Sulla questione del limbo - Prima Parte (1/2)

 

Sulla questione del limbo

Prima Parte (1/2)

Premessa

Questo articolo l’ho pubblicato nel 2010 nella Rivista Fides Catholica dei Francescani dell’Immacolata[1]. In quegli anni ferveva la discussione tra teologi se il Limbo fosse o non fosse un dato di fede[2]. Infatti esso era presente nel Catechismo di San Pio X. Tuttavia il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 1261, esprime la speranza che i bambini morti senza essere battezzati possono essere salvi.

Ora, è evidente che mentre una nostra speranza personale può andare delusa, la speranza della Chiesa non può non realizzarsi. Nel frattempo si è chiarito che la dottrina del limbo non è mai stata definita come dogma di fede, ma è stata una dottrina che la Chiesa ha sempre accettato nelle scuole teologiche come opinione legittima. Tuttavia, in questo articolo io cito la posizione della Commissione Teologica Internazionale, la quale si mostra favorevole al superamento del limbo.

Un fatto decisivo riguardo a questa questione, il quale dimostra chiaramente la presa di posizione da parte del Papa attuale, è stata la recente beatificazione del bambino nel seno della madre, “il settimo figlio”, di una famiglia polacca uccisa dai nazisti nel 1944.

Ora, dobbiamo tenere presente che quando la Chiesa proclama beata una persona, essa ci indica con sicurezza che l’esempio di quella persona è una via sicura di salvezza, ma, come sappiamo, è chiaro che un esempio di vita suppone la pratica della verità cristiana. Per questo la Chiesa, dichiarando martire quel bambino, implicitamente ci insegna la verità circa la via di salvezza che il Signore ha fatto fare a quel bambino.

Tutto ciò suppone nella Chiesa il potere infallibile di insegnarci la verità circa la via della salvezza. Ora, che cosa ci insegna la Chiesa con questa beatificazione? Che questo bimbo è andato in paradiso. Da ciò deduciamo con sicurezza che ormai, in base all’insegnamento stesso della Chiesa, la questione dibattuta da tanto tempo se l’esistenza del limbo è o non è di fede, è stata risolta da Papa Francesco con la beatificazione di quel bambino.

In base a questa chiarificazione dogmatica, possiamo essere sicuri che tutte le vittime dell’aborto sono in paradiso e intercedono per noi secondo il dogma della comunione dei santi.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 24 settembre 2023

 

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Sulla questione del limbo

L’insegnamento del Catechismo

Il recente documento della Commissione teologica internazionale “La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo”, il quale riprende la speranza espressa dallo stesso Catechismo della Chiesa cattolica (n.1261), è stato certamente approvato e lodato dal Papa, ma non costituisce indubbiamente un documento autentico del magistero della Chiesa e quindi non è vincolante dal punto di vista della fede cattolica: è semplicemente un parere teologico, per quanto autorevole, considerando l’organismo da cui proviene e l’approvazione avuta dal Papa. Ma questa approvazione non va intesa come conferma apostolica di infallibilità, ma semplicemente come lode ai teologi, i quali, come teologi e nei limiti fallibili della teologia, hanno fatto un buon lavoro.

 

Considerando tuttavia la dottrina del Catechismo della Chiesa cattolica circa la sorte dei bambini morti senza battesimo, è comprensibile che si stia facendo sempre più strada fra i teologi e il popolo di Dio la supposizione o la convinzione che anche i bambini che muoiono senza battesimo sono salvi, ossia vanno in paradiso a godere la visione beatifica del mistero trinitario.

 

Io condivido questa visione, ma rispetto anche la tradizionale opinione contraria, sostenuta ancor oggi da teologi che intendono esser fedeli al magistero, ed anzi è proprio in nome di questa loro volontà che essi sostengono l’esistenza del limbo, nella convinzione appunto che essa sia o possa essere insegnata dal magistero infallibile della Chiesa, benchè non si tratti di un dogma definito.

