Pietà per l’Ucraina La vocazione ecumenica dell’Ucraina - Prima Parte (1/4)

 
Pietà per l’Ucraina
La vocazione ecumenica dell’Ucraina

Prima Parte (1/4)

 

Parte I – Le cause della guerra

I nodi si riducono al pettine

 

L’interpretazione che i modernisti bideniani danno della guerra in atto in Ucraina è molto semplice e chiara: si tratta dell’aggressione crudele del malvagio Putin, autocrate reazionario tradizionalista omofobo di destra e fondamentalista religioso, ad un popolo pacifico, laico, democratico, europeista ed innocente, che aspira al progresso, alla modernità e alla conquista delle libertà occidentali.

In ciò c’è indubbiamente del vero, ma non è tutta la verità. Se vogliamo veramente la fine della guerra e la pace in Ucraina, bisogna che integriamo e correggiamo queste vedute con altre, anch’esse basate sui fatti. La guerra in Ucraina non è la semplice espressione della volontà dittatoriale di Putin di restaurare quel potere politico, che la Russia aveva ai tempi dell’Unione Sovietica. Le radici storiche di questa guerra sono da cercare molto anteriormente al periodo staliniano o zarista.  

La presente guerra è lo sbocco ultimo, tragico ed estremo di una lunga storia dolorosa dell’Ucraina, le cui origini debbono essere fatte risalire addirittura allo scisma d’Occidente del 1054. È da allora che l’Europa cristiana ha cominciato a dividersi sia religiosamente che politicamente; e la nazione che in seguito avrebbe sofferto maggiormente di questa sciagurata divisione sarebbe stata l’Ucraina, che si trova proprio nel punto di frizione fra l’Europa occidentale e quella orientale.

L’Ucraina, quindi, è quel paese europeo che maggiorate soffre e risente di questa divisione secolare e diremmo innaturale, di un’Europa originariamente cristiana ed anzi cattolica fino al 1054, quando avvenne la sciagurata separazione di Costantinopoli da Roma. Questa contrapposizione si è protratta ed aggravata nei secoli fino agli anni posteriori alla seconda guerra mondiale, allorchè cominciò a formarsi una federazione di alcuni Stati dell’Europa occidentale, federazione sempre più perfezionatasi negli anni, fino a che nel 1993 si venne a costituire l’Unione Europea con l’ingresso in essa anche di Stati dell’Europa centro-orientale, che facevano pare dell’Unione Sovietica.

Il formarsi dell’Unione Europea è certamente stato un fenomeno positivo; ma il guaio è che essa, formatasi prima dello scioglimento dell’URSS nel 1991, e quindi in comprensibile opposizione alla Russia comunista, all’atto della fine dell’URSS e con l’accesso della Russa alla democrazia e il ritorno del cristianesimo, l’Unione Europea non ha fatto alcun passo per favorire l’ingresso anche della Russia, anzi ha mantenuto, col mantenere la NATO, un atteggiamento ostile o quanto meno diffidente nei confronti della Russia.

Così, mentre il riferimento a Dio entrava nella nuova Costituzione russa, l’UE europea rifiutava la proposta di San Giovanni Paolo II di citare nella Costituzione dell’UE le sue radici cristiane. Si invertivano le parti: laddove c’era stato l’ateismo, tornava il cristianesimo; laddove c’era stato il cristianesimo, si affermava l’ateismo.

L’Unione Europea è un modo falso, empio, barbaro, antistorico ed isolazionistico di edificare l’Europa. L’UE ha approfondito il secolare solco tra Europa occidentale ed Europa orientale, perché si è costruita non con la Russa sulla base delle comuni radici cristiane, ma contro la Russia, sulla base del liberalismo e della massoneria. Se oggi siamo arrivati alla guerra in Ucraina, la colpa non è solo della Russia, ma anche dell’UE, che vuol far da maestra di libertà, di democrazia e di pace alla Russia, quando la corruzione morale non dico dei cattolici, ma degli europeisti UE è peggiore della corruzione della Russia, che ha comunque il suo grave torto di aver invaso l’Ucraina. 

E ciò ha indubbiamente una causa remota nel fatto che per lunghi secoli è mancato il dialogo e la mutua comprensione fra cattolici dell’Europa occidentale ed ortodossi greco-russi. Il solco apertosi nel 1054 si è successivamente allargato ad ovest con la riforma luterana e ad est col sorgere della Chiesa ortodossa moscovita, la cosiddetta «Terza Roma». Le due guerre mondiali non sono state altro che la conseguenza di questa divisione dell’Europa.

