La conquista
della castità
Un ideale da
recuperare
Conservati casto
I Tm 5,22
Certamente
uno dei bisogni più urgenti della società e della Chiesa del nostro tempo,
soprattutto nella formazione dei giovani, ma anche in ordine alla salvaguardia
della famiglia, della vita religiosa e del comune buon costume, è quello
ripristinare la stima e la pratica della temperanza sessuale sulla base di una
giusta etica sessuale.
Un tempo si
parlava di «purezza». Ma la purezza deve qualificare ogni virtù in quanto tale,
e non può essere predicata in modo specifico o per antonomasia della temperanza
sessuale. Da qualche tempo nel linguaggio della Chiesa si è diffuso il termine
«castità», che con più chiarezza e precisione rimanda il pensiero alla
moderazione dell’attività sessuale. In passato,
per la verità, questo termine veniva spesso preso nel senso di un’astinenza
totale da questa attività, propria, per esempio, del voto religioso. Così oggi
ormai si parla comunemente non solo di castità consacrata o religiosa, ma anche
di una castità matrimoniale, una castità giovanile, una castità vedovile e via dicendo.
Il termine
latino castus significa
effettivamente «puro», «mondo», «integro», «onesto»; ma non necessariamente in
relazione al sesso, ma come virtù in
generale, tanto che anche che uno scrittore che avesse un buono stile era
detto castus. Da castus poi viene castigo,
che è l’azione spesso severa per moderare o reprimere l’impulso sessuale e ottenere
appunto la castità.
Ma mi pare che
sia stata una buona idea quella della Chiesa quella di allargare il senso di questo
termine a significare in generale la pratica virtuosa nei confronti del
desiderio o dell’istinto o dell’impulso sessuale, pratica, che può comportare
una repressione perpetua o temporanea, a seconda che si tratti rispettivamente
dello stato non matrimoniale o dello stato matrimoniale. Quello che oggi
occorre tornare a comprendere ed insegnare soprattutto ai giovani è quali sono i
motivi che giustificano l’astinenza sessuale e quali sono i mezzi pratici per
realizzare questo obbiettivo.
Gesù
paragona la condizione del religioso tenuto al voto di castità a quella di un
eunuco (Mt 19,12), rifacendosi con un crudo termine ad un’antica pratica
barbarica ed umiliante, adottata per i guardiani delle donne negli harem dei
signori del suo tempo. Naturalmente non va presa alla lettera, ma si tratta di una
metafora, con la quale Gesù vuole esprimere la dedizione totale e senza riserve
del religioso alla causa del regno dei cieli.
Tutto
dev’essere posticipato e, se occorre, abbandonato, alla conquista del regno. Il
religioso lascia tutto per Cristo, in vista di avere fin da adesso il centuplo
(Mt 19,29) di ciò che ha lasciato, insieme con tribolazioni e in premio la vita
eterna. Dunque il religioso non abbandona il sesso per sempre, ma per
ritrovarlo glorioso e immortale nella vita futura.
La castità è
una difficile conquista, una ardua scalata alpina, una gloriosa padronanza di
sé, una dolce serie di rinunce e di volontari sacrifici, una conquista graduale,
mai del tutto conseguita nella vita presente, anche dai più santi e più casti,
esclusa la Madonna.
Illusione e falsa
soluzione è quella violenta, di tipo platonico od origenista, simile a quel dentista,
che anestetizza il nervo perché il paziente non senta più il dolore al dente. L’origenista,
invece, fa lo stesso ragionamento di uno, che si togliesse l’apparato uditivo per
non essere assordato dai rumori o che si togliesse gli occhi per non essere
abbagliato dal sole.
Non è il desiderio
sessuale come tale che induce al peccato. Al contrario, è Dio stesso che ha posto
tale desiderio nel cuore dell’uomo e della donna. Ma è la concupiscenza della carne, che è quel desiderio cieco, sfrenato e smodato
(libidine) o troppo debole o languido (frigidità), che è conseguenza del peccato
originale. Occorre dunque non estinguere ma purificare il desiderio con la stessa
astinenza sessuale o la sua moderazione. Questo è il compito della castità.
Essa è una
virtù morale che ha per soggetto l’appetito sessuale o per reprimerlo nelle varie condizioni umane, nelle quali è
doveroso, sia laicali che sacerdotali e religiose, e sia per moderarlo ragionevolmente nella condizione coniugale.
Per sapere che cosa è la castità, occorre allora ricordare che cosa è la sessualità
umana. Essa è una realtà molto complessa, che riguarda e coinvolge totalmente
la persona nella totalità dei suoi piani
di esistenza.
Certamente
il sesso è un apparato organico addetto alla riproduzione della specie. La sua
esistenza basilare è indubbiamente corporea. Comporta, come è noto, una duplice
conformazione corporea, maschile e femminile, con appositi organi addetti alla
riproduzione della specie, in modo tale che la specie umana è divisa in queste due
classi o sottospecie maschio e femmina, sicchè ogni individuo umano sano e
normale o è maschio è femmina.
L’anima dà
vita, forma e attività a questa duplice configurazione corporea a tre livelli
di azione vitale: il livello biologico-neuro-vegetativo, espressione immediata
della configurazione corporea ed organica, immediatamente deputato alla
generazione mediante fecondazione, come avviene anche nelle piante.
Ma nell’uomo,
come negli animali l’atto generativo non avviene solo in forza degli appositi
dinamismi neuro-vegetativi, ma è ordinato da un atto di conoscenza sensibile,
che suscita un’attrazione reciproca, e quindi avvia a sua volta nei due un
impulso emotivo-affettivo passionale ed istintuale, l’amore, ossia il desiderio
dell’incontro e dell’unione reciproca, come espressione dell’amore, unione che
provoca l’atto generativo.
Nell’uomo,
tuttavia, come è noto, le forze che sorgono dalle potenze sensitive non sono
sufficienti, come lo sono invece negli animali, per fare da guida alla sua
condotta, ma occorre quella potenza che caratterizza l’uomo come tale, ossia la
ragione, con l’aggiunta, nel cristiano, della fede. In tal modo, nell’uomo,
come il sesso influenza il livello psicologico della persona, così influisce anche
a livello spirituale, determinando le differenze spirