Deviazioni moderniste della Liturgia - Seconda Parte (2/2)

  Deviazioni moderniste della Liturgia.

Seconda Parte (2/2)

Un altro Lettore tratta del medesimo argomento.
 
Caro Padre Cavalcoli,
 
Ho letto i contributi di M., e penso che riassumano bene le principali dichiarazioni critiche di Ureta sul Desiderio Desideravi di papa Francesco. Tuttavia, una lettura completa del saggio di Ureta sarebbe conveniente per collocarli nel loro contesto generale.
Oltre a questo, mi permetto di fare un'osservazione che spesso viene trascurata, e che non ho nemmeno visto riflessa negli articoli di questo suo blog, così meritorio altrimenti.
Mi riferisco a quello che io chiamerei "iper-liturgismo" che si riscontra nelle correnti tradizionaliste attuali (o passatisti).
Quello che sto cercando di dire è che esiste un atteggiamento permanente e altamente notevole negli esponenti dell'attuale tradizionalismo estremo (o pseudotradizionalismo, se dobbiamo parlare dell'esistenza di un sano tradizionalismo). Questo atteggiamento si riflette anche in questo saggio di Ureta. Questo atteggiamento sembra ridurre quasi tutta la vita cristiana alla liturgia.
Sia nel clero tradizionalista che nei laici tradizionalisti c'è poco o nessun sforzo evangelizzatore, poca o nessuna azione caritativa per i settori più bisognosi della società, inesistente lavoro ecumenico e dialogo interreligioso.
Di conseguenza, è molto caratteristico dei settori di estremo tradizionalismo essere quasi sempre indifferenti alle iniziative pastorali del Papa in tutti questi ambiti (probabilmente per la loro distanza viscerale da tutto ciò che sa di "post-conciliare", e la loro conseguente scismatica disobbedienza al Papa). Tuttavia, appena il Papa si esprime sulla questione liturgica, si nota l'interesse e il furore critico del tradizionalismo (vedi Ureta). Questo, mi sembra, non fa altro che rivelare quello che chiamo l'"iper-liturgismo" del passatismo. Per loro la vita cristiana si riduce alla liturgia. Quando in realtà, come è noto, la liturgia è "fons et culmen totius vitae cristianae", ma non "tutta" la vita cristiana.
 
Caro R.,
 
mi complimento per questa sua analisi oggettiva ed equilibrata.
Sono pienamente d’accordo con le sue osservazioni.
L’auspicio e la preghiera che vorrei formulare è che questi nostri fratelli, che costituiscono nella Chiesa un capitale prezioso di forze spirituali, prestino una buona volta attenzione al vero significato della riforma conciliare, respingendo le false interpretazioni di carattere modernista e rahneriano.
Il che non impedisce loro di rilevare con modestia e filiale rispetto i difetti umani del Santo Padre, proprio per poterlo aiutare nel suo delicatissimo ministero di servizio alla Chiesa e all’umanità.
 
La ringrazio per la gentile risposta, padre Cavalcoli, e sono lieto del suo consenso sulla mia modesta analisi.
Approfitto di questa occasione per ricordarvi un discorso del cardinale Joseph Ratzinger, che mi sembra estremamente opportuno nell'affrontare questi scottanti problemi sul passatismo.
Credo che il discorso non sia così ben ricordato, o addirittura credo che oggi, dopo trent'anni, mi sembra che molti l'abbiano dimenticato.
È il discorso di Santiago del Cile, ai Vescovi del Cile, il 13 luglio 1988, esattamente due settimane dopo lo scisma lefebvriano.
Credo che sotto queste parole si possa intitolare il nucleo fondamentale del discorso di Ratzinger: "ricetta per porre fine il prima possibile allo scisma di Lefebvre". Indica tre punti fondamentali e mi sembra estremamente attuale.
Il discorso lo trovate a questo link: http://www.internetica.it/ratzinger-SantiagoCile1988.htm.
 
Caro R.,
confermo in pieno la valutazione che lei dà del discorso di Ratzinger. Tale discorso mi è parso talmente significativo ed utile per l’attuale situazione della Chiesa che ho pensato subito di pubblicarlo, con una piccola introduzione che ne spiega l’importanza e l’utilità per la soluzione degli attuali conflitti esistenti nella Chiesa e quindi in vista di ottenere nella Chiesa quella pace e quella concordia, che sono tanto preziosi non solo per i cattolici, ma anche ai fini della credibilità della loro testimonianza al mondo.
 
