Ricordiamo il Servo di Dio Padre Tomas Tyn, OP

 Ricordiamo il Servo di Dio

Padre Tomas Tyn, OP

Secondo la grazia di Dio che mi è stata data,

come un sapiente architetto ho posto il fondamento

                                                                                                       I Cor 3,10 

Una speranza per la teologia del nostro tempo 

Il 1°gennaio prossimo 2022 ricorrerà il 32° anniversario della pia morte del Servo di Dio Padre Tomas Tyn. L’inchiesta diocesana relativa alla Causa di Beatificazione iniziò nel 2007 ed io ebbi l’incarico di Vicepostulatore insieme con l’altro Vicepostulatore cechio[1] Padre Efrem Jindracek.

La Causa fu fermata nel 2013, ma ora appaiono segnali che fanno ben sperare una sua ripresa, così da beneficare la Chiesa con l’apporto del suo eccellente insegnamento e delle sue virtù eroiche. In special modo Padre Tomas è stato il modello di un teologo santo, del quale oggi la Chiesa ha un estremo bisogno, turbata com’è da teologi che non guidano alla santità, ma all’affermazione di se stessi e sostituiscono Dio col proprio io, insegnando agli altri a fare lo stesso.

Nel 2013 io dunque cessai dal mio ufficio, ma i Superiori comunque mi incaricarono di continuare a studiare la figura e l’opera del Servo di Dio e di farle conoscere, cosa che non ho mancato di fare per chi segue le mie pubblicazioni e la mia attività di Frate Predicatore.

Ricordo, al riguardo, la calda raccomandazione di scrivere su Padre Tyn, che mi fece sia il compianto Card. Caffarra, allora Presidente del Tribunale diocesano bolognese, dove si celebrava il processo, sia il Card. Duka, Arcivescovo di Praga – Padre Tomas era originario di Brno -, al quale feci visita quando ancora lavoravo alla Causa.

La figura di Padre Tyn è esemplare sotto diversi aspetti. Ne toccherò qui solo due, oggi di grande attualità. Uno è il problema della decadenza della filosofia, della quale oggi stiamo soffrendo, nella più alta delle sue discipline, la metafisica e in particolare quella metafisica che fra tutte da otto secoli è raccomandata dai Romani Pontefici e dallo stesso Concilio Vaticano II, cioè la metafisica di San Tommaso d’Aquino.

Bisogna far risorgere la filosofia

La decadenza della metafisica porta con sé il crollo della teologia, così come il cedimento delle fondamenta di un edificio porta con sé il crollo dello stesso edificio. La filosofia ha oggi perso la sua certezza teoretica e il suo carattere scientifico e speculativo, di fondamento di tutte le scienze.  

Non si parla più della filosofia, ma delle filosofie. Il concetto di filosofia, col pretesto del pluralismo, si è disintegrato e il termine non ha più un significato universale univoco, ma in maniera nominalistica è un semplice nome comune, un’etichetta applicata per convenzione ad una pluralità di forme mentali simili fra loro senza nessun elemento reale comune, ma collegate fra di loro solo in base all’immaginazione, non in base al concetto di filosofia.

L’elemento immaginario comune è la media delle differenze tra le diverse immaginazioni. Si distingue la filosofia dalla non filosofia non in base alla definizione di filosofia, ma per contrasto d’immaginazione concreta. In tal modo, mancando un criterio oggettivo ed universale, è evidente che si finisce per confondere filosofia e non filosofia o per contrapporre falsamente due diverse filosofie.

La filosofia è la glorificazione della verità. Ora non si crede più alla verità assoluta, assolutamente opposta al falso. Non c’è più il falso, ma solo il diverso. Non è che il teismo sia vero e l’ateismo sia falso, ma è vero sia l’uno che l’altro: dipende dai punti di vista. Così non c’è la filosofia, ma ci sono le filosofie. La verità è diventata relativa al soggetto, ai tempi e ai luoghi. Non è più una sola, ma è doppia. Non più il sì, sì, ma il sì e il no. L’et-et ha sostituito l’aut-aut. Non più il terzo escluso, ma il terzo incluso[2].

L’insegnamento filosofico è considerato inutilmente «astratto», per cui oggi la filosofia si è trasformata in sociologia, psicologia, scienza applicata, dibattito politico, moralismo spicciolo, protesta sociale, per cui ha perso il suo carattere scientifico ed è diventata letteratura o, come si esprime Mons. Livi[3], vaga «religiosità» o «esperienza atematica» e per conseguenza la teologia ha perduto il suo carattere scientifico ed è diventata poesia e mitologia. La favola di Cappuccetto Rosso è più «teologica», secondo questa nuova tendenza, del trattato sulla Santissima Trinità di San Tommaso d’Aquino.

