Chi ha creato Dio? - L’interesse metafisico si manifesta sin dall’infanzia

 

Chi ha creato Dio?

L’interesse metafisico si manifesta sin dall’infanzia

 

Lasciate che i bambini vengano a me

Mc 10,14

Occorre più attenzione ai piccoli

Il Giornale di Brescia nell’edizione del 22 settembre scorso, ha dato notizia che una bambina di 7 anni in provincia di Brescia, Maddalena Morandi, ha scritto una lettera al Papa dal tono che ci sorprende tutti per la profondità metafisica del problema che pone, profondità che pare quasi incredibile nella mente di una fanciulla la cui ragione ha cominciato a funzionare supponiamo solo da un anno poco più.

Eppure, casi come quelli di questa bambina esistono. Questo dimostra il legame necessario che esiste fra l’esercizio della ragione e la conoscenza metafisica. La ragione umana sin dal primo sorgere della sua attività, concepisce l’ente nelle cose dell’immediata esperienza infantile e quindi nella luce dell’ente, inconsapevolmente concepito, si pone subito i problemi fondamentali dell’esistenza e, riflettendo sul fatto che le cose non possono essersi fatte da sé, giunge a sapere che esiste uno che le ha fatte, ma a sua volta non è fatto da nessuno, sennò non spiegherebbe niente. E costui è Dio.

Così si esprime Maddalena:

 «Caro Papa Francesco, ho una domanda importante: se Dio ha creato il mondo e le persone, da  chi è stato creato Dio? Tu sicuramente hai una risposta. Se non hai tempo per rispondermi, non c’è problema. Ti voglio bene». La bambina conclude poi la letterina allegando un disegno.

Sorprende anzitutto in una bambina di 7 anni non solo questo interrogarsi su Dio, ma anche il possesso del concetto di creazione, concetto indubbiamente di per sé razionale e tuttavia assai arduo, concetto attorno al quale si sono affaticate le menti dei più grandi filosofi cadendo spesso in gravi errori, concetto altissimo, che di fatto l’umanità ha appreso soltanto dalla Sacra Scrittura e, divenuto articolo di fede, è indubbiamente oggetto della formazione catechistica.

Siamo dunque qui davanti a una bambina che ha già ricevuto, almeno incoativamente, questa formazione. Lo stesso dicasi per il concetto di Dio e la parola Dio. Il fatto che Maddalena la usi è segno evidente della sua intelligenza metafisica, giacchè Dio è l’ente supremo, il primo  e il sommo ente tra tutti gli enti.

Nel contempo Maddalena, col porre quella domanda, dimostra di non avere ancora un concetto pienamente giusto di Dio. Ma è lodevole questo suo interesse circa il problema di Dio. È a questo punto che essa dev’essere aiutata. E mi meraviglio che la risposta pervenuta dalla Segreteria di Stato, benché contenente buone parole, eviti di rispondere alla domanda, la cui risposta non è difficile per il teologo ed è già ben nota dalla teologia.

 Io, che tra l’altro ho insegnato metafisica per trent’anni, ho lavorato otto anni in Segreteria di Stato con S.Giovanni Paolo II nella preparazione delle lettere del Santo Padre o a nome del Santo Padre. Nel mio ufficio arrivavano tante lettere di fanciulli o di scolaresche dal contenuto generalmente assai semplice e spesso commovente per l’affetto da essi dimostrato al Vicario di Cristo.

Avevamo un formulario di ringraziamento a nome del Papa. Tuttavia ogni tanto arrivavano lettere di bambini, giovani o adulti, fuori dal comune,  che ci facevano riflettere per la serietà e l’importanza del contenuto. Allora sottoponevamo il caso all’attenzione dei Superiori, Assessore, Sostituto o Segretario di Stato, accompagnando la segnalazione con un progetto di risposta. 