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 2 settembre 2022
 
Come autorevole complemento dei temi trattati in questa conversazione, aggiungo il seguente discorso di Papa Francesco del 1 Settembre u.s.: 

Cf. Papa Francesco ai membri dell'Associazione Italiana dei Professori e Cultori di Liturgia - 1 Settembre 2022

https://www.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2022/9/1/cultori-liturgia.html 


 

Guardando al Crocifisso, siamo chiamati all’altezza di quell’amore: a purificarci dalle nostre idee distorte su Dio e dalle nostre chiusure, ad amare Lui e gli altri, nella Chiesa e nella società, anche coloro che non la pensano come noi, persino i nemici.



SANTA MESSA E BEATIFICAZIONE DEL SERVO DI DIO IL SOMMO PONTEFICE GIOVANNI PAOLO I  - OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO - Piazza San Pietro, Domenica 4 settembre 2022
 

8 commenti:

  1. Col Suo permesso, Padre, vorrei dire a R. quanto la sua osservazione sull' iperliturgismo sia errata. 1) signor R. per formulare simili giudizi, Lei frequenta molti confratelli affezionati al VO ? conosce personalmente molti tradizionalisti, disimpegnati da ogni opera di carità spirituale e corporale? può Lei testimoniare con buona esperienza e fondato giudizio che il cristiano (anche affezionato al NO) preoccupato, se non turbato (e non dico "scandalizzato" per non far scattare, per riflesso condizionato, l' accusa di "farisaismo"...) a causa delle generalizzate "personalizzazioni, quando non "deformazioni" o francamente "parodie" della liturgia, ebbene, che tale fedele ripudi ogni impegno verso il prossimo? si rende conto di quanti individui Lei stia accusando di accidia?
    2) e vi è pure un aspetto storico da tener presente: TUTTI i grandi Santi dell' impegno caritativo "sociale" sono stati "amanti" della rigorosa e anche solenne liturgia ; da s.Francesco a s. Filippo Neri, da don Bosco al Cottolengo. La invito, in franca amicizia a una maggior prudenza prima di formulare giudizi così generali.
    P.s. Papa Giovanni volle che i vescovi al concilio indossassero i segni dell' ordine "perchè" disse (rispondendo a chi gli chiedeva che si permettessero semplici talari e clergyman) "il concilio è un atto liturgico"!

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    1. Caro Gian Luigi,
      circa la questione della sensibilità sociale dei passatisti, francamente mi astengo dal giudicare, perché non posso dire di conoscerli fino al punto di essere informato su questo argomento.
      Tuttavia posso dire che, se non vengono assunti i nuovi valori promossi dal Concilio Vaticano II, c’è il forte rischio che si mantenga quella forma di clericalismo, denunciata da Papa Francesco, che era una caratteristica della impostazione sociale del preconcilio.
      Viceversa mi sentirei di dire una parola riguardo alla funzione svolta dal Vetus Ordo nei secoli passati. Non c’è dubbio che essa abbia dato immensi frutti di santità. Ma la questione non è questa. La questione affrontata dal Concilio Vaticano II è stata quella di dibattere il problema delicato se mantenere o no il Vetus Ordo. Per quale motivo?
      Possiamo dire che per vari motivi era emersa la necessità di un cambiamento, per il fatto che il Concilio intendeva svolgere un’opera ecumenica, cosa che richiedeva un qualche confronto tra la Messa cattolica e il Rito luterano.
      In secondo luogo era avvertita la necessità di una maggiore partecipazione dei fedeli alla Santa Messa, insomma tutte quelle cose che hanno giustificato il rinnovamento del rito della Messa, secondo quanto gli stessi pastori ci hanno spiegato.