 

È questa la tesi di Brian W. Harrison, O.S. in un dotto articolo[3], nel quale egli cita pronunciamenti di santi, di teologi, papi e del magistero, commentati con serie argomentazioni. Nel sostenere il mio punto di vista, cercherò di confutare le argomentazioni dello Harrison, utilizzando soprattutto le ragioni del documento della CTI, al quale però non risparmio qualche critica. Al Lettore la sentenza.

 

Comincio col concedere che certamente il Catechismo non dice esplicitamente che questi bambini vanno in paradiso, però afferma che “La Chiesa non può che affidarli alla misericordia di Dio, come appunto fa nel rito dei funerali per loro” (n.1261) ed esorta a “sperare che vi sia una via di salvezza per i bambini morti senza battesimo” (ibid.). Infatti nel rito dei funerali troviamo appunto la seguente preghiera: “O Dio, fonte di ogni consolazione, che vedi i segreti dei cuori, tu conosci la fede dei genitori del piccolo N.: dona loro l’intima consapevolezza che il figlio che li ha lasciati è affidato al tuo amore misericordioso”.

 

E similmente Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae del 25 marzo 1995, così parla alle donne che hanno abortito: “potete affidare con speranza il vostro bimbo al medesimo Padre ed alla sua misericordia” (n.99).

 

Ora è evidente che la salvezza è la visione beatifica. Quanto alla misericordia, essa effettivamente potrebbe trovarsi in qualche misura anche nella concezione tomistica del limbo, che prevede per i bambini morti senza essere stati battezzati uno stato di perfetta felicità naturale, senza quindi la poena sensus (il fuoco eterno), ma con la sola poena damni (l’assenza della visione beatifica). Queste creature sarebbero felici in senso puramente umano; mancherebbero della figliolanza divina e non saprebbero di che cosa sono privi.

 

Non è forse misericordia anche questa? Certamente. Si può dire con l’Aquinate che la misericordia divina giunge nello stesso inferno dove esiste anche la poena sensus, giacchè i dannati non sono puniti tanto quanto meriterebbero. Giustizia e misericordia sono distinte, ma Dio le può anche mescolare così come il dolce e l’amaro sono distinti ed opposti, ma possono anche essere mescolati in varie dosi.

 

Il Catechismo sbaglia?

 

Il limbo non è uno scherzo. Il limbo è … il limbus inferni! L’orlo, il margine, il “lembo” superiore dell’inferno, così come in un pozzo profondo, c’è il margine, vicino alla luce, e c’è il fondo, immerso in fitte tenebre. Ma è pur sempre inferno, giacchè è certo di fede che l’alternativa eterna non può che essere duplice: o inferno o paradiso. Non esistono stati intermedi, mentre si possono concepire diversi gradi di pena per l’inferno così come diversi gradi di beatitudine in paradiso. Alcuni hanno pertanto considerato come mitissima la pena del limbo, altri, come Tommaso d’Aquino, hanno ipotizzato l’assenza di ogni pena ed una pura felicità naturale.

 

Ma se il concetto di misericordia lascia una porta aperta al limbo, il concetto di salvezza sembra decisamente chiuderla. L’idea dunque che quei bambini si salvino indubbiamente contrasta con quella di quei teologi che viceversa ritengono che la dottrina del limbo sia oggetto del magistero infallibile della Chiesa, come lo Harrison, come ho detto.

 

Egli però accusa il Catechismo di “sbagliare” nel punto in cui (n.1261) esso sembra insegnare che anche i bambini morti senza battesimo vanno in paradiso. Ora devo dire francamente che ad un cattolico non è consentito fare un simile appunto ad un Catechismo ufficiale ed universale della Chiesa quando esso tratta, come questo è il caso, di un tema che tocca la divina rivelazione, nella fattispecie la questione della salvezza.

 

Tutto quello che sarebbe consentito al teologo, se ci riesce e se proprio egli è convinto che l’esistenza del limbo è insegnata dal magistero infallibile, sarebbe di interpretare quella dichiarazione del Catechismo a suo favore. Harrison in qualche modo lo tenta, dicendo che la “speranza” che il Catechismo esprime nella salvezza di questi bambini va intesa come limitata solo ad alcuni casi. Ma a mio modo di vedere si tratta di un’interpretazione forzata, perché in realtà, nel testo del Catechismo non appare alcuna restrizione.

