Il rapporto della mente col cervello secondo Cartesio (Prima parte)

Il rapporto della mente col cervello secondo Cartesio

(Prima Parte)

Una questione sempre attuale

Ancor oggi, dopo quatto secoli, l’antropologia cartesiana continua a fare da presupposto indiscusso a quella parte della cultura moderna che intende affermare lo spiritualismo e che già da tre secoli è sfociata nell’idealismo kantiano per giungere con Hegel, nell’800, al panteismo, oggi ancora vivo nei discepoli di Giovanni Gentile.

Certo, nessuno oggi accetta più il dualismo anima-corpo di Cartesio. L’uomo è visto come unico soggetto e si tende a negare la distinzione fra anima e corpo. All’istanza teoretica di Cartesio si è sostituita un’istanza pratica di tipo dialettico: l’opposizione uomo interore-uomo esteriore in Lutero, l’opposizione operaio-padrone in Marx, l’opposizione fra l’utile e l’inutile per gli empiristi.

La tendenza cartesiana è in concorrenza con altre antropologie di orientamento pragmatico, come quella empirista inglese, quella massonica, quella protestante e quella marxista. Solo Cartesio si pone il problema teoretico della natura umana guardando al rapporto spirito-corpo. Le altre hanno tutte un orientamento pratico: l’utile economico per gli empiristi, la salvezza personale per Lutero, l’uomo prometeico in Marx. Ma tutte sono centrate sull’io a somiglianza di Cartesio. Dio è un’idea in Cartesio; Dio è in me per Lutero; Dio è per me per gli empiristi; io sono Dio per Marx.

Concentriamo in questo articolo l’attenzione sulla questione del rapporto mente (coscienza)-cervello. Prenderò spunto dalle considerazioni dell’antropologo Mons. Fiorenzo Facchini e della biofisica Rita Casadio dell’Università di Bologna per mostrare come il fantasma di Cartesio riappare nella discussione che neurologi, psicologi ed antropologi oggi stanno portando avanti su questo tema.

Cominciamo col fissare alcuni princìpi. In una prima parte, come base di discussione, definiremo le nozioni di mente, coscienza e cervello, terminando con una proposta di soluzione del problema del loro rapporto. Nella seconda parte faremo una critica dettagliata a Cartesio.

La mente

La mente è il complesso delle funzioni spirituali dell’uomo, che emanano dall’anima e si radicano nell’anima. Esse comprendono l’intelletto, la volontà e la coscienza. La mente indubbiamente si serve del cervello, organo corporeo, per esercitare le sue funzioni. L’intelletto si serve delle segnalazioni cerebrali, delle sensazioni e degli impulsi provenienti dai sensi. Queste tracce sono la base per la formazione dei concetti da parte dell’intelletto, delle immagini da parte dell’immaginazione, dei ricordi da parte della memoria e delle passioni da parte dell’appetito sensitivo. La volontà interviene poi a dirigere i centri motori cerebrali, che presiedono a tutti i moti volontari eliciti ed imperati della persona.

La mente è emanazione e funzione dell’anima, che è forma sostanziale del corpo.  L’anima, quindi, non è una sostanza completa (cogito), come credeva Cartesio e come credono gli idealisti, ma solo forma di quella sostanza completa, che è la persona umana, composta di anima e corpo (individua substantia rationalis naturae).

Parimenti il cervello non è da sé insieme al corpo, un soggetto autoreferenziale e sussistente, come credono i materialisti, ma è un organo del corpo informato dall’anima.  Non c’è l’uomo-spirito e l’uomo-corpo, ma l’uomo composto di spirito e corpo.

L’intelletto smaterializza l’immagine e da essa forma il pensiero, che a sua volta diventa la guida della volontà, la quale a sua volta muove e comanda ai centri cerebrali che presiedono alla mozione dei muscoli volontari, dei quali il soggetto si serve per compiere gli atti della persona, l’intendere, il volere, la coscienza, il memorizzare, il parlare, l’apprendimento, la cura del proprio io, la vita di relazione, il lavorare, il dominio delle passioni e i moti del corpo finalizzati all’acquisto delle virtù ed alla correzione dei vizi.

La coscienza

Una funzione della mente è certamente anche la coscienza, per la quale l’intelletto, riflettendo o sul proprio io pensante (autocoscienza) o sul sapere acquisito dall’esterno o dall’apprendimento, fa oggetto del sapere il pensiero stesso o i concetti con i quali ha concepito ciò che ha conosciuto dall’esterno (coscienza psicologica). Oppure la coscienza è l’applicazione della scienza morale all’atto compiuto, che si sta compiendo o che si vuol compiere (coscienza morale).