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  2. Caro padre Cavalcoli, e anche caro signor Gian Luigi,
    ribadisco le affermazioni che ho fatto nel mio precedente commento e ringrazio signor Gian Luigi per avermi dato l'opportunità di chiarire le mie osservazioni con le sue domande.
    Prima di tutto, rispondo sì alla sua prima domanda. Nella città in cui vivo ho avuto e ho ancora l'opportunità di incontrare persone come quelle citate. Non lontano c'è una comunità lefebvriana (FSSPX) e c'è anche una comunità di laici cattolici che, prima dell'MP Traditionis Custodes, ha avuto l'opportunità di assistere a la messa VO, ora soppressa. In altre parole, conosco due casi molto diversi di cristiani "affezionati al VO", come si esprime il Sig. Gian Luigi, alcuni cattolici, altri lontani dalla Chiesa cattolica.
    Tuttavia, la mia conoscenza personale di questi cristiani (non-cattolici e cattolici) non è importante, perché quando ho fatto riferimento all'iperliturgismo dei passatisti non mi riferivo alla loro vita cristiana personale, né quindi, ad esempio, a la sensibilità o l'impegno sociale caritativo che ciascuno di quei fedeli cristiani può avere individualmente nella propria vita cristiana personale. Di ciò non giudico per ovvi motivi.
    Quando ho fatto riferimento all'iperliturgismo dei passatisti, mi riferivo agli orientamenti e alle direttive pastorali e spirituali che scaturiscono dai sacerdoti che guidano queste comunità passatisti, orientamenti che scaturiscono dalle loro omelie, dai loro convegni, dai loro discorsi spirituali, dai loro pubblicazioni, ecc. Che sono orientamenti che poi si manifestano nella vita che queste comunità sviluppano.
    È proprio nella vita comunitaria passatisti che si manifesta il clericalismo a cui fa riferimento padre Cavalcoli nel suo commento.
    Non c'è mai un male che non venga per sempre, e con tutti i mali che abbiamo sofferto in questi tre anni con la pandemia di COVID, però, le restrizioni sugli incontri ci hanno permesso in questi tre anni di saperne di più la vita delle comunità cristiane attraverso i social network, con la trasmissione online delle Messe su Internet, le loro conferenze, i loro discorsi spirituali, ecc. Così possiamo conoscere molto più in dettaglio gli orientamenti pastorali che i sacerdoti responsabili di ogni comunità dirigono ai loro fedeli.
    A proposito, è ovvio che la differenza tra i due tipi di comunità è notevole. Nel mio caso particolare, le testimonianze sono visibili, poiché ho citato due classi di fedeli cristiani "affezionati al VO". Da un lato, la comunità passatista (FSSPX), con un chiaro atteggiamento iperliturgico; e dall'altra, la suddetta comunità di fedeli di una parrocchia che, prima di Traditiones Custodes, poteva assistere di tanto in tanto ad una Messa OV, ma sono fedeli cattolici che, allora come oggi, continuano a partecipare a tutte le attività pastorali di la Parrocchia: apostolato della carità, apostolato di strada, attività ecumeniche, ecc. Non solo liturgia. Certo, sono fedeli "affezionati al VO", ma non sono passatisti.
    Ripeto: non mi riferisco all'impegno sociale, caritativo o apostolico o evangelizzatore di ogni singolo fedele, ma alla COMUNITÀ, che dai tempi di Papa Pio XI e della sua Azione Cattolica fu chiamato "apostolato organizzato".
    In merito al secondo punto citato dall'signor Gian Luigi, non c'è bisogno di commentare. Dal Cinquecento, cioè da quando san Pio V stabilì a suo tempo il rito della Messa, sono trascorsi 450 anni e in tutti quei secoli sono emersi grandi Santi dell'evangelizzazione, dell'apostolato e della carità sociale. È ovvio che san Francesco, san Filippo Neri, san Giovanni Bosco, ecc. erano santi del VO, poiché era la Messa che si celebrava a loro tempo. Nonostante siano trascorsi solo 50 anni dall'istituzione del Rito di San Paolo VI, i santi del NO stanno già cominciando a essere canonizzati.

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    1. Caro Ross,
      la nostra discussione ha messo in luce un aspetto del confronto tra Vetus Ordo e Novus Ordo in relazione all’opera missionaria, un aspetto che mi sembra piuttosto rimasto in ombra e che invece offre un grande interesse per chi desidera confrontare il valore della VO con il NO. Dal punto di vista dei principi è logico che ad un dato tipo di Messa corrisponda un dato tipo di evangelizzazione.
      Se ci facciamo caso, guardando ai fatti della storia e considerando le dottrine del Concilio di Trento e quelle del Vaticano II, noteremo che l’attività evangelizzatrice dei secoli passati rifletteva logicamente lo stile liturgico del VO, e cioè che, mentre il VO ha una impostazione chiaramente antiluterana, per cui la pastorale che ne segue è nettamente antiluterana, invece il NO, concepito in clima ecumenico, logicamente produce un tipo di evangelizzazione nella quale si pratica l’ecumenismo.
      La conclusione che noi traiamo da queste considerazioni è che la VO indubbiamente ha prodotto nel passato immensi frutti di bene. Tuttavia il fatto è che l’impostazione evangelizzatrice di stampo antiluterano che era la conseguenza logica di una Messa antiluterana, oggi, dopo il Concilio Vaticano II, deve essere considerata superata. Da qui la corrispondenza che è possibile notare tra la Messa NO e le indicazioni pastorali e le linee missionarie insegnateci dai Papa del postconcilio.
      Stando così le cose è lecito fare una considerazione all’inverso e cioè che è possibile notare come ad una liturgia modernista corrisponda una pastorale modernista. Ma d’altra parte dispiace dover constatare, seppure ciò è comprensibile, un fenomeno simile presso i passatisti, i quali fanno corrispondere un tipo di Messa superato ad un’opera evangelizzatrice superata.
      Detto questo, ciò non significa che non dobbiamo continuare a correggere gli errori di Lutero, sia per quanto riguarda il culto divino che per quanto riguarda l’evangelizzazione, perché è chiaro che la NO e l’ecumenismo hanno per scopo non solo la messa in luce dei valori comuni tra noi e i protestanti, ma anche quello di adoperarci affinchè i fratelli separati giungano alla piena comunione con la Chiesa Cattolica.

