Le radici ideologiche del genderismo - Quarta Parte (4/4)

 Le radici ideologiche del genderismo

Quarta Parte (4/4

Il passaggio dall’uomo vecchio all’uomo nuovo

Fino a tempi recenti, ossia fino al papato di San Giovanni Paolo II la concezione corrente della castità ha fatto riferimento esclusivamente alla presente situazione di natura decaduta a seguito del peccato originale, con la conseguenza che il sesso era concepito solo in ordine alla generazione ed era visto prevalentemente nella sua condizione di ribellione nei confronti dello spirito. Ciò comportava un’attitudine ostile nei confronti del piacere sessuale visto come stimolo al peccato e un ideale di vita proposto ai più fervorosi di astinenza totale dall’attività sessuale.

L’enfasi con la quale si esaltava al di sopra di tutti gli stati di vita la scelta della verginità e la severità  esagerata con la quale si condannavano le colpe sessuali come fossero le più gravi di tutte finì, a partire dal periodo immediatamente seguente al Concilio Vaticano II, col suscitare una reazione scomposta ma in parte comprensibile, che metodicamente e progressivamente ha distrutto tutti i freni morali alla lussuria, che ora dilaga nelle sue forme più perverse e abominevoli, ma che per molti, che hanno perso il senso morale, sono cose normali, segni di libertà e di diversità.

Bisogna tuttavia riconoscere che l’etica prewojtyliana ha maltrattato, sia pur senza volere, il sesso per una malintesa difesa dello spirito. E ora il sesso si vendica. Lo si è fermato al di qua del lecito e adesso sta andando al di là del lecito. Si è calcato troppo sulla procreazione e adesso si odia la procreazione. Si è troppo represso il piacere e adesso c’è l’orgia del piacere.

L’uomo è fuggito dalla donna perché pericolosa e allora adesso si accosta all’uomo perchè lo trova amico. In mancanza della perfida donna, cerca consolazione nell’uomo: di lui – così egli crede - ci si può fidare. Curiosamente e paradossalmente qui Origene e Padre James Martin s’incontrano nell’affermare il maschio contro la femmina. Come risalire la china? Come dissipare questo mostruoso equivoco? Come recuperare la bellezza della dualità sessuale?

L’aria si è fatta viziata. Siamo tutti contaminati. Bisogna spalancare le finestre. Occorre aprirsi all’intero insegnamento della Scrittura sul sesso e non fermarsi a quello relativo alla vita presente, interpretato per giunta alla maniera platonica. Occorre recuperare il Cantico dei Cantici. Occorre aprirsi alla protologia ed all’escatologia. Il messaggio etico di Giovanni Paolo II è tutto qui ma è rivoluzionario.

L’etica sessuale prewojtyliana si era chiusa nella considerazione di una situazione umana deficitaria e tutto sommato di passaggio, una situazione, il cui significato profondo è incomprensibile senza quei due punti di riferimento che sono la protologia e l’escatologia.

Invece è successo che nel voler regolare la condotta sessuale, ci si è fermati ad una concezione del sesso relativa solo ai confini, ai caratteri e alle miserie della presente situazione terrena e mortale, come se tutta la realtà della sessualità si restringesse entro questi angusti e sconfortanti confini, come se questa miserevole situazione fosse l’unica possibile, come se il sesso fosse un piacere proibito, trascurando il fatto che per capire veramente che cosa è e quanto vale la sessualità nel piano di Dio, non basta assolutamente fermarsi a considerare il sesso come stimolo alla concupiscenza (fomes peccati), ma occorre allargare lo sguardo allo stato edenico e alla prospettiva della risurrezione finale.

L’idea geniale di Giovanni Paolo II[1], profondamente radicata in una lettura più attenta e più chiara del Genesi e di San Paolo, è stata quella di applicare alla vita sessuale l’impostazione escatologica dell’etica proposta dal Concilio Vaticano II. Si tratta sostanzialmente dell’annuncio paolino dell’uomo nuovo o della nuova creatura nata dal battesimo. Già da adesso il cristiano gode delle «primizie dello Spirito» e della «caparra dello Spirito Santo», che sono la pregustazione del sesso escatologico, di quel «corpo spirituale», che ha superato la carnalità ed ha conciliato lo spirito con la carne, cioè col sesso.

