Galileo, Cartesio e Giordano Bruno - Dominio tecnico e dominio magico sulla natura - Terza Parte (3/5)

 Galileo, Cartesio e Giordano Bruno

Dominio tecnico e dominio magico sulla natura

 

Terza Parte (3/5)

Nel dominio sulla natura l’uomo non può pretendere

di oltrepassare i poteri che Dio gli ha assegnato

Invece Cartesio, col pretesto dell’inapplicabilità nel campo della fisica sperimentale delle categorie di Aristotele, che poi non sono altro che le categorie universali ed irrinunciabili del comune buon senso e della ragione naturale, pretende di sostituire in fisica la conoscenza matematica al sapere ontologico, in modo tale da relegare nell’ambito del soggettivo le qualità sensibili e le forze vitali, e da prendere in considerazione la realtà fisica solo sotto l’angolatura della quantità e dell’estensione.

È evidente come nella fisica cartesiana, venendo meno l’oggettività delle qualità e delle virtù sensibili, lo scienziato perde quell’attitudine all’osservazione e alla verifica sperimentale, che caratterizza invece la fisica galileiana, mentre diventa chiaro che in una simile concezione della scienza della natura, il ramo che aveva a soffrirne era la biologia e la psicologia sperimentale, il cui oggetto veniva ridotto ai puri aspetti deterministici e meccanicistici della realtà materiale.

Per converso sorgeva nella fisica cartesiana, a differenza di quella galileiana, che si mantiene con modestia ed onestà nei limiti delle sue possibilità epistemologiche ed operative, l’ambizione esorbitante dello spirito umano di padroneggiare la natura al di là dei suoi effettivi poteri, invadendo il campo delle operazioni dipendenti dall’istitutore e creatore della natura. Siamo quindi giunti nell’orizzonte della magia, che non è altro appunto che la pretesa dell’uomo di avocare a sé poteri sulla natura cosmica e sulla natura umana, che spettano solo a Dio.

Per questo, l’opposizione di Cartesio a Galileo non è tanto sul piano della fisica, quanto piuttosto sul piano della gnoseologia e della metafisica. Mentre Galileo si mantiene sul piano del normale realismo gnoseologico fondato sul senso comune e teorizzato dalla filosofia tomista, Cartesio, come è noto, ha la pretesa di rifondare la metafisica sulla base del suo cogito, che non è altro che una ripresa dell’antica sofistica già confutata a suo tempo da Aristotele.

Così,  mentre il realismo consente a Galileo  una teologia per la quale Dio si manifesta alla ragione come creatore delle forme sostanziali dei corpi e dei loro accidenti sensibili, qualitativi, quantitativi e dinamici, attivi e passivi, la concezione che Cartesio ha del conoscere come autocoscienza, contiene implicitamente una professione di panteismo e di ateismo, che sarà fatta emergere tre secoli dopo da Fichte, Schelling, Hegel, Feuerbach e Marx, in quanto la volontà dell’io di porre se stesso, che emerge dal cogito, rende impossibile l’ammissione dell’esistenza di un Dio extramentale creatore dell’io, ma tutt’al più di un Dio come idea innata nell’io, come chiarirà due secoli dopo Kant.

Mentre l’uomo galileiano è l’uomo che, partendo dal sapere sperimentale, si apre alla metafisica e alla teologia, per cui entra in un rapporto filiale nei confronti di Dio, al riparo da suggestioni diaboliche; mentre la scienza galileiana, nella sua onestà, pone le basi dell’ingegneristica e della produzione tecnica, che assicura all’uomo un dominio ragionevole e fruttuoso sulla natura, perché è lui per primo che obbedisce alle sue leggi, l’uomo cartesiano, res cogitans chiusa su se stessa, con davanti alla coscienza una res extensa, che è un ente di ragione, come Galileo è certamente in grado di possedere un sapere matematizzato della natura, del proprio e degli altri corpi, ma, chiuso com’è all’ente extramentale, ossia alla vera  metafisica e quindi alla percezione della trascendenza divina, non si trova aperto all’influsso benefico della provvidenza divina, ma, nella sua autoreferenzialità, se da una parte può costruire macchine come nel tecnica galileiana, dall’altra è aperto a quello spirito impuro e ribelle a Dio, ossia il demonio, che può fargli credere di essere un Dio e di avere un potere esorbitante sulla natura, determinandone a piacimento forme e strutture, al fine di ottenere dalla natura effetti e forze che ne oltrepassano i limiti. E questa non è altro che la magia.