In base a queste considerazioni non pare conveniente parlare di rapporto della coscienza col cervello. Certo, questo rapporto esiste, ma non può avere la fondatezza, radicalità ed immediatezza possedute dal rapporto dell’intelletto preconscio, principio del contatto diretto con la realtà esterna, perché è questo e non l’intelletto riflesso proprio della coscienza o dell’autocoscienza ad entrare in immediato contatto col cervello, in quanto, usando eventualmente la volontà, per esempio nello sforzo dell’attenzione o del ricordare o del parlare, l’intelletto ne attiva la sua propria attività fisiologica o neuronale.

Se invece, trascurando la funzione dell’intelletto realista, ci fissiamo solo sulla coscienza quasi ipostatizzandola alla maniera di Cartesio, succede che il problema del rapporto mente-cervello diventa veramente insolubile, perché l’atto di coscienza non comunica direttamente col cervello, non comanda al cervello, ma è atto intellettuale, che ha per oggetto un contenuto intellegibile interiore – il concetto -, che suppone che l’intelletto abbia già compiuto il suo contatto col cervello, proprio della conoscenza diretta del reale esterno, e guardi semplicemente dentro se stesso, ossia appunto ai contenuti di coscienza, che sono i concetti.

L’atto di coscienza è per sua essenza separato dal cervello e quindi è fatica sprecata voler metterlo a contatto col cervello. Non così l’atto della conoscenza delle cose, che deve far uso dell’intelletto, il quale deve raccogliere i dati dei sensi registrati dal cervello.

Per comprendere allora come la mente entra in contatto col cervello, bisogna considerare non l’atto di coscienza, ma l’atto di conoscenza del reale esterno. Occorre cioè retrocedere dall’atto al soggetto dell’atto, fino a raggiungere l’anima come forma del corpo. Ora il cervello è appunto parte del corpo. A questo punto si comprende non solo come mente e cervello sono a contatto immediato, ma anche come formino una sola sostanza, che è la persona umana.

L’intelletto scaturisce o emana da questa forma che è l’anima e quindi succede che quando l’intelletto compie l’atto originario preconscio della conoscenza diretta del reale esterno, è a questo punto che la mente, emanazione dell’anima-forma, mediante l’atto dell’intelletto diretto, entra in contatto col cervello, perché è l’intelletto diretto che si serve del cervello per contattare la realtà sensibile esterna e non l’intelletto riflesso o coscienza, per il quale lo spirito gira ovvero si ripiega su se stesso e non ha bisogno dell’attività cerebrale, ma basta a se stesso.

Invece l’uso del cervello è indispensabile alla conoscenza diretta, la quale è impossibile se il cervello non funziona. Infatti, l’atto della riflessione spirituale è un atto che certamente suppone lo stato di veglia e quindi la normale attività cerebrale, certamente utilizza immagini, concetti e ricordi precedentemente formati dalla conoscenza diretta. Ma dato appunto che questi contenuti si trovano già nella coscienza, all’intelletto riflesso, per attuarsi, basta il suo atto di riflessione senza aver bisogno di contattare il cervello.

Per questo, se ci si muove partendo dall’autocoscienza come Cartesio o comunque dalla coscienza come Husserl, come se fossero soggetti completi (lo «spirito»), non c’è nessun modo per far contattare la mente col cervello. La loro unione sostanziale appare inspiegabile o impossibile. Se invece si parte dall’anima come forma soggetto della potenza intellettuale, l’unione non fa problema così come non fa problema l’unione della forma con la materia.

Il cervello

Il cervello è l’organo corporeo deputato alla mozione di tutti gli atti della vita vegetativa e dei movimenti corporei, mentre quelli della vita sensitiva e intellettuale fanno uso del cervello, ma sotto la mozione dell’intelletto e della volontà. Le attività vitali sensitive ed intellettuali sono distinte dalle attività cerebrali, perché mentre le prime sono immaterialmente immanenti, le attività cerebrali ossia la fisiologia del cervello, è un’attività vegetativa materialmente immanente.

Il cervello è una sostanza organica, inquantoché è un organo del corpo. Non è una sostanza completa che viva per conto suo, ma è solo parte del corpo, il quale solo, animato dall’anima, costituisce la sostanza umana.

