Papa Francesco e la fratellanza - Quarta parte (4/4)

Papa Francesco e la fratellanza

 Quarta parte (4/4)

La fratellanza universale, coagulo delle religioni

È impossibile un’unione fraterna senza render culto assieme al vero Dio almeno in forza della religione naturale. Questo è il tema che il Papa svolge nell’ultima parte dell’enciclica dedicata alla fratellanza tra i fedeli delle religioni. Chiaramente qui il riferimento a Dio non è al Dio cristiano, ma al Dio della religione naturale.

Particolare attenzione dedica il Pontefice all’accordo di Abu-Dhabi, del quale più volte cita dei passi. Il Papa, mentre riconosce che tutte le religioni cercano la pace, non manca di condannare la violenza perpetrata in nome della religione. Non è difficile qui leggere un riferimento all’Islam. Riporto comunque un brano molto bello dell’accordo di Abu-Dhabi.

Sono espressioni accorate, quasi imploranti, di grande potenza espressiva e ricche di una nobile carica emotiva. Bisogna essere dei duri di cuore per non restarne commossi e avvinti, pensando soprattutto che è la prima volta nella storia dell’Islam che un Papa dice queste parole insieme con un grande esponente dell’Islamismo. È motivo di grande speranza per la Chiesa e per l’Islam, che possa aver finalmente termine lo straziante passato periodo di 14 secoli di guerre e possa iniziare con questo storico evento un’era di pacifici rapporti tra i discepoli di Cristo e i discepoli di Maometto.

Occorre dire comunque, che l’Islam riconosce bensì che Dio è il creatore dell’uomo, per cui in linea di principio ammette l’uguaglianza e la fratellanza umane. E il documento di Abu-Dhabi si esprime chiaramente su questo punto. Resta però l’interrogativo con quanta convinzione il Grande Imam Al-Tayyeb abbia firmato questo documento, considerando il fatto che per il Corano l’uomo in senso pieno è solo il musulmano, perché il Corano rifugge dall’ammettere un umanesimo puramente naturale, ma lega inscindibilmente l’esser uomo all’essere musulmano, sicché il non musulmano, l’«infedele», risulta essere uomo di un’umanità inferiore a quella del musulmano, che deve essere soggetto al musulmano. Il musulmano ha una visione universale dell’uomo, ma considera il musulmano più vicino a Dio del non musulmano.

 

Testo dell’enciclica contenente una parte

 della Dichiarazione congiunta di Abu-Dhabi

 

283. Il culto a Dio, sincero e umile, «porta non alla discriminazione, all’odio e alla violenza, ma al rispetto per la sacralità della vita, al rispetto per la dignità e la libertà degli altri e all’amorevole impegno per il benessere di tutti».[280] In realtà, «chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1 Gv 4,8). Pertanto, «il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni».[281]

285. In quell’incontro fraterno, che ricordo con gioia, con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb «dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini […]. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il suo nome venga usato per terrorizzare la gente».[284] Perciò desidero riprendere qui l’appello alla pace, alla giustizia e alla fraternità che abbiamo fatto insieme:

«In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.

In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera.

In nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati che Dio ha comandato di soccorrere come un dovere richiesto a tutti gli uomini e in particolar modo a ogni uomo facoltoso e benestante.

In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.

In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre.

In nome della fratellanza umana che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali.

In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini.

In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa.

In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede.

In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra.

In nome di Dio e di tutto questo, […] [dichiariamo] di adottare la cultura del dialogo come via, la collaborazione comune come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio».[285]

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 11 ottobre 2020

È impossibile un’unione fraterna senza render culto assieme al vero Dio almeno in forza della religione naturale. Questo è il tema che il Papa svolge nell’ultima parte dell’enciclica dedicata alla fratellanza tra i fedeli delle religioni. Chiaramente qui il riferimento a Dio non è al Dio cristiano, ma al Dio della religione naturale. 

 Assisi, 1986 (immagine da internet) 

24 commenti:

  1. Aspetto con ansia una parola di francesco contro la macellazione del professore francese in nome dell'islam.
    Ma penso che risentire un discorso analogo a quello di BXVI a Ratisbona, sia una illusione.
    Forse tutto l'occidente è stato già decapitato...
    Cosa pensa Padre Giovanni?
    In passato, Le avevo detto che a mio parere c'era analogia fra la Bestia dell'Apocalisse e il dio di maometto.
    Cosa dice Lei al riguardo?
    Che Dio ci protegga.