Quei pochissimi filosofi, come Massimo Cacciari ed Emanuele Severino, che pur mostrano attitudini speculative, abbandonano il terreno della comune esperienza per aggrovigliarsi in astruse astrazioni gnostiche, che mettono a soggezione gli sprovveduti facendo loro credere di trovarsi di fronte ai misteri insondabili della genialità.

Ma la cosa più triste sono le conseguenze disastrose per la teologia. Esistono sì oggi teologi gnostici, ma la grande maggioranza ha ripudiato la filosofia e la ragione teoretica per risolvere la teologia nella «pastorale», come se la pastorale non dovesse essere la messa in opera della dogmatica e questa non supponesse la filosofia. E quindi siamo daccapo.

Il risultato di questo ossessivo pastoralismo, tutto concretezza e dettaglio contingente, e niente astrazione ed universalità, è un pasticcio di teoria e di prassi, dove la prassi sostituisce la teoria e questa è un prodotto della prassi, esattamente come nel marxismo, se non fosse che in quei teologi ricorre la parola «Dio» in senso positivo, mentre in Marx la parola ha un senso spregiativo, a meno che non sia applicata all’uomo («l’uomo è Dio per l’uomo»).

È facile così notare che chi fa oggi l’elogio di un cosiddetto «teologo», non elogia la sua cultura, la sua sapienza o la sua dottrina, ma dice è creativo, che ha una vivace fantasia e senso della «concretezza», a contatto con la «carne», come se la teologia non fosse un sapere universale oggettivo di una realtà spirituale esterna al pensiero del teologo, ma fosse una produzione della fantasia o delle emozioni del teologo esattamente come fa il poeta e il romanziere.

La teologia non è più oggi un sapere sicuro, sistematico-deduttivo e sillogistico, ma è – come si dice - «narrativa». È la teologia dell’«evento». Ci si accontenta di collezionare degli episodi staccati, senza alcun problema di trarre conclusioni da saldi princìpi o di guidare il pensiero ad una conclusione sicura.

Non esiste più la teologia cattolica, come comune sapere dei teologi, al di là delle opinioni di scuola, così come nelle scienze esiste una comunità scientifica internazionale, ma ogni teologo si sente libero dalla filosofia, dal dogma e dal Magistero per fondare per conto proprio con un gruppo di amici e discepoli, una propria teologia. Non esiste più la teologia scolastica come teologia comune a tutti i cattolici sotto la sorveglianza del Magistero o dei Vescovi, ma ogni teologo, indipendentemente da questa comune teologia dove San Tommaso è Doctor Communis, si sente un nuovo San Tommaso, superiore al precedente, che rivoluziona il precedente.  

Se questi teologi, fattisi esegeti improvvisati, si avventurano nell’ermeneutica biblica o del Magistero, non chiariscono con riferimenti alla filosofia, al Magistero della Chiesa o al dogma, ma richiamandosi a vicenda l’un l’altro, girano in un continuo circolo vizioso. L’importante è sapere che cosa si pensa oggi. Il tipico metodo dei modernisti. Come direbbe Nostro Signore, «prendono gloria gli uni dagli altri».

Per questi teologi, che sarebbe meglio chiamare mitologi o cantastorie, non si tratta di approfondire, fondare, ragionare o dimostrare, ma di raccontare fatti ed aneddoti piccanti del passato, non ciò che Dio è, ma ciò che Dio sembra a me o ha fatto e fa per noi nel tempo. I più spinti, male intendendo il mistero dell’Incarnazione, arrivano a negare l’immutabilità divina, fino a dire che Dio stesso muta, Dio è Storia. E vorrebbero dare ad intendere che questa sarebbe la «teologia» promossa dal Concilio.

Altro fattore dissolutore della teologia sistematica è oggi il sofisma di Rahner, col quale egli afferma che oggi il pluralismo teologico, filosofico e culturale è così accentuato, che è impossibile dominarlo, così da costruire un sistema teologico completo e non lacunoso, da tutti accettabile, eventualmente esponibile in un manuale scolastico, tale che possa tener conto di tutto ciò che oggi è in circolazione[4].

