta, ma essa può rivestire un valore teologico nel caso  di una natura umana esente da colpa originale, eccellentemente unita alla divinità, come è il caso di Gesù e di Maria. Qui la verginità non è evidentemente motivata dal bisogno di una maggior libertà dalla carne, ma dalla vicinanza strettissima della natura umana alla divinità, la quale è puro Spirito asessuato.

In che senso dunque Gesù vergine è modello di uomo e Maria vergine è modello di donna? Uno potrebbe obiettare che modello della coppia umana è la coppia edenica, la quale esprime l’amore che la unisce nell’unione sessuale. Ora invece Gesù e Maria sono modelli dell’«uomo nuovo», dell’«uomo spirituale», figlio di Dio, mosso dallo Spirito.

L’umanità di Gesù e di Maria non smentiscono né aboliscono l’umanità naturale che ha il suo modello in Adamo ed Eva. Per questo San Paolo sembra troppo drastico quando in I Cor 15, 44-50, sembra sostenere una sostituzione dell’uomo «celeste», «spirituale», immortale, all’uomo «terreno», «carnale», corruttibile. Certamente l’uomo naturale è corruttibile, ma è destinato alla risurrezione! E se c’è un umanesimo della risurrezione, questo è proprio quello di San Paolo.

 Stando al contesto della Scrittura e considerando il piano divino della creazione dell’uomo maschio e femmina e la sua elevazione allo stato di figlio di Dio, mi sembra che occorra dire che l’«ultimo Adamo» (Cristo), l’uomo figlio di Dio, si aggiunge e non sostituisce il «primo Adamo», l’uomo nella sua natura umana. Ma in fondo credo che Paolo voglia dire proprio questo. Non solo il figlio di Dio nel piano divino è immortale, ma anche l’uomo nella sua natura umana di animale ragionevole, maschio e femmina, Adamo ed Eva, grazie alla risurrezione.

Cristo modello dell’uomo e del figlio di Dio

Cristo è modello di uomo come figlio di Dio, e qui vale Cristo come modello di celibato sacerdotale e castità consacrata; ma anche come Adamo, ossia marito nel matrimonio. Lo stesso dicasi per la Madonna: Maria vale come modello della vergine consacrata e della sposa nel matrimonio.

Cristo lega la mascolinità al sacerdozio perchè il Verbo si è incarnato in un uomo maschio e il sacerdote prolunga ed attualizza l’opera sacerdotale di Cristo ed agisce nella liturgia in persona Christi. La donna nella liturgia, in quanto esercitante il sacerdozio comune dei fedeli, concorre e collabora con i doni carismatici ministeriali a lei conferiti dallo Spirito Santo, ordinari o straordinari, con l’opera del sacerdote nell’offerta del santo Sacrificio e, per quanto è di sua competenza, nell’amministrazione degli altri sacramenti per l’edificazione del popolo di Dio e la santificazione delle anime. Come esiste una reciprocità uomo-donna nel matrimonio e nella società, così esiste una reciprocità nell’edificazione ed espansione della Chiesa nel mondo e nell’opera della salvezza delle anime.

Quanto alla reciprocità o complementarità spirituale reciproca fra uomo e donna, essa esiste, benché lo spirito in sé stesso non sia sessuato. Essa consiste nel fatto che in entrambi, pur funzionando lo spirito allo stesso suo modo essenziale, che non comporta differenza sessuale, tuttavia, l’uomo si differenzia dalla donna per una diversità-reciprocità di modi di manifestarsi dello spirito sul piano psicoemotivo e di relazione sociale, nonchè di interessi ed attitudini spirituali diversi e reciprocamente complementari.

L’opera della Redenzione compie una riconciliazione su tutti piani e gli orizzonti dell’essere, turbati, sconvolti e messi tra loro in conflitto dal peccato originale.  La grazia di Cristo, accompagnata dallo sforzo e dall’esercizio ascetico dell’uomo, nella fattispecie della vita sessuale, conduce l’uomo gradualmente a recuperare quel pieno dominio dello spirito sulla carne, del quale godeva la coppia primitiva prima del peccato e conduce la coppia a guarire dalla concupiscenza, a sanare la reciproca ostilità conseguente al peccato e a ritrovare l’originaria armonia e mutua complementarità.

Cristo restaura la natura ferita dal peccato e ridona all’uomo e alla donna la possibilità di amarsi come si amavano nell’Eden. Mantiene per la vita presente la funzione generativa dell’unione sessuale consacrandola nel sacramento del matrimonio. Infatti, se nell’Eden, data la condizione dell’immortalità fisica, l’umanità avrebbe potuto aumentare di numero indefinitamente, nello stato presente che vede la morte degli individui, il matrimonio diventava assolutamente necessario per la sussistenza della specie umana.  Per questo – sia detto fra parentesi – ogni forma di unione sessuale, sia o non sia secondo natura, motivata dalla lussuria conduce all’estinzione della specie.