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    1. Caro Luca, lo sappiamo come sono i musulmani. Però adesso su questo fatto non dobbiamo costruire un quadro catastrofico. Ribadisco per l'ennesima volta che il Concilio ci assicura che il loro Dio e il nostro è lo stesso Dio. Quindi facciamo attenzione a non lasciarci prendere dall'odio, ma ricordiamoci che anche loro sono chiamati alla salvezza, perché Gesù Cristo è morto anche per loro. Quanto alle bestie dell'Apocalisse, non c'entrano assolutamente col Dio islamico, ma sono le potenze sataniche escatologiche.

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    2. Scusi padre Giovanni, ma a mio parere cosa è il dio di maometto se non una potenza satanica (escatologica)?
      Con il massimo rispetto del Concilio, non è che abbia esagerato con la utopia ecumenista?
      Grazie per la risposta.

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    4. Caro Luca, il Concilio presenta del Dio di Maometto quegli attributi che sono conciliabili con il Dio cristiano. Questo consente al Concilio di insegnare che noi e loro adoriamo lo stesso Dio Unico, Creatore del cielo e della terra. C'è da notare tuttavia che al Dio islamico si aggiungono altri attributi, che sono incompatibili col nostro Dio. E poi il Dio che abbiamo in comune evidentemente è il Dio della ragione, per cui l'attributo trinitario appartiene soltanto alla nostra religione e non alla loro.

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    5. Caro Padre Giovanni, io non ho mai sentito chiamare o pregare allah come dio della ragione.
      Io continuo a fare mie le parole di Manuele II Palrologo, citate da BXVI: "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo [nell'idea di dio], e vi troverai solo cose cattive e disumane, come la direttiva di diffondere la fede per mezzo della spada" e "Non agire secondo ragione, non agire con il Logos, è contrario alla natura di Dio".
      Quindi vedo una differenza incolmabile.
      Saluti Padre Giovanni.

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    6. Caro Luca, che il Dio del Corano sia il Dio della ragione lo si ricava dallo stesso insegnamento del Concilio Vaticano II, sul Dio del Corano, per il fatto che viene presentato come Dio Uno e Unico, Creatore del cielo e della terra, Giusto e Misericordioso, Provvidente e Salvatore. Ora, tutti questi attributi sono stabiliti dalla teologia razionale, la quale è quella che consente di dimostrare l'esistenza di Dio per mezzo della ragione. Per quanto riguarda Papa Benedetto, egli però ha voluto farci notare, per mezzo delle parole di Michele Paleologo, che, purtroppo, nella concezione coranica di Dio interferiscono anche elementi irrazionali.

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  2. errata corrige:
    L'attuale Grande Imam di al-Azhar è Muḥammad Aḥmad al-Tayeb, non al-Fayyed

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  3. Gesù logos del Padre è assolutamente perfetto e non è scalfito da alcun accidente irrazionale.
    Io penso, mi corregga eventualmente se sbaglio, che il CVII abbia un tantino esagerato, nel riconoscere dignità a divinità diverse ed irriducibili alla Rivelazione.
    Tanti saluti e complimenti sinceri per i Suoi interventi.

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    1. Caro Luca, suppongo che ti riferisca al giudizio che il Concilio dà circa la concezione islamica di Dio. Ora, bada bene che il Dio del Corano, come appunto insegna il Concilio, non è un'altra divinità, ma, se leggi attentamente quello che dice il Concilio (Nostra Aetate 3), circa gli attributi divini, ti accorgerai che quegli attributi, che sono citati dal Concilio e riferiti al Dio islamico, sono gli stessi del nostro Dio. E questo come mai? Perché il Concilio non prende in considerazione il Dio cristiano rivelatosi come trinitario, ma il Dio della ragione naturale, che tutti gli uomini ragionevoli possono conoscere, e quindi anche gli islamici. La conoscenza di Dio in questo senso è peraltro il presupposto necessario per accettare il dogma della Trinità. Detto questo, occorre certamente ricordare che Papa Benedetto a Ratisbona ha però precisato che nel Dio islamico c'è un elemento di irrazionalità e di fatalismo volontaristico, che è assente nel nostro Dio.