Ma non sono lontano dal pensare che questa guerra nel cuore dell’Europa, centro, nonostante tutto, del cristianesimo, sia più o meno apertamente voluta o favorita o guardata di buon occhio, dai grandi potentati mondiali che in forme diverse, aperte o nascoste, dolci o violente vogliono la distruzione del cristianesimo per ottenere loro il dominio del mondo: l’Islam, il comunismo, la massoneria e il sionismo apertamente; l’induismo e il buddismo in forma morbida e garbata, ma non meno pericolosa e dannosa.

I cristiani non-cattolici, edotti dalle lezioni delle due terribili guerre, nel secolo scorso, simili al figliol prodigo, hanno finalmente avuto l’umiltà e la saggezza di avvertire il bisogno di tornare all’originaria cattolica unione fraterna attorno a Roma, voluta da Cristo, unione quindi precedente lo scisma di Lutero, precedente lo scisma di Mosca, precedente lo scisma di Costantinopoli.

Provvidenziale è stato pertanto il Concilio Vaticano II, il quale, col decreto Unitatis redintegratio, ha raccolto questa importante istanza dei fratelli separati, ha indicato la strada da seguire, ha inaugurato uno stile più evangelico della Chiesa nei loro confronti, abbandonando un’eccessiva severità del passato, ha messo meglio in  luce i dogmi che ci uniscono, ha indicato a tutti i cristiani di tutte le confessioni, in particolare cattolici ed ortodossi, la via della riconciliazione e della pace non nell’unione delle «fedi», come alcuni relativisti oggi scioccamente dicono, ma nell’unica vera, piena e retta fede, cattolica, apostolica e romana.

Ora l’Ucraina nel secoli passati è sempre stata terra contesa fra cattolici ed ortodossi stranieri, e da essi lacerata come capita ad un oggetto prezioso tirato da due forze opposte, che se ne vogliono impossessare, da una parte polacchi e lituani[1] cattolici e dall’altra i russi ortodossi, i quali entrambi raramente si sono comportati con vero disinteresse e vera carità evangelica e spesso hanno dato prova purtroppo al popolo ucraino di volerlo dominare col pretesto di convertirlo alla propria fede.

Il risultato è stato che l’Ucraina è da allora spaccata in due fra le due confessioni opposte come farebbero due fazioni politiche, impedendo all’Ucraina di comprendere veramente la propria identità nazionale e quindi di affermarla in autonomia ed in giusta indipendenza dalle due potenze che aveva ed ha ai suoi lati.

Essa ha sopportato per secoli simile forzata scissione ed umiliazione nel vedersi contesa, sfruttata e strattonata da potenze straniere e dallo stesso popolo russo, al quale essa aveva dato i natali,  finché nell’‘8-900, affermandosi in Europa i vari nazionalismi, sorse  in essa, attorno agli anni ’20 del secolo scorso, per reazione esasperata e quindi estremista, ad opera di Stepan Bandera, del quale parlerò più sotto,  un nazionalismo estremista sanguinario, forsennato, fanatico ed arrogante, il quale si ispirò al nazionalismo tedesco nazista di origine hegeliano-nicciana[2].

Inoltre, per risolvere il problema ucraino e far cessare la guerra, occorre aggiungere un altro fatto importante e cioè le origini storiche del popolo ucraino e del popolo russo.  Si tratta di una storia spiccatamente diversa da quella degli altri popoli, ognuno dei quali normalmente tende a mantenere la propria identità e ad accrescersi in modo omogeneo, seppur risultante dalla mescolanza di etnìe diverse, organizzandosi in un unico Stato nazionale in un medesimo territorio.

Invece il popolo ucraino, organizzatosi in entità politica nel 988 col battesimo di San Vladimiro, principe di Kiev e re dei Russi (Rus’), a questa data coincideva esattamente col popolo russo; era uno stesso popolo; anzi, non esisteva neppure la denominazione «ucraino», che vuol dire semplicemente «territorio di confine», espressione evidentemente coniata dalla nuova capitale Mosca e non da Kiev.

Questo popolo abbracciante all’inizio tanto Kiev che Mosca, anzi più Kiev che Mosca, cominciò a partire dal sec. XIV non dico a scindersi, ma certamente a differenziarsi al suo interno, allorchè, espandendosi verso il nord-est dell’Europa, fondò la Chiesa di Mosca nel sec. XII, dopo che nel 1054 era avvenuto lo scisma di Costantinopoli da Roma. Ma, dato che nel sec. XIV la metropolìa di Kiev passò sotto la metropolìa di Mosca, città ormai più importante e sede di un principato, sorta sotto l’egida del Patriarcato scismatico di Costantinopoli, anche Kiev seguendo Mosca, divenne scismatica.

