Un discorso del Cardinale Ratzinger di estrema attualità

Un discorso del Cardinale Ratzinger

di estrema attualità

Ho il piacere di pubblicare questo discorso estremamente equilibrato e di esemplare prudenza, che l’allora Prefetto della CDF Card. Ratzinger fece alla Conferenza Episcopale Cilena nel 1988.

Questo discorso delinea in maniera magistrale una situazione della Chiesa di allora, che dopo trentacinque anni circa resta sostanzialmente immutata, per non dire peggiorata.

Il problema emergente trattato da Ratzinger è quello del confronto fra lefevriani e modernisti, con particolare riferimento alla Liturgia e all’autentica interpretazione del Concilio Vaticano II. Le parole di Ratzinger sono esemplari per la sua capacità di cogliere il positivo nei due partiti, mentre con grande franchezza ed acume denuncia gli errori.

Questo suo atteggiamento è di grande utilità, per la soluzione del suddetto sessantennale conflitto, per la capacità che Ratzinger ha di riconoscere il positivo anche negli avversari e negli scismatici, per non dire negli eretici.

Il discorso mi è stato segnalato da un Lettore, al quale vanno i miei più sentiti ringraziamenti.

Cfr: 

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-liturgia-come-servizio-pubblico_23.html

http://www.internetica.it/ratzinger-SantiagoCile1988.htm 

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 24 agosto 2022

 

Indirizzo del Card Ratzinger alla Conferenza Episcopale Cilena
13 luglio 1988

Negli ultimi mesi abbiamo lavorato molto intorno al caso Lefebvre, con l'intenzione sincera di creare per il suo movimento uno spazio all'interno della Chiesa, spazio che sarebbe stato sufficiente perché esso potesse vivere. La Santa Sede è stata criticata per questo.

Si dice che non ha difeso il Concilio Vaticano II con energia sufficiente; che, mentre ha trattato i movimenti progressisti con severità grande, ha mostrato una simpatia esagerata con la rivolta tradizionalista. Lo sviluppo degli eventi è sufficiente per confutare queste asserzioni. L'[accusa di] rigorismo del Vaticano di fronte alle deviazioni dei progressisti, presentato in modo mitico, è apparsa essere soltanto un discorso vuoto.

Finora, infatti, sono stati pubblicati soltanto dei moniti; in nessun caso ci sono state pene canoniche rigorose in senso stretto. Ed il fatto che, quando le cose si sono messe male, Lefebvre ha ritrattato un accordo che già era stato firmato, indica che la Santa Sede, se ha fatto concessioni davvero generose, non gli ha garantito quella licenza completa che egli desiderava. Lefebvre ha visto che, nella parte fondamentale dell'accordo, era obbligato ad accettare il Vaticano II e le affermazioni del Magistero post conciliare, secondo l'autorità propria di ogni documento.

C'è una contraddizione evidentissima nel fatto che è proprio chi non ha perso occasione per far conoscere al mondo la propria disobbedienza al Papa ed alle dichiarazioni magisteriali degli ultimi 20 anni, che pensa di avere il diritto di giudicare che questo atteggiamento è troppo blando e che desidera che si fosse insistito su un'obbedienza assoluta al Vaticano II.

Così pure costoro sostengono che il Vaticano ha concesso il diritto di dissentire a Lefebvre, diritto che è stato rifiutato ostinatamente ai fautori di una tendenza progressista. In realtà, l'unico punto che è affermato nell'accordo, secondo Lumen Gentium 25, è il fatto limpido che non tutti i documenti del Concilio hanno la stessa autorità.

Per il resto, è stato indicato esplicitamente, nel testo che è stato firmato, che le polemiche pubbliche devono essere evitate e che è richiesto un atteggiamento di rispetto positivo per le decisioni ufficiali e le dichiarazioni.

È stato concesso, in più, che la Fraternità San Pio X possa presentare alla Santa Sede - la quale si riserva l'esclusivo diritto di decisione - le sue difficoltà particolari rispetto alle interpretazioni delle riforme giuridiche e liturgiche. Tutto ciò mostra che in questo dialogo difficile Roma ha unito chiaramente la generosità, in tutto quello che è negoziabile, alla fermezza nel necessario. La spiegazione che Mons. Lefebvre ha dato, per la ritrattazione del suo accordo, è indicativa. Ha dichiarato che infine ha capito che l'accordo che ha firmato mira soltanto ad integrare la sua fondazione "nella Chiesa Conciliare". La Chiesa Cattolica in unione con il Papa è, secondo lui, "la Chiesa Conciliare", che ha rotto con il suo passato. Sembra effettivamente che non riesca più a vedere che qui si tratta della Chiesa Cattolica nella totalità della sua Tradizione e che il Vaticano II appartiene ad essa.

Senza alcun dubbio, il problema che Lefebvre ha posto non è finito con la rottura del 30 giugno. Sarebbe troppo semplice rifugiarsi in una specie del trionfalismo e pensare che questa difficoltà abbia cessato di esistere dal momento in cui il movimento condotto da Lefebvre si è separato con una rottura formale con la chiesa. Un cristiano non può mai, o non dovrebbe, compiacersi di una rottura. Anche se è assolutamente certo che la colpa non può essere attribuita alla Santa Sede, è un dovere per noi esaminarci, tanto circa quali errori abbiamo fatto, quanto quali, persino ora, stiamo facendo. I criteri con cui giudichiamo il passato nel decreto del Vaticano II sull'ecumenismo devono essere usati - come è logico - per giudicare pure il presente.

