Il dialogo con gli Ortodossi e il problema dei Cattolici che sono attirati dagli Ortodossi

Il dialogo con gli Ortodossi e il problema dei Cattolici 
che sono attirati dagli Ortodossi

 

Ho il piacere di pubblicare una corrispondenza con il nostro Lettore Ross Poldark, circa la questione della differenza tra scisma, eresia e apostasia, con particolare riferimento alla situazione degli Ortodossi *.

Attualmente la guerra in Ucraina ha dato occasione perché potesse venire in luce una certa convergenza tra i Lefevriani e gli Ortodossi. Infatti, in questa drammatica situazione, ci siamo accorti che giocano fattori connessi con la situazione delle Chiese Ortodosse in Ucraina e in Russia e quindi col secolare contrasto in Ucraina tra Cattolici e Ortodossi. Ciò ha suscitato l’interesse dei Lefevriani, i quali in qualche modo si sono riconosciuti negli Ortodossi.

La loro mentalità infatti è simile, perchè nell’uno e nell’altro caso il progresso dottrinale viene visto come un ostacolo alla fedeltà alla Tradizione, in quanto non si riesce a comprendere che questo progresso non è altro che l’esplicitazione o la spiegazione di nozioni già acquisite.

Quindi non si tratta di un mutamento di contenuti, ma di una migliore conoscenza di ciò che già si sa, che è quella Parola di Dio, per la quale cielo e terra passeranno, ma essa non passa.

A questo punto io temo che certi Lefevriani, impressionati dalla perseveranza della Chiesa Ortodossa e anche dalla ricchezza della sua Tradizione spirituale, si sentano attirati da questa Chiesa, la quale però è e resta scismatica.

Io posso capire un certo disagio in questi fratelli tradizionalisti, ma l’idea di passare all’Ortodossia peggiora la loro situazione, perchè purtroppo sono già scismatici.

Quello che io vorrei suggerire loro è di sapere apprezzare i lati buoni di Papa Francesco e soprattutto di vedere in lui il Pastore Universale della Chiesa. È solo in questo modo, dando esempio di comunione ecclesiale, che è possibile dare un contributo valido alla soluzione del contrasto tra lefevriani e modernisti.

* Cf. Il principio dello Spirito Santo - Per la pace in Ucraina

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-principio-dello-spirito-santo-per-la.html 

 

 

Ross Poldark 14 febbraio 2023

Caro Padre Cavalcoli,

credo di capire le loro espressioni. Nel suo articolo scrivi: "I fratelli ortodossi mantengono la fede nella SS.Trinità, in Cristo Redentore e nello Spirito Santo che procede dal Padre. Grazie alla loro fede trinitaria e cristologica, essi sono rimasti nel gregge di Cristo, pur avendo abbandonato l’obbedienza al Romano Pontefice. Per questo, la loro non è un’appartenenza piena e sufficiente, perché non corrisponde alla piena volontà di Cristo, che vuole che Pietro guidi la Chiesa alla salvezza a nome suo".
Le sue parole "non è un’appartenenza piena e sufficiente" equivalgono alla parola "scisma". È lo stesso modo espressivo che talvolta la Sede Apostolica usa per riferirsi allo "scisma", evitando di usare la parola "scisma" sia per gli ortodossi, sia per i protestanti, sia per i lefebvriani (sebbene Papa Francesco l'abbia usata per questi ultimi nella Tradiziones Custodes).
In ogni caso, più avanti nel suo articolo non esita a usare la parola "scisma" riferendosi agli ortodossi: "Non possiamo non andare col pensiero al doloroso e sciagurato scisma del 1054, tuttora irrisolto".

Interessante invece l'affermazione che fa De Mattei nel suo articolo sul Corrispondenza Romana (di cui ho indicato prima il link) refiriéndose a lo que él llama la "apostasía" de Alessandro Gnocchi: "Questa posizione, così chiaramente espressa, non è solo scismatica, ma apertamente eretica. Dopo che il Concilio Vaticano I definì verità di fede il primato del Romano pontefice, non è del resto più possibile lo scisma senza l’eresia".
Ho sempre pensato che ci possa essere scisma senza eresia, ma ora la frase di De Mattei mi fa pensare il contrario, e De Mattei mi sembra molto convincente al riguardo.

Caro Ross,

bisogna che ci intendiamo sul concetto di scisma. La parola viene dal greco schisma, che vuol dire frattura, spaccatura, divisione, separazione. Si tratta di un grave peccato contro la carità ecclesiale e quindi contro l’autorità del Sommo Pontefice che è il Pastore Universale della Chiesa.