Nel 1589, quando Mosca si separò da Costantinopoli e si proclamò presuntuosamente «Terza Roma», assoggettò a sé il Patriarcato di Kiev ed iniziò anche a dominare politicamente l’Ucraina, che sempre meno si chiamò Russia e sempre più lasciò ai moscoviti il nome di «Russia», distinguendosi dalla «Moscovia», i quali moscoviti del resto si considerarono i Russi più Russi, il centro della Russia, mentre gli Ucraini, popolo di confine, erano i Russi di seconda classe, la «piccola Russia».

Ma non avrebbe tardato, a lungo andare, a mostrarsi tra gli Ucraini, umiliati, la fiera volontà di fare del loro stesso essere ucraino la loro bandiera nazionale, con spirito di rivalsa e di vendetta verso la superba Mosca. Gli Ucraini ferocemente antirussi del Donbass oggi non sono altro che gli eredi di questo secolare rancore contro la Russia di Mosca.

Ma dai tempi degli inizi della nazione ucraina, celata nel popolo russo di Kiev come il feto nel grembo della madre, non può dirsi certo che siano del tutto venute meno quelle radici cristiane che avevano edificato l’Europa. Esse cominciarono a periclitare e ad affievolirsi a causa della stessa diminuzione progressiva della precedente unità della cristianità europea, che allora era la cristianità nella sua interezza, dato che solo a partire dal sec. XV, con la scoperta delle Americhe e dal sec. XVI, con la riforma tridentina promotrice dell’evangelizzazione dell’estremo oriente, la cristianità cattolica iniziò ad allargarsi oltre i confini dell’Europa, mentre gli ortodossi russi avevano provveduto ad evangelizzare la Siberia.

 

L’unità di una società risulta

dalla pluralità coordinata delle sue componenti

 

Ad ogni modo, la crisi dell’unità cristiana europea, come sempre accade quando viene meno il principio dell’unità di un insieme, ha fatto sì che venissero alla luce in forma autonoma, indisciplinata ed anarchica, quelle componenti e quegli elementi tra loro diversi, di origine pagana ma non per questo disprezzabili, che prima erano tenuti uniti, purificati ed accordati dal prevalere del principio unificante cristiano.

Così succede che le componenti dell’insieme organico, naturalmente fatte, nella loro diversità, per completarsi reciprocamente onde formare il tutto, isolandosi l’una dall’altra, diventano principio di esclusione reciproca, ognuna assolutizza se stessa e vuol dominare l’altra o assorbire l’altra, mentre prima dello scisma erano sorelle sotto la comune guida del superiore principio unificante e garante del bene comune.

Così i vari nazionalismi europei, erettisi in Stati sovrani, indipendenti l’uno dall’altro e quindi potenziali nemici l’uno dell’altro, dopo la dissoluzione della cristianità medioevale ad opera prima di Costantinopoli e poi di Lutero, emergono tronfi del loro orgoglio come gli dèi dell’Olimpo, pronti ciascuno a voler prevalere sull’altro. La povera Ucraina, nella sua fragilità, piccolezza ed incertezza, non sa se stare a Est o a Ovest, non ha nessuna voce in capitolo e chi ne prende una fetta, chi si prende l’altra, sempre con la promessa di venirne a liberarla dall’altro.

Ora, nella mentalità nazionalista o sovranista[3], il popolo diverso dal proprio non è visto come diverso, quindi un bene arricchente, un fratello col quale convivere pacificamente, al quale dare e dal quale ricevere, da ascoltare e da istruire, da aiutare e dal quale chiedere aiuto, un fratello col quale lavorare per i medesimi fini o ideali, col quale godere in pace del bene comune, ma, a causa dello sguardo diffidente, invidioso, fazioso e parziale, nasce il conflitto, l’antagonismo, la gelosia; mancano la comunicazione, la comprensione, la stima e la fiducia reciproche; l’altro è visto come cattivo ed ostile, come nemico.

Le differenze, fatte di per sé per utili distinzioni, creatrici dell’ordine sociale, dell’armonia, delle proporzioni e della bellezza, diventano, sotto vani pretesti, odiose e insopportabili. Non si vedono più le somiglianze, le analogie, le affinità, ma sorgono rivalità, falsi dualismi e contrapposizioni, ingiuste e irragionevoli esclusioni reciproche. Alla lucidità della razionalità ed alla comprensione dell’universalità, si sostituisce il torbido della passione; all’apertura all’altro, la chiusura; ai ponti, gli steccati; al giudizio il pregiudizio; all’autocontrollo lo sfogo dell’ira; all’amore si sostituisce l’odio.

L’altro è visto come un pericolo dal quale difendersi. Nasce il desiderio o il bisogno di eliminarlo, considerato nemico della propria esistenza. Tutte le concezioni manichee, divisive o dualistiche, che contrappongono e separano ciò che andrebbe unito, sono all’origine della guerra. La dialettica fichtiano-hegeliana, per la quale l’io si afferma come assoluto escludendo il non-io, la dialettica basata sulla contraddizione e non sull’analogia, non sono altro che la giustificazione della violenza, dall’odio, della distruzione e dell’omicidio. Ecco le premesse e le cause della guerra.