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    2. Caro padre Cavalcoli,
      suppongo che le relazioni che hai notato tra Misa NO e Misa VO, siano molto ricche di conseguenze e sfumature. Non sono un teologo, ma suppongo che un buon teologo, fedele al Magistero, ed equilibrato, lontano da ogni visione parziale, cioè lontano dal progressismo estremo e dal conservatorismo, possa teologicamente individuare, spiegare e sviluppare. A questo proposito mi viene in mente che due principi, uno di ragione e l'altro di fede, potrebbero essere le radici di questa riflessione. Il primo, tratto dalla filosofia: agitur sequitur esse. Il secondo, estratto dal Vaticano II: fons et culmen totius vitae christianae.
      Ritengo inoltre che dalle sue parole nasca l'individuazione di quattro tipi generici di rito della Messa:
      1) Il rito della Messa NO celebrato in piena fedeltà alla Sacrosanctum Concilium e agli insegnamenti e alle direttive liturgiche dei Papi postconciliari.
      2) Il rito della Messa NO celebrato dai modernisti: falsificazione della Sacrosanctum Concilium e successivi atti liturgici.
      3) Il rito della Messa VO celebrato in un clima postconciliare, secondo i permessi celebrativi concessi dai Papi postconciliari, e facendo uno sforzo per avvicinare il NO al clima postconciliare della Chiesa.
      4) Il rito della Messa VO celebrato dai passatisti: non solo come se il Vaticano II non fosse mai stato celebrato, ma addirittura rifiutando le dottrine del Vaticano II e gli insegnamenti del magistero pontificio postconciliare.
      Dato il chiaro approccio ecumenico del Concilio Vaticano II, mi chiedo se ci fosse qualche forma di ecumenismo prima del Concilio Vaticano II...

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    3. Sono d'accordo con il signor Ross. E offro un'altra testimonianza che è stata confermata anche in questi giorni: il sacerdote lefebvriano Davide Pagliarani, attuale capo della FSSPX, ha appena inviato una Lettera a tutti i fedeli del suo movimento, nella quale dopo aver fatto una terrificante diagnosi della situazione di mondo, nel quale possiamo benissimo essere d'accordo, sebbene non veda nulla di positivo nella situazione attuale, invita i suoi seguaci a non contare su alcun mezzo umano per guarire il mondo, ma solo a ricorrere a tre strumenti divini: 1) la Messa, 2) il Rosario, e 3) la pratica devozionale al Cuore Immacolato.
      Vale a dire: liturgia o paraliturgia. Solo il liturgico.
      Qualcuno ha dei dubbi?

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    4. Caro Ross,
      alcune osservazioni.
      Prima. Rimanendo fermo il primato della NO sulla VO, è vero che in un certo modo esse si possono completare reciprocamente.
      Seconda. L’assioma metafisico è il seguente: agere seguitur esse. Ad ogni tipo di celebrazione corrisponde un appropriato modo di celebrare e di fondare una pastorale basata su quel modo di celebrare.
      Terza. L’elenco dei quattro tipi di celebrazione è ben fatto.
      Quarta. Prima del Concilio Vaticano II esistevano incontri ecumenici nei quali i fratelli separati delle varie confessioni si incontravano tra di loro, ma i Papi non erano favorevoli a che vi partecipassero i cattolici, salvo per alcuni specialisti, con i dovuti permessi. Ad ogni modo, anche prima del Concilio esistettero delle iniziative ecumeniche di carattere cattolico, come per esempio di Maritain, di Congar e di altri.

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    5. Caro Michele,
      conosco bene lo stile dei lefevriani. Sono capaci di diagnosticare alcuni mali reali, ma sono rimasti a quella mentalità che era propria del preconcilio, di vedere nel mondo moderno soltanto un cumulo di errori e di scandali. Si capisce allora come essi non riescano ad organizzare un lavoro costruttivo, per il fatto che non vedono nel mondo moderno niente di buono, da cui partire per correggere gli errori.
      Essi non riescono a recepire l’insegnamento del Concilio Vaticano II, il quale, senza negare l’esistenza degli errori, presenta alcuni valori della modernità, che possono costituire un punto di dialogo e stimolare noi cattolici ad aiutare gli uomini di oggi ad avvicinarsi al Vangelo, facendo leva su certi valori, che noi abbiamo in comune con loro.
      Le pratiche religiose raccomandate da Pagliarani, a parte la VO, sono indubbiamente raccomandabili, ma Dio vuole che noi Lo invochiamo congiungendo la preghiera con le opere.

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