Ma chi ha mai detto che un sistema teologico debba racchiudere in sé tutto quello che è in circolazione in fatto di teologia? Un sistema teologico, in quanto sapere umano e non scienza divina, non ha nulla a che vedere con una gnosi che si crede un possesso della Scienza assoluta, ma invece è logico che, proprio in forza dei suoi princìpi realistici, e conscio della sua fallibilità ed indefinita perfezionabilità, sia aperto con occhio critico ad ogni novità ed arricchimento che gli vengono dal di fuori, cioè dal reale.

Per assolvere al suo compito di dare – ovviamente sempre con modestia - un quadro formativo, esauriente, unitario ed ordinato o una sintesi d’insieme del sapere teologico moderno ed aggiornato, basta che esso raccolga, unifichi, sintetizzi e sistematizzi le nozioni principali e fondamentali, così come si trovano nel Simbolo della Fede e sono esposte nel Catechismo. Non c’è bisogno di conoscere tutti i libri contenuti nella Biblioteca nazionale di Washington o di Parigi.

Dire che oggi non si può costruire un sistema teologico come fa Rahner (che poi in realtà se lo costruisce, eccome!) sarebbe come dire che un bottegaio non può mettere ordine nella sua bottega perché non conosce tutti i prodotti che sono in circolazione o un bibliotecario non può mettere ordine nella sua biblioteca perché non conosce tutti i libri che sono in commercio.

Rahner, se fosse leale, dovrebbe dire chiaramente non che non gli va bene il sistema come tale, ma che non gli va bene quello di San Tommaso. Da notare infatti tuttavia che Rahner, per conto suo, ha ben chiaro il suo sistema teologico, che è un miscuglio idealistico contradditorio di concetti ricavati da Cartesio, Lutero, Kant, Hegel ed Heidegger.

Il sistema filosofico-teologico di San Tommaso, chiarito dai suoi discepoli fino ai nostri giorni nella teologia scolastica, non è stato affatto superato né infirmato, come crede Rahner. La sua presunzione di averlo superato e sostituito col suo è semplicemente ridicola, se non fosse tragica per i danni che provoca alla Chiesa e alla teologia. Come insegna ancor oggi la Chiesa, il sistema tomistico va conservato e migliorato, ma non respinto. Il respingerlo è opera barbarica e dissolvitrice della cultura e della civiltà[5].

La missione di Padre Tomas

Padre Tomas aveva pieno rispetto per gli insegnamenti del Concilio; ma si era accorto che la teologia già al suo tempo, col pretesto del rinnovamento conciliare, era ricaduta nel modernismo. Si accorse che molti valori della dottrina cattolica e quasi tutte le grandi tesi della metafisica erano state abbandonate o falsificate per influsso dell’idealismo tedesco e del luteranesimo.

Egli allora sentì come una vera e propria missione non tanto quella di far avanzare la nuova tematica del Concilio, circa la quale, diversamente dai lefevriani, non aveva alcuna obiezione, ma sentì la missione di rintracciare, recuperare o, come si dice, di «rivisitare» i valori metafisici perduti o dimenticati.

Secondo questo angolo di visuale io allora nel 2007, nell’ambito del mio lavoro per la Causa di Beatificazione, scrissi un libro su Padre Tyn col sottotitolo: «Un tradizionalista postconciliare»[6], cosa che supponeva la distinzione fra tradizionalista postconciliare, che ha accolto le nuove dottrine del Concilio e il tradizionalista preconciliare, definito non tanto come chi è vissuto prima del Concilio, ma intendendo coloro i quali, pur essendo venuti  a conoscenza di quelle dottrine, le hanno respinte come moderniste e traditrici della Tradizione, per cui sono rimasti fermi alla dottrina cattolica che giunge solo a Pio XII. Avete già capito chi sono costoro.

Ma chiaramente Padre Tyn non aveva nulla da spartire con loro: semplicemente, invece di far avanzare le dottrine conciliari, preferì ricordare quelle preziose dottrine perenni insegnate dalla Chiesa nel passato, che i modernisti, per un malinteso progresso, stavano dimenticando.

Padre Tomas concepiva la Sacra Tradizione ovviamente come fonte della Rivelazione accanto alla Scrittura, ma non ne faceva un deposito di verità che non potessero sempre più rivelarci la loro ricchezza nel corso del tempo. Non bloccava irragionevolmente questa conoscenza al livello che aveva raggiunto all’epoca di Pio XII, rifiutandosi di accogliere, come facevano i lefevriani, le esplicitazioni insegnate dal Concilio. Al contrario, le accettava con gioia e gratitudine.