Una delle scoperte fondamentali della teologia dell'ecumenismo è che gli scismi possono avvenire soltanto quando determinate verità e determinati valori della fede cristiana non sono più vissuti ed amati all'interno della chiesa. La verità che è marginalizzata diventa autonoma, rimane staccata dal tutto della struttura ecclesiastica ed è allora che un nuovo movimento si forma intorno ad essa. Dobbiamo riflettere su questo fatto: che tantissimi cattolici, lontani dalla cerchia stretta della fraternità di Lefebvre, vedono questo uomo come guida, in un certo senso, o almeno come alleato utile. Non bisognerà attribuire tutto a motivi politici, a nostalgia, o a fattori culturali di importanza secondaria. Queste cause non sono capaci di spiegare l'attrattiva che è sentita anche dai giovani, e particolarmente dai giovani, che vengono da molte nazioni davvero differenti e che sono immersi in realtà politiche e culturali completamente diverse. Certamente mostrano ciò che è, da ogni punto di vista, una prospettiva limitata e parziale; ma non c'è alcun dubbio che un fenomeno di questa portata sarebbe inconcepibile se non ci fossero qui all'opera dei valori, che generalmente non trovano sufficienti possibilità di realizzarsi all'interno della Chiesa di oggi.

Per tutti questi motivi, dobbiamo considerare tutta la questione soprattutto come l'occasione per un esame di coscienza. Dovremmo non avere paura di farci noi stessi domande fondamentali, circa i difetti della vita pastorale della Chiesa, che emergono da questi fatti. Così dovremmo poter offrire un posto all'interno della chiesa a coloro che lo stanno cercando e domandando e riuscire a eliminare ogni ragione per uno scisma. Possiamo rendere tale scisma privo di motivazioni rinnovando le realtà interne della chiesa. Ci sono tre punti, io penso, che è importante considerare.

Se ci sono molti motivi che potrebbero condurre tantissima gente cercare un rifugio nella liturgia tradizionale, quello principale è che trovano che essa ha conservato la dignità del sacro. Dopo il Concilio, ci sono stati molti preti che hanno elevato deliberatamente la "desacralizzazione" a livello di un programma, sulla pretesa che il nuovo testamento ha abolito il culto del tempio: il velo del tempio che è stato strappato dall'alto al basso al momento della morte di Cristo sulla croce è, secondo certuni, il segno della fine del sacro. La morte di Gesù, fuori delle mura della città, cioè, dal mondo pubblico, è ora la vera religione. La religione, se vuol avere il suo essere in senso pieno, deve averlo nella non sacralità della vita quotidiana, nell'amore che è vissuto. Ispirati da tali ragionamenti, hanno messo da parte i paramenti sacri; hanno spogliato le chiese più che hanno potuto di quello splendore che porta a elevare la mente al sacro; ed hanno ridotto la liturgia alla lingua e ai gesti di una vita ordinaria, per mezzo di saluti, i segni comuni di amicizia e cose simili.

Non c'è dubbio che, con queste teorie e pratiche, hanno del tutto misconosciuto l'autentica connessione tra il vecchio ed il nuovo testamento: s'è dimenticato che questo mondo non è il regno di Dio e che "il Santo di Dio" (Gv 6,69) continua ad esistere in contraddizione a questo mondo; che abbiamo bisogno di purificazione prima di accostarci a lui; che il profano, anche dopo la morte e la resurrezione di Gesù, non è riuscito a trasformarsi nel "santo". Il Risorto è apparso, ma a quelli il cui il cuore era ben disposto verso di Lui, al Santo; non si è manifestato a tutti. È in questo modo che un nuovo spazio è stato aperto per la religione a cui tutti noi ora dobbiamo sottometterci; questa religione che consiste nell'accostarci alla famiglia del Risorto, ai cui piedi le donne si prostravano e lo adoravano. Non intendo ora sviluppare ulteriormente questo aspetto; mi limito sinteticamente a questa conclusione: dobbiamo riacquistare la dimensione del sacro nella liturgia. La liturgia non è una festa; non è una riunione con scopo di passare dei momenti sereni. Non importa assolutamente che il parroco si scervelli per farsi venire in mente chissà quali idee o novità ricche di immaginazione. La liturgia è ciò che fa sì che il Dio Tre volte Santo sia presente fra noi; è il roveto ardente; è l'alleanza di Dio con l'uomo in Gesù Cristo, che è morto e di nuovo è tornato alla vita. La grandezza della liturgia non sta nel fatto che essa offre un intrattenimento interessante, ma nel rendere tangibile il Totalmente Altro, che noi [da soli] non siamo capaci di evocare. Viene perché vuole. In altre parole, l'essenziale nella liturgia è il mistero, che è realizzato nella ritualità comune della Chiesa; tutto il resto lo sminuisce. Alcuni cercano di sperimentarlo secondo una moda vivace, e si trovano ingannati: quando il mistero è trasformato nella distrazione, quando l'attore principale nella liturgia non è il Dio vivente ma il prete o l'animatore liturgico.

Oltre alle questioni liturgiche, i punti centrali del conflitto attualmente sono la presa di posizione di Lefebvre contro il decreto che tratta della libertà religiosa ed al cosiddetto spirito di Assisi. È qui che Lefebvre stabilisce le linee di demarcazione fra la sua posizione e quella della chiesa cattolica.

C'è poco da dire: ciò che sta dicendo su questi punti è inaccettabile. Qui non vogliamo considerare i suoi errori, piuttosto desideriamo chiederci dove vi è mancanza di chiarezza in noi stessi. Per Lefebvre la posta in gioco è la battaglia contro il liberalismo ideologico, contro la relativizzazione della verità. Non siamo ovviamente in accordo con lui sul fatto che - capito secondo le intenzioni del papa - il testo del Concilio o la preghiera di Assisi inducano al relativismo.