Non era nel potere del mio ufficio contattare direttamente il Papa. Ci avrebbero pensato eventualmente i Superiori. Ma ciò non ci impediva di proporre progetti di risposte che il Papa stesso avrebbe potuto dare. Ebbene, se nel mio ufficio fosse giunta una lettera come quella di Maddalena, avremmo segnalato il caso ai Superiori nella forma che ho detto. La bambina meritava una risposta che le dimostrasse la sapienza della Chiesa. Altrimenti che scopo avrebbe la Segreteria di Stato?

Così infatti ha risposto la Segreteria di Stato:

"Il Santo Padre ha ricevuto il tuo bel bigliettino", ha scritto l’Assessore  su carta intestata della Segreteria di Stato, "Papa Francesco, che ti ringrazia per il gesto amorevole, desidera farti sapere che prega per te, affinché tu possa crescere nel sincero desiderio di conoscere e amare Gesù".

 

Come mai non è stata presa in considerazione la serissima domanda, che ha fatto tremare le vene e i polsi, come vedremo sotto, niente meno che a Kant? Bastavano poche parole ben centrate, che Maddalena avrebbe capito  e la sua preoccupazione si sarebbe calmata.  Se fossi stato io in ufficio, avrei preparato per l’Assessore il seguente progetto di risposta:

«Cara Maddalena,

il Santo Padre ha ricevuto con piacere la tua letterina. Ma, come tu avevi immaginato, non avendo il tempo per risponderti personalmente, incarica me di risponderti al suo nome.

È molto bello che tu ti ponga delle domande così profonde. Tieni presente, tuttavia,  che Dio non è una creatura, della quale possiamo chiederci chi l’ha creata. Dio è il Creatore, che ha creato tutte le cose dal nulla. Quindi, tutto dipende da Lui ed Egli non dipende da nessuno. Se così non fosse, non sarebbe Dio, perché con la parola “Dio” noi intendiamo appunto Colui che tutto causa e da nessuno è causato.

Papa Francesco, che ti ringrazia per il gesto amorevole, desidera farti sapere che prega per te, affinché tu possa crescere nel sincero desiderio di conoscere e amare Gesù».

Così la Segreteria di Stato avrebbe rappresentato degnamente quell’immensa apertura di cuore, che il Papa mostra in modo particolare verso i più piccoli, i loro bisogni, i loro desideri, i loro problemi e le loro sofferenze.

Maddalena non è  la sola a porsi il problema

La cosa interessante è che – chi lo direbbe? - anche il grande filosofo Emanuele Kant si pose la domanda e non riuscì a cavarsela rimanendone angosciato fino a parlare, lui, il grande apologeta della ragione, di «baratro della ragione». Leggete che cosa dice nella famosissima Critica della ragion pura:

«La necessità incondizionata di cui abbiamo bisogno in maniera così indispensabile come dell’ultimo sostegno di tutte le cose è il vero baratro della ragione umana. L’eternità stessa non fa a gran pezza sull’anima quest’impressione vertiginosa, giacchè essa misura soltanto la durata delle cose, ma non le sostiene. Non si può evitare, ma non si può neppure sostenere il pensiero che un Essere, che ci rappresentiamo come il sommo fra tutti i possibili, dica quasi a se stesso: oltre a me non c’è nulla, se non quello che è per volontà mia; ma donde son io dunque? Qui tutto si sprofonda sotto di noi e la massima come la minima perfezione pende nel vuoto senza sostegno dinanzi alla ragione speculativa, alla quale non costa nulla far disparire l’una come l’altra senza il più piccolo impedimento»[1].

Kant si trova qui in una morsa o in una stretta disperante: da una parte avverte la «necessità incondizionata di cui abbiamo bisogno in maniera così indispensabile come dell’ultimo sostegno di tutte le cose», ma dall’altra  immagina  che Dio unico Essere assolutamente necessario, che ha liberamente voluto e creato il mondo, che da Lui dipende e ne è l’ultimo sostegno, dica a se stesso: e io da dove vengo? Chi mi sostiene? Chi mi crea?

Come Kant ha potuto immaginare che Dio si ponga una domanda simile?  Possiamo comprendere una simile domanda in Maddalena, filosofa in erba; ma come possiamo giustificare Kant? Egli purtroppo, con grande stoltezza, sembra prenderla  sul serio. La conseguenza è che la ragione, priva del suo fondamento divino, precipita in un baratro senza fondo. 