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  4. Gent.mo Padre Giovanni, ti prego di non accusarmi di eresia per il mio pensiero poco favorevole davanti agli esiti del CVII, soprattutto per quello che concerne l'atteggiamento verso il dio di maometto, che fatico tanto a vedere come divinità razionale, alla pari del dio della Ragione naturale.
    Abissale, poi, è la differenza tra Cristianesimo ed islamismo: se in nome del falso profeta Maometto, gruppi tutt’altro che minoritari, danno vita a forme di pericolosa violenza, e nel fare ciò adempiono a quanto contenuto e racchiuso nel Corano, che comanda di aggredire e sottomettere gli infedeli, indicando persino in che modo uccidere chi si rifiuta di sottostare alla conversione forzata; io mi rifiuto di trovare qualsiasi forma di convergenza fra i due credi.
    Una pratica violenta da sempre esercitata dall’Islam «religione di pace», che in modo molto urbano ti lascia solo due scelte: o ti converti o ti ammazzo.
    Per gli islamici, il corano è co-eterno ad allah; mentre per i Cristiani Dio si è incarnato, si è fatto uomo in Gesù Cristo, per gli islamici, dio si è "incartato" in un libro contraddittorio, violento e pieno di insegnamenti irrazionali al limite dell'"animalesco", frutto verosimilmente di una mente malata.
    Ringrazio Dio di avermi fatto Cristiano, come si dice(-va) in una bellissima preghiera, ormai finita nel dimenticatoio.
    Grazie per l'attenzione prestata alle mie parole.

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    1. Caro Luca, quando il Concilio Vaticano II dice che gli islamici adorano un Unico e Vero Dio, come noi, si riferisce a quel Dio che, come insegna il Concilio Vaticano I, viene scoperto dalla ragione naturale, che è posseduta da tutti gli uomini, inquanto uomini, a qualunque religione appartengano. E' questa peraltro quella fratellanza universale, della quale il Papa parla nell'enciclica. Detto questo però è vero che nel Dio islamico, come notò Papa Benedetto XVI, c'è un elemento di irrazionalità, che è alla base della violenza.

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  5. Caro Padre Giovanni, io penso che il dio della ragione naturale, non possa arrivare a quei vertici di Infinitezza, Bontà e Ragione, che sono caratteristiche principali del Dio della Rivelazione (biblica e) cristiana.
    L'uomo non ha bisogno, per la sua Salvezza, di un dio orologiaio.
    A maggior ragione, l'uomo che si nutre di Logos come cibo per la propria maturazione, non può non rifiutare un dio, come quello di maometto che risulta spregiudicato nella propria irrazionalità ed arbitrarietà.
    Saluti Padre Giovanni

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    1. Caro Luca, nessuno pretende che il Dio della ragione naturale possa elevarsi al livello del Dio rivelato: sarebbe un intollerabile gnosticismo e una folle superbia. Il Dio della ragione non è affatto un Dio orologiaio, ma è Quello del Quale parla il Concilio Vaticano I, Dio Creatore, Provvidente, Onnipotente, Giusto e Misericordioso. Semmai il Dio orologiaio è quello della massoneria. Quanto al Dio coranico, il Concilio Vaticano II e Papa Benedetto XVI ci aiutano a discernere nel Dio coranico ciò che è conforme alla ragione e ciò che vi contrasta.

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  7. Caro Padre Giovanni, mi consenta di iniziare con alcune citazioni tratte dalla Sacra Scrittura:
    “Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino.” (Matteo 10, 7)
    “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione.” (Luca 12, 51)
    “Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde.” (Matteo 12, 30)
    “Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.” (Luca 6, 22 - 23)
    Se dunque la Rivelazione compiutasi in Cristo non porta la pace, come l’intende il mondo, ma divisione; se coloro che non accolgono Cristo sono contro di Lui; se i cristiani, quanto più sono fedeli nell’annunciare il Regno di Dio, tanto più vengono perseguitati dal mondo, ne segue, logicamente direi, che se raggiungessimo la Comunione universale con tutti gli uomini, a prescindere dai credo religiosi e pure con i non credenti (come auspica l’enciclica Fratelli tutti), avremmo la controprova che non avremmo agito da “veri” cristiani ma, al contrario, che saremmo venuti a patti col mondo, a differenza dei martiri che hanno accettato la persecuzione pur di non abdicare alla vera fede.
    Come confermerà l’apostolo delle genti:
    “E tutti quelli che vogliono rettamente vivere in Cristo Gesù saranno perseguitati.” (2 Timoteo 3, 12)
    Affinché si realizzi la “comunione universale con l’umanità intera” senza che necessariamente il mondo si converta a Cristo (come sottintende l’enciclica), bisogna che il mondo intero risponda alla nostra “fraternità” con altrettanta amicizia, anziché ripagarci con la persecuzione, ma qualora ciò dovesse avvenire, incorreremmo nel seguente monito di Cristo:
    “Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.” (Luca 6, 26)