È un'operazione necessaria difendere il Concilio Vaticano II nei confronti di Mons. Lefebvre, come valido e come vincolante per Chiesa. Certamente c'è una mentalità dalla visuale ristretta che tiene conto solo del Vaticano II e che ha provocato questa opposizione. Ci sono molte presentazioni di esso che danno l'impressione che, dal Vaticano II in avanti, tutto sia stato cambiato e che ciò che lo ha preceduto non abbia valore o, nel migliore dei casi, abbia valore soltanto alla luce del Vaticano II.

Il Concilio Vaticano II non è stato trattato come una parte dell'intera tradizione vivente della Chiesa, ma come una fine della Tradizione, un nuovo inizio da zero. La verità è che questo particolare concilio non ha affatto definito alcun dogma e deliberatamente ha scelto di rimanere su un livello modesto, come concilio soltanto pastorale; ma molti lo trattano come se si fosse trasformato in una specie di superdogma che toglie l'importanza di tutto il resto.

Questa idea è resa più forte dalle cose che ora stanno accadendo. Quello che precedentemente è stato considerato la più santa - la forma in cui la liturgia è stata trasmessa - appare improvvisamente come la più proibita di tutte le cose, l'unica cosa che può essere impunemente proibita. Non si sopporta che si critichino le decisioni che sono state prese dal Concilio; d'altra parte, se certuni mettono in dubbio le regole antiche, o persino le verità principali della fede - per esempio, la verginità corporale di Maria, la Resurrezione corporea di Gesù, l'immortalità dell'anima, ecc. - nessuno protesta, o soltanto lo fa con la più grande moderazione. Io stesso, quando ero professore, ho visto come lo stesso Vescovo che, prima del Concilio, aveva licenziato un insegnante che era realmente irreprensibile, per una certa crudezza nel discorso, non è stato in grado, dopo il Concilio, di allontanare un professore che ha negato apertamente verità della fede certe e fondamentali.

Tutto questo conduce tantissima gente chiedersi se la Chiesa di oggi è realmente la stessa di ieri, o se l'hanno cambiata con qualcos'altro senza dirlo alla gente. La sola via nella quale il Vaticano II può essere reso plausibile è di presentarlo così come è: una parte dell'ininterrotta, dell'unica tradizione della Chiesa e della sua fede.

Non c'è il minimo dubbio che, nei movimenti spirituali dell'era post-conciliare, vi è stato frequentemente un oblio, o persino una soppressione, della questione della verità: qui forse ci confrontiamo con il problema oggi cruciale per la teologia e per il lavoro pastorale.

La verità è ritenuta essere una pretesa che è troppo elevata, un trionfalismo che non può essere assolutamente ancora consentito. Vedete chiaramente questo atteggiamento nella crisi che colpisce la pratica e l'ideale missionario. Se non facciamo della verità un punto importante nell'annuncio della nostra fede e se questa verità non è più essenziale per la salvezza dell'uomo, allora le missioni perdono il loro significato. In effetti la conclusione è stata tirata, ed è stata tirata oggi, che in futuro dobbiamo soltanto cercare che i cristiani siano buoni cristiani, i buoni musulmani dei musulmani, i buoni Indù dei buoni Indù, e così via. E se arriviamo a queste conclusioni, come facciamo a sapere quando uno è "un buon" cristiano, o "un buon" musulmano?

L'idea che tutte le religioni sono - a prenderle sul serio - soltanto i simboli di ciò che finalmente è incomprensibile, sta guadagnando terreno velocemente in teologia e già ha penetrato la pratica liturgica. Quando le cose giungono a questo punto, la fede è lasciata alle spalle, perché la fede realmente consiste nell'affidarsi alla verità per quanto è conosciuta. Dunque, in questa materia, ci sono tutte le ragioni per ritornar sulla retta via.

Se ancora una volta riusciremo a evidenziare e vivere la pienezza della religione cattolica circa questi punti, possiamo sperare che lo scisma di Lefebvre non sia di lunga durata.


 

Cardinale Joseph Ratzinger

 

Immagine da Internet

30 commenti:

  1. Splendido documento, altamente rivelatore, che mostra la lucidità nel 1988 di chi sette anni dopo sarebbe arrivato al soglio pontificio.
    Sono particolarmente colpito da due punti che oggi gli attuali circoli lefebvriani e filo-lefebvriani, che guardano favorevolmente alla FSSPX, sembrano non avere in mente:
    Primo: la neta chiarezza con cui Ratzinger definisce scisma il fatto prodotto da Lefebvre.
    Secondo (e di conseguenza): i rapporti della Chiesa con le comunità lefebvriani si situano da allora in poi e fino ad oggi, nel campo dell'ecumenismo.
    In questo senso, la lucidità, la chiarezza e l'utilità delle direttive ecumeniche offerte da Ratzinger per affrontare lo scisma virtuale dei progressisti (modernisti) e quello formale dei lefebvriani, sono ammirevoli e attualissime.
    Grazie, padre Cavalcoli, per aver ricordato questo enorme documento pastorale.

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    1. Caro Silvano,
      vorrei fermarmi su di un punto del suo intervento.
      Una cosa notevole nel discorso di Ratzinger, e in generale su quella che è stata sia la sua attività di Prefetto della CDF e sia la sua attività come Papa, è che Ratzinger in qualche modo ha assimilato l’azione della Santa Sede nei confronti del lefevriani a quella che è la prassi dell’ecumenismo.
      In altre parole, Ratzinger aveva chiara coscienza che, in quanto scismatici, i lefevriani erano fratelli separati, per cui la cosa conveniente da fare, come si fa in campo ecumenico, era ed è quella di mettere in luce gli aspetti della Chiesa che essi hanno ancora in comune con la Chiesa Cattolica, pur riconoscendo gli errori dei lefevriani.
      Per quanto riguarda il problema modernista, Ratzinger non manca di rilevarne la gravità mettendo in luce il fatto che i modernisti sono falsi interpreti del Concilio Vaticano II.