In tal modo, mentre con la conoscenza della legge divina e naturale, umana e cosmologica noi stabiliamo le regole della condotta morale nei confronti di Dio (etica religiosa), di noi stessi (etica personale), dell’altro sesso (etica familiare), del prossimo (etica sociale) e della natura (etica ecologica), ed inoltre stabiliamo le norme dell’operare tecnico e artistico, lasciandoci sedurre da quella falsa sapienza che pone noi stessi al posto di Dio, il demonio viene ad approfittare della nostra stoltezza e superbia e si fa adorare al posto di Dio, sicchè la religione si trasforma in idolatria, la virtù cede il posto al vizio e il dominio sulla natura si esprime nella magia.

Cartesio, con la sua cosmologia, nella quale lo studio dei fenomeni della natura è affrontato, come fa anche Galilei, con metodo matematico, da una parte promuove la scienza sperimentale e il progresso tecnico e rende possibile il culto divino. Ma d’altra parte, lasciandosi vincere dalla superbia di voler essere la causa del proprio essere e trasformando Dio in un’idea innata, concede spazio alle arti diaboliche della magia. Lo sbocco magico dell’idealismo è stato ben diagnosticato da Julius Evola in una raccolta di saggi intitolata appunto Saggi sull’idealismo magico[1].

La fisica di Cartesio, in quanto respinge le forme sostanziali e gli accidenti della sostanza, per sostituirli con la schematizzazione matematica della res extensa,  ha la pretesa di assoggettare l’essenza della natura fisica al potere della intelligenza e della volontà umana, sottraendo a Dio il potere di determinare e dar forma e accidenti alla materia nella natura fisica. Così la natura, per Cartesio, si tratti del corpo umano o del corpo fisico, non è più una realtà esterna alla mente e alla volontà umana, che cade sotto i sensi ed esiste indipendentemente dall’uomo, in quanto creata, formata e mossa da Dio e soggetta a leggi stabilite da Dio, ma diventa una macchina costruita e costruibile dall’uomo.

Nel cartesianismo lo spirito umano non governa la natura soltanto mediante strumenti costruiti dall’uomo, ma opera direttamente sulla materia corporale ridotta a res extensa in quanto ente di ragione che fornisce alla ragione umana matematica e alla volontà la possibilità di mettere in atto il contenuto matematico di questo ente di ragione, onde tradurlo ed applicarlo praticamente nella realtà concreta.

La vita, in questa visuale, non appartiene più alla natura inferiore all’uomo. La vita vegetativa e sensitiva è ignorata. Per Cartesio esiste solo la vita dello spirito umano, che imprime direttamente il suo progetto pratico sul corpo ridotto a res extensa attivando a sua volontà quelle potenzialità secondo misure matematiche che l’uomo stesso stabilisce con la ragione ed attua con la volontà.

In Cartesio la ragione non aggiunge solo una forma accidentale a forma sostanziale di una materia naturale presupposta, esistente indipendentemente dal pensiero, ma pretende di dar forma matematica e attivazione meccanica a un corpo umano o fisico, che è totalmente immanente al pensiero matematico, nel quale si risolve la stessa materia corporale, sicchè, se l’essere di questa materia è il suo stesso essere percepita come res extensa, come dirà poi Berkeley, succede poi alla fine che, per converso, il pensiero viene materializzato e confuso con l’immaginazione e il senso, come succederà a Hume. E così lo spiritualismo cartesiano, così apparentante sublime, si rovescia nel materialismo, nel positivismo e nell’empirismo.

Ora è evidente che sotto questo aspetto Cartesio attribuisce all’uomo poteri sulla natura che appartengono solo a Dio. È vero che la tecnica umana è in grado di costruire macchine, le quali sono capaci di fornire all’uomo prestazioni, servizi, vantaggi e comodità che le pure e semplici operazioni della natura non sono in grado di fornirgli, ed anzi certe forze della natura gli sono addirittura ostili.

