Le due
resurrezioni nel c.20 dell’Apocalisse
I dati della
dottrina cattolica
Sappiamo dalla dottrina della fede che
duemila anni fa Cristo con la sua morte e resurrezione ha messo nelle mani
dell’umanità le armi per sconfiggere il demonio e ha dato ai giusti la speranza
di poter risorgere ad una vita eterna dopo la morte.
Ha istituito il battesimo, che ci consente di
risorgere dal peccato per vivere fin da ora la vita di figli di Dio, in attesa
del Ritorno del Signore alla fine della storia terrena, nella piena e
definitiva vittoria del Signore e nostra con Lui contro le potenze del male,
per inaugurare una nuova storia, che sarà la storia felice dei risorti nella
celeste beatitudine della visione di Dio.
Ma finchè non tornerà il Signore, come ci ha
promesso, alla fine del mondo a procurare ai giusti risorti la suddetta eterna
pace celeste, per sempre totalmente liberi dalle forze sataniche, il cristiano su
questa terra deve lottare continuamente contro queste forze malvage, fino a che
esse non saranno totalmente vinte da Cristo al suo Ritorno nella battaglia
finale contro di esse. Dice infatti il Concilio Vaticano II: «Tutta la storia
umana è pervasa da una lotta tremenda fin dall’origine del mondo contro le
potenze delle tenebre, lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà,
come dice il Signore (Mt 24, 13; 13, 24-30 e 36-43), fino all’ultimo giorno»
(GS 37).
Giovanni la
pensa diversamente?
Ora, nel c.20 dell’Apocalisse, come è noto,
par di trovare un quadro ben diverso da questi dati indiscutibili della fede.
Eppure si tratta anche qui di Parola di Dio. Bisogna allora vedere come interpretare
e come accordare quanto dice Giovanni con quanto la Chiesa ha chiarito sull’argomento.
Nel capitolo precedente Giovanni ha la
visione del combattimento risolutivo di Cristo contro le potenze del male. Di
che si tratta? Esso non è l’ultimo, indicato soltanto al c.20, 1-10. Questo è
preceduto da un breve periodo, nel quale, al termine di «mille anni», inaugurati
da Cristo per mezzo di un angelo, Satana uscirà dall’abisso, dov’era stato in
precedenza cacciato (v.3) e sarà «sciolto per breve tempo» (v.3). Di che si tratta?
È spiegato più avanti: «Quando i mille anni saranno compiuti, Satana verrà liberato
dal suo carcere e uscirà per sedurre le nazioni, ai quattro punti della terra,
Gog[1]
e Magog, per adunarli nella guerra: il loro numero sarà come la spiaggia del
mare. Marciarono su tutta la superficie della terra e cinsero d’assedio
l’accampamento dei santi e la città diletta» (vv.7-9). Probabilmente si tratta
dell’apostasia finale e dell’avvento dell’anticristo, forieri della Parusia,
cose delle quali parlano l’Apocalisse anche al c.13, S.Paolo in II Ts 2 e il
Vangelo in Mt 24.
Quasi a significare le conseguenze favorevoli
della prima battaglia escatologica del c.19, che è la vittoria della croce e la
resurrezione di Cristo, il c.20 si apre con la visione di un angelo che incatena
Satana nell’abisso per mille anni, «affinchè non seduca le nazioni» (v.3). La
croce ci rende capaci di vincere il demonio. Però, dal seguito della visione si
capisce che Giovanni non intende riferirsi qui alla battaglia finale e
definitiva della Parusia, ma solo ad una vittoria sì decisiva, che dà
all’umanità solo la possibilità e la speranza di vincere Satana. Ma Satana non
demorde e resta pericoloso.
La condizione di non nuocere, nella quale viene
messo Satana ad opera dell’angelo, non
deve quindi essere interpretata alla lettera. Sarebbe una pericolosa
ingenuità. Significa solo che Satana può essere sconfitto con la potenza di
Cristo, ossia con la forza delle virtù cristiane. Ma sarebbe un’illusione deleteria
e disastrosa credere, come hanno fatto e fanno i millenaristi, che in questo millennio
Satana non arrechi alcun disturbo e che non occorra combattere e difendersi dalle
sue insidie. Infatti questo millennio che precede la Parusia non va inteso come
se dovesse essere inaugurato dalla resurrezione fisica di alcuni martiri (v.4).
Infatti, secondo la fede, l’unica
resurrezione fisica che vi sarà è quella concomitante alla Parusia, della
quale del resto parla lo stesso c.20 sia al v.5 che ai vv.11-15.
Il millennio
è la storia della Chiesa
Dunque, questo millennio, inaugurato da giudici,
ossia dagli apostoli, i quali, sotto la
guida del Papa, «siederanno su dodici troni per giudicare le dodici tribù di Israele»
(Mt 19,28) e dai martiri che regnano con Cristo, liberi dal potere di Satana,
non è altro, come intuì S.Agostino[2],
che la storia presente della Chiesa. Tuttavia, benchè Satana sia
incatenato nell’abisso, non è in questo mondo da considerarsi ancora totalmente
sconfitto, perché Dio permette che egli dal carcere, come fanno certi mafiosi,
mandi emissari sulla terra (cf I Pt 5,8). Al riguardo il Concilio, come abbiamo
visto, parla molto chiaro.