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  2. Sì, ma il dramma vero è stato che i modernisti avevano allora la metà delle cattedre e delle direzioni dei seminari (già semivuoti), e oggi la quasi totalità delle stesse. La bomba scoppierà tra un anno; nell' ottobre 2023 incomincerà il sinodo che, diciamolo francamente, sarà, di fatto quel concilio vaticano terzo auspicato dalla " mafia di S.Gallo".

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    1. Caro Gian Luigi,
      bisogna distinguere con precisione un Sinodo mondiale dei vescovi da un Concilio Ecumenico. La dottrina della Chiesa è prodotta da un Concilio, non da un Sinodo.
      Un Concilio peraltro può avere una parte pastorale, che è l’applicazione delle dottrine conciliari. Invece il Sinodo suppone come date la dottrina e la pastorale ufficiale della Chiesa e si occupa di problemi contingenti, che risolve alla luce della dottrina della Chiesa.
      Il problema del modernismo certamente resta grave, ma possiamo essere certi che in qualche modo e forse anche presto sarà risolto, dal momento che mette a repentaglio i fondamenti della Chiesa e, come sappiamo, le forze dell’inferno non possono prevalere sulla Chiesa.

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  3. oggi più di ieri, lo stato fisico e spirituale della Chiesa Cattolica Romana (clero e fedeli) mi pare essere a zone vastamente comatose, confusionarie, ignorantizzate dottrinalmente e/o deviate, attratte
    da multicolori bandierine che puzzano (e sono) di massonica dottrina; credo in Dio Omnipotente, nella Sua Divina Giustezza, Dio! Ritorna e distruggi questi templi menzogneri eretti dentro la Tua Santa Chiesa, è tempo. Operiamo, è un dovere di ogni apostolo! Noi siamo apostoli, abbiamo doveri, fino al martirio.
    Invochiamo Dio, preghiamo Dio
    buttiamo tutti i feticci propinati da satana dentro la liturgia moderna; Inginocchiamoci , torniamo a Cristo, alla Confessione e alla Santa Eucarestia. In ginocchio cristiani ! O sarà inferno!

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    1. Caro Nicola,
      il quadro che lei fa della situazione attuale della Chiesa è eccessivamente pessimista. Bisogna riconoscere anche quelli che sono stati i frutti positivi del Concilio Vaticano II e della Liturgia riformata in base alle sue indicazioni.
      È ovvio che dobbiamo essere apostoli, ma per essere credibili bisogna che noi per primi diamo l’esempio di una perfetta comunione con la Chiesa in modo particolare nel campo liturgico, secondo le indicazioni di Papa Francesco.
      Le eresie effettivamente esistono; esistono gli scismi e le apostasie; si diffonde la corruzione morale. Che cosa fare? Diamo per noi per primi l’esempio e continuiamo a confidare nella potenza dello Spirito Santo, che guida la Chiesa alla pienezza della verità.

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  4. leggi: massonica fattura ... non "dottrina"

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  5. Anonimo di cui prima intendesi: me stesso, Nicola Giacomo

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  6. Mi farebbe qualche esempio di buoni frutti conciliari? Debbo essere istruito in merito, scusi la mia ignoranza, grazie. Mi permetto altresì di segnalare: le Chiese chiuse o accessibili ma quasi svuotate: se la bontà dell'albero si vede dai frutti ...

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    1. Caro Nicola,
      esempi dei buoni frutti del Concilio sono i seguenti:
      1) Una liturgia eucaristica che comporta una maggiore partecipazione da parte del popolo, una maggiore accentuazione dell’aspetto pasquale, una maggiore ricchezza di letture bibliche, i ministeri femminili, l’orientamento ecumenico, l’inculturazione della liturgia, l’uso della lingua volgare, il sacerdozio comune dei fedeli.
      2) La promozione del laicato e della famiglia, la valorizzazione della vita politica e della cultura, la promozione della ricerca teologica, il confronto col mondo moderno, la presenza della donna nella vita pubblica e culturale, la confutazione dell’ateismo.
      3) La natura della Chiesa come Popolo di Dio, la teologia dei carismi, il valore della Rivelazione e della Tradizione, la chiamata universale alla santità, la Beata Vergine Maria come modello della Chiesa, la promozione dell’escatologia.
      4) Il documento sulla libertà religiosa, la promozione dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso.
      5) La promozione delle missioni e dell’evangelizzazione, l’uso degli strumenti della comunicazione sociale.

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  7. Ha dimenticato la promozione dell'utilizzo del detersivo per lavatrice per tutti i cattolici; se Lei è veramente è padre Cavalcoli, ma continuo a non crederlo, non mi avrebbe ricoperto con questa risposta
    abnorme quanto insulsa e quindi facilmente confutabile, a tratti pure palesemente falsa e fatta per evadere dal cul de sac; ci vorrebbe troppo spazio e tempo per districare un simile groviglio: il lettore capirà da solo; Dio al primo posto sempre e ovunque, non la lavatrice, stia bene. Che disastro.