 

Il giusto metodo da seguire per trovare la verità non sta nel dire che il Catechismo sbaglia, ma nell’interpretare i pronunciamenti precedenti del magistero che possono dar l’apparenza di insegnare l’esistenza del limbo, in modo da renderli conformi a quanto insegna il Catechismo, giacchè è chiaro per ogni cattolico che il magistero infallibile della Chiesa non sarebbe più infallibile se dovesse smentire o tradire se stesso. Inoltre, ciò che dice il Catechismo appare chiaro, mentre gli insegnamenti del magistero del passato possono essere interpretati in modo tale da non vedere in essi un appoggio incondizionato alla tesi del limbo.

 

E di fatti non è difficile interpretare quei pronunciamenti in modo da non metterli in contraddizione con l’insegnamento del Catechismo. Infatti, mentre l’insegnamento del Catechismo appare chiaro, come ho detto, l’impresa di Harrison, come cercherò di mostrare in questo articolo, di voler mostrare che nell’insegnamento del magistero ci sono i presupposti per una definizione dogmatica a sostegno del limbo, sembra essere votata al fallimento.

 

Un errore nel documento della CTI

 

Un errore, invece, circa la questione della salvezza, sembra trovarsi nel documento stesso della CTI, laddove esso sostiene, alla maniera di Rahner e Von Balthasar, che la Chiesa “spera nella salvezza di tutti”. Questo è falso e non risulta da nessuna parte nei documenti del magistero, mentre, se si pretendesse di ricavare una simile tesi dalla stessa Sacra Scrittura, si commetterebbe un errore di interpretazione. Per fortuna il documento corregge se stesso, allorchè cita un canone del Concilio di Quierzy dell’853, nel quale è detto che “non tutti si salvano”[4].

 

Infatti, secondo la dottrina cattolica, oggetto della speranza teologale è solo la propria salvezza. Diversa è la prospettiva di pregare per tutti: questo certamente la Chiesa lo fa; ma non è affatto lo stesso che sperare che tutti si salvino. Anzi il magistero della Chiesa, come si è detto, sostiene invece che nell’inferno ci sono dei dannati, benchè non sappiamo quanti e chi[5]. Gesù stesso accenna ad un “mondo” per il quale egli non prega (Gv 17,9) e Giovanni parla di un peccatore per il quale non si deve pregare (I Gv 5,16), salvo restando naturalmente il possibile intervento della divina misericordia. Per sostenere che anche i bambini morti senza battesimo vanno in paradiso non c’è bisogno di basarsi sul falso buonismo di Rahner e Von Balthasar.

 

S.Paolo sostiene che “la speranza non delude”: se veramente la Chiesa sperasse nella salvezza di tutti, essa smentirebbe se stessa, perché è la stessa Chiesa che insegna che non tutti si salvano. Una speranza che delude non è la speranza teologale, ma una speranza meramente umana e fallibile. Possiamo e dobbiamo operare per la salvezza di tutti, possiamo pregare per tutti perché non sappiamo chi si salverà e chi non si salverà. Ma sappiamo in partenza che non tutti si salveranno; e in tal senso non si può, non si deve sperare che tutti si salvino. Si deve piuttosto sperare che assieme alla misericordia divina, si attui la giustizia. Questo è il vero insegnamento della Scrittura, della Tradizione e del Magistero.

 

Bisogna dunque distinguere un duplice concetto di “speranza”: la speranza come virtù teologale, la quale, come ho detto, ha un oggetto ben preciso: la propria salvezza, sapendo che non tutti si salvano; e la speranza intesa in un senso lato, come apertura d’animo, interesse, attenzione, anelito, sguardo ampio e generoso: in tal senso forse si può parlare di uno “sperare per tutti”. Ma il documento sembra un po’ giocare sull’equivoco piegando peraltro con insistenza il concetto dogmatico di speranza teologale a questo secondo senso più metaforico e allargato; e ciò nuoce al rigore dell’argomentazione, dando spazio alla tesi contraria, che conta teologi che sanno bene che cosa è la speranza teologale e che non tutti si salvano.