L’anima spirituale anima tutte le attività vitali e dà forma al corpo. Il vegetativo, animato dall’anima, si muove da sé e regola l’attività cerebrale senza bisogno della volontà. Il potere sensitivo ed emotivo e i muscoli volontari sono mossi dalla volontà, la quale comanda ai comandi cerebrali, i quali a loro volta comandano il sistema nervoso, il quale sua volta comanda agli arti, agli organi di senso e al potere appetitivo sensitivo (passioni).

Le tracce neuronali lasciate nel cervello dall’attività intellettuale volontaria, dalle impressioni ricevute e dalle azioni compiute posseggono un dinamismo reattivo proprio, per cui, come dimostra l’esperienza di numerosi e svariati fatti psichici normali o patologici, si possono attivare da sole e con opportuni stimolanti o farmaci e senza l’azione dello spirito. Esse così producono imitazioni o simulacri psichici della spiritualità, che non sono invece altro che emergenze spontanee dell’attività cerebrale. Tali sono il fenomeno dei sogni, dell’immaginazione poetica e delle allucinazioni.

Il cervello così ha una sua vitalità, iniziativa ed attività proprie indipendenti dal controllo del pensiero e dalla mozione della volontà. Esso, indipendentemente da tale controllo, elabora, per conto proprio e di propria iniziativa, utilizzando l’inconscio, nelle opportune condizioni cerebrali normali o patologiche, costruzioni fantastiche o processi dinamici emotivi e cognitivi di associazione e di successione di immagini (stream of consciousness) e di ricordi, che si strutturano eventualmente in forme linguistiche e cognitive irriflesse prima della soglia della coscienza.

Cessato il fenomeno, la coscienza ne prende atto come di fatti psichici avvenuti senza il suo controllo e senza la sua decisione. Questi fenomeni all’atto del loro svolgersi possono essere avvertiti dalla sensibilità e dall’immaginazione, ma non dall’intelletto e dal giudizio cosciente. 

Il cervello quindi, operando autonomamente su quei dati, è capace di imitare o simulare a modo suo processi e dinamismi psichici, che normalmente, allo stato vigile e cosciente, sono prodotti e guidati dalla volontà.

Come la mente si unisce al cervello?

La domanda che ci poniamo è come la mente spirituale si unisce al cervello, organo materiale, attesa l’enorme distanza e diversità di essenza fra materia e spirito. Se non siamo dei materialisti, che non hanno problemi a concepire lo spirito come una derivazione o sublimazione della materia, ma conosciamo l’immensa differenza fra materia e spirito, e l’immensa superiorità di quella su questo, può nascere in noi l’ipotesi che mente e cervello debbano poter comunicare od unirsi mediante un ente intermedio, diverso da entrambi e che faccia da mediatore.

Ma non ci accorgiamo che il nostro spirito muove il nostro corpo immediatamente, appunto con la forza del nostro spirito. È questa del resto la nostra esperienza quotidiana: se vogliamo muovere un braccio, il braccio, se è sano, si muove. Se vogliamo parlare, muoviamo il nostro cervello, il quale, comandando ai centri della parola e al senso interno, ci consente di parlare.

La questione del tramite si pone quando abbiamo due sostanze complete a confronto. Se io devo comunicare con una persona, debbo far uso di uno strumento di comunicazione. Il più semplice è il linguaggio. Ma il fatto è che mente e cervello sono bensì due agenti e motori, ma non sono due sostanze complete ed ontologicamente autonome. Essi sono invece due motori uno spirituale, l’altro materiale, il secondo subordinato al primo, dell’azione di quell’unica sostanza composta da anima spirituale e corpo, che è la persona umana.

Per spiegare dunque il contatto o la comunicazione tra mente e cervello, non occorre supporre un elemento mediatore o di collegamento, quello che Leibniz chiamava vinculum substantiale, un ente inutile, ma basta prender coscienza che essi sono ad immediato contatto, influendo l’una sull’altro sotto aspetti diversi.

Mente e cervello sono ad immediato contatto perché l’anima come forma sostanziale, soggetto della mente, è a contatto immediato con la materia corporea umana, che essa informa, e dalla quale, per opera dell’anima, prende forma quell’organo eccellentissimo del corpo umano che è il cervello.

Per comprendere come possa avvenire questa unione, che pur sperimentiamo nella nostra vita quotidiana, penso che occorra partire dal fatto che l’uomo, secondo la ragione e secondo la fede, è una sostanza materiale composta di anima spirituale e corpo materiale. Ora, come sappiamo, ogni sostanza materiale è composta di forma sostanziale e materia. Aristotele fa l’esempio molto semplice della cera e della forma o figura della cera.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 23 agosto 2020


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