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    1. Caro Nicola,
      parlando dei frutti del Concilio, io non ho inteso dire che questi frutti si siano largamente diffusi sulla Chiesa. Io ho semplicemente fatto riferimento alla bontà di questi frutti in se stessi, in quanto effetti della retta interpretazione del Concilio Vaticano II.
      Per quanto riguarda la quantità degli effetti del Concilio, tutto quello che le posso concedere è che questa quantità è molto scarsa, per il fatto che l’attuazione della riforma conciliare è stata boicottata dai lefevriani e falsificata dai modernisti.
      Ma non mi venga a dire che le dottrine e linee pastorali del Concilio sono sbagliate o addirittura eretiche o moderniste o cose del genere, perché in ciò lei avrebbe torto e quindi non sarebbe più credibile quando denuncia i mali presenti della Chiesa, perché, affinchè la critica di questi mali sia credibile, bisogna che il critico disponga di validi criteri di giudizio, cosa che mi pare lei non possegga, perché, se ho bene capito, lei intende contestare le dottrine del Concilio Vaticano II.
      Tenga inoltre presente che, come ci stanno dicendo i Papi del postconcilio fino a Papa Francesco, le grandi riforme dei Concili richiedono molto tempo per potere essere realizzate in pienezza e vincere sia le resistenze conservatrici sia quelle sovvertitrici o falsificatrici.
      L’esiguità dei risultati ottenuti non deve quindi farci chiudere gli occhi alla bontà intrinseca di questi risultati, che consistono nella proposta di una evangelizzazione più efficace in rapporto ai bisogni e ai valori del mondo moderno, mentre sono condannati gli errori più gravi del nostro tempo.
      Le ricordo inoltre che prima di raccogliere i frutti, occorre coltivare i semi e le piante e portarle a maturazione. Inoltre la Chiesa è chiamata ad evangelizzare tutti gli aspetti e le dimensioni dell’uomo e della società, le culture e le civiltà di tutto il mondo, per cui bisogna fare attenzione nel giudicare i risultati da un punto di visto troppo limitato.
      Inoltre la stessa complessità della riforma conciliare deve rendere comprensibile il fatto che alcuni o molti aspetti di questa riforma non sono ancora stati attuati.
      Se lei, invece di limitarsi a guardare certe nostre chiese, guardasse anche alle manifestazioni di autentica pietà cattolica, credo che lei giudicherebbe diversamente.

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  8. Grazie, padre Giovanni, per averci ricordato questo saggio discorso di Benedetto XVI durante il suo tempo come Cardinale Prefetto della Fede.
    Me ne ero completamente dimenticato.
    Una cosa, prima di tutto, cattura la mia attenzione. Nel caso di una visita rara, se non rarissima, di un Cardinale Prefetto della Fede in un Paese così lontano da Roma, e supponendo che nell'unico indirizzo che ha con l'intero episcopato di quel Paese, Ratzinger avrebbe potuto approfittare dell'occasione per parlare di tante questioni che sono di sua competenza e delle esigenze dei Vescovi del Cile, però: parla solo di questo tema: la crepa prodotta nella Chiesa da modernisti e lefebvriani!
    Mi colpisce ancora di più questo tema scelto da Ratzinger, se si considera la sua delicata prudenza.
    Non smetto mai di stupirmi.
    Grazie ancora.

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    1. Caro Fabrizio,
      innanzitutto sono contento che lei abbia apprezzato questo importante discorso del card. Ratzinger.
      Il perché abbia pronunciato quel discorso proprio in Cile non glielo saprei dire; ma d’altra parte mi sembra che non abbia una particolare importanza il saperlo. Bisognerebbe consultare qualche biografo del card. Ratzinger.
      Ora, questo non è il mio campo, perché io sono un semplice teologo. L’importante è, come ho detto nella mia introduzione, applicarlo alla situazione di oggi, la quale, in relazione al contrasto tra passatisti e modernisti, purtroppo non è migliorata, ma sembra addirittura peggiorata.

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  9. satana prova a distruggere la Santa Chiesa anche (anche !!!) attraverso una liturgia moderna mal concepita (Bugnini & company) e male interpretata, oggi disgregata e deviante nella forma, in funzione anti Sostanza (dove protagonisti e attori sono il popolo astante e il celebrante medesimi, auto referenziantisi e propensi alla festa e al chiacchiericcio piuttosto che al rispetto del Sacrificio e all'adorazione Eucaristica) teatro identico a quello della propaganda politica (guarda caso talvolta dentro la Casa del Signore, dal microfono, si esprimono pure sindaci farmacisti assessori attori e registi militari e paramilitari scout filantropi e para massoni ecc.) specie in occasione di qualche funerale "importante" , sempre con gli scontati applausi; non è un mio giudizio , io non giudico, io VEDO caro il mio interlocutore,
    facente funzioni del buon ignaro p. Cavalcoli, che invece non mi legge; non ho studiato teologia? Vero, ma conosco la legge di Dio e la dottrina, Le basta? "prendo atto di una situazione" ma poi non condanno, come vuole sotto intendere Lei:
    a quello ci penserà Dio. Ma quante anime si stanno perdendo DEFINITIVAMENTE nel mentre che aspettiamo sti frutti ? La mia Fede invece me la lasci; che Dio la benedica.