 

L’argomento fondamentale contro il limbo

 

Invece ‘argomento fondamentale – verità di fede certissima – sul quale basarsi e dalla quale partire per sostenere la nostra tesi - ragione che peraltro è chiaramente presente nel documento della CTI - è quella che Dio offre a tutti la possibilità effettiva di salvarsi, benchè poi di fatto non tutti si salvino. Ma non si salvano per una colpa personale, non per la semplice colpa del peccato originale. Questo sembrerebbe insinuare il Concilio di Firenze, ma dobbiamo considerare che esso ci dice quello che accadrebbe di per sé, se non venisse la grazia di Cristo a soccorrerci. Che cosa infatti impedisce alla grazia di giungere immediatamente dopo la concezione ad annullare la colpa del peccato originale? Tuttavia uno potrebbe dire: ma siamo certi che questa grazia giunge? Risposta: come allora – secondo quanto dice la fede – tutti dovrebbero avere la possibilità concreta di salvarsi? E forse che Dio non ha il potere di compiere quest’opera di misericordia, sempre s’intende, connessa con la passione di Cristo?

 

Quanto all’argomento sostenuto dal documento della CTI dell’attenzione e del rispetto che Gesù riserva per i bambini, questo è fuor di dubbio, ma dovrebbe esser chiaro che Gesù non si riferisce ai neonati, ai feti o agli embrioni, ma ai fanciulli che già usano la ragione, in linea col concetto veterotestamentario dei “piccoli”, dei “semplici” o dei “poveri” (anauìm), i quali certo possono essere  soggetti in tenera età, ma la Bibbia si riferisce soprattutto agli umili, a coloro che si sentono “piccoli” davanti a Dio, i “timorati di Dio” (chassidìm).

 

Quanto invece alla tesi dell’Aquinate del limbo come stato di felicità naturale non manca di una sua bellezza ed è il segno del buon cuore dell’Angelico, che non se la sente di mettere sic et simpliciter all’inferno tanti piccoli colpevoli soltanto di essere figli di Adamo. Ma diciamocelo schietto: tale teoria non ha supporto nelle parole di Cristo, il quale prospetta solo due possibilità: o un terribile castigo eterno o una celeste beatitudine eterna. La prospettiva di una semplice felicità naturale non pare combinarsi con nessuna di quelle due radicali alternative: sembra stare un po’ di qua e un po’ di là: ma ciò come potrebbe essere ammesso?

 

Secondo la Rivelazione il fine ultimo dell’uomo è un fine soprannaturale. Esiste certo anche un fine naturale, ma, sempre secondo la Rivelazione, non risulta che questo fine naturale sia il fine di nessun uomo, perché, benchè di per sé Dio, se avesse voluto, avrebbe potuto ordinare l’uomo ad un fine ultimo semplicemente naturale - Dio  contemplato, amato e goduto con le sole forze della natura -, di fatto Dio ha voluto ordinare l’uomo ad un fine ultimo soprannaturale: il Dio trinitario.      Per questo, se l’uomo perde questo, non si vede come possa conservare quello. Nel piano effettivo della salvezza, felicità naturale e felicità soprannaturale sono indissolubilmente congiunte: o stanno assieme (paradiso) o mancano entrambe (inferno).

 

Secondo l’insegnamento esplicito del Vangelo, chi perde la beatitudine, è sottoposto ad una pena eterna. Non pare ci siano altre possibilità. Stando alle parole di Cristo, è difficile concepire un inferno allietato da una felicità naturale. La descrizione che Cristo fa dell’inferno non è esattamente questa. Ora il limbo dovrebbe precisamente far parte dell’inferno, anche se non del suo abisso più profondo e terribile.

 

Argomenti per il limbo

 

Certo il magistero non ha mai disapprovato apertamente la teoria dell’Aquinate, ma non l’ha neppure appoggiata con la sua autorità infallibile. Né essa ha mai condannato chi ha sostenuto che il limbo è una semplice ipotesi o un’opinione teologica. Ha lasciato, come riferisce lo Harrison, che un card.Mazzella ritenesse che fosse di fede, ma questa non era che un’opinione personale del card.Mazzella.