La materia del peccato di scisma sono le direttive pastorali e giuridiche della Chiesa. Se invece il fedele si ribella a norme che toccano la morale o il dogma, cade nell’eresia. Dal ché si vede che l’eresia suppone lo scisma, ma lo scisma non comporta necessariamente l’eresia.

Per quanto riguarda Gnocchi, per quanto ho saputo della vicenda, il fatto che si sia convertito all’ortodossia non significa affatto che sia caduto nell’apostasia, perché questa è la perdita volontaria della fede e per conseguenza il rifiuto di tutte le verità di fede. Può restare una semplice religiosità di carattere naturale, per esempio con una fede naturale in Dio. Il giudizio quindi che si può dare su Gnocchi è la nota di scisma, perché si è unito ad una Chiesa scismatica.

Ora, diciamo pure francamente che in sé per sé il peccato di scisma è un peccato molto grave. Tuttavia nel caso di Gnocchi, che è un cattolico preparato e zelante, penso che bisogna andare cauti a dare un giudizio. Inoltre c’è da osservare che, come riconosce lo stesso decreto Unitatis Redintegratio, la Chiesa Ortodossa in questi mille anni, nonostante la separazione da Roma, ha conservato sostanzialmente integro il Simbolo della Fede e ha dato mostra di possedere molti valori di spiritualità, di vita cristiana e di santità.

Il punto più doloroso, la ferita che rimane ancora aperta, è la questione del Filioque, che sembra una questione molto astratta, sembra una questione di sole parole, ma non è così. In realtà è al cuore stesso della nostra fede. Quella verità fondamentale e somma, dalla quale dipendono tutte le altre verità di fede e quindi tutto l’insieme della morale cristiana.


Ma, comunque sia, quello che qui voglio evidenziare è la cecità e l'incoerenza con cui De Mattei sembra giudicare la situazione di Gnocchi, e la sua personale (che definirei a dir poco "filo-lefebvriana").

Ora, sono già tre i Papi che hanno individuato la situazione scismatica in cui si trovano i lefebvriani: san Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. E questo è ciò che De Mattei sa.

Pertanto, applicando il suo principio, che dal Concilio Vaticano I non c'è scisma senza eresia, allora dovrebbe concludere che lo scisma lefebvriano implica anche eresia. E non è proprio questa la situazione di De Mattei?

Mi sembra che lei, Padre Cavalcoli, sia estremamente chiaro nel giudicare che ci sono dottrine che non è indifferente per la nostra salvezza accettare o non accettare. Nel suo articolo dici: "Il credere o non credere a queste cose non è una questione di opinioni teologiche, ma si tratta di verità di fede necessarie alla salvezza. [...] Nessuno, per salvarsi, è esentato dall’obbligo di accettare ciò che Cristo ha voluto e comanda per la nostra salvezza". Ed è Cristo stesso, attraverso la sua Chiesa, nel Magistero del Concilio Vaticano II e dei Pontefici postconciliari, Che ha insegnato e ordinato l'opera dell'ecumenismo come appartenente intrinsecamente al mandato universale dell'evangelizzazione. L'ecumenismo, dunque, non è una "opinione teologica" che si può liberamente accettare o rifiutare.

Circa queste sue dichiarazioni, sono perfettamente d’accordo.

L’unica cosa che vorrei fare presente, ed è alquanto importante, è che dobbiamo fare attenzione a che l’ecumenismo sia ben fatto, ossia applichi le direttive dell’Unitatis Redintegratio, il cui fine ultimo, come appare chiaro da quanto dice, non è la semplice constatazione delle verità comuni, che sono rimaste dopo la separazione, nonché una attività di carità reciproca ed opere buone da compiere assieme, ma è anche la responsabilità che noi cattolici abbiamo di aiutare i fratelli separati a raggiungere la pienezza della comunione con Roma, ottenendo da essi con rispetto e carità la correzione dei loro errori.

Curiosamente, l'unico punto positivo che De Mattei riconosce in Gnocchi è il suo continuo rifiuto dell'ecumenismo. Dice De Mattei nel suo articolo: "Il rifiuto dell’ecumenismo è l’unico punto in cui egli [Gnocchi] è coerente con il suo passato [cattolico]".

Per quanto riguarda l’ecumenismo vorrei fare presente che i nostri fratelli ortodossi più aperti alla verità praticano volentieri l’ecumenismo, mentre se è vero che Gnocchi rifiuta l’ecumenismo, ciò gli procurerà difficoltà anche presso gli Ortodossi.