Tuttavia Cartesio attribuisce all’uomo poteri che vanno al di là di ciò che egli può effettivamente fare e lo illude col prospettargli poteri che spettano solo a Dio e così facendo Cartesio solletica la superbia umana e allontana l’uomo da quell’umiltà e da quella saggezza, che consiste nell’accettare quei limiti che Dio stesso ha posto nel potere della natura umana, nell’accontentarsi di quanto egli è naturalmente capace di ottenere dalla natura, attendendo eventualmente dall’onnipotenza divina un supplemento alle forze della natura grazie all’operazione dei miracoli.

Cartesio attribuisce all’uomo lo stesso potere o dominio che Dio ha sulla natura; toglie alla sostanza materiale la sua forma sostanziale, sostituendola con la res extensa, che è un ente di ragione matematico prodotto dalla ragione ed attribuendo di conseguenza  alla volontà umana un potere sulla natura non più vista come entità sostanziale creata e regolata a Dio, ma come ente di ragione matematico e meccanico, messo in pratica dalla volontà, sicchè l’uomo viene a trattare la natura come se fosse una macchina ideata da lui. L’uomo stesso diventa una macchina ideata e messa in funzione dall’uomo, una macchina che funziona da sé indipendentemente dalla mente e dalla volontà dell’uomo, come se fosse un’altra persona umana.  

Questo progetto si può trovare nella Kabbala, la quale dà istruzioni per la fabbricazione del golem, una statua che acquisterebbe la parola grazie all’applicazione magica del nome Jahvè sulla fronte[2]. Un progetto simile mediante l’applicazione della cibernetica si trova nel libro di David Fergusson Umanità artificiale [3].

Ma così, come ho già detto, l’uomo, nella filosofia di Cartesio, inorgoglitosi per un potere che in realtà non possiede, si espone al pericolo di essere sedotto e ingannato da quello spirito di menzogna e di superbia, che è il demonio, al quale il figlio di Adamo, dopo la caduta originale, è portato ad assoggettarsi, nel quale è portato a confidare, del cui potere è portato a valersi e del quale facilmente diventa strumento nel momento in cui cartesianamente confida in se stesso e non in Dio.

Ora tale prospettiva di dominio sulla natura nulla ha a che fare con l’onesta arte ingegneristica che si basa sul metodo galileiano delle scienze naturali ed umane, ma tale irragionevole e infondato dominio non è altro che l’etica naturale e cristiana chiamata col nome di magia, ossia la pretesa dell’uomo di acquistare un tale potere sulla natura, che oltrepassa ciò che Dio gli ha concesso, e che, appartenendo solo a Dio, l’uomo si illude di poter raggiungere, mentre ciò che può combinare nei suoi propositi irragionevoli e spericolati è solo quello di scatenare energie meccaniche e forze incontrollabili della natura, che possono rivoltarglisi contro e distruggerlo.

È l’allarme lanciato di recente dallo scienziato inglese Geoffrey Hinton[4], il quale, a quanto riferisce l’articolista, parla di

 

«enormi rischi connessi allo sviluppo di macchine in grado di ragionare e prendere decisioni in modo autonomo. Hinton non disegna scenari fantascientifici di ribellioni di computer che acquistano coscienza di sé, ma nota che intelligenze artificiali alle quali viene consentito non solo di generare i loro codici informatici, ma anche di gestirli in modo totalmente autonomo, arrivano a formulare ragionamenti e a prendere decisioni che non possono essere previste dai creatori dei programmi».

Al riguardo. ciò che possiamo ricavare di credibile da queste dichiarazioni di Hinton, non è certamente il rischio che l’uomo possa produrre macchine intelligenti, perché ciò è assolutamente escluso, come sto dimostrando in questo articolo e ciò è appunto il vano sogno della magia. Ciò che invece può effettivamente accadere è che queste macchine sfuggano al controllo e combino guai che non riusciamo a impedire o riparare.