Ma Dio lo aveva chiamato, come ho detto, a ricordarci i valori della philosophia perennis, del dogma e della Tradizione preconciliare, valori, che i modernisti volevano gettare nel dimenticatoio come fossero roba vecchia da non più conservare. Egli invece sapeva ben distinguere ciò che nella vita cristiana va conservato perché essenziale, da ciò che va buttato perché invecchiato e inservibile. Sapeva conservare senza conservatorismi e sapeva ammodernare e innovare senza modernismi. Sapeva che cosa è la ricerca teologica e che il teologo non deve limitarsi a ripetere il già detto, ma deve proporre una visione nuova e più ampia dell’immutabile verità, frutto delle sue ricerche.

Vetus ordo o novus ordo, l’importante è che sia la Messa.

E con ciò passiamo alla seconda cosa che vorrei sottolineare: la questione, oggi divenuta scottante, del confronto fra novus ordo e vetus ordo della Messa. Padre Tomas era indubbiamente un innamorato del vetus ordo ed egli stesso in una lettera al Card. Ratzinger, allora Prefetto della CDF, esprime il suo dolore per l’accantonamento del vetus ordo, sostituito dal novus ordo.  

Sia ben chiaro: Padre Tomas era lontanissimo dall’approvare la tesi lefevriana, secondo la quale il novus ordo è mezzo-luterano e pertanto tutti giorni celebrava regolarmente nel novus ordo e prestò per 16 anni servizio alla parrocchia bolognese di San Giacomo fuori le Mura, dove ovviamente celebrava nel novus ordo. Tuttavia avvenne che un gruppo di devoti del vetus ordo chiesero al Card. Biffi, allora Arcivescovo di Bologna – allora usava così – che concedesse un sacerdote per la celebrazione in vetus ordo e la scelta, fatta dal Priore del convento di Padre Tyn, cadde su di lui.

Padre Tomas può costituire un esempio di obbedienza e di saggia condotta per i tradizionalisti di oggi, anche se oggi indubbiamente Papa Francesco ha stabilito norme più restrittive rispetto a quelle in vigore ai tempi di Padre Tyn. Ma non c’è dubbio che il Servo di Dio non avrebbe esitato ad adeguarsi anche a queste norme, benchè l’obbedienza in questo caso, gli sarebbe costata di più, e benchè le norme emanate o fatte emanare dall’attuale Pontefice non riguardino puramente e semplicemente gli amanti del vetus ordo, ma, come dice esplicitamente il Papa, riguardino solo gli «scismatici».

Chi sono questi scismatici? Sono quei filolefevriani, i quali rifiutano come «modernisti» il novus ordo, le dottrine del Concilio e, gli insegnamenti dei Papi a partire a San Giovanni XXIII fino all’attuale Papa. Ora, come ho detto, Padre Tomas non aveva niente da spartire con costoro. Egli era un amante della vera Tradizione e della sana conservazione, in armonia quindi con l’attuale linea innovatrice di Papa Francesco.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 22 dicembre 2021


 

Tomas nacque a Brno, in Cecoslovacchia, oggi Repubblica Ceca, il 3 maggio 1950

Morì a Neckargemünd, in Germania, il 1° gennaio 1990

 

 

 

 

 

 

 

Il 1°gennaio prossimo 2022 ricorrerà il 32° anniversario della pia morte del Servo di Dio Padre Tomas Tyn. 

 

 

 

 

Prestò per 16 anni servizio alla parrocchia bolognese di San Giacomo fuori le Mura





[1] Ossia della Repubblica Ceca, oggi detta «Cechia».

[2] Si arriva addirittura a fare l’apologia del terzo incluso. Cf C.Giaccardi-M.Magatti, La scommessa cattolica, Il Mulino, Bologna, 2019, p.85.

[3] Vera e falsa teologia. Come distinguere l’autentica scienza della fede da un’equivoca filosofia religiosa, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2012.

[4] Questa teoria è presentata da Yves Tourenne, La théologie du dernier Rahner, Les Editions du Cerf, Paris 1995.