 

Pio VI, intervenendo contro il Sinodo di Pistoia, non dice che il limbo esiste, ma semplicemente che esso non è una favola pelagiana e non è uno stato intermedio tra il paradiso e l’inferno, esista o non esista il limbo, così come posso dire che non è vero che il minotauro ha un busto di scimmia: ma questo non vuol dire che io affermi l’esistenza reale del minotauro. Un conto è il concetto di una cosa e un conto è affermare che quella cosa esiste. Il Papa difende il giusto concetto del limbo, ma non per questo ne riconosce l’esistenza. Ed è da notare peraltro la censura che il Papa appone a questo errore: offensivo delle scuole cattoliche; ossia non offende un dogma, ma una dottrina consentita nelle scuole cattoliche. Ma non è detto che ciò che si insegna qui sia sempre dogma.

 

Insomma, circa la questione se il limbo esiste o non esiste, si tratta di una questione liberamente dibattuta in teologia, difficile e assai misteriosa. È consentito sostenerla, come è consentito contestarla, purchè, s’intende, tutto si faccia con seri argomenti. E se chiarezza si sta facendo da parte del magistero, questa non va a mio avviso nel senso sostenuto da Harrison, ma al contrario nel senso di insegnare che tutti i bambini morti senza battesimo vanno in paradiso.

 

E’ accaduto più volte nella storia della teologia o della morale che il magistero lasciasse sussistere per lunghi secoli concezioni o costumi che apparivano rispettabili o conformi alla fede, senza peraltro dogmatizzare in merito. Si pensi per esempio alla subordinazione della donna all’uomo, alla segregazione degli ebrei considerati castigati e maledetti per aver ucciso il Messia, alle crociate, alla pena di morte per gli eretici, alle guerre di religione. A un certo punto, grazie a una maturazione della coscienza morale o ad una migliore lettura del Vangelo, la Chiesa è intervenuta per porre fine a quelle credenze, alla quelle pratiche o a quelle tradizioni. Qualcosa di simile sembra stia avvenendo oggi per quanto riguarda il limbo.

 

Vi sono credenze diffuse tra teologi o nel popolo che non vengono impedite dal magistero così come non vengono neppure dogmatizzate, ma semplicemente lasciate sussistere anche per secoli, sinchè ad un certo punto si fa chiarezza: o esse cadono o, la contrario, come è avvenuto per certe credenze mariologhe, vengono dogmatizzate o canonizzate.

 

Non ogni credenza è un rivelato virtuale, ma può trattarsi di errori di esegesi o di morale inavvertiti in buona fede anche per lungo tempo dagli stessi pastori della Chiesa. Ciò che invece non può mai avvenire è una smentita di qualche dottrina tradizionale o definita o definitiva o il mutamento di senso o di interpretazione a qualche dogma o l’aggiunta o la soppressione di qualche verità del deposito della Rivelazione.

 

Che farà la Chiesa?

 

Se un domani la Chiesa dovesse definire come di fede o quanto meno dichiarare infallibilmente che tutti i bambini morti senza battesimo vanno in paradiso, ciò non dovrebbe turbare nessuno, anche se per lunghi secoli la credenza nel limbo è stata comune nella Chiesa. Non si dovrebbe infatti vedere in ciò una contraddizione con l’insegnamento del passato, ma una migliore conoscenza dei confini della divina misericordia, così come se io conoscendo meglio una persona, scopro in lei delle risorse di bontà che prima non sospettavo, non dico che prima mi sbagliavo nel valutare quella persona, ma semplicemente che la conoscevo di meno.

 

Parlerei di errore, invece, se, ad un più attento esame, mi accorgessi che una sua azione che prima giudicavo cattiva, poi scopro che era buona. In questo senso non si potrà mai ammettere che la Chiesa, come vorrebbero Rahner e Von Balthasar, abbandoni l’insegnamento tradizionale secondo il quale non tutti si salvano, per sostenere che l’inferno è vuoto o che la perdizione è solo una mera possibilità o che non sappiamo se nell’inferno c’è o non c’è qualcuno.