Quanto ai martiri, al v.4 è detto che «essi
ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni. … Questa è la prima
resurrezione. Beati e santi coloro che prendono parte alla prima resurrezione.
Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e
regneranno con lui per mille anni» (vv.5-6). Questi «sacerdoti» al riparo dal
peccato mortale, non sono altro che i comuni fedeli, dato che la Chiesa, come dice
il Concilio Vaticano II, è un «popolo sacerdotale».
S.Agostino precisa che questa «prima resurrezione»
dei martiri non è da intendersi in un senso fisico, né questo millennio è da intendesi
come presenza fisica in questo mondo di Cristo
risorto, perché adesso Cristo è in cielo e tornerà
sulla terra solo alla fine del mondo, ma la glorificazione dei martiri è il
loro vivere nel culto della Chiesa, per cui non è assolutamente da immaginare o
sperare nel millennio una presenza fisica di Cristo risorto prima della fine
del mondo. Inoltre Agostino chiarisce che la prima resurrezione è il battesimo.
Quanto agli «altri morti» (v.5), la
traduzione della CEI è la seguente: «gli altri morti non tornarono in vita fino
al compimento dei mille anni», quasi ad intendere che tornarono in vita solo al
compimento dei mille anni. S.Agostino, invece, è più aderente al testo che
dice: «non vissero fino allo scadere dei
mille anni» (uk èsezan archi telesthè ta chilia ere, vulg.: non vixerunt donec consummentur mille anni).
Si capisce allora l’interpretazione di Agostino: «si deve interpretare che essi non
vissero nel tempo in cui dovevano vivere, passando cioè dalla morte alla vita.
Quando arriverà il giorno in cui si compirà la resurrezione dei corpi, non
andranno dai sepolcri alla vita, ma al giudizio, cioè alla dannazione, che è detta
“seconda morte”. Chi dunque non avrà
vissuto finchè non siano finiti i mille anni, cioè durante tutto questo tempo
in cui si compie la prima resurrezione, non avrà udito la voce del Figlio di
Dio e non passerà dalla morte alla vita»[3].
Giovanni non nomina esplicitamente quella che,
se la nominasse, chiamerebbe certamente «seconda
resurrezione», ma è evidente che ne parla senza nominarla ai vv.11-13, dove è
chiaro che si riferisce a quella che la dogmatica cattolica chiama semplicemente
«resurrezione» o «resurrezione del corpo». Chiamare infatti «resurrezione» il battesimo
risponde a un modo di esprimersi in un senso traslato o improprio, poiché
propriamente, a parte la resurrezione come miracolo, per esempio la
resurrezione di Lazzaro, è chiaro, come ho detto, che la resurrezione nel senso
dogmatico è la resurrezione del corpo al momento alla Parusia, ossia il fatto o
atto col quale l’anima separata in quel momento riassumerà il proprio corpo.
C’è da dire conclusivamente che la Chiesa è
già il regno di Dio iniziato su questa terra, il regno dei «risorti nel
battesimo», nella prospettiva della sua piena edificazione al momento della Parusia
e della resurrezione dei corpi. La cacciata
di Satana nell’abisso è il frutto della redenzione, ed è già l’inizio dei mille
anni, inizio che corrisponde alla prima resurrezione, la quale, come già intuì
S.Agostino, non è una resurrezione fisica, ma è quella resurrezione spirituale
dal peccato e dalla morte, che è data dal battesimo, pegno della futura
resurrezione fisica dopo la morte.
Occorre pertanto portare avanti la guerra contro
Satana con la forza dataci da Cristo fino a che Egli non tornerà alla Parusia
per la vittoria totale e definitiva, illustrata ai vv.7-10. A questo prezzo ci
sarà assicurato l’ingresso nella Gerusalemme celeste descritta nei cc.21 e 22,
nella quale ricompare (22,14) l’«albero della vita» genesiaco (Gn 2,9), quasi a
significare, a coronamento della rivelazione divina e alla fine del lungo
travaglio dell’umanità alla ricerca di Dio, che qui giunge alla conclusione, il
trionfo finale della vita sulla morte. La fine è il ritrovare ciò che si era
perduto all’inizio.
P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 19 gennaio 2020
[1] Gog del terra di Magog, crudele principe
leggendario, contro il quale si scaglia Ezechiele (cc.38 e 39), visto come
simbolo per antonomasia dei nemici di Israele. Già nell’apocalittica giudaica
Gog è il simbolo delle potenze infernali, che assoggetteranno Israele alle
ultime prove prima della liberazione
finale. Vedi Enciclopedia della Bibbia
, LDC, Torino-Leumann, 1970 e Bibbia di
Gerusalemme.
[2] De
Civ.Dei, l.XX, cc.VI-IX.
[3] La
città di Dio, Edizioni Paoline, Roma 1963, pp.1112-1113.
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