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  8. A corredo del mio precedente commento, desidero citare alcune parole tratte dalla registrazione dell’ultima omelia del Servo di Dio, a lei Padre Giovanni particolarmente caro, Tomas Tyn che il 28 ottobre 1989, in occasione della festività dei santi martiri Simone e Giuda, evidenziando l’ineludibile contrapposizione tra chi vuol mettersi davvero alla sequela del Crocifisso e il mondo, disse:
    “Il mondo è agguerrito, il mondo è ostile, il mondo è fatto di lupi e i lupi sbranano. Che cosa devono fare gli apostoli? Devono essere come degli agnelli. È difficile, cari fratelli, ma tutto il cristianesimo si cela in questo, nella vittoria stupenda dell’amore del Redentore sull’odio del mondo.”
    Successivamente la meditazione di Padre Tyn si concentrò proprio sulla parola amore, mettendone in evidenza, anche qui, la radicale alterità, a seconda che la si coniughi in senso cristiano piuttosto che nell’accezione mondana: “Tutta la Trinità Santissima è amore, ma in particolare, fratelli cari, sappiamo che spetta essere amore a Colui che è il nesso del Padre con il Figlio, allo Spirito Santo, allo Spirito Signore e Datore di vita. Lo Spirito Santo è amore, amore del Padre e del Figlio. Un nome santo quindi quello dell’amore, un nome santo che non va profanato. Non va profanato soprattutto dalle menzogne mondane, perché il mondo soggiace a colui che è il menzognero sin dall’inizio. […] Ecco cari fratelli, come la parola amore, la più santa, si tende a mondanizzarla, cioè a parlare dell’amore cristiano come fosse un amore profano qualsiasi. Sullo stile, per rendermi comprensibile subito, sullo stile un po’ dell’americanesimo, sullo stile I love everybody, io amo tutti, no cari fratelli, sullo stile della tolleranza ad oltranza, io vivo e lascio vivere gli altri. È questo l’amore? Esiste l’amore, cari fratelli, fondato sull’assenza totale della verità? No, no.”
    La contrapposizione tra amore cristiano ed amore mondano, ovvero tra l’autentica fratellanza cristiana e il generico “io amo tutti”, sembra assurgere, nelle parole del valoroso domenicano, a dicotomia insanabile, anche perché l’amore che il non cristiano e l’agnostico può proporre al cristiano, sarà sempre un amore non fondato su Colui che ha detto “Io sono la via, la verità, la vita”, se non addirittura in radicale contestazione dello stesso Cristo Verità.

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  9. Prosegue ancora Padre Tyn:
    “L’amore sì che deve riversarsi su tutti, assolutamente su tutti, senza eccezione alcuna. In questo senso l’amore cristiano è veramente universale. Ma non è universale nel senso che tutto mi vada bene, capito quello che voglio dire? Di qualsiasi cosa si faccia bisogna soprassedere, no. L’amore è amore della verità, adesione terribile, tragica, invincibile, oserei dire che l’Amore è una crocifissione […]
    Non basta parlare di amore: amore, amore, tutti i modernisti hanno la bocca piena di amore, amore, amore, non abbiamo bisogno di verità, di insegnamenti, di dottori, no, abbiamo bisogno di amore, di volerci bene. Non è questo l’amore vero, no. L’amore ha un nome preciso: Gesù! È questo Crocifisso! a Lui dobbiamo rendere, a Lui dare testimonianza, come i Santi Apostoli che nella lontana Persia hanno versato il loro sangue in testimonianza alla parola del Vangelo. Avrebbero potuto benissimo evitare. I nostri modernisti pluralisti avrebbero dialogato, avrebbero detto: vi sono argomenti validi, le religioni attuali, bisogna avere stima dei fratelli separati, non separati, lontani, vicini dialogare con tutti. Il martirio non ci sarebbe stato. Invece gli Apostoli sono andati lì per amore, a predicare che cosa? La verità! La verità di Gesù. Ecco, cari fratelli, non sfuggite anzi tutto quella prima profanazione gravissima del nome santo dell’Amore che è il tentativo di fondare l’amore sull’uomo, mentre il vero amore è fondato sulla verità. […]
    Gesù incoraggia i suoi discepoli, dice: “Quando il mondo vi odia, non spaventatevi, è cosa normale. Sappiate però che il mondo prima di aver odiato voi ha odiato me, priorem me odio habet”. […] A differenza del modernismo che pretende una universalità diciamo così, uniforme, il Vangelo è molto chiaro sulle scelte della fede: o con il mondo contro Dio, o con Dio e allora odiati dal mondo. […] Mentre siamo odiati è bello amare e perdonare, ma amare sempre non nel vacuo della menzogna pluralistica, ma nella determinatezza dell’unica, cattolica verità, della verità di Gesù Crocifisso, unico Salvatore e Redentore del mondo.”
    Non le sembra, Padre Giovanni, che l’unica possibile ed autentica fratellanza cristiana, illuminata da Tomas Tyn, sia in una prospettiva piuttosto diversa rispetto a quella che propone l’enciclica?