Ora, domandiamoci, nel caso della presente guerra, quali sono le sue cause originarie. Occorre risalire al 1054, aggravato dal 1589 e nella cristianità occidentale, alla riforma luterana, principio di divisione all’interno della stessa cristianità occidentale, alla quale dobbiamo aggiungere la riforma cartesiana del sapere.

Ora, tanto Lutero con le sue eresie quanto Cartesio col suo razionalismo idealista sfociato nell’’800 nel panteismo hegeliano, e poi nell’ateismo marxista e nel superomismo nicciano, hanno contrapposto ancora di più l’Europa occidentale a quella orientale ortodossa, la quale, tutto sommato, per il suo tradizionalismo, ha conservato intatto il patrimonio della fede, mentre, a parte il cattolicesimo romano, rimasto sempre nella fede retta ed integra di Cristo,  il cristianesimo luterano-cartesiano fideista-razionalista, nell’Europa occidentale nei secoli seguenti fino ad oggi è finito addirittura nell’ateismo e nel nichilismo.

Ora, tra tutti i paesi e popoli europei, l’Ucraina, nata cattolica nel sec. IX col battesimo di San Vladimiro, principe di Kiev e re dei Russi, è la nazione con la storia cristiana e nazionale più disgraziata, infelice e drammatica. Divenuta ortodossa nel sec. XII per seguire lo scisma di Costantinopoli, nel sec. XVI ha seguìto anche lo scisma di Mosca da Costantinopoli ed è venuta a dipendere dal Patriarca di Mosca, detto Patriarca di «tutte le Russie», appunto perché guida non solo della Grande Russia di Mosca, ma anche della «Piccola Russia» di Kiev e la Bielorussia.

Qui peraltro, per chiarire l’argomento, dobbiamo far entrare nella discussione l’esame di un certo concetto presente nell’Ortodossia, concetto che purtroppo è sempre stato fonte di equivoci tra ortodossi da quando L’ortodossia nata con lo scisma da Roma, e cioè il concetto di autocefalìa. Esso non è chiaro, perché, col pretesto di una autonomia, spezza il legame con l’autorità superiore. Ma è evidente che se ci ribelliamo al superiore, è facile che chi vogliamo guidare si ribelli a noi. Così succede a tutti gli scismatici e gli eretici.

Il luterano, per esempio, contesta Lutero in nome di quella stessa rivolta al Papa con la quale ha preteso di attuare la libertà cristiana. Il cartesiano Fichte o Hegel critica Cartesio in nome di quella rivoluzione del pensiero che Cartesio ha voluto attuare. In poche parole, avviene quello che dice il proverbio popolare: chi la fa, l’aspetti. Così è successo a Costantinopoli, la quale, ribellandosi a Roma, ha permesso che Mosca si ribellasse a lei. E Adesso Cirillo vede ergerglisi contro parte della Chiesa ortodossa ucraina da lui dipendente, ma indignata per l’invasione russa.

 

Nasce lo Stato Ucraino distinto dallo Stato Russo

Riprendendo la nostra narrazione, diciamo che il rapporto difficile fra la Chiesa di Kiev e quella di Mosca, inizia soprattutto a partire dal 1589, allorchè Mosca inizia a considerarsi orgogliosamente la Terza Roma, rendendosi indipendente dalla Chiesa di Costantinopoli, che a sua volta nel 1054 si era ribellata a Roma.

A questo punto, il centro del potere politico e religioso russo originario si sposta da Kiev a Mosca: la porzione moscovita del popolo russo comincia a trattare con superiorità quella di Kiev, tanto che il suo territorio comincia ad essere chiamato spregiativamente dai moscoviti «Ucraina», terra di confine, insomma un territorio ai margini.

Essa viene, come si dice oggi, emarginata, disprezzata ed umiliata. Certamente Mosca presenta anche un atteggiamento benevolo e protettivo verso Kiev, ma sempre da sorella maggiore a sorella minore.  Comunque per adesso, nel sec. XVI, Ucraina e Russia sono uno solo Stato con i medesimi confini territoriali. Invece l’Impero Russo, che nel sec. XVII inaugurerà lo zarismo con la dinastia dei Romanov, accentuerà l’assoggettamento dell’Ucraina alla Moscovia.

Tuttavia è nel corso dei secc. XVI-XIX che sorge e si sviluppa progressivamente il popolo ucraino, distinto dal russo, benché paradossalmente il russo oggi non corrisponda più a quello che oggi chiamiamo ucraino, ma che nel sec. IX era esattamente ed originariamente il popolo russo: la Rus’ di Kiev, come la chiama anche San Giovanni Paolo II nella lettera che ricorda appunto il battesimo della Rus’ di Kiev[4].

