Perseveranza
e ostinazione nella condotta umana
Il mistero
delle nostre scelte
Una cosa che
stupisce nella condotta umana è la forza della volontà: capita quasi sempre che
una volta che un uomo, generalmente nella fanciullezza o nella gioventù, ha
deciso che direzione da dare alla sua vita, generalmente rimane fermo e inamovibile
in questa decisione per tutto il corso seguente della sua vita, anche se, dato il
suo libero arbitrio, compirà scelte diverse
ed anche opposte, ma sempre all’interno del quadro che ha scelto. Così
ammiriamo la perseveranza dei santi e dei credenti e ci stupiamo
dell’ostinazione dei peccatori e degli increduli.
I santi resistono alle seduzioni e alle
minacce dei malvagi, sopportano la loro persecuzione od ostilità, scoprono le
loro insidie e le evitano, convertono i peccatori, si rafforzano nella loro
buona condotta. I peccatori restano insensibili
ai buoni esempi dei santi e sordi ai loro richiami. Seguono invece i peccatori
come loro e con essi familiarizzano.
I santi
trattano i peccatori con carità e giustizia; ma questi li ripagano col disprezzo,
con arroganza, con insulti, beffe, calunnie, ingiustizie e maltrattamenti di
ogni genere. Con la loro cattiva condotta e il loro cattivo esempio i malvagi,
spesso astuti e seducenti, confondono le
idee dei buoni, e li fanno deviare dalla loro condotta per farne loro seguaci.
Può esistere
quindi, grazie a Dio, effettivamente, in tutte le età della vita degli uomini, in
coloro che si convertono dal male al bene, dall’eresia alla verità, dall’empietà
alla pietà, dalla superbia all’umiltà, da una religione pagana al cristianesimo,
dal vizio alla virtù, una svolta positiva alla loro vita, quella che S.Paolo chiama
metànoia, e che comunemente chiamiamo
«conversione». Così il cristianesimo nel corso dei secoli si è espanso ed ha
progredito in tutto il mondo facendolo passare, con la forza dello Spirito
Santo, dal paganesimo alla fede in Cristo.
Ma vi sono
anche coloro, che percorrono il cammino inverso: dall’onestà alla disonestà,
dalla fedeltà al tradimento, dalla fede all’eresia e all’apostasia, dal cristianesimo
a una religione inferiore. Così oggi in molti paesi il cristianesimo e la
Chiesa sembrano in decadenza, sostituiti da una mentalità secolaristica, da una
condotta egoista, dissoluta e mondana, quando non si diffondono una grave
corruzione morale e i danni provocati dall’ateismo e dal materialismo.
Il grano è
mescolato col loglio. Ma nel caso degli uomini, dotati di libero arbitrio,
meraviglia come il grano, qui evidentemente preso in senso metaforico, resti
grano e il loglio resti loglio. Eppure, per la capacità che l’uomo ha di cambiare
idee e cambiar vita, ecco che assistiamo ogni tanto al fenomeno, cosa impossibile
tra le piante, del grano che diventa
loglio e del loglio che diventa grano.
Da una parte,
quindi, sorprende e ci possiamo chiedere come sia possibile che da
2600 anni i buddisti restino attaccati al Buddha, che da 2000 anni gli Ebrei
continuino a rifiutare Cristo, che da 14
secoli i maomettani continuino a restare attaccati a Maometto, che da 1000 anni
gli ortodossi continuino a rifiutare il primato del Romano Pontefice, che da
500 anni i luterani restino attaccati a Lutero, che da 300 anni esista la
massoneria, da 150 anni continui ad esistere il comunismo ateo, con tutti i disastri
che ha combinato e che combina, che da più di un secolo esista un modernismo
distruttore della Chiesa.
La
perseveranza della Chiesa
Dall’altra
parte, però, illumina, consola e conforta la fede, la perseveranza, la pazienza
e la fortezza della Chiesa, sempre fedele al Vangelo, nei suoi santi, soprattutto
nei martiri, nei riformatori e fondatori di Ordini e nei missionari, in particolare nei santi Pontefici e nei Concili
ecumenici, per i quali la Chiesa ha affrontato e superato le grandi prove, che
via via si sono manifestate nel corso della storia per l’insidia degli eretici
e l’attacco delle potenze mondane.
A questo
proposito bisogna dire con tutta franchezza ai fratelli luterani che Lutero ha
profondamente frainteso, con una
«riforma», che è stata piuttosto una deforma,
che, salvo alcuni utili suggerimenti ed elementi positivi e il mantenimento dei
dogmi fondamentali del cristianesimo, non ha conservato, né purificato, né
restaurato, né fatto progredire, ma ha contrastato, infangato, deformato e
distrutto l’opera sempre saggia e a volte eroica dei Papi e dei Concili nella difesa,
forse a volte troppo severa e non senza temporalismo, della purezza ed
integrità della fede, e farla progredire verso nuovi orizzonti, per la riforma dei
costumi, per la libertà della Chiesa dai poteri civili, per la correzione degli abusi, per la ripresa
della disciplina ecclesiastica e per il rilancio dell’opera missionaria.
Indubbiamente
non tutti i Concili, se sono a stati infallibili nella dottrina, sono riusciti
a ideare e promuovere adeguate opere di riforma nel campo pastorale, giuridico,
disciplinare, amministrativo e nei rapporti con i poteri civili, oltre al fatto
che i loro decreti spesso rimasero lettera morta.
Così fu per il
Concilio Lateranense V del 1512, che definì bensì il dogma dell’immortalità dell’anima,
ma non seppe concepire ed avviare un’adeguata riforma, anche perché non si
accorse dell’aria di ribellione alla Chiesa e alla Curia Romana, che stava
tirando soprattutto in Germania. A ciò si appigliò in parte
giustamente Lutero con la sua protesta del 1517.