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    1. Caro Bruno,
      rispondo alle sue domande.1. Se raggiungessimo la Comunione universale con tutti gli uomini, a prescindere dai credo religiosi e pure con i non credenti (come auspica l’enciclica Fratelli tutti), avremmo la controprova che non avremmo agito da “veri” cristiani ma, al contrario, che saremmo venuti a patti col mondo, a differenza dei martiri che hanno accettato la persecuzione pur di non abdicare alla vera fede.
      Risposta - Quando il Papa parla di "fratellanza universale" non intende esortarci ad andar d'accordo con tutti a qualsiasi prezzo e tanto meno dichiarare come possibile o auspicabile una comunione universale di tutti con tutti a qualunque condizione, ma intende dire che tutti dobbiamo sentirci ed essere fratelli tra di noi perchè Dio ci ha creati affinchè abbiamo intenzioni fraterne e benefiche verso tutti, s'intende sulla base dell'obbedienza ai divini comandamenti.
      2. Ecco cari fratelli, come la parola amore, la più santa, si tende a mondanizzarla, cioè a parlare dell’amore cristiano come fosse un amore profano qualsiasi. Sullo stile, per rendermi comprensibile subito, sullo stile un po’ dell’americanesimo, sullo stile I love everybody, io amo tutti, no cari fratelli, sullo stile della tolleranza ad oltranza, io vivo e lascio vivere gli altri. È questo l’amore? Esiste l’amore, cari fratelli, fondato sull’assenza totale della verità? No, no.”
      La contrapposizione tra amore cristiano ed amore mondano, ovvero tra l’autentica fratellanza cristiana e il generico “io amo tutti”, sembra assurgere, nelle parole del valoroso domenicano, a dicotomia insanabile, anche perché l’amore che il non cristiano e l’agnostico può proporre al cristiano, sarà sempre un amore non fondato su Colui che ha detto “Io sono la via, la verità, la vita”, se non addirittura in radicale contestazione dello stesso Cristo Verità.
      Risposta - C'è una vera e una falsa fratellanza. Quella vera è fondata sulla verità dell'uomo. Quella falsa nasce da una concezione sbagliata dell'uomo. E c'è una valida fratellanza umana sulla quale si costruisce la fratellanza cristiana. E' questo il discorso del Papa. E questo è anche il discorso del Padre Tyn. Quella che lui chiama "fratellanza mondana" contrapposta a quella cristiana non è la fratellanza umana come tale, fondata sulla ragione e sulla legge naturale, ma è la falsa fratellanza umana, che è individualismo, discriminazione, rifiuto del bene comune, indifferentismo, opportunismo.
      3. Non le sembra, Padre Giovanni, che l’unica possibile ed autentica fratellanza cristiana, illuminata da Tomas Tyn, sia in una prospettiva piuttosto diversa rispetto a quella che propone l’enciclica?

      Risposta - E' fuor di dubbio che il Papa è d'accordo con Padre Tyn, che non fa altro che presentala concezione cristiana dell'amore. Il Papa non predica affatto un amore molliccio e di convenienza come lo intendono i modernisti, su base puramente emotivo e soggettivo, per il proprio tornaconto, ma proprio quell'amore virile che è basato sui valori universali, "non negoziabiii", sui valori della verità, sul Vangelo. Quanto spesso il Papa loda i martiri! Il Papa predica quell'amore che si spende per il bene degli altri, pronto a dare la vita per gli amici, quell'amore che obbedire a Cristo, accetta e sopporta, senza cedere, l'ostilità dei nemici di Cristo, fino, se occorre, all'effusione del sangue.