Ma l’opera di Cristo non si ferma qui. L’uomo e la donna sono destinati come figli di Dio a risorgere dopo la morte nella terra nuova e nei cieli nuovi della Gerusalemme celeste nella vita eterna, per giungere alla pienezza dell’amore, mentre non occorrerà più riprodurre la specie, perché con la Parusia è fissato per sempre il numero degli eletti.

Poiché non sappiamo come sarà la configurazione del sesso, non avendo più esso una funzione procreativa ma solo unitiva, sappiamo bensì che vi sarà un’unione d’amore fisico e spirituale, ma non ne conosciamo quaggiù le modalità.

Grazie all’efficacia della grazia sanante, proveniente dalla Redenzione, ed ottenuta dai sacramenti e da una santa vita cristiana, gradualmente già da quaggiù l’altro sesso da tentatore ed occasione di peccato ritrova la finalità originaria di essere stimolo alla virtù e incitamento alla santità.

Naturalmente, mano a mano che la coppia riacquista la bontà perduta, diminuisce la necessità di cautele, rinunce e separazioni, similmente a un malato in via di guarigione, che gradualmente può riprendere quelle abitudini che aveva da sano e che per ragioni terapeutiche aveva dovuto interrompere.

La vita presente è come una lunga degenza ospedaliera, che si suppone segnata da un processo di guarigione, per il quale il paziente gradualmente riprende le forze ed inizia già in ospedale a riprendere quelle attività che svolgeva da sano e che potrà riprendere in pienezza una volta uscito dall’ospedale. Ora l’uscita dall’ospedale è la morte, per la quale ha cessato di morire l’«uomo vecchio» (Rm 6,6). ed è giunto a piena maturazione l’«uomo nuovo» (Ef 4,24) nato nel Battesimo.

L’uomo nuovo comincia già ad apparire prima della morte fisica: sono le «primizie dello Spirito» (Rm 8, 23) e la «caparra dello Spirito Santo» (II Cor 5,5), sicchè già nell’al di qua si può cominciare a pregustare la vita eterna dell’al di là. Ad ogni modo questa pienezza quaggiù resta molto misteriosa, perché per quanto riguarda la risurrezione il nostro corpo dovrà assumere una configurazione libera da quelle funzioni che sono connesse con la necessità della conservazione dell’individuo e della riproduzione della specie. Possedendo noi adesso un corpo che è sottomesso a quelle necessità, non abbiamo un’idea di come sarà il nostro corpo libero da quelle necessità.

La generazione della vita

L’unione sessuale serve a generare la vita, è opera del vivente che genera il vivente. Due individui diversi della stessa specie. Secondo la rivelazione cristiana anche in Dio – con buona pace di Maometto - esiste la Generazione: Dio Padre genera dall’eternità Dio Figlio, ma non si tratta di due individui della stessa specie, ma di due Persone della stessa essenza o natura divina.

Si tratta ovviamente di una generazione spirituale, dato che Dio è Spirito. Niente a che vedere con le teogonie pagane, per le quali il dio genera un altro dio o una dea unendosi carnalmente a una donna. Invece nel cristianesimo il Dio Padre genera da solo senza unirsi con nessuno. E con chi dovrebbe unirsi?  Con una creatura? Ma c’è un dislivello infinito fra Dio e la creatura, mentre il generare richiede che i genitori siano della stessa natura del generato. Dovrebbe unirsi con un altro Dio? Ma non esiste un altro Dio all’infuori di Lui.

Semmai la generazione divina può essere paragonata alla generazione del pensiero. Come il pensante concepisce un’idea, così il Padre concepisce il Figlio, che è l’Idea del Padre, ciò che il Padre pensa di Se stesso ed è il Progetto o l’Idea in base alla quale Dio Padre, come sommo Artista, crea il mondo (per quem omnia facta sunt). Il Figlio è il Pensiero o Concetto del Padre, che, come Dio, è Pensiero sussistente identico al suo Essere.

Il Dio biblico, inoltre, è un Dio vivente, il Dio della Vita, è Vita sussistente. Cristo dice di Sè: «Io Sono la Vita» (Gv 14,6)[1]. Cristo dona la vita eterna ai sui fedeli, generati dal Padre nel battesimo. Il cristiano ha la vita eterna perchè partecipa della stessa vita eterna del Figlio. Ad imitazione del Padre può esercitare una paternità spirituale in Cristo. Non solo nel matrimonio, ma anche nella vita religiosa, uomo e donna assieme possono generare figli spirituali[2].

Il concetto di generazione e quindi del sesso è fondamentale nel cristianesimo, perché esso si applica dovunque esiste la vita, dalle piante fino a Dio. Anche Dio genera. Non genera tuttavia né una creatura nè un altro dio, ma genera un’altra Persona a Lui uguale e della stessa natura divina: Dio da Dio.