Questa ragione suicida è tuttavia la «ragione speculativa, alla quale non costa nulla far disparire l’una come l’altra perfezione senza il più piccolo impedimento». Ora osserviamo che la ragione ha un bisogno vitale di Dio, l’assolutamente necessario ed incondizionato; ma è in suo potere far sparire nell’immaginazione Dio e la totalità delle cose in un nichilismo assoluto, ponendoci la domanda: chi ha creato Dio?

Dunque fuggiamo queste morbose immaginazioni, recuperiamo l’assolutamente necessario, Dio, del quale la nostra ragione ha assolutamente bisogno come del suo ultimo sostegno creatore, e ci libereremo dalla disperante sensazione che tutto sparisca nel nulla. Maddalena, sei in compagnia di Kant, ma non te ne vantare. Su questo punto è meglio non seguire Kant.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 23 settembre 2023

 

La cosa interessante è che – chi lo direbbe? - anche il grande filosofo Emanuele Kant si pose la domanda e non riuscì a cavarsela rimanendone angosciato fino a parlare, lui, il grande apologeta della ragione, di «baratro della ragione».


 

La ragione ha un bisogno vitale di Dio, l’assolutamente necessario ed incondizionato; ma è in suo potere far sparire nell’immaginazione Dio e la totalità delle cose in un nichilismo assoluto, ponendoci la domanda: chi ha creato Dio?

 

Dunque fuggiamo queste morbose immaginazioni, recuperiamo l’assolutamente necessario, Dio, del quale la nostra ragione ha assolutamente bisogno come del suo ultimo sostegno creatore, e ci libereremo dalla disperante sensazione che tutto sparisca nel nulla. Maddalena, sei in compagnia di Kant, ma non te ne vantare. Su questo punto è meglio non seguire Kant.

 Immagini da Internet

 


[1] Critica della ragion pura, Edizioni Laterza, Bari  1965, p.491.

8 commenti:

  1. Carissimo p. Giovanni in relazione delle sue considerazioni sulla lettera scritta da questa bambina di sette anni che pone la domanda al Papa: “Ma chi ha creato Dio?” per cercare di rispondere a questa domanda, mi sono fatto guidare dal pensiero di San Tommaso d’Aquino, il quale affrontando la questione dell’esistenza di un Dio creatore, ricavata dal dato biblico, scarta innanzitutto l’ipotesi che afferma che l’esistenza del mondo non dipende dall’atto creatore di un Dio. Per Tommaso, che il mondo possa essere “autosufficiente” ed esistere senza l’intervento di Dio, quindi senza essere da Lui creato e mantenuto nell’essere in ogni istante, è un “errore abominevole”, non soltanto per la teologia ma anche per la filosofia, perché tutto ciò che esiste è causato da Colui, che chiamiamo Dio, che possiede l’essere al sommo grado.
    Leggiamo in “De ente et essentia”: “Poiché ciò che esiste in virtù d'altri implica un riferimento a ciò che esiste di per sé stesso come alla causa prima, è necessario che esista qualcosa che, in quanto esiste di per sé, sia causa dell'esistenza di tutto, viceversa nel risalire di causa in causa si finirebbe col procedere all'infinito”.
    Dio non lo ha creato nessuno, non esiste un atto creativo che ha posto in essere Dio, proprio perché nel cercare di rispondere a questa domanda si andrebbe all’infinito, quindi la risposta è semplice: “Nessuno ha creato Dio!”. Dio è eterno ed è sempre esistito. Quando diciamo che ogni effetto ha una causa, ci riferiamo all’universo fisico, alla creazione. Ma Dio è puro Spirito, il suo regno è al di fuori di quello fisico perciò Egli non è soggetto alle leggi della fisica. Il finito non può contenere l’Infinito. Dio stesso è il suo proprio essere sussistente, Dio è infinito e perfetto. Per poter rispondere chi ha creato Dio, dovremmo in qualche modo conoscerne l’essenza. Io so e conosco come sono nato e chi mi ha concepito, conosco la mia essenza di essere umano ma come ci ricorda ma per Dio non è così e come ci ricorda San Tommaso:
    “Ora, nessun intelletto creato può arrivare a quel perfetto grado di conoscenza dell‘essenza divina secondo il quale essa è conoscibile. E lo si vede in questo modo. Ogni cosa è conoscibile nella misura in cui è ente in atto. Dio dunque, il cui essere, come si è già dimostrato [q. 7, a. 1], è infinito, è infinitamente conoscibile. Ma nessun intelletto creato può conoscere Dio infinitamente. Infatti un intelletto creato conosce più o meno perfettamente la divina essenza a seconda che è perfuso di un maggiore o minore lume di gloria. Non potendo quindi essere infinito il lume di gloria ricevuto in qualsiasi intelletto creato, è impossibile che un‘intelligenza creata conosca Dio infinitamente. Quindi è impossibile che comprenda Dio”. (S. th., I, q. 12, a.7, ad 2).
    Di conseguenza non ha senso porsi la domanda “Chi ha creato Dio?” perché l’uomo, essere umano, è un essere creato e finito che non può ridurre Dio, essere sussistente e necessario, allo stesso livello di un essere creato.