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    1. Caro Nicola,
      lei deve fare una distinzione tra la riforma liturgica promossa dal Concilio e la sua deformazione promossa dai modernisti.
      Non è difficile riconoscere l’oggettività di tutti quegli abusi dei quali lei mi fa l’elenco. Lei mi trova perfettamente consenziente con lei nel denunciare e condannare quegli abusi, perché si vede che lei si fonda sul medesimo criterio di valutazione che uso io, cioè una retta concezione della Santa Messa.
      Stando così le cose, la cosa fondamentale da fare è la retta applicazione della riforma liturgica promossa dal Concilio Vaticano II. La cosa che a me dispiace, e che la mette in contraddizione con quanto lei denuncia, è il fatto, da come ho capito, che lei respinge la riforma come tale e forse il Novus Ordo. Ho ragione o sbaglio?
      Se così fosse, lei si pone dalla parte del torto, perché perde la sua credibilità, inquantoché, prima di criticare gli abusi, dovrebbe lei per primo dichiarare la sua piena adesione al Novus Ordo. Solo a queste condizioni lei, dando il buon esempio, è qualificato e credibile nel criticare gli errori dei modernisti, a meno che lei non consideri modernisti coloro che mettono in pratica la riforma del Concilio.
      Sono infatti soltanto coloro che la mettono in pratica ad essere qualificati nel disapprovare gli abusi, non solo dei modernisti, ma anche dei passatisti.

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  10. Caro padre Cavalcoli.
    i criteri indicati dal cardinale Ratzinger per poter curare al più presto, come dice, con lo scisma di mons. Lefebvre, sembrano molto attuali, molto utili e soprattutto molto accurati.
    Mi chiedo, allora, si è notato durante i nove anni di regno di papa Francesco che, in qualche modo, almeno, tali criteri sono stati messi in pratica dall'attuale Pontefice?
    Trovo difficile vedere in papa Francesco uno sforzo per riconoscere gli aspetti positivi degli scismatici lefebvriani, come un passo preliminare essenziale nell'opera ecumenica che la Chiesa cattolica deve fare nei confronti di questi scismatici.
    Grazie.

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    1. Caro Pierino,
      le dirò che, commentando il discorso del card. Ratzinger ho effettivamente pensato a Papa Francesco.
      Secondo me il Santo Padre dovrebbe tenere conto degli spunti per un’opera di pacificazione tra lefevriani e modernisti, che gli vengono non solo da questo discorso di Ratzinger, ma anche da tutta la sua attività di Prefetto della CDF e soprattutto di Sommo Pontefice.
      Gli osservatori più attenti notano infatti da tempo che Papa Francesco dedica una grande attenzione ed usa una grande cordialità con tante formazioni religiose, che agiscono al di fuori dei confini visibili della Chiesa e che oggettivamente dovrebbero poter essere avvicinate alla Chiesa da una sapiente opera evangelizzatrice, che accompagnasse l’apprezzamento dei loro valori alla caritatevole e prudente correzione dei loro errori mediante l’uso di argomenti persuasivi e la testimonianza di una sincera carità.
      Sennonchè, finchè all’interno della Chiesa permane la grave situazione di conflittualità che si trascina da sessant’anni, c’è da domandarsi con quale credibilità i nostri missionari si presentano agli evangelizzandi a predicare l’unione fraterna.

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  11. Padre Cavalcoli, vorrei sottolineare nel discorso del cardinale Ratzinger in Cile nel 1988, l'approccio teologico-pastorale in cui l'allora Prefetto della Fede inquadra il problema del lefebvrismo.
    È chiaro che già nel 1988, dopo le consacrazioni ribelli, lo considera uno scisma. E quindi inquadra il problema dei rapporti con mons. Lefebvre e con i suoi seguaci, nel campo dei compiti ecumenici. Credo che questo approccio debba essere sottolineato e chiarito all'inizio (anche se Ratzinger in seguito, come Papa Benedetto XVI, ha guidato il "dialogo ecumenico" all'interno della Congregazione per la Dottrina della Fede).
    Quindi, voglio sottolineare l'importanza del fatto che, come dice un lettore precedente: 1) descrive il lefebvriano come uno scisma, e 2) inquadra i rapporti con i lefebvriani nel quadro della pastorale ecumenica.
    Non so voi, ma ho notato che subito dopo l'emanazione del motu proprio Traditionis Custodes, la prima e principale reazione delle comunità lefebvrane è stata quella di attaccare la rinnovata classificazione di "scisma" verso i lefebvriani fatta da papa Francesco . Hanno negato tale qualifica, hanno ripetuto le loro sofisticate argomentazioni sul non essere scismatici, e anche i soliti articoli sono stati ripetuti sulle loro pagine ufficiali, negando di essere scismatici, quando questo è ovvio.
    Quello che è successo, e ne io sono convinto, è che, soprattutto dopo quel "dialogo teologico" avviato da Benedetto XVI attraverso la CDF e la Commissione Ecclesia Dei, i leader lefebvriani hanno affrontato questo tema con grande astuzia, trasmettendolo ai loro seguaci l'idea e il sentimento di essere un Ordine o una Congregazione, o un diverso modo di essere, ma anche “cattolici”, nei diversi modi di appartenenza alla Chiesa.
    In un certo senso, è la stessa concezione erronea di alcuni protestanti, e di certi falsi ecumenisti cattolici, di intendere l'ecumenismo e, in definitiva, l'essenza della Chiesa.
    Grazie.

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    1. Paolo, quello che citi è un grosso problema per il dialogo ecumenico con i lefebvriani. Perché con tutti gli altri scismatici (siano essi ortodossi orientali, o protestanti nelle loro varie denominazioni) si considerano tutti "scismatici", anche se non si chiamano così, ma si considerano non parte della Chiesa Cattolica, si considerano al di fuori della Chiesa Romana.
      Al contrario, i lefebvriani non si considerano al di fuori della Chiesa Romana, non si considerano scismatici (anche, come dice lo stesso Ratzinger nel suo discorso in Cile, Lefebvre si riteneva di aver salvato la vera Chiesa, lontano dalla Chiesa "conciliare").
      Ecco il problema del lavoro ecumenico nei loro confronti.
      Sono loro che si considerano fare "ecumenismo" davanti alla "chiesa conciliare", affinché la Roma conciliare torni alla "Roma eterna".
      Il problema con loro non è piccolo. L'unica consolazione è che sono una minoranza, anche se rumorosa.