In base a quanto ho detto, è chiaro allora che all’uomo, per quanto riguarda il suo rapporto con Dio e il rapporto pratico-operativo con la natura, si offrono due possibilità: o l’ingegneria o la magia; l’ingegneria, che è arte con la quale l’uomo, nel rispetto delle leggi e dei dinamismi  posti da Dio nella natura perfeziona il creato aggiungendo opere del suo ingegno e del suo lavoro atte a sovvenire i suoi bisogni fisici e spirituali; oppure la magia, che è l’arte di operare prodigi grazie  ad una collaborazione tacita o espressa col demonio, nella persuasione di possedere o per natura o per concessione o influsso del demonio un potere sovraumano o semidivino sulla natura, tale da piegare Dio a fare la sua volontà[5].

Se da una parte Cartesio con il suo metodo matematico di scienza della natura si accosta a Galileo, dall’altra, con la sua gnoseologia idealista e la riduzione della natura ad un semplice meccanismo manovrabile dall’uomo, apre le porte alla magia e quindi a una cosmologia come quella di Giordano Bruno[6], che fa professione aperta di magia[7], considerandola niente affatto cosa disdicevole, né tanto meno come arte diabolica, ma al contrario, sapienza e scienza della natura, che rende l’uomo signore del mondo.

Perché l’Inquisizione fu tanto severa con Bruno? Perché vedeva giustamente nelle sue idee e nelle sue pratiche il pericolo della distruzione non solo del cristianesimo, ma della stessa religione e della convivenza civile. Il danno che avrebbe fatto il cartesianismo nei secoli seguenti fino ad oggi non sarebbe stato  inferiore a quello prodotto da Bruno, ma esattamente nella stessa linea: l’arroganza prometeica della superbia umana, che vuol pareggiarsi alla scienza divina, che non tollera il giogo della legge divina e la sovrastante potenza divina, ma, istigata dall’antico serpente, vuol esser lei il principio e il vertice della realtà, signora e creatrice di essa secondo l’illimitato arbitrio della sua volontà.

Diversamente da Bruno finito sul rogo, Cartesio è riuscito invece ad evadere dalla giustizia ecclesiastica, attirandosi nel 1663[8] una semplice condanna del sant’Uffizio, al quale nessuno ha fatto caso, ed anzi ottenendo dalla sua immensa claque, alla quale molti cattolici hanno dato numero, il titolo prestigioso di fondatore della filosofia moderna.

Per la verità i teologi e filosofi domenicani si accorsero subito degli inganni del cartesianismo e li confutarono da allora fino ad oggi. Ma tale fu l’astuzia di Cartesio di presentarsi non dico come cattolico, ma addirittura come il campione del pensare cattolico meglio fondato di quello che partiva da Aristotele per arrivare a Tommaso d’Aquino, è riuscito sempre ad ottenere un’onorevole cittadinanza anche negli ambienti se non della teologia scolastica, quanto meno in quelli di denominazione cattolica.

Certo Cartesio si guarda bene dal difendere la magia e tuttavia egli dedicò una sua opera oggi perduta alla Società segreta dei Rosa-Croce con queste parole: «ai sapienti del mondo intero e specialmente ai fratelli Rosa-Croce, illustrissimi in Germania, eruditi in tutto il mondo e specialmente celeberrimi un Germania»[9].

Invece Bruno non ebbe la minima precauzione a guardarsi da una difesa aperta della magia, nella convinzione di poter persuadere i dotti e financo il Papa, della bontà delle sue idee, giacchè proprio a tal fine egli scese un Italia, ma, come sappiamo, la sua impresa ottenne il risultato opposto a quello che egli sperava.

I fondamenti gnoseologici e metafisici della magia

Il quadro teoretico presupposto all’azione o alla prospettiva magica è la confusione tra sostanza chimica e sostanza vivente e la persuasione congiunta e presupposta di poter costruire artificialmente la forma sostanziale della sostanza materiale. 

Si confonde inoltre l’azione immanente intenzionale propria del vivente con l’azione fisica transitiva propria della sostanza chimica. Si confonde la generazione, l’atto del vivente che produce il vivente secondo le leggi della biologia con l’ingegnere che costruisce la macchina o la protesi chirurgica o il computer secondo le leggi e le formule della meccanica razionale o della fisica quantistica.