D’altra parte, il Papa non dimentica che se c’è un autore biblico che sottolinea l’importanza del sacrificio, dell’immolazione, della rinuncia e dell’austerità della vita cristiana, questi è proprio San Paolo, ben consapevole delle incresciose conseguenze del peccato originale nella vita presente e quindi appassionato sostenitore ed attore della lotta dello spirito contro a carne.

Tuttavia il Papa ci ha fatto capire che nessun autore biblico è tanto illuminante, confortante ed incoraggiante quanto San Paolo nel farci gustare una felicità non tutta rimandata nell’al di là, ma che inizia già qui, seppur in mezzo a tribolazioni ed alla croce quotidiana.

Wojtyla ha dimostrato che ciò avviene anche nel campo del sesso, aprendoci alle prospettive della protologia e dell’escatologia e precisando la superiorità di questa su quella, perché lo stato edenico prevede il matrimonio e la procreazione, mentre lo stato finale comporta la pura e semplice espressione dell’amore: non sono più due, ma una sola carne.

Così Giovanni Paolo ci ha spiegato che le parole di Cristo «saranno come angeli» non vanno intese come un’esclusione del sesso uomo-donna, ma intendono dire che non ci sarà più matrimonio, in quanto esso dice procreazione, in quanto in paradiso è cessato l’aumento numerico della specie. Il «come gli angeli» vuol dire allora semplicemente che il loro spirito avrà pieno dominio sul sesso; saranno quelle creature, quei corpi spirituali, dei quali parla San Paolo.

Il genderismo è il caso più significativo, penoso e miserando della dissoluzione anarchica della sessualità, che è la reazione estrema, disperata e rabbiosa (il cosiddetto «orgoglio gay») ad un’etica sessuale, durata per troppi secoli, che ha calcato troppo la mano sulla pur reale opposizione dello spirito alla carne. Ma ci si è dimenticati che in fin dei conti la volontà di Dio è l’armonia fra lo spirito e la carne. Solo che per vedere quest’armonia bisogna che noi andiamo al di là del presente stato conflittuale e fermiamo l’attenzione su quell’ideale di sessualità che ci è dato dalla protologia e dall’escatologia bibliche. 

Certamente, per accogliere questa visuale, una difficoltà è data dal fatto che queste concezioni non si dimostrano in base all’antropologia filosofica, ma occorre la fede. Ma un genderista può accedere alla fede? Dobbiamo adoperarci perché vi giunga, perché è solo così che potremo rimediare all’errore del genderismo.

Supponendo dunque la fede, nascono alcune domande, che mi limito a porre, come oggetto di future ricerche: com’era esattamente il sesso edenico? E come sarà esattamente quello escatologico? Come immaginarli? Come raffigurarceli? Come realizzarli? Abbiamo un aggancio nella vita presente? Il sesso che conosciamo qui è lo stesso che quello ultraterreno? Come testimoniare all’omosessuale questi dati di fede? Con quale condotta? Con quali spiegazioni? Con quali descrizioni? Con quali esempi? Con quali esperienze?

Una cosa, comunque, è certa: l’irrigidimento su posizioni prewojtyliane, ancor oggi presente, non risolve il problema della sodomia, ma lo aggrava, perché insiste su di una impostazione platonica della sessualità che non mostra la bellezza dell’unione sessuale uomo-donna, ma la presenta solo limitata alla procreazione e come qualcosa che induce in tentazione.

In tal modo il genderista continua a rimanere all’oscuro circa la bellezza di quell’unione, ne sente ripugnanza e, d’altra parte, poiché prova il desiderio del piacere sessuale, trova un ripiego illusorio nell’unione omosessuale. Ma se noi riuscissimo a mostrargli con la parola e con l’esempio la stupenda bellezza di quell’unione in tutta l’ampiezza della visione protologica ed escatologica, potremmo esser certi che egli, salvo ad essere un mostro, non potrebbe non sentirsi profondamente coinvolto ed entusiasmato davanti ad un progetto del genere, perfettamente conforme alle sue inclinazioni ai suoi bisogni sessuali più autentici e profondi.

La visione wojtyliana della castità ci fa capire che l’astinenza sessuale non è un valore assoluto, non è il massimo della realizzazione umana, ma non è altro che un espediente di emergenza relativo alla presente natura decaduta, adatto soprattutto a quei pochi che aspirano a una superiore libertà spirituale che sono i religiosi, gli eunuchi in vista del regno dei cieli, ai quali peraltro Cristo promette, in cambio del loro impegno, il centuplo sin da questa vita. Il libro di Qohelet (3,5) dice giustamente che «c’è tempo di abbracciare e c’è tempo di astenersi dagli abbracci». Le braccia sono fatte per abbracciare; ce se ne può astenere, ma solo in via provvisoria.