L’anima umana è già di per sé immortale. La vita eterna che ci viene dall’essere generati dal Padre è chiaramente quella vita soprannaturale, che vince la morte del corpo e la morte spirituale del peccato, ed è la vita di grazia che ci introduce al paradiso.

Quanto agli angeli e ai corpi inanimati, essi non generano. I primi perché non sono esseri viventi. Da qui vediamo quanto stolte siano le concezioni vitaliste o pampsichiste alla Giordano Bruno o alla Campanella o alla Leibniz o alla Bergson o alla Teilhard de Chardin, frutto di pura fantasia.

Quanto agli angeli, essi non generano perché, pur essendo esseri viventi ed anzi viventi di una vita spirituale superiore a quella dell’uomo, non si moltiplicano, ma sono stati creati tutti assieme all’inizio del mondo. Prendendo spunto da ciò Origene, col suo spiritualismo esagerato, ha creduto sulla linea di Platone, che anche le anime umane fossero state create tutte assieme all’inizio del mondo, per cui ogni nuovo concepimento umano nella storia non comporterebbe una nuova anima creata da Dio, ma semplicemente il fatto che un’anima preesistente – come in Platone - discende in un corpo.

Così succede che Origene si trova obbligato, ma con gran fatica e per onestà, ad accettare il racconto genesiaco della creazione dell’uomo e della donna. Ma è tale la sua ripugnanza per la sessualità, che ritiene che quella distinzione sia stata voluta da Dio in previsione del castigo del peccato originale.

Così Origene non sa più neanche spiegare la risurrezione dell’uomo e della donna, esattamente a come avrebbe fatto Platone. Ammette bensì la risurrezione del corpo, tanto essa è chiara dalla Rivelazione, ma trascura di trattare del corpo maschile e di quello femminile.

Per districarsi dal problema di ammettere un corpo risorto senza sesso, egli escogitò un’immagine ridicola, che dette occasione ai suoi avversari di deriderlo: quella del corpo «orbicolare», ossia sferico. Ma perchè sferico? Perché la sfera è simbolo di perfezione e Origene voleva almeno ammettere che l’uomo alla risurrezione si trova in uno stato di perfezione finale.

Tornando agi angeli, non pare conveniente chiamare la verginità consacrata, come fa una certa tradizione, «virtù angelica», perché l’angelo non ha alcun bisogno di esercitare la verginità, perché essa suppone il sesso e l’angelo notoriamente non ha sesso. Allo stesso modo sarebbe ridicolo parlare di verginità come virtù divina. In nessun trattato di teologia troverete mai la verginità come attributo divino. Se Dio non pratica l’unione sessuale come gli dèi pagani, non è perchè se ne astiene, ma semplicemente perchè non ha sesso.

La verginità, dunque, è virtù umana e assai nobile, perché o assimila a Dio (Gesù e Maria) o condiziona normalmente l’aspirazione, tipica dei religiosi e conveniente ai sacerdoti, ad una superiore libertà e fecondità spirituale e ad una più piena vittoria sulla carne, con pregustazione della futura vita della risurrezione.

La prospettiva, che offre Cristo agli sposati di essere alla risurrezione come gli angeli (Mt 22,30), non contraddice evidentemente alla stessa risurrezione corporea dell’uomo e della donna, ma si riferisce semplicemente al pieno dominio dello spirito sulla carne, che sarà realizzato in cielo.



[1] Cf il mio studio LA VERITA’ ETERNA IN S.AGOSTINO, I, Sacra Doctrina, 5, 1987, pp.590-611; LA VERITA’ ETERNA IN S.AGOSTINO, II, Sacra Doctrina, 6, 1987, pp.665-687.

[2] Cf il mio libro La coppia consacrata, Edizioni Vivere.In Monopoli (BA), 2008.

Fine prima Parte

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, Natale 2020


Il concetto di generazione e quindi del sesso è fondamentale nel cristianesimo, perché esso si applica dovunque esiste la vita, dalle piante fino a Dio. Anche Dio genera. Non genera tuttavia né una creatura né un altro dio, ma genera un’altra Persona a Lui uguale e della stessa natura divina: Dio da Dio. 

La Trinità o Ospitalità di Abramo è una celebre Icona di Andrej Rublëv, realizzata negli anni intorno al 1422, conservata presso la Galleria statale di Tret'jakov a Mosca. Il dipinto raffigura la scena della visita fatta dalla Trinità ad Abramo per promettere a lui e alla moglie Sara una discendenza


Immagine da internet

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[1] Cf il mio studio LA VERITA’ ETERNA IN S.AGOSTINO, I, Sacra Doctrina, 5, 1987, pp.590-611; LA VERITA’ ETERNA IN S.AGOSTINO, II, Sacra Doctrina, 6, 1987, pp.665-687.

[2] Cf il mio libro La coppia consacrata, Edizioni Vivere.In Monopoli (BA), 2008.

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