Un momento di grave e addirittura sanguinoso conflitto religioso, naturalmente non senza agganci politici con la Russia ortodossa e la Polonia cattolica, fu l’Unione di Brest del 1596, quasi una reazione al maggior allontanamento del Patriarcato moscovita da Roma del 1589 di quanto non lo fosse stato Costantinopoli.

Detta Unione, che dette origine ai cosiddetti Uniati, fu appunto il convegno di un gruppo di vescovi ucraini ortodossi, che decisero di abbandonare Mosca per entrare nella piena comunione con la Chiesa Romana. Uno degli effetti benèfici di questo ritorno dell’Ucraina a Roma fu il diffondersi delle conversioni dall’ortodossia al cattolicesimo nella popolazione.

E tra queste conversioni, eccelsa per potenza di irradiazione, ci fu quella di S.Giosafat, già educato col nome di Giovanni da genitori ortodossi. Ma nel 1604, fattosi cattolico, si fece altresì monaco. Sacerdote nel 1609, fu consacrato vescovo di Polotzk nel 1616. Gli ortodossi reagirono ferocemente alle conversioni al cattolicesimo, forse temendo un assoggettamento dell’Ucraina alla Polonia. Fatto sta che nel 1623 Giosafat fu ucciso da fanatici ortodossi.

Dietro la testimonianza del Martire le conversioni aumentarono sempre di più, fino a che L’Ucraina divenne in parte cattolica e in maggioranza ortodossa. I cattolici di Brest spezzarono l’unità della patria? Questa era l’idea degli ortodossi nazionalisti. O invece piuttosto i cattolici ritrovavano le autentiche radici e il vero volto della patria ucraina, riannodando le fila con San Vladimiro, principe di Kiev, fondatore del popolo ucraino allora identico al russo?

Il fatto è che gli Ucraini da allora non riuscirono più a conservare l’unità nazionale per la loro tendenza, tipica dell’ortodossia, ma anche di un certo cattolicesimo troppo nazionalista, a identificare la patria con la propria fede religiosa, sicchè il cattolico per l’ortodosso appariva nemico della patria ed asservito alla Polonia, mentre per corrispondenza nella stessa erronea mentalità, l’ortodosso, anche per il cattolico, appariva nemico della patria asservito alla Russia.

In questo meccanismo maledetto entrava ad aggravarlo un altro fattore: il concetto ortodosso, non evangelico, ma tipicamente orientale, dell’autorità religiosa e civile. In questa mentalità il superiore non accetta osservazioni o critiche di alcun genere da parte del suddito, ma esse sono facilmente viste come insubordinazione e punite. Si può immaginare quali siano le conseguenze di questa mentalità nel problema del rapporto dell’ortodosso con fedeli di altre confessioni cristiane.

La convivenza con loro è sempre per l’ortodosso faticosa per non dire insopportabile. Per questo, nei paesi dove predomina l’ortodossia l’ecumenismo e la libertà religiosa sono o ignorati o quasi impossibili, a differenza dei paesi occidentali, nei quali cattolici e protestanti convivono e dialogano senza eccessivi problemi.  

Si aggiunga il fatto che l’Ucraina per un verso si trova in una situazione geografica infelice, in mezzo tra occidente ed oriente, e quindi nel loro punto di frizione; ma, ammessa l’auspicabile ipotesi che essa intraprenda sul serio il lavoro ecumenico, d’un balzo si troverebbe in  una posizione privilegiata, come accenna San Giovanni Paolo II, facendo non da “cuscinetto”, che è un concetto insulso, ma da mediatrice e collegamento unificante, quindi principio di concordia nella diversità e ella reciprocità,  fra occidente ed oriente.

Di fatto è successo purtroppo nei secoli che il processo di differenziazione interna del popolo nato e agglomeratosi a Kiev e successivamente allargatosi a Mosca negli anni si è accentuato e dalla distinzione si è passati alla separazione ed al contrasto, come tra due diversi popoli, Stati o nazioni, fino ad arrivare, oggi, a un tale contrasto, che ha portato addirittura alla guerra, guerra che comunque, per il passato storico dei due paesi, ha tutto l’amaro sapore di una guerra fratricida sia in senso nazionale che in senso religioso.

La distinzione formale fra Stato Ucraino e Stato Russo sarà fissata dai sovietici nel 1918, ai quali non interessavano per niente le comuni radici cristiane e nazionali di Russi ed Ucraini. Invece, da esperti conoscitori del divide et impera, invece di preoccuparsi di favorire la concordia fra Russi ed Ucraini, con tipica mentalità dialettica marxista, accentuarono la contraddizione, convinti di poter ottenere da essa una più facile sottomissione dell’Ucraina.