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    1. Caro Don Vincenzo,
      io penso che Maddalena sappia benissimo di essere stata creata di Dio, in quanto usa il concetto di creazione, che vuol dire produrre dal nulla.
      Quindi il tuo rifarti a San Tommaso, il quale ci dice che se un ente non esiste da sé, esiste derivato da altro o fondato su altro, è estraneo alla nostra discussione.
      Non è questo il problema di Maddalena. Il problema è il concetto di Dio, che nella mente di Maddalena evidentemente è un po’ difettoso, perché lei si immagina un Dio simile alla creatura. È solo davanti alla creatura che noi ci chiediamo chi l’ha creato, non davanti al Creatore o, per usare il linguaggio di San Tommaso, è solo davanti all’ente che deriva da altro che ci chiediamo chi è questo altro dal quale quell’ente deriva.
      Quando conosciamo questo altro, non cerchiamo un altro, dal quale derivi, perché l’altro, che abbiamo trovato, spiega se stesso, cioè non esiste da altro, ma esiste da sé. E questo è Dio.

      Anche il discorso di San Tommaso sull’essenza non è pertinente alla nostra discussione, perché, come ho detto, Maddalena sa che Dio esiste. Quindi è inutile qui fare riferimento alla impossibilità di una retrocessione delle cause all’infinito.
      Non sappiamo come Maddalena sia arrivata a sapere che Dio esiste.
      Ma qui adesso questa cosa non ci interessa. Il problema di Maddalena, come ho detto, non è se Dio esiste o non esiste, ma qual è la natura di Dio.

      Il problema del processo all’infinito non riguarda l’essenza di Dio, ma l’esistenza. Come ho già detto, Maddalena sa già che Dio esiste. Il suo problema è chi è Dio.
      È vero che si può sapere che Dio non è stato creato partendo dal sapere che Dio esiste. Certo. Tuttavia, per poter sapere che non è stato creato bisogna in qualche modo sapere chi è Dio.
      Per questo ho risposto a Maddalena, che lei deve riflettere su chi è Dio, e ho detto che Dio è il Creatore e non è una creatura. Io penso che in fondo la risposta sia tutta qui, cioè la distinzione tra la creatura e il Creatore.
      E cioè che la creatura è creata e che il Creatore è il creatore, e quindi non è creato da nessun altro.
      Quindi bisogna distinguere questi due concetti e non ridurre il Creatore alla creatura, perché in questo caso si perde di vista Dio e si cade o nel panteismo, ossia la creatura è Dio, oppure nell’ateismo, ossia Dio è la creatura.

      Quando diciamo che ogni effetto ha una causa, non ci riferiamo soltanto al livello fisico, ma anche a quello spirituale: anche le nostre anime e gli angeli sono creati.