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  10. La ringrazio Padre Giovanni delle sue parole che sono sempre per me di arricchimento. Mi consenta ancora di ritornare su alcuni punti. Nella medesima omelia Padre Tyn dice anche:
    “Ecco perché Gesù nel suo testamento, nel XV capitolo del Vangelo di S. Giovanni dice anzitutto ai suoi discepoli: “questo vi comando, questo è il mio mandato, che voi vi amiate reciprocamente”. E Gesù stesso pone la misura dell’amore reciproco dei cristiani nell’amore con il quale Lui ci ama: “amatevi gli uni gli altri” dice il Signore “come Io vi ho amato!”.
    Qui padre Tyn sottolinea che l’invito all’amore “reciproco”, da parte del Signore Gesù, è rivolto ai discepoli, dunque ai cristiani, non a tutti gli uomini, rientra dunque nella fratellanza cristiana, non in quella umana. Per poterci amare gli uni gli altri come il Signore Gesù ci ha amati, è necessario, per noi che ci amiamo, riconoscere la sovranità di Cristo, ciò che evidentemente non è possibile per i credenti di altra religione e per atei e agnostici. Se dunque possiamo attenderci la reciprocità del nostro amare in nome di Cristo, solo tra cristiani, mentre Papa Francesco nella “Fratelli tutti”, se non vado errando, sembra enfatizzare innanzitutto il raggiungimento della fratellanza umana, allora potremmo dedurre che quando rivolgiamo il nostro amore verso i non cristiani, siano praticabili due strade:
    1) O sin da subito non rinunciamo ad annunciare per intero il Vangelo obbedendo all’ “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Matteo 28, 19 - 20), provando quindi ad essere strumenti di conversione, ma nel contempo accettando, nel novero delle possibilità, di essere respinti o addirittura perseguitati. E questa possiamo dire sia stata la strada tradizionale della Chiesa.
    2) Oppure cerchiamo inizialmente di raggiungere, con i non cristiani, un amore reciproco basato sulla fratellanza umana, fondata sulla ragione e la legge naturale, per poi, soltanto in una fase successiva, testimoniare fino in fondo l’Evangelo di Cristo. E’ forse questa seconda strada che Papa Francesco vuole proporci, in questo momento storico? Rinunciare, per il momento, ad annunciare al mondo la regalità di nostro Signore, per cercare di conseguire un primo importante risultato di “fratellanza umana” (rifiuto della guerra, lotta alla povertà, ecc…), riservandosi soltanto in una fase successiva, di aderire pienamente al comandamento:
    “Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino.” (Matteo 10, 7)?
    Ma se così fosse, le chiedo: quale passo del Nuovo Testamento potrebbe fondare, per noi cristiani, un siffatto invito, a differire, ritardare nel tempo, l’annuncio del Vangelo nella sua interezza? Oppure dovremmo intenderlo, per usare un’espressione cara al Pontefice, come una “sorpresa dello Spirito Santo”?

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  11. In una delle sue risposte Lei ha affermato: “Il Papa non predica affatto un amore molliccio e di convenienza come lo intendono i modernisti, su base puramente emotivo e soggettivo, per il proprio tornaconto, ma proprio quell'amore virile che è basato sui valori universali, "non negoziabili", sui valori della verità, sul Vangelo”.
    Questo è senz’altro vero ma, almeno per quanto riguarda i valori “non negoziabili”, presumo che lei si riferisca ad altri documenti o discorsi di Papa Francesco, perché io in questa enciclica non ho trovato riferimenti espliciti alla tutela della vita dall’istante del suo concepimento alla fine naturale, con conseguente condanna di ogni aborto ed eutanasia volontarie.
    L’unico riferimento all’aborto l’ho trovato nel capitolo 24 dove è scritto: “Le reti criminali «utilizzano abilmente le moderne tecnologie informatiche per adescare giovani e giovanissimi in ogni parte del mondo». L’aberrazione non ha limiti quando si assoggettano donne, poi forzate ad abortire.” Giustissimo certo, però non rientrano, in questa casistica, le donne che più o meno liberamente decidono di abortire. Ripeto, non ho dubbi che il Papa condanni ogni attentato alla sacralità della vita umana, come ha fatto in parecchi interventi. Non posso però far a meno di notare che, all’interno della “Fratelli tutti”, la battaglia per i valori “non negoziabili”, tanto a cuore dei suoi due predecessori, non appare per Papa Francesco altrettanto decisiva. Sarebbe peccare di malizia, ipotizzare che ciò possa attribuirsi all’intento di voler conseguire la fratellanza “reciproca” dal più ampio gruppo di persone possibili?