Nel corso della seconda guerra mondiale l’Ucraina fu dominata dalle idee di Stepan Bandera, un patriota di estrazione cattolica, ma formatosi successivamente sull’ideale hegeliano-nicciano dello Stato e del popolo, che era alla base del nazismo. Bandera suscitò un movimento di accoglienza dell’esercito invasore tedesco, in quanto liberatore dal dominio sovietico, ma successivamente fu fatto prigioniero dei nazisti per il fatto che, accortosi della loro intenzione di sottomettere l’Ucraina al Reich, si oppose anche ai nazisti. D’altra parte il partito di Bandera si oppose anche agi Alleati, nel timore che essi pure volessero dominare l’Ucraina.

Così avvenne che egli finì per dividere ancora di più il popolo ucraino, sicchè per metà Ucraina Bandera appare come un eroe nazionale per aver lottato contro i sovietici, ma per i filoccidentali appare come un criminale, nemico della patria per aver appoggiato l’invasione nazista. Egli peraltro ha lasciato una triste eredità: dopo la sua morte sono sorti gruppi armati di estrema destra, che hanno ripreso il suo nazionalismo esasperato antirusso, compiendo stragi di russofoni nel Donbass a partire dal 2014. Questi atti di ostilità hanno fornito a Putin il pretesto per l’invasione dell’Ucraina.

Negli anni precedenti 2004 e 2013 in Ucraina erano avvenute due rivoluzioni-sommosse, filoccidentali e antibandera, rispettivamente le cosiddette «rivoluzione arancione» e «euromaidan», tentativi popolari riusciti di avvicinare l’Ucraina all’orbita dell’Unione Europea ed alla NATO; ma resta sempre, forte, nelle aree sud-orientali, dove persiste l’ammirazione per Bandera, l’altra anima filorussa di carattere sia religioso ortodosso che nazionale.

Fine Prima Parte (1/4)

P. Giovanni Cavalcoli       

Fontanellato, 12 maggio 2022

Memoria della Prima Apparizione della Madonna a Fatima



Il popolo ucraino, organizzatosi in entità politica nel 988 col battesimo di San Vladimiro, principe di Kiev e re dei Russi (Rus’), a questa data coincideva esattamente col popolo russo; era uno stesso popolo; anzi, non esisteva neppure la denominazione «ucraino», che vuol dire semplicemente «territorio di confine», espressione evidentemente coniata dalla nuova capitale Mosca e non da Kiev.

 

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Tra tutti i paesi e popoli europei, l’Ucraina, nata cattolica nel sec. IX col battesimo di San Vladimiro, principe di Kiev e re dei Russi, è la nazione con la storia cristiana e nazionale più disgraziata, infelice e drammatica. 

Divenuta ortodossa nel sec. XII per seguire lo scisma di Costantinopoli, nel sec. XVI ha seguìto anche lo scisma di Mosca da Costantinopoli ed è venuta a dipendere dal Patriarca di Mosca, detto Patriarca di «tutte le Russie», appunto perché guida non solo della Grande Russia di Mosca, ma anche della «Piccola Russia» di Kiev e la Bielorussia.


Immagini da Internet:
- San Vladimiro
- Battesimo di San Vladimiro 
 

[1] Vedi di San Giovanni Paolo II la Lettera apostolica in occasione del sesto centenario del «battesimo della Lituania del 5 giugno 1987. Polacchi e lituani, come pure i Cavalieri teutonici tedeschi hanno indubbi meriti nell’evangelizzazione dell’Ucraina e nel loro tentativo di ricondurla alla comunione con la Chiesa cattolica. Ma purtroppo non sono andati sempre esenti dal proselitismo, che non rifugge dall’imposizione e dalla segreta voglia di dominare politicamente.

[2] Come ho dimostrato in un mio recente articolo sulla dottrina del nazionalsocialismo.

[3] Una buona critica al concetto di sovranità assoluta dello Stato in Jean Bodin è contenuta nel libro di Maritain L’uomo e lo Stato, Vita e Pensiero, Milano 1963.

[4] Lettera Apostolica Euntes in mundum in occasione del millennio del battesimo della Rus’ di Kiev, del 28 gennaio 1988; Messaggio Magnum baptismi donum ai cattolici ucraini in occasione del millennio del battesimo della Rus’ di Kiev, del 14 febbraio 1988.