      Dobbiamo distinguere due modi di conoscere l’essenza di Dio. Un modo è accessibile alla nostra ragione fin da questa vita e un altro modo invece è possibile solo in paradiso nella visione beatifica.
      È chiaro che, essendo l’essenza di Dio infinita, mentre la capacità del nostro intelletto è finita, neanche in paradiso potremmo conoscere Dio tanto quanto è conoscibile, perché dovremmo conoscerlo infinitamente, cosa che è possibile solo al suo intelletto, che è infinito.
      Tuttavia fin da adesso noi possiamo e dobbiamo dare una qualche definizione della natura o essenza di Dio, per quanto in modo assai imperfetto. Se così non fosse, sarebbe impossibile parlare di Dio e la parola Dio non avrebbe senso, perché noi possiamo parlare soltanto di quelle cose delle quali possiamo dare una definizione sulla quale veniamo a trovarci d’accordo e ci intendiamo.

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  2. Carissimo p. Giovanni, rifacendomi a San Tommaso, nella mia riflessione, cercavo appunto, come lei mi scrive, di affermare che con il nostro intelletto possiamo dare qualche definizione di Dio come causa prima di tutto, come essere necessario, sussistente, essere infinito e perfetto. La nostra ragione, può arrivare fino a qui e quindi siamo in grado di parlare di Dio così. Come dire io so che Dio esiste ma non lo posso conoscere pienamente qui sulla terra, ma come dice lei solo nella visione beatifica come ci ricorda la Bibbia che Dio "abita in una luce inavvicinabile, che nessuno ha mai visto o può vedere" (1 Timoteo 6,16), ma quando Dio si rivelerà a noi in cielo lo vedremo faccia a faccia (1 Corinzi 13:12). "E così come egli è" (1 Gv 3,2). Non solo, perché grazie alla rivelazione di Nostro Signore Gesù Cristo ci rivela il volto di Dio come Padre che ama fino al dono del proprio Figlio per la salvezza dell’umanità. Il tutto contenuto nella formula del Credo quando recitiamo: "Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili".

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    1. Carissimo Don Vincenzo,
      non posso che essere d’accordo circa le sue osservazioni riguardanti la conoscenza della natura divina, non soltanto su questa terra, ma soprattutto in cielo.

      Aggiungo alcune considerazioni riguardanti la questione del processo all’infinito, nella retrocessione delle cause, del quale lei parla nella precedente lettera.

      Quando la ragione scopre un effetto, ossia un ente causato, si interroga su qual è la sua causa e procede alla determinazione della causa, nella quale essa si ferma soddisfatta per aver compiuto il suo cammino. Ma se questa causa è a sua volta un effetto e quindi è causata, questa non spiega abbastanza l'effetto, non soddisfa la ragione, la quale non è sazia, ha ancora fame. E per questo riprende il cammino per trovare la causa della causa. Ma se questa è ancora un effetto, cioè è causata, la ragione non è soddisfatta, cioè non si ferma, non è sazia finché non trova una causa che sia solo causa, una causa assoluta e sufficiente e non anche effetto. Questa è la causa prima che chiamiamo Dio, la quale non esiste perchè è causata, ma esiste da sé in forza di se stessa.
      Il cammino della ragione nel passare dall'effetto alla causa assomiglia all'atto col quale scaliamo un'unità partendo da un numero dato, per es. 35. Che facciamo? Togliamo via via un'unità: 34, 33, 32... finché arriviamo all'1, al di sotto del quale, restando nel campo dei numeri, non si scende. Questo numero è il primo, dal quale derivano tutti gli altri, mentre lui esiste da se stesso e potrebbe esistere anche solo, mentre tutti gli altri esistono perchè c'è lui. Ebbene, l'uno rappresenta la causa prima, Dio.
      Esiste tuttavia effettivamente una retrocessione delle cause nelle quali, in linea di principio, la ragione non si ferma mai, ma essa è soddisfatta così e progredisce indefinitamente nel sapere. È questo il campo del sapere fisico: Francesco è generato da Paolo, Paolo è generato da Giuseppe, Giuseppe da Giovanni. Di fatto arriviamo ad Adamo ed Eva, ma di per sé anche Adamo ed Eva potrebbero esser stati generati da altri soggetti umani e così all'infinito, perchè qui non si tratta di spiegare l'esistenza, ma la generazione o il divenire del soggetto nel tempo. Qui l'effetto infatti, ossia il figlio continua ad esistere, anche se la causa, il padre non influisce più su di lui perchè è morto. Il problema della causa prima riguarda invece l'esistenza ossia la creazione dell'effetto. Quindi bisogna che la causa sia esistente.
      Per questo la causa sufficiente dev'essere una causa in atto d'essere, attualmente causante l'essere della creatura. E qui la ragione deve fermarsi perchè per poter causare l'essere, questa causa dev'essere l'essere a sé, l'essere sussistente, l'essere assoluto ed infinito, l'essere eterno, Dio, essere che evidentemente non ha ricevuto l'essere, cioè non è stato creato, ma lo crea, partecipando in vari gradi il proprio essere alle creature.
      La causa prima, Dio, si può scoprire con una retrocessione finita anche servendosi della psicologia: lo scritto è effetto del linguaggio, il linguaggio è effetto dei concetti, i concetti sono effetto del pensiero, il pensiero è effetto dell'intelletto, l'intelletto è originato dall'anima, l'anima è creata da Dio.