Il Concilio
Vaticano II, esempio di perseveranza nel rinnovamento
Da quasi
sessant’anni i più saggi ed obbiettivi storici, osservatori e studiosi di
storia della Chiesa si stanno interrogando circa il valore pastorale e riformatore del Concilio Vaticano II. Non siamo
più oggi sotto la pressione degli eventi dell’immediato postconcilio, allorchè,
come sempre accade nei grandi eventi storici, che introducono notevoli cambiamenti,
gli animi facilmente sono eccitati, soggetti a passionalità, difficilmente
imparziali, facilmente polemici e quindi divisi nei giudizi.
Oggi come
oggi è possibile guardare all’evento del Vaticano II ed agli eventi che sono seguìti
con sufficienti informazioni, con animo sereno ed equanime, guidati dal
magistero pontificio, poggiando su validi criteri di giudizio, e con occhio limpido,
da veri storici e uomini di fede, unicamente attenti, nel sano e costruttivo
dibattito delle opinioni e nella libertà delle interpretazioni, con giusta
distinzione fra il relativo e l’assoluto, alla verità dei fatti ed alla realtà
delle idee, ed unicamente preoccupati del bene delle anime e della Chiesa,
benché le polemiche non siano del tutto spente e i malintesi non del tutto
fugati, come è testimoniato, per esempio dalle persistenti diatribe o
reciproche condanne ed accuse fra lefevriani e modernisti.
Il Concilio
ha taluni aspetti discutibili
Importante,
al riguardo, è la distinzione che Papa Benedetto ha fatto fra documenti pastorali e documenti dottrinali del Concilio. Rivolgendosi infatti
ai lefevriani, egli ha detto che, mentre certi documenti pastorali possono essere
discussi, perché non sono infallibili, quelli dottrinali devono essere
accettati senza discussione, perché appartengono al magistero straordinario
della Chiesa, qual è appunto quello di un Concilio, anche se non vi sono definiti
solennemente e dichiaratamente nuovi dogmi.
Stando così
le cose, è possibile constatare come anche nel Concilio Vaticano II la Chiesa
dà testimonianza della sua perseveranza nella fedeltà al Vangelo, alla
Parola di Cristo che non passa. I mutamenti
proposti ed imposti dal Concilio non sono quindi - come male intendono i
modernisti e fraintendono i lefevriani -
mutamenti, ma approfondimenti e chiarimenti di dottrine tradizionali e
già definite, ed inoltre sono mutamenti nella pastorale, per renderla più adatta
all’evangelizzazione dell’uomo contemporaneo. Si tratta, secondo una famosa espressione
di Papa Benedetto, di «progresso nella continuità»[i].
Un certo
aspetto della pastorale avviata dal Concilio, dopo l’iniziale momento di
entusiasmo generale, ha rivelato, nella pratica pastorale dei decenni
successivi. delle pecche, alle quali
occorre rimediare. È sotto questo punto di vista che Benedetto ha parlato di
«discutibilità» di certe direttive del Concilio.
Si tratta
del fatto che il Concilio, per certe sue espressioni equivocabili, sembra promuovere, almeno nell’interpretazione
dei cosiddetti «progressisti», una nuova evangelizzazione troppo concentrata
sulla presa di coscienza dei valori comuni, della diversità e della pluralità,
sulla base della supposizione gratuita e indimostrata che tutti gli uomini, ai quali si annuncia il Vangelo, siano uomini di
buona volontà e retta intenzione, per cui tutto il lavoro da fare è un fiducioso
dialogo, nel quale Chiesa e mondo realizzano alla pari una reciproca complementarità,
senza che occorra correggere gli errori del mondo e senza che occorra un’operazione
pastorale tesa a persuadere i fedeli
delle altre religioni ad entrare nella Chiesa cattolica. L’importante è volersi
bene e collaborare fraternamente per il bene dell’umanità.
In realtà,
non è questo il vero modo col quale il Concilio imposta l’opera della evangelizzazione.
Se lo leggiamo con attenzione, vedremo che esso conferma la missione e il
dovere assoluto della Chiesa di annunciare il Vangelo a tutto il mondo, per cui
è necessario che tutti gli uomini, di qualunque religione, si convertano a Cristo
ed alla Chiesa cattolica. È questo infatti l’esplicito e perentorio comando di Cristo,
e la Chiesa è sempre stata fedele a questo mandato, che le dà la sua stessa
ragion d’essere e sempre lo sarà. Tutto il mondo deve convertirsi a Cristo. La Chiesa
deve lavorare instancabilmente, fino alla fine del mondo, per questa conversione.
Il Concilio insegna solo il modo col quale oggi dobbiamo assolvere a questo compito.
E Papa
Francesco non si scosta da questo impegno, al quale ogni Papa è legato in modo
eminente, nonostante certi atteggiamenti e discorsi, che potrebbero far sorger
qualche dubbio. Egli certamente è preoccupato di costruire una base di fraternità
fra le religioni e di sottolineare il fatto che ogni religione ha sue proprie peculiarità,
diverse da quelle delle altre, volute da Dio e che favoriscono un arricchimento
reciproco.
Ma è chiaro
che, ponendosi Francesco sulla linea del Concilio, che chiama alla Chiesa
cattolica tutti gli uomini della terra, egli è il primo testimone della
perseveranza della Sposa di Cristo nell’amore e nell’obbedienza al suo Sposo,
per sciogliere ed intenerire i cuori
induriti e sostituire l’ostinazione del peccato con l’ascolto docile ed umile della
voce dello Spirito Santo.
P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 22 aprile 2019
[i] Vedi il mio libro «Progresso nella continuità. La questione del Concilio Vaticano II
e del post-concilio, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2011.
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