Una potenza vitale è fatta per attuarsi. Le orecchie sono fatte per sentire, il tatto per toccare, la vista per vedere, l’inclinazione sessuale per esprimere l’amore. Da che mondo è mondo, tutti gli innamorati lo sanno. Lo sa anche il Cantico dei Cantici, che è Parola di Dio. Che cosa è infatti l’amore se non l’unione tra due persone proporzionate l’una all’altra? E quale più perfetta proporzione esiste fra due persone che l’armonia sessuale? Anche l’omosessuale sente il bisogno di amare. Anche lui cerca l’armonia, la reciprocità. Perché non la trova dov’è e la cerca dove non c’è? Che idea si è fatto dell’unione dell’uomo con la donna? Che cosa gli è stato presentato? Che esempi ha visto? Da chi è stato avvicinato? Con quali prospettive? Ha conosciuto la vera sessualità come la presenta San Giovanni Paolo II?

Tuttavia, sorge una grave domanda: ma allora, si dirà, che senso ha la verginità di Cristo e della Madonna? Ebbene, diciamo con schiettezza anche a costo di meravigliare qualcuno, che essa, al di là delle apparenze, è molto diversa dal voto di castità dei religiosi, degna comunque di alta stima e rispetto, checché ne pensasse Lutero.

Tuttavia è importante precisare, quando una certa tradizione presenta Maria e Gesù come sommi modelli per i religiosi. L’idea non è sbagliata, ma va chiarita per evitare l’equivoco. Nel caso del religioso da una parte e in quello di Gesù e Maria dall’altra la castità ha un significato e una ragion d’essere molto diversi per il semplice motivo che Gesù e Maria erano esenti dalle conseguenze del peccato originale, mentre tutti gli altri uomini sono infetti dalla colpa originale.  

Ciò implica che mentre nel caso di Gesù e Maria la verginità ha un valore esclusivamente teologico, in quanto intimamente connessa con la loro eccellentissima ed unica unione con Dio purissimo spirito, nel caso del religioso la verginità è un mezzo eletto per consentirgli il raggiungimento di quella superiore libertà spirituale alla quale Dio l’ha chiamato nello stato attuale di natura decaduta.

Il confronto del religioso col sodomita misura tutta la distanza tra la più alta valorizzazione e la più miseranda degradazione della sessualità riscontrabile nella condotta di una persona. Tra la sublimità e l’abiezione sembrerebbe non esserci contatto. Eppure soprattutto i religiosi e in particolare la coppia consacrata[2], proprio per l’alta perfezione della reciprocità uomo-donna da essa raggiunta, è la misericordia che si piega sulla miseria, è chiamata in modo eccellente ad attirare gli omosessuali fuori della loro prigione per condurli alla libertà, fuori del falso piacere per condurli a quello vero, fuori dalle tenebre per condurli alla luce mostrando loro la bellezza della sessualità protologica e di quella escatologica, quella per la quale Adamo incontrando Eva, ha esclamato: Ecco finalmente l’osso delle mie ossa e la carne della mia carne!

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 7 luglio 2022


Una potenza vitale è fatta per attuarsi. Le orecchie sono fatte per sentire, il tatto per toccare, la vista per vedere, l’inclinazione sessuale per esprimere l’amore. 

Da che mondo è mondo, tutti gli innamorati lo sanno. 

Lo sa anche il Cantico dei Cantici, che è Parola di Dio. 

Che cosa è infatti l’amore se non l’unione tra due persone proporzionate l’una all’altra?

 

Imagine da Internet: Chagall, Cantico dei Cantici

[1] La dottrina del Papa è stata precorsa da quella di San Tommaso, il quale intuì che alla resurrezione esisteranno l’esser maschio e l’esser femmina. Cf i miei studi LA CONDIZIONE DELLA SESSUALITA’ UMANA NELLA RESURREZIONE SECONDO SAN TOMMASO, Sacra Doctrina, 92, 1980, pp.21-146; LA RESURREZIONE DELLA SESSUALITA’ SECONDO SAN TOMMASO, in Atti dell’VII Congresso Tomistico Internazionale a cura della Pontificia Accademia di San Tommaso, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1982, pp. 207-219.


[2] Cf ll mio libro La coppia consacrata, Edizioni VivereIn, Monopoli (BA), 2008.

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