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  12. In questi giorni, molti siti cattolici, hanno ricordato che il Papa san Pio X, nella lettera apostolica “Notre charge apostolique” del 25 agosto 1910, diretta ai vescovi francesi, volta a condannare il movimento del Sillon, scrisse:
    “No, Venerabili Fratelli, non vi è vera fraternità al di fuori della carità cristiana, che per amore di Dio e del suo Figlio Gesù Cristo, nostro Salvatore, abbraccia tutti gli uomini per confortarli tutti e tutti condurre alla stessa fede e alla stessa felicità celeste. Separando la fraternità della carità cristiana intesa in tal modo, la Democrazia, lungi dall'essere un progresso, costituirebbe un disastroso regresso per la civiltà. Infatti, se si vuol arrivare, e noi lo desideriamo con tutta l'anima nostra, alla maggior quantità di benessere possibile per la società e per ciascuno dei suoi membri, per mezzo della fraternità, oppure, come ancora si dice, per mezzo della solidarietà universale, sono necessarie l'unione degli spiriti nella verità, l'unione delle volontà nella morale, l'unione dei cuori nell'amore di Dio e di suo Figlio, Gesù Cristo. Orbene, questa unione è realizzabile soltanto per mezzo della carità cattolica, la quale solamente, di conseguenza, può condurre i popoli sul cammino del progresso, verso l'ideale della civiltà.”
    Se, come scrive san Pio X, la vera fraternità abbraccia gli uomini per condurli tutti alla stessa fede, non sussiste allora, una certa discontinuità tra questa lettera apostolica e l’enciclica di Papa Francesco?

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    1. Caro Bruno,
      rispondo ai tuoi due primi interventi del 19 scorso. La comunicazione delle verità evangeliche nella loro totalità fino alle più ardue più sublimi resta sempre per ogni cristiano l'obiettivo ultimo della sua opera evangelizzatrice. Come ogni opera educativa richiede che partiamo dalla conoscenza di quei valori dei quali l'evangelizzando è già in possesso e verifichiamo con quale velocità ci può seguire. Bisogna che stiamo al suo passo: nè troppo lenti nè troppo svelti. Si inizia con la condivisione della fratellanza umana e quando il soggetto è pronto lo si inizia alla fratellanza cristiana. In quell'enciclica il Papa ha fatto una scelta: si rivolge ad un'amplissima cerchia di persone sparse nel mondo certamente con l'intento di condurle a Cristo, anche se si sarebbe potuto chiedergli più esplicitamente la proposta cristiana, perchè si ha effettivamente l'impressione che si fermi troppo sull'umano con numerose ripetizioni di princìpi sociali ed ed economici ai quali la dottrina sociale della Chiesa ci ha abituati ormai dai tempi di Leone XIII. Viceversa chi più del Papa dev'essere luce del mondo nel presentare la fraternità cristiana? E' vero che il mondo può reagire male. Tuttavia forse il Papa avrebbe potuto spingere la proposta cristiana un po' più in là ottenendo consensi. Non è facile saperlo.
      Per quanto riguarda il discorso di S.Pio X è indubbiamente vero che è impossibile costruire una vera fratellanza umana senza tener conto di quella cristiana. Mi pare che non vi sia vera contraddizione fra l'insegnamento di Francesco e quello di S.Pio X, ma siano due punti di vista in certo modo complementari: Francesco dice che per far giungere i non cristiani alla fratellanza cristiana occorre farli partire da quella umana: questo è il lavoro educativo del missionario, del quale ho parlato sopra. Pio X invece si mette dal punto di vista dello stesso missionario ricordandogli che se vuole elevare il prossimo dall'umano al cristiano, egli per primo deve alimentare la sua vita umana con una viva fede e un'intensa vita di grazia e di unione con Cristo.

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