Note per la Settimana dell’unità dei
cristiani
1.Stando a quanto insegna il decreto Unitatis redintegratio del Concilio
Vaticano II, la prima cosa da fare nell’ecumenismo è il confrontarsi lealmente
e francamente su cosa ha veramente detto
e voluto Cristo, in un clima di dialogo, di mutuo rispetto, di mutuo
perdono e di testimonianza di solidarietà umana.
2. Le altre confessioni o comunità cristiane
non-cattoliche, dopo la separazione dalla Chiesa cattolica, hanno mantenuto
certamente dei valori fondamentali,
come la fede nella SS.Trinità e in Cristo Redentore, il Battesimo, il desiderio
della salvezza, l’idea della comunità cristiana, il rispetto per la Bibbia e
per i divini comandamenti. Ma, come avverte il Concilio, hanno mantenuto
«lacune» ed «ostacoli», che impediscono ad esse di abbracciare in pienezza la
verità cattolica.
3. Non c’è dubbio che siamo già tutti uniti nella
comune fede in Cristo, sennò non ci dichiareremmo
tutti cristiani. Tuttavia la questione ecumenica sta nel fatto che non tutti accolgono
in pienezza la verità del Vangelo insegnata, in questa pienezza, solo dalla Chiesa
cattolica. Quindi, come avverte il Concilio, perché le comunità separate
possano dirsi pienamente cristiane, occorre che abbandonino i loro errori ed entrino in piena comunione con la Chiesa
cattolica.
4. Un’accolta disordinata e disorganica come
quella attuale di una pluralità di formazioni cristiane non-cattoliche, ognuna
con una propria soggettiva interpretazione del Vangelo, non corrisponde affatto
alla volontà di Cristo, così come invece corrisponde la realtà della Chiesa
cattolica, benché tra di loro possa esserci una qualche integrazione reciproca.
5. Compito dei teologi e dei predicatori
cattolici è quello di appoggiare il Papa nell’annuncio dell’integralità del
Vangelo, mostrando con persuasivi argomenti ai fratelli separati quali sono le
verità evangeliche, che essi devono abbracciare per essere pienamente fedeli al
Vangelo.
6. Il demonio non è solo il divisore, ma
anche il falsario. Egli non si limita a suscitare scismi e ribellioni, a dividere
i cattolici fra di loro spezzando il vincolo della carità, sostituita
dall’odio, dall’antagonismo e dall’invidia, ma tenta anche di allontanare i cattolici
dalla verità di fede e di impedire ai non-cattolici di abiurare ai loro errori per
abbracciare la pienezza della verità.
7. Di somma importanza è la preghiera, anche
ecumenica, nella quale occorre chiedere allo Spirito Santo che «tutti siano
uno», che siamo docili ai suoi impulsi, che lo Spirito Santo unisca i cuori e
le menti, che tolga le divisioni, i giudizi malevoli, affrettati e ingiusti, le
ipocrisie, le adulazioni, l’orgoglio, la litigiosità, le doppiezze, le tergiversazioni,
le calunnie, le reciproche incomprensioni, le reticenze, le sopraffazioni, i
toni aggressivi, le impazienze, le durezze di cuore, le opposizioni ostinate e
gli odi, ed aumenti in tutti la carità e la reciproca collaborazione nelle
opere buone, conduca i fratelli separati alla pienezza della verità custodita
dalla Chiesa cattolica sotto la guida del Papa.
8. Non c’è dubbio che molti fratelli separati
siano in buona fede. Ciò consente la realizzazione di quello che Papa Francesco
ha chiamato con bella e tradizionale espressione «martirio del sangue», al quale
si può far corrispondere un ecumenismo del sangue. Ciò non toglie che dobbiamo cercare
con carità di illuminarli. Ciò tuttavia giustifica
il diritto civile alla loro libertà religiosa, della quale già S.Tommaso parla[1]
e questi cristiani un buona fede possono essere migliori di quei cattolici, che
conoscono la verità, ma non la mettono in pratica.
P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 23 gennaio 2020
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