Si pensa che la matematica o le equazioni differenziali o la geometria analitica o  il calcolo algebrico o l’algoritmo o la statistica siano sufficienti a conoscere il vivente, a produrlo e a riprodurlo in serie come se si trattasse di un prodotto dell’industria. Si pensa che la vita possa essere l’effetto di un’opportuna azione tecnica sulla sostanza chimica. Questo vuol dire non sapere che cosa è la vita.

E ciò avviene perché la forma sostanziale della sostanza chimica è confusa con l’anima (panpsichismo di Campanella, Bruno e Leibnitz) o perché è confusa con la figura geometrica (meccanicismo determinista di Cartesio e Spinoza). Nell’uno e nell’altro caso l’uomo pretende di raggiungere un dominio sulla materia e quindi sulla natura, tale da poter costruire meccanicamente o magicamente la vita fino al suo più alto grado, ossia l’intelligenza. Ecco le pratiche della fecondazione artificiale, ecco il progetto attuale dell’intelligenza artificiale, del transumanesimo e del metaverso.

Abbiamo qui un evidente fraintendimento del principio di causalità, per cui si ritiene possibile che il meno causi efficientemente il più, quando invece è il contrario, secondo l’effato scolastico propter quod unumquodque et illud magis: ogni effetto ha una causa e questa vale di più, perchè altrimenti non spiegherebbe sufficientemente il perché dell’effetto. Il nulla di per sé non produce nulla. Se nella causa non esistesse già virtualmente l’effetto, essa non potrebbe produrlo. Quindi la causa non può essere meno dell’effetto, ma dev’essere di più, più in alto sul piano dell’essere.

L’azione magica pretende di ottenere il vivente dal chimico o dalla macchina, lo spirituale dal materiale, il divino dal’umano, l’anima dal corpo; ma tutte queste forze sono insufficienti a causare quegli effetti, perché sono ontologicamente superiori. Semmai sono i supposti effetti che signoreggiano sulle supposte cause e le governano. La magia inverte l’ordine della realtà, sconvolge il funzionamento del principio di causalità e non può che produrre vane speranze, progetti fallimentari, pericolose illusioni, ciurmeria per gli sprovveduti, frottole per i creduloni.

Non bisogna neppur confondere la magia col creare. Il mago non crea dal nulla, ma aggiunge e produce una forma accidentale ad una forma sostanziale presupposta, come qualunque agente creato. L’opera magica non è altro che un artefatto prodotto col concorso del demonio, il quale pure, in quanto creatura, non può operare direttamente sulla materia prima, ma sul corpo già costituito ed opera non direttamente ma mediante uno strumento usato dal mago[10].

La causa creatrice produce certamente l’ente dal nulla; ma anche qui il produttore non è il nulla, il produttore è Dio, sommo ente. Il nulla è solo presupposto all’ente creato, nel senso che prima che esistesse evidentemente c’era il nulla del suo essere, cioè non esisteva.

Il più può provenire dal meno, può essere edotto dal meno, ma non prodotto dal meno. L’anima animale nel generante educe il generato dalla materia del seme, ma resta sempre che la forma del vivente ha più essere della materia, la quale non produce da sé l’anima, ma è l’anima del generante che educe dalla materia del generato l’anima dello stesso generato.

Certo non è sempre facile distinguere le opere della magia da quelle della taumaturgia. E non è sempre facile distinguere certe operazioni straordinarie e supernormali della natura da azioni causate da forze preternaturali angeliche o dai veri miracoli.

Al riguardo possiamo far cenno alla difficile e complessa problematica posta dalla ricchissima fenomenologia parapsicologica, circa la quale, escluse ovviamente le imposture e le notizie false o esagerate,  abbiamo un’immensa documentazione di fatti soprattutto a partire dalla fine del sec.XVIII, fatti però che si presentano di assai difficile interpretazione, non apparendo se non raramente la natura delle cause di tali fenomeni straordinari, i quali non si prestano alla sistematica osservazione scientifica, a causa della loro occasionalità o dell’indisponibilità degli attori, sebbene molti fatti siano documentati con assoluta attendibilità per la serietà delle testimonianze e le tracce empiriche da essi lasciati.