10 commenti:

  1. Un doveroso ringraziamento a Padre Cavalcoli per la maestria ed essenzialità di questo suo scritto. Grazie anche per l'aiuto che fornisce e necessario per sottrarsi in questo frangente della guerra russo-ucraina, al clima di propaganda imperante veicolato dai mass-media poco inclini a sviscerare le cause profonde e lontane di ogni conflitto e conseguentemente ad assopire una critica costruttiva

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    1. Caro Anonimo,
      sono contento che lei abbia gradito le mie considerazioni e si trovi d’accordo con esse. Ciò mi conforta nel mantenermi in queste mie opinioni, anche se sono sempre pronto a modificarle ove mi si dimostrasse che sono nell’errore.
      Ho apprezzato in modo particolare il fatto che lei abbia compreso perfettamente la mia intenzione, che è quella di mettere in luce le cause profonde di questa guerra, perché è solo conoscendole che possiamo toglierle e ottenere la pace.
      Concordo anche nella sua opinione che qui in Occidente le forze militari, che giustamente combattono l’invasione russa, con poca lealtà ci nascondono gli aspetti delle divisioni interne dell’Ucraina al fine di enfatizzare la lotta contro i Russi in modo tale che la ragione sembra stare solo dalla parte delle forze ucraine, mentre in realtà, conoscendo la situazione reale dell’Ucraina, noi possiamo renderci conto che la fine della guerra non dipende solo dal ritiro delle truppe russe, ma anche da un serio impegno della comunità internazionale (ONU), unitamente alla saggia parola del Papa, teso ad aiutare la martoriata Ucraina a trovare finalmente un’unità nazionale che le assicuri pace e concordia nel pluralismo di un normale paese democratico.

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  2. Per quanto cerchi di capire un passaggio di questo articolo, non riesco a capire a quali cristiani non-cattolici si riferisca l'autore quando scrive:
    "I cristiani non-cattolici, edotti dalle lezioni delle due terribili guerre, nel secolo scorso, simili al figliol prodigo, hanno finalmente avuto l’umiltà e la saggezza di avvertire il bisogno di tornare all’originaria cattolica unione fraterna attorno a Roma, voluta da Cristo, unione quindi precedente lo scisma di Lutero, precedente lo scisma di Mosca, precedente lo scisma di Costantinopoli".
    Chi sono questi attuali "cristiani non-cattolici" che sono tornati a Roma?

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    1. Caro Disorientato,
      il Concilio Vaticano II introduce il Decreto sull’Ecumenismo Unitatis Redintegratio mettendo in luce il desiderio dei fratelli separati di recuperare l’unione che hanno perduto col separarsi dalla Chiesa Romana.
      Ma, su questo punto, dobbiamo notare una differenza. Alcune Confessioni Cristiane si sentono allo stesso livello della Chiesa Romana, e questo non va bene, perché, come dice il Concilio, mentre la pienezza della verità cristiana si trova solo nella Chiesa Cattolica Romana, le altre Confessioni purtroppo hanno delle lacune o degli impedimenti che impediscono la piena comunione con Roma. Per questo, questi fratelli per essere in piena comunione con Roma, devono togliere questi ostacoli e colmare le lacune.
      Invece ci sono dei fratelli separati, i quali cercano sinceramente l’unità, la verità e la comunione ecclesiale. Questi fratelli, nella loro umiltà, sono pronti a riconoscere le suddette lacune e a colmarle, per cui sono disponibili ad entrare nella piena comunione con Roma, quella che una volta si chiamava la “conversione al cattolicesimo”.
      Stando così le cose, possiamo ritenere che questi fratelli siano già in piena comunione con Papa Francesco e la Chiesa Cattolica interiormente e davanti a Dio, che è la cosa che conta di più, anche se esteriormente o visibilmente mantengono certi difetti o certe insufficienze, che, data la loro buona volontà, potranno sempre in futuro essere riparate.

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  3. Grazie per la velocità della sua risposta!
    Capisco il suo punto di vista e ci rifletterò.
    Colgo l'occasione per riconoscere la semplicità e la lucidità delle sue argomentazioni riguardo alla sua critica alla "mentalità nazionalista o sovranista" (apprezzo anche la raccomandazione del libro di Maritain, El Hombre y el Estado, che leggerò).
    A questo proposito, ritengo che sarebbe estremamente utile approfondire il tema delle dottrine nazionaliste, e cercare la giusta distinzione tra nazionalismo e nazionalismo (se si possono identificare gli attributi di un "buono" nazionalismo). Credo che una riflessione di filosofia politica su questo tema aiuterebbe a comprendere meglio le espressioni a volte ambigue che papa Francesco ha avuto sul nazionalismo, sui muri, sui confini, soprattutto riguardo al tema scottante delle migrazioni. Ciò aiuterebbe a comprendere l'opportuna predicazione pontificia sulla fraternità universale.