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  3. Grazie p.Giovanni per la sue riflessioni chiare e profonde.

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  4. Se l'energia che abbiamo chiamato "Dio" non ha un inizio e una fine, allora non esiste altra energia al di fuori di "Dio". Pertanto, l'universo, il mondo, le persone, il Papa e la bambina sono "Dio" in una nuova dimensione inconsapevole che non ricorda la sua vera identità.. Il fatto che sentiamo dentro di noi il bisogno di conoscere chi siamo, può essre pragonato come un uomo che perde la memoria e cercherà di ricordare poco a poco la sua vera identità.

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  5. Padre Cavalcoli, volevo complimentarmi per la chiarezza e la profondità della sua esposizione. Nella risposta alla bambina di Brescia sono rimasto colpito non tanto dalla risposta in sé, laddove si sostiene che Dio, in quanto Creatore e non creatura, non può essere creato, quanto nell'ultima parte, laddove lei cita il passo di Kant, che nella mia ignoranza non conoscevo. E' un passo illuminante soprattutto alla luce della spiegazione che lei ne dà: la ragione speculativa può senz'altro fare sparire l'idea di Dio (mediante la domanda su chi lo ha creato, ad esempio), ma rimane irrimediabilmente monca e confinata ad un immanente che non può soddisfarla. L'uomo è l'unico essere dotato di ragione e la ragione ha bisogno di Dio, nel senso che sono proprio i processi razionali (quelli mediante i quali, ad esempio, si risale da un effetto ad una causa...) che ne hanno bisogno (dell'idea di Dio). Ogni tentativo di liberarsene, occultando questa idea la indebolisce irrimediabilmente (la ragione intendo, come dimostra il ragionamento di Kant). L'idea di Dio è quindi razionale. Del tutto irrazionale è invece il tentativo di liberarsene. Grazie Padre, avremmo bisogno di una vera e propria rivoluzione culturale, che riportasse in prima linea questo tipo di argomentazioni filosofiche. E' una rivoluzione che però dovrebbe partire innanzitutto dalla Chiesa e dai suoi uomini.

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    1. Caro Anonimo,
      il discorso di Kant sul baratro della ragione ci fa capire come anche lui fosse cosciente che la nostra ragione, priva di quel sostegno che ci viene da Dio, è come se precipitasse in un baratro.
      La cosa tuttavia che rattrista in Kant è che queste pagine drammatiche, dove Kant getta uno squarcio sulla sua coscienza di cristiano, restano isolate nell’insieme della Critica, la quale, come è noto, intende invece fondare la ragione su se stessa, per cui, per Kant, Dio è soltanto l’idea suprema della ragione speculativa e quel famoso postulato della ragion pratica, che non ha nessuna intenzione di dare fondamento alla ragione, ma è sempre un atto della ragione, che intende fondare se stessa.

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