Inoltre De Mattei sbaglia nel dire che "Il rifiuto dell’ecumenismo è l’unico punto in cui egli [Gnocchi] è coerente con il suo passato [cattolico]", perché il vero cattolico accoglie l’ecumenismo, purchè si intende sia fatto secondo le direttive del decreto Unitatis Redintegratio.

So che identificare l'eresia è più facile che identificare l'eretico. Penso addirittura che identificare l'eretico corrisponda piuttosto al giudizio di Dio che a quello degli uomini.

È vero che identificare l’eresia è più facile che identificare l’eretico, perché l’eresia ci appare in modo immediato, mentre non è facile comprendere le intenzioni dell’eretico. Infatti, come sappiamo, esiste un’eresia formale e un’eresia materiale.

La prima è colpevole, perché pronunciata con piena avvertenza e deliberato consenso. Si possono dare due casi: o il semplice peccato di eresia o il semplice stato di peccato, causato dal fatto che l’eretico si ostina a rimanere nella sua idea errata, senza intenzione di pentirsi. Invece nel primo caso può capitare che il soggetto, dopo avere peccato in forma più o meno grave, si penta. In questo caso è evidente che egli si libera dall’eresia e può riprendere tranquillamente il cammino della fede. Invece purtroppo nell’altro caso il soggetto resiste a qualunque richiamo e pertanto si può dire che rimanga in uno stato di peccato.

La seconda forma di eresia invece è oggettivamente un’eresia, ut littera sonat, ossia letteralmente, ma chi la pronuncia può non essere consapevole che sia un’eresia.

In alcuni casi è possibile congetturare che l’eretico è in stato di peccato, come hanno fatto alcuni santi. Tuttavia, nel fare questi giudizi, dobbiamo essere molto modesti e rimetterci a quello che è il giudizio di Dio. D’altra parte, per riconoscere e combattere l’eresia, non è necessario affrontare la questione se l’eretico è o non è in peccato mortale, ma è sufficiente confutare l’eresia e ammonire l’eretico.

E d'altra parte, sebbene lei, Padre Cavalcoli, abbia spesso parlato dei filo-lefebvriani, non ricordo che lei ne abbia mai identificato nessuno con il suo nome e cognome.

Per la verità, io ho fatto dei nomi, ma mi sono ben guardato dall’accusare le persone di essere in stato di peccato. Semplicemente ho voluto denunciare l’esistenza di proposizioni eretiche, astenendomi dal determinare se l’eretico fosse o non fosse in buona fede.

Nella nostra tradizione domenicana esiste un criterio per il quale si può avviare un processo per eresia. Il motivo per il quale può essere avviato il processo è la constatazione, soprattutto da parte del vescovo, che l’eretico sembra incorreggibile ed ostinato nel difendere l’eresia. A questo punto gli Autori suggeriscono che la cosa da fare è quella di proteggere i fedeli.

Indubbiamente il buon Pastore, prima di giungere al processo, tenta di persuadere l’eretico, ma, se costui continua a esercitare il suo influsso su una vasta cerchia di fedeli, ciò giustifica anche la condanna canonica dell’eretico.

Quindi quello che dirò ora è a mie spese.
Il rifiuto che De Mattei manifesta rispetto alla dottrina e alla pastorale dell'ecumenismo è lo stesso rifiuto dei lefebvriani alla dottrina e alla pastorale dell'ecumenismo. E ripeto: non si tratta di rifiutare un'opinione teologica, ma un fatto vincolante, di fede, dove è in gioco la nostra salvezza.

Indubbiamente il Decreto sull’ecumenismo, benchè sia di tipo semplicemente pastorale, si rifà a principi di dialogo, che sono basati sulla giustizia e sulla misericordia, principi che di per sé sono di carattere naturale.

Senonché però questo Decreto fa riferimento anche allo stile di Gesù nei confronti dei non credenti. A questo punto allora noi dobbiamo accogliere il Decreto non solo per motivi di ragione, ma anche di fede nella dottrina della Chiesa.

Dobbiamo allora concludere che nel Decreto non si tratta di semplici opinioni teologiche o di direttive pastorali rivedibili o discutibili, ma di norme vincolanti, perché fanno riferimento al comportamento di Nostro Signore.


A questo proposito ricorderete sicuramente quel dialogo tra papa Francesco ed Eugenio Scalfari dieci anni fa. Quel dialogo in cui il Papa sembra aver usato la parola "modernismo", e che i media forse hanno modificato con l'espressione "cultura moderna". Lei stesso, padre Cavalcoli, scriveva in quell'occasione lodando papa Francesco per aver espresso così chiaramente la sua intenzione di approfondire questo dialogo con il mondo moderno (o con il modernismo!), proprio attraverso l'ecumenismo.