 

Bisogna distinguere l’errore da un minor conoscenza: questa è verità, l’errore è l’opposto della verità. Il fatto che il magistero della Chiesa ci faccia conoscere infallibilmente la verità del Vangelo, non vuol, dire che nel corso dei secoli la Chiesa non faccia conoscere il Vangelo in forme sempre migliori ed a livelli sempre più elevati. Cristo ha certo lasciato agli apostoli la pienezza della verità in se stessa; ma ha anche detto loro che solo lo Spirito Santo li avrebbe guidati gradualmente, nel corso dei secoli, alla conoscenza di questa pienezza. Se la pienezza della conoscenza della verità è riservata al futuro, vuol dire che per adesso tale conoscenza è solo parziale.

 

Per non essere tentati di vedere una discontinuità nell’insegnamento della Chiesa su questa questione della salvezza dei bambini morti senza battesimo - cosa deprecabile e proibita per un cattolico -, non si deve parlare, come ho detto, di “errore” nella dottrina del Catechismo, ma ci si deve render conto con certezza, sulla base di sicure prove, che la passata credenza nel limbo non  era né dottrina di fede (de fide credenda), né dottrina prossima alla fede (de fide tenenda), insomma non era dottrina infallibile e definitiva, fosse o non fosse definita solennemente. E ci pare questa dimostrazione sia data con chiarezza dal documento della CTI. Viceversa, le prove addotte dallo Harrison non appaiono convincenti, a parte la sua idea che il Catechismo abbia sbagliato.

 

Fine Prima Parte (1/2)

 

P. Giovanni Cavalcoli, OP

Articolo: Bologna, 3 dicembre 2009

 

Premessa: Fontanellato, 24 settembre 2023 

 

Tutto ciò suppone nella Chiesa il potere infallibile di insegnarci la verità circa la via della salvezza. 

Ora, che cosa ci insegna la Chiesa con questa beatificazione? Che questo bimbo è andato in paradiso. 

Da ciò deduciamo con sicurezza che ormai, in base all’insegnamento stesso della Chiesa, la questione dibattuta da tanto tempo se l’esistenza del limbo è o non è di fede, è stata risolta da Papa Francesco con la beatificazione di quel bambino.

 

 

 

 

In base a questa chiarificazione dogmatica, possiamo essere sicuri che tutte le vittime dell’aborto sono in paradiso e intercedono per noi secondo il dogma della comunione dei santi.



Foto, Roma

[3] Deceased infants reach the Beatific Vision?, in Divinitas 3, 2006, pp.324-340.

[4] E’ vero che si tratta di un concilio locale; ma anche in questo, in quanto intende pronunciarsi su dati della rivelazione e quindi a nome di tutta la Chiesa e a favore di tutta ala Chiesa, la sua dottrina non può non essere infallibile, supponendo ovviamente l’approvazione del Papa, che in quel caso non è mancata. Ma qui il Papa non approva come ha approvato il documento della CTI, ma proprio come il sommo maestro della fede, approva i suoi confratelli vescovi, a loro volta maestri della fede.

[5] Questa dottrina è stata ampiamente illustrata di un recente convegno teologico internazionale dedicato al tema dell’inferno, organizzato nel 2009 dai Francescani dell’Immacolata, tema che ho ripreso nel mio libro Entrate per la porta stretta, edizioni Fede&Cultura, Verona 2010.

5 commenti:

  1. Caro padre Cavalcoli: suppongo che per errore nel documento della Commissione Teologica Internazionale lei faccia riferimento al secondo paragrafo di quel testo.
    Ma lì non è detto che la Chiesa "spera nella salvezza di tutti".
    Ma dice che "Dio vuole la salvezza di tutti gli esseri umani".
    È sì la volontà di Dio, ma presuppone il libero arbitrio umano.
    Non credo che vi sia un errore nel testo di tale affermazione.
    Grazie.