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    1. Caro Disorientato,
      Credo che al termine «nazionalismo» si debba dare un significato negativo come di culto esagerato della propria nazione o l’assegnare alla propria nazione un’importanza maggiore di quella che possiede effettivamente nel confronto con le altre nazioni. Il nazionalismo è l’esagerazione dell’amore che dobbiamo alla nostra nazione o alla nostra patria, la terra che ci ha dato i natali e nella quale si suppone che abbiano vissuto i nostri antenati, con i suoi propri confini, la sua storia, la sua lingua, la sua cultura, le sue tradizioni, i suoi usi e costumi, le sue istituzioni. Per quanto riguarda gli immigrati, essi sono tenuti a conservare il ricordo grato e rispettoso della propria patria e a sentire come propria la loro nuova patria, assumendone i valori che ho elencato sopra. Gli immigrati devono potersi integrare e devono poter essere integrati dalla popolazione locale.

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    2. Ho letto con attenzione la risposta di padre Cavalcoli sul nazionalismo.
      Premetto che non è così facile individuare una definizione così semplice di nazionalismo (vorrei poterlo fare!). A questo proposito, e dopo aver letto molti esponenti del nazionalismo argentino (io sono argentino) mi rendo purtroppo conto che loro stessi non sanno definirsi nazionalisti: se non sanno esprimere a parole una definizione di nazionalismo, e si perdono nelle entelechie, mi da la sensazione che non abbiano in testa un concetto chiaro di nazionalismo.
      Mi domando e chiedo a padre Cavalcoli: certi nazionalismi non sono forse una specie di "gnosticismo" in filosofia o in teologia politica?

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    3. Caro Rodrigo,
      non conosco le teorie che circolano in Argentina sulla questione del nazionalismo. Ad ogni modo voler fare un confronto del nazionalismo con lo gnosticismo mi sembra un po’ forzato, perché il nazionalismo è una categoria politica, mentre lo gnosticismo è una categoria filosofica, che riguarda la perfezione della scienza.
      Volendo proprio fare un collegamento, si potrebbe forse parlare di una visione gnostica della propria Nazione o della propria Patria, come fonte di verità assoluta o luce per tutte le altre Nazioni. Un rischio in questo senso, secondo me, si trova in modo particolare nella filosofia tedesca e nell’ortodossia russa.
      Il rimedio sarebbe che sia i tedeschi che i russi avessero l’umiltà di riconoscere i limiti della loro cultura e di aprirsi alla cultura delle altre Nazioni, dal che avrebbero da trarre soltanto dei vantaggi.

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  4. Padre Giovanni:
    So che lei prendi molta cura di esprimere con precisione i suoi concetti e, allo stesso tempo, non fai polemiche su semplici discussioni di parole o domande letteraliste. Ecco perché suppongo che accoglierai con favore un piccolo suggerimento di correzione in una delle sue espressioni.
    Penso di aver capito perfettamente cosa esprimere nel passaggio:

    "Ora, tanto Lutero con le sue eresie quanto Cartesio col suo razionalismo idealista sfociato nell’’800 nel panteismo hegeliano, e poi nell’ateismo marxista e nel superomismo nicciano, hanno contrapposto ancora di più l’Europa occidentale a quella orientale ortodossa, la quale, tutto sommato, per il suo tradizionalismo, ha conservato intatto il patrimonio della fede, mentre, a parte il cattolicesimo romano, rimasto sempre nella fede retta ed integra di Cristo, il cristianesimo luterano-cartesiano fideista-razionalista, nell’Europa occidentale nei secoli seguenti fino ad oggi è finito addirittura nell’ateismo e nel nichilismo".

    Penso sia chiaro che la sua espressione ambigua "intatto" si chiarisce quando dice subito "fede retta ed integra".
    Spiego: nell'affermare che i cristiani ortodossi orientali hanno "conservato intatto il patrimonio della fede", mi sembrava di sentire più o meno quello che dice un lefebvriano, che considera il "patrimonio della fede" come qualcosa di rigidamente immutabile fermato nel 1962 (gli ortodossi orientali: nel 1054). Non credo sia corretto affermare che gli ortodossi orientali conservano "intatto il patrimonio della fede". Meglio ancora: l'espressione non è corretta.
    Ma ho capito che, come no potrebbe essere altrimenti, lei ha le cose chiare quando dici che il cattolicesimo romano ha sempre conservato la "fede retta ed integra di Cristo". La fede del cristianesimo orientale non è né retta né integra, ma in parte, come la fede lefebvriana.
    Mi sbaglio?

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    1. Caro Disorientado,
      ammetto di essere stato un po’ semplicista nell’affermare che gli ortodossi hanno conservato intatto il patrimonio della fede. Credo che nella sostanza la cosa si possa dire, anche se volendo essere precisi, occorrerebbe dire che c’è qualche lacuna dottrinale, come per esempio il rifiuto del primato del Romano Pontefice e del Filioque nel Credo.

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