Ci troviamo di fronte a poteri psichici supernormali di carattere straordinario[11], dei quali a tutt’oggi la scienza non riesce a trovare una spiegazione sicura e soddisfacente, anche al fine di poter diffondere ed incentivare ed utilizzare sistematicamente, se sarà possibile, nonché di educare e potenziare questi poteri per il bene dell’umanità.  

Il Nuovo Testamento introduce un ulteriore elemento in questa fenomenologia del potere dell’uomo sulla natura: l’istituzione del sacerdozio da parte di Cristo, col potere di transustanziare le oblate nel corpo e nel sangue di Cristo. Qui l’uomo raggiunge un vero potere divino e non quello illusorio e fallace del mago, che, come fa notare San Tommaso, si avvale del soccorso del demonio, sovrumano conoscitore dei segreti della natura, per operare prodigi menzogneri. Gesù stesso, come sappiamo, fu oggetto di scandalo, perché i suoi miracoli furono scambiati per operazioni magiche (Mc 6,3), e similmente i farisei li interpretarono come azioni fatte con la potenza del demonio (Mt 12,24).

Così, mentre il sacerdote è vero ministro di Dio per operare la salvezza mediante segni sacri che sono i sacramenti, un uomo al quale Dio ha dato il potere sacramentale di rendere la sostanza materiale, la parola orale e il gesto fisico strumenti e canali della grazia, il mago è un impostore narcisista che sfrutta la credulità popolare per farsi una fama inducendo le gente a disobbedire alle leggi di Dio promettendo un falso potere sulla natura ed ottenendo lauti guadagni per mezzo della frode e della truffa.

Fine Terza Parte (3/5)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 10 maggio 2023


Nel cartesianismo lo spirito umano non governa la natura soltanto mediante strumenti costruiti dall’uomo, ma opera direttamente sulla materia corporale ridotta a res extensa

La vita, in questa visuale, non appartiene più alla natura inferiore all’uomo. La vita vegetativa e sensitiva è ignorata. Per Cartesio esiste solo la vita dello spirito umano, che imprime direttamente il suo progetto pratico sul corpo ridotto a res extensa attivando a sua volontà quelle potenzialità secondo misure matematiche che l’uomo stesso stabilisce con la ragione ed attua con la volontà.

Cartesio attribuisce all’uomo lo stesso potere o dominio che Dio ha sulla natura; toglie alla sostanza materiale la sua forma sostanziale, sostituendola con la res extensa, che è un ente di ragione matematico prodotto dalla ragione ed attribuendo di conseguenza alla volontà umana un potere sulla natura

Questo progetto si può trovare nella Kabbala, la quale dà istruzioni per la fabbricazione del golem, una statua che acquisterebbe la parola grazie all’applicazione magica del nome Jahvè sulla fronte.

Se da una parte Cartesio con il suo metodo matematico di scienza della natura si accosta a Galileo, dall’altra, con la sua gnoseologia idealista e la riduzione della natura ad un semplice meccanismo manovrabile dall’uomo, apre le porte alla magia e quindi a una cosmologia come quella di Giordano Bruno, che fa professione aperta di magia, considerandola niente affatto cosa disdicevole, né tanto meno come arte diabolica, ma al contrario, sapienza e scienza della natura, che rende l’uomo signore del mondo.

 
Immagini da Internet:
- Alchimia, allegoria
- Il golem e il rabbino, Mikoláš Aleš


[1] Edizioni Mediterranee, Roma 2006.

[2] Ne parla Gershom Scholem nel suo libro La Cabala, Edizioni Mediterranee, Roma 1982.

[3] Citato da Wikipedia alla voce TRANSUMANESIMO.

16 Notizia ricavata dal sito del Corriere della sera del 2 maggio scorso, nell’articolo di Massimo Gaggi  I due rischi più spaventosi dell’Intelligenza artificiale secondo Geoffrey Hinton, il suo «padrino».