[5] Alcune indicazioni bibliografiche: G,Mattiussi, Le XXIV tesi della filosofia di S.Tommaso, Edizioni Pontificia Università Gregoriana, Roma 1947; B:Grenet, Le 24 tesi tomiste, Edizioni Paoline, Roma 1965; J.Gredt, Elementa philosophiae aristotelico-thomisticae, Herder, Friburgo 1937: J.Maritain, Le Docteur Angélique, Desclée de Brouwer , Paris 1930; R.Garrigou-Lagrange, La synthèse thomiste, Desclée de Brouwer, Paris 1947; C.Giacon, Le grandi tesi del tomismo, Patron, Bologna 1967; A.-D.Sertillanges, La filosofia di S.Tommaso d’Aquino, Edizioni Paoline, Roma 1957; E.Gilson, Il tomismo. Introduzione alla filosofia di san Tommaso d'Aquino, Vrin 1919 (sesta ed. 1964); R.Spiazzi, San Tommaso dopo il Concilio, Città Nuova Editrice, Roma 1966,AA.VV. La missione del tomismo, Edizioni San Sisto Vecchio, Roma 1967; P.Parente, Terapia tomistica, Edizioni Logos, Roma 1979; Antonio Livi, S.Tommaso d’Aquino. Il futuro del pensiero cristiano, Mondadori, Milano 1997; Nicolino Sarale, S.Tommaso d’Aquino oggi, Editrice Civiltà, Brescia 1990; Raimondo Spiazzo, Il pensiero di S.Tommaso d’Aquino, Edizioni ESD, Bologna 1997.

[6] Edizioni Fede&Cultura, Verona 2007.

6 commenti:

  1. Padre Cavalcoli:
    "...le norme emanate o fatte emanare dall’attuale Pontefice non riguardino puramente e semplicemente gli amanti del vetus ordo, ma, come dice esplicitamente il Papa, riguardino solo gli «scismatici».
    Chi sono questi scismatici? Sono quei filolefevriani, i quali rifiutano come «modernisti» il novus ordo, le dottrine del Concilio e, gli insegnamenti dei Papi a partire a San Giovanni XXIII fino all’attuale Papa."

    La verità è che coloro che negano la validità della Messa riformata, negano prima la validità del Pontificale Romano, per cui NON PARTECIPANO alle Messe celebrate da sacerdoti che hanno nella loro linea di successione un Vescovo consacrato con il nuovo Pontificale. Quindi nell'ambiente del Summorum pontificum quella situazione non esisteva. Ancor di più i sedevacantisti.
    Grazie

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    1. Caro Sacerdos, mi potrebbe spiegare meglio quanto vuole dire?

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    2. Quello che voglio dirvi è che chi nega la validità della nuova Messa non partecipa alle celebrazioni autorizzate dal motu proprio summorum pontificum. Quindi l'abuso di negare la validità della Nuova Messa non si è verificato in quell'ambiente. Naturalmente anche meno sedevacantisti frequentano queste cappelle. Questo è quello che voglio dire.

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    3. Caro Sacerdos,
      mi pare evidente che Papa Benedetto, nell’emanare il Summorum Pontificum, sottintendesse che esso concedeva il rito VO solo a coloro che riconoscono la validità dello NO.
      Quello che, secondo me, ha mosso Papa Francesco a emanare il suo Motu Proprio è stato il fatto di essersi accorto che gli scismatici, cioè i filolefevriani o passatisti, contrari alla Messa NO, usavano come bandiera del loro scisma il Motu Proprio di Benedetto.
      Per questo l’intervento di Papa Francesco non è propriamente contro Papa Benedetto, anzi, ne difende le intenzioni contro la strumentalizzazione fatta dagli scismatici a danno del NO.

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    4. Li capisco, padre Cavalcoli,
      ma quello che vi dico è che coloro che negano la validità della nuova messa, proclamano di non aver bisogno di un permesso per usare il vetus ordo. Per questo vi dico che questo abuso non si verifica nei cosiddetti gruppi summorum pontificum.

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    5. Caro Sacerdos,
      posso capire che “coloro che negano la validità della nuova messa, proclamano di non aver bisogno di un permesso per usare il vetus ordo”. Infatti, dimostrano di essere degli scismatici rifiutando il Novus Ordo, per cui si può capire come siano disobbedienti al Motu Proprio di Papa Francesco.
      A proposito di questi gruppi Summorum Pontificum mi piacerebbe sapere qual è il loro attuale comportamento o la loro situazione giuridica. Infatti, se il Motu Proprio di Papa Benedetto è stato abrogato dal recente Motu Proprio di Papa Francesco Traditionis Custodes, la associazione è ancora legittima? Oppure ha avuto un indulto da Papa Francesco?

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