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    2. Caro Paolo,
      capisco il disagio dei lefevriani di essere considerati scismatici, ma, d’altra parte il fatto di non accettare le dottrine del Concilio è un segno di mancanza di comunione con la Chiesa. Infatti anche Papa Benedetto XVI, parlando con loro, ha loro ricordato di non essere in piena comunione con la Chiesa per il fatto di non accettare le nuove dottrine del Concilio Vaticano II.
      Da ciò discende l’impossibilità di considerarli pienamente cattolici, perché il cattolico è colui che si trova in piena comunione con la Chiesa, ed inoltre l’impossibilità di poter essere riconosciuti come vero e proprio istituto religioso, perché anche questo richiede la piena comunione con la Chiesa.

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    3. Caro Saverio,
      l’atteggiamento dei lefevriani è evidentemente contradditorio, per il fatto che da una parte vogliono considerarsi cattolici e si considerano ancora più cattolici del Papa, mentre dall’altra obbiettivamente, non so con quanta consapevolezza, a causa del loro rifiuto delle dottrine del Concilio, non possono considerarsi pienamente cattolici.
      Certo, il caso dei protestanti è molto diverso, perché essi non tengono affatto a considerarsi cattolici, anche se pur essi si considerano più fedeli al Vangelo della Chiesa Cattolica.
      Ad ogni modo mi sembra molto opportuna l’idea di Ratzinger di trattare il problema lefevriano sul modello della attività ecumenica, perché nell’uno e nell’altro caso Roma si impegna a fare il possibile per chiamare a sé questi fratelli separati.

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  12. la S. Messa in liturgia Vetus non l'ha inventata il card. Bugnini altro ieri sera, nemmeno il primo massone che passò in vaticano perché era gia' defunto da poco; non lo dico io,
    io replico. Lei, gentile interlocutore del blog, capirà, eccome, spero, il disagio di chi è obbligato per obbedienza come me a seguire il novus ordo Missae (non parlo dell'Eucarestia) (stante che il vetus è una definizione deviante, prodromica, intesi) "obtorto collo", qual disarmante teatrino, Eucarestia esclusa ripeto.
    In alternativa per assistere alla celebrazione liturgica originale
    dovrei (talvolta lo faccio) farmi un centinaio di chilometri (in auto, per grazia di Dio) con quello che costa la benzina però: quindi io penso talvolta: cosa ci sarà mai di così attraente per me ignorante (e non per altri ignoranti) nella celebrazione originale per cui 15€ pago di sola benzina? Mi dirà che devo essere rieducato ? Mi dica, attendo cortesi e chiari consigli, non uno sbrigativo vai in cina.
    Da ultimo, cosa che più mi preme, poi ci salutiamo: QUALI SAREBBERO LE RAGIONI INSORMONTABILI E/O NON per cui la liturgia in uso dei decenni e secoli del passato, andava radiata ? Non le ho ancora comprese, anzi no, aspetti un attimo, sia paziente, grazie, forse ho capito or ora: lo smontaggio. E ci stanno riuscendo, che disastro! Cristo ancora in Croce. Un saluto Sig. x

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    1. Caro Nicola,
      ha cominciato San Paolo VI a spiegare i motivi che hanno portato la Chiesa a sostituire il Novus Ordo al Vetus Ordo e da allora i Papi non hanno cessato di spiegare questi motivi, non ultimo l’attuale Pontefice con la Lettera Apostolica Desiderio Desideravi.
      In poche parole queste ragioni si riassumono nel fatto che la Vetus Ordo, per quanto possegga molti aspetti pregevoli, dal punto di vista pastorale non risponde più alle istanze liturgiche nuove, che vengono avanzate dal Concilio, e non risponde più al modo col quale i cattolici di oggi esprimono la loro religiosità e il loro senso del sacro.
      Stando così le cose, è doveroso che lei frequenti il Novus Ordo, soprattutto le domeniche e le feste comandate.
      Per quanto riguarda il Vetus Ordo, non è affatto proibito frequentarlo. Ma, d’altra parte lei dovrebbe comprendere che ormai sono talmente pochi i fedeli che lo seguono, che i luoghi di accesso sono forzatamente rari e difficilmente raggiungibili. Tuttavia, se lei ha questa possibilità, è cosa senz’altro lodevole che la frequenti.

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    2. Egregio direttore del blog, mi sarò spiegato male: Le chiedevo: quali furono al tempo del (CV2?)(CVII?), SECONDO LEI, i principali motivi molto SINTETICAMENTE descritti, visto anche il poco spazio, per cui la liturgia di Pio V, confermata, valida nei secoli, fu invece radiata, soppressa, ridotta ad articolo da museo.
      Ella mi rimanda ad editti, lettere di intenti, considerazioni, statuti, proclami, discorsi, lettere, fumosi, ambigui e dispersivi della clerocrazia politicante; mi aggiunge una deduzione illogica sul meccanismo causa effetto circa l'utilizzo quantitativo della nuova liturgia, del tipo: siccome la stragrande maggioranza dei gatti oggi mangiano cibi in scatola, vuol dire che è giusto così perché è un cibo in scatola. In questi giorni abbiamo assistito al disgraziato evento riguardante il (mon)Sig. Paglia e legge 194 su Raicom3, ma anche lei mi sta rattristando parecchio: quando vi fermerete e chi vi fermerà?