[5] Cf S.Tommaso, Summa Theologiae, I, q.110, a.4; q.114,a.4; Commento alle Sentenze, libro II, Dist.VII. q.3. a.1; De potentia,q.6, a.5; De malo, c.16, a.9, ad 13m; Contra Gentes, llibro III, c.103-107; Quaestiones quodlibetales, IX,  q.4, a.5; Compendium Theologiae, c.136; Commento a Matteo, c.24; Commento a II Ts, c.2, lect.II; De sortibus, c.4.

[6] Cf Michele Ciliberto,Giordano Bruno, Edizioni Laterza, Bari 1992; Giovanni Gentile, Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento, Le Lettere, Firenze 1991.

[7] Un’opera di Bruno è formalnte dedicata alla magia: De magia. De vinculis in genere, Edizioni Bibliotecadell’Immagine, Padova 1991.

[8] Vedi voce DESCARTES nel Dictionnaire de Théologie catholique: «donec corrigantur».

[9] J.Maritain, Le songe de Descartes, Buchet&Chastel, Paris 1932, pp.294-295.

[10] Cf S.Tommaso, Sum.Theol., I, q.110, aa.2 e 4; q.114, a.4; De malo, q.16, a.9; De potentia, q.6, a.10.

[11] Io stesso a partire dall’età di quattro anni dimostrai una abilità nel disegno normalmente appartenente a un soggetto adulto dotato in questo campo ed esercitato o istruito in esso. Fui classificato dagli esperti come «bambino prodigio». Si trattava di una’attività che svolgevo con totale facilità e spontaneità e senza errori. Nello spazio di otto anni produssi 10.000 disegni, molti dei quali si trovano ora in un museo di Firenze dedicato ai disegni dei ragazzi. Nel mio caso nessuno è riuscito a fornire una spiegazione soddisfacente. Da parte mia non ho che da ringraziare il Signore per questo dono che si è degnato di darmi. Vedi l’accenno al mio caso nel libro di Leo Talamonti, Universo proibito, Sugar Editore, Milano, 1967, pp.145, 169.

2 commenti:

  1. Caro Padre Cavalcoli,
    il riferimento che hai fatto qui ai fenomeni parapsicologici che si sono manifestati in alcuni individui nel corso della storia, anche se solo raramente, è estremamente interessante, e per questo, come giustamente lei dici, sono così difficili da studiare in modo scientifico sistematico. Mi vengono ora in mente i casi di due gesuiti, padre Óscar González Quevedo (morto nel 2019), spagnolo pur risiedendo tutta la vita in Brasile, che si vedeva nei programmi di TV durante le sue visite in Argentina, spesso per smentire e refutare le imposture degli imbroglioni, anche se lui stesso aveva sviluppato tecniche di levitazione, per esempio, ed è autore di libri molto seri (credo) sulla descrizione e sistematizzazione dei fenomeni parapsicologici. Un altro è il caso del gesuita José María Pilón (morto nel 2012), anch'egli studioso di fenomeni paranormali, specialista in radiestesia e fondatore del Gruppo Hepta, dedicato ad aiutare nei casi di questo tipo che si presentano, e alcuni dei quali membri anch'essi avevano caratteristiche particolari (mediumnici?).
    Suppongo che questo tipo di fatti e fenomeni dovrebbe avere qualche posto sistematico nel trattato De Creatione, o in Antropologia teologica, poiché suppongo che questi fenomeni ci rimandino in qualche modo, nel loro carattere preternaturale (forse) a quei doni preternaturali con cui i nostri primi progenitori erano adornati. Mi sbaglio?

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    1. Grazie per il suo aiuto Padre Cavalcoli. Non so come ho potuto distrarmi tanto, e mi vergogno di commettere un simile errore: se per peccato originale i nostri progenitori hanno perso le loro doti preternaturali, quindi, è impossibile che le manifestazioni dei poteri parapsicologici o paranormali possano essere una traccia di quei doni preternaturali.
      Ora, se tale attività parapsicologica è possibile per l'uomo nel suo stato di natura decaduta, allora, sebbene nei casi usuali appaia occasionalmente e incontrollabilmente, allo stesso tempo, gli sperimentatori parapsicologici sembrano mostrare che è possibile controllare ed esercitare per in una certa misura, senza andare, ovviamente, agli estremi di ciò che crede il transumanesimo.

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