Ebbene, nell'ottobre 2013, l'allora superiore della FSSPX, mons. Fellay, si riferiva a quel dialogo tra il Papa e Scalfari dicendo "questo è ciò che Francesco vuole: l'ecumenismo. Papa Francesco sostiene che 'pochissime cose sono state fatte in questa direzione'. E che il Papa dica questo è incredibile, poiché l'ecumenismo è quello che ha causato una catastrofe indicibile nella Chiesa, portando le nazioni cristiane all'apostasia. Tuttavia, l'attuale Papa dice che 'poco, quasi nulla è stato fatto in questo senso' e aggiunge addirittura: 'ma io ho l'umiltà e l'ambizione di fare qualcosa!'..."

 

Nell’incontro con Scalfari, il Papa ha voluto dire che nel lavoro dell’ecumenismo c’è ancora molto da fare. Per quanto riguarda la reazione di mons. Fallay, non c’è da meravigliarsi, dato che notoriamente i lefevriani sono contrari all’ecumenismo, ma è una gravissima ingiustizia accusare le attività ecumeniche di essere all’origine degli attuali mali della Chiesa.

La vera causa di questi mali non è l’ecumenismo in se stesso, il quale, fatto bene, ha prodotto molti buoni frutti, ma è quel falso ecumenismo di tipo sincretistico o indifferentista, il quale ha rinunciato a mettere in luce gli errori dei fratelli separati, creando equivoci e confusione e diffondendo presso molti cattolici la falsa idea che la Chiesa abbia smentito le condanne di un tempo.


E quello che crede Fellay e quello che credono i lefebvriani, non è la stessa cosa che crede Roberto de Mattei?

Certamente.

In aggiunta a quanto detto, credo che De Mattei sbagli nel definire "apostasia" l'atteggiamento di Gnocchi. La Chiesa definisce l'apostasia come: "il rifiuto totale della fede cristiana" (Catechismo n.2089, Codice Canone n.751). Né gli ortodossi né Gnocchi hanno rifiutato totalmente la fede cristiana.
Se dovessi dare un titolo al mio modesto commento, scriverei: "La non sorprendente incoerenza dei filolefebvriani come De Mattei".

I lefevriani, insieme con De Mattei, sono incoerenti, perché rimproverano Gnocchi di quello che fanno loro stessi. Quindi, per essere autorevoli e credibili nella critica a Gnocchi, dovrebbero essere loro per primi ad abbandonare lo scisma ed a entrare in piena comunione con Papa Francesco.

 

Un problema delicato è quello della famosa abolizione reciproca della scomunica tra San Paolo VI e il Patriarca Atenagora nel 1964 **. Questo evento è stato molto significativo e importante, come segnale di reciproca benevolenza e fratellanza nella comune fede cristiana. Questo episodio ha creato un clima di serenità ed amicizia, che è servito ad approfondire la comunione cristiana tra le due Chiese.

Tuttavia dobbiamo ricordare che la scomunica è un provvedimento giuridico rimesso al potere discrezionale dell’autorità, provvedimento la cui presenza o assenza è indipendente da una situazione di fatto, per la quale la Chiesa può restare scismatica di fatto.

Com’è possibile dire questo nel caso della Chiesa Ortodossa? Questa mia affermazione è basata sul fatto che purtroppo la Chiesa Ortodossa non ha ancora riconosciuto il Filioque.

Quindi, quello che ancora la Chiesa Cattolica attende dai fratelli Ortodossi è che essi accolgano il Filioque nel Simbolo della Fede.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 16 Febbraio 2023

** “Atenagora e Paolo si erano già incontrati per la prima volta a Gerusalemme il 5 e 6 gennaio 1964. In questi incontri, le due guide avevano levato insieme le scomuniche che gravavano sulle loro rispettive Chiese sin dal grande scisma del 1054.”

Da: https://www.vatican.va/content/osservatore-romano/it/comments/2017/documents/piccoli-passi-ma-balzi-da-gigante.html

 

Un problema delicato è quello della famosa abolizione reciproca della scomunica tra San Paolo VI e il Patriarca Atenagora nel 1964

Questo evento è stato molto significativo e importante, come segnale di reciproca benevolenza e fratellanza nella comune fede cristiana. Questo episodio ha creato un clima di serenità ed amicizia, che è servito ad approfondire la comunione cristiana tra le due Chiese. 

Immagini da : CELEBRAZIONE DEI SECONDI VESPRI LVI SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI - 

Basilica di San Paolo fuori le Mura - Mercoledì, 25 gennaio 2023

https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2023/documents/20230125-vespri-unitacristiani.html

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