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    3. Caro Nicola,
      le ho già spiegato quali sono stati i motivi della riforma liturgica. Le ho spiegato che essa ha dato buoni effetti da parte di coloro che hanno saputo interpretarla rettamente. Le ho detto che gli abusi liturgici non dipendono dalla applicazione della riforma, ma dalla sua falsa interpretazione da parte dei modernisti. Le ho detto che il Santo Padre non ha affatto abolito il Vetus Ordo, ma ne ha regolamentato la celebrazione.
      La prego di non tornare sempre da capo, come se io non avessi risposto alle sue domande, perché, se lei si mostra insoddisfatto, come se non avessi risposto, mi viene il sospetto che lei voglia cercare la polemica.
      Inoltre, per comprendere la vita della Chiesa occorre avere una apertura ai lati positivi e non fermarsi soltanto sul negativo. Questa è una esigenza della carità e della giustizia.
      Ritengo che nessuno l’abbia incaricato di essere un duro giudice verso i suoi fratelli nella fede e le ricordo che chi non ha misericordia non riceverà misericordia.

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    4. sono decenni che vi sto studiando a fondo, utilizzando ogni escamotage, adesso si è aggiunto un importante tassello per capirvi (Dio non c'entra nulla) molte grazie e distinti saluti.

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    5. Caro Nicola,
      vorrei dirti due cose: con l’espressione “vi sto studiando a fondo”, a chi ti riferisci? Potresti darmi una descrizione?
      In secondo luogo, ti faccio presente che per studiare le persone non si devono usare degli escamotages, ma occorrono criteri adatti alla delicatezza del tema, che mette in gioco la dignità delle persone.
      In particolare occorre valersi di un criterio di giudizio che faccia capo a come Dio stesso intende la dignità della persona e i doveri del suo comportamento.
      Inoltre è importante abituarsi a distinguere ciò che una persona fa o pensa oggettivamente o esteriormente da ciò che essa può intender pensare o fare nella sua coscienza.
      Tu hai la pretesa di saper e dover giudicare, ma purtroppo non ti accorgi di non conoscere la realtà. Io, che scrivo, sono Padre Giovanni Cavalcoli; sono a Fontanellato e sono ben visibile. Mi faccio aiutare per la parte tecnica nell’uso del mio blog, dei miei siti e della mia pagina Facebook.
      Quindi ti prego di approfondire la realtà, anche semplicemente con una telefonata o una visita. Non è un tono risentito o aspro o sarcastico che risolve i tuoi dubbi.

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  13. "...esempi dei buoni frutti del Concilio sono i seguenti:
    1) Una liturgia eucaristica che comporta una maggiore partecipazione da parte del popolo, una maggiore accentuazione dell’aspetto pasquale, una maggiore ricchezza di letture bibliche, i ministeri femminili, l’orientamento ecumenico, l’inculturazione della liturgia, l’uso della lingua volgare, il sacerdozio comune dei fedeli.
    2) La promozione del laicato e della famiglia, la valorizzazione della vita politica e della cultura, la promozione della ricerca teologica, il confronto col mondo moderno, la presenza della donna nella vita pubblica e culturale, la confutazione dell’ateismo.
    3) La natura della Chiesa come Popolo di Dio, la teologia dei carismi, il valore della Rivelazione e della Tradizione, la chiamata universale alla santità, la Beata Vergine Maria come modello della Chiesa, la promozione dell’escatologia.
    4) Il documento sulla libertà religiosa, la promozione dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso.
    5) La promozione delle missioni e dell’evangelizzazione, l’uso degli strumenti della comunicazione sociale."

    1. Sempre meno persone vanno a Messa. Non so se più partecipi, per aver risposto "E con il tuo spirito" in volgare. Ma meno persone vanno a messa. È un fatto. 2. Promozione famiglia? Il divorzio è stato promosso. 3. Non sono frutti. Al massimo sarebbero proposte. 4. Il documento non è il risultato del CVII, è la parte del CVII. Dell'altro: senza parole. 5. Notevolmente diminuito. Un altro fatto.

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    1. Caro Tonino,
      1) Il calo dei fedeli non dipende dalla riforma liturgica, ma dall’influsso modernista.
      2) La famiglia, che è frutto del Concilio, è migliore di quella di prima, perché valorizza di più il ruolo della donna e comporta un metodo educativo più basato sulla persuasione che sulla disciplina. La diffusione del divorzio non è certamente dovuta al Concilio, ma alla diffusione dell’edonismo liberale.
      3) Gli elementi che ho elencato non sono semplici proposte, ma sono dati di fatto. Anche in questo campo però si è fatto sentire un populismo che enfatizza in modo esagerato la funzione del popolo di Dio; si è diffuso un carismatismo indisciplinato. Per quanto riguarda il culto mariano, non c’è dubbio che il successo di Medjugorje è dovuto al potenziamento del culto mariano promosso dal Concilio.
      4) Sui punti suddetti c’è stato un progresso. È vero tuttavia che i modernisti hanno rovinato questo progresso diffondendo l’indifferentismo, il sincretismo, il relativismo e provocando una protestantizzazione di certi cattolici, senza ottenere la conversione dei protestanti.
      5) Il Concilio ha migliorato il metodo dell’evangelizzazione, introducendo il principio della inculturazione e della gradualità. La stasi dell’evangelizzazione è un effetto del relativismo modernista.
      Lei non vede i frutti, perché scambia le proposte del Concilio con le mistificazioni moderniste. Inoltre, se c’è una soluzione ai problemi e ai drammi dell’umanità di oggi, questa è proprio quella che propone il Concilio, che lo Spirito Santo ha donato alla sua Chiesa.
      Quindi, se siamo pieni di guai, ciò è dovuto al fatto che il Concilio Vaticano II o non è stato applicato o è stato falsificato.

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