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    1. https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_con_cfaith_doc_20070419_un-baptised-infants_it.html

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    2. Caro Paolo,
      lo so benissimo che la Chiesa non spera nella salvezza di tutti. Questa è una tesi eretica di Von Balthasar.
      Infatti, l’oggetto della speranza cristiana è la propria salvezza.
      Per quanto riguarda la salvezza degli altri, soprattutto se si tratta di persone care, non è proibito sperare che si salvino. Tuttavia, siccome ciascuno di noi fa la sua scelta, noi possiamo avere una certezza morale di salvarci, basata sulla fiducia in Dio, ma non possiamo sapere con certezza quale sarà la scelta degli altri, perché ognuno ha la sua responsabilità.
      Per quanto riguarda la volontà divina di salvare tutti, questo è un dato della Scrittura: 1 Tm 2, 4. Tuttavia non va inteso nel senso che questa volontà si attui in tutti, perché Dio invita tutti al banchetto escatologico, ma non tutti accettano l’invito.

      Per quanto riguarda la speranza della Chiesa che tutti si salvino, questa speranza, nel Documento, è espressa al n. 6 con queste parole: “la Chiesa non può fare a meno di incoraggiare la speranza della salvezza per i bambini morti senza Battesimo per il fatto stesso che «essa prega perché nessuno si perda», e prega nella speranza che «tutti gli uomini siano salvati»”.
      Le preghiere ufficiali della Chiesa non contemplano mai una preghiera che tutta l’umanità si salvi. Devo riconoscere con dispiacere, che qui il Documento interpreta male il passo della Prima Lettera a Timoteo, nella quale non si parla affatto di una speranza che tutti gli uomini siano salvati, ma si dice semplicemente che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi.
      Ora, quello che si deve dire è che la Chiesa opera per la salvezza di tutti, ma sa già in partenza, dalle labbra del suo Salvatore, che non tutti si salveranno. Questo non impedisce di operare per ciascuna anima, seguendola con la massima cura fino alla fine della sua vita, sempre nella speranza che quest’anima si salvi.
      Ma la Chiesa sa già dalla fede che non tutti si salvano (Concilio di Trento, Denz. 1529 – Concilio Quierzy dell’853, Denz. 623). Per questo la Chiesa non ha alcun fondamento per sperare nella salvezza di tutti, perché manca l’oggetto di questa speranza.

      Nello stesso tempo, se Dio vuole salvare una persona, questa si salva infallibilmente, per opera della grazia efficace. Ora, Dio dona la grazia sufficiente per salvarsi a tutti gli uomini. Allora, perché Dio sceglie solo alcuni? Perché non tutti sono eletti? Perché Dio ci lascia liberi di scegliere, per cui, se non siamo scelti è perché noi non scegliamo Lui, cioè Lo rifiutiamo.
      Per quanto riguarda i bambini sotto l’età di ragione, essi si salvano infallibilmente, perché non rifiutano la volontà salvifica di Dio, perché Dio in modo misterioso muove la volontà di questi piccoli.
      Questo mistero di salvezza è confermato dalle parole stesse del Signore in varie occasioni, come per esempio quando dice che il Regno dei Cieli è fatto per coloro che sono come bambini.

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  2. Caro J.L.C.,
    la festa dei Santi Innocenti è indipendente dalla dottrina del limbo. Infatti per molti secoli si è celebrata questa festa e si è creduto al limbo. Il limbo era accettato insieme con la festa dei Santi Innocenti.
    Adesso che la questione è risolta, il buon cattolico deve essere pronto ad abbandonare l’eventuale opinione, che egli potesse avere, che il limbo esista.
    Per quanto riguarda poi l’infallibilità della Chiesa circa le beatificazioni, i teologi sono orientati a pensare che su questo punto la Chiesa sia infallibile, perché se non fosse infallibile ci presenterebbe un ideale falso di salvezza e di santità, il che non si può pensare.
    L’esempio ha maggiore efficacia a indurre al bene che non la parola. Ora, se la Chiesa è infallibile nel proclamare la Parola di Dio, si può pensare che lo sia anche nel proporre esempi di santità o di virtù.

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  3. Grazie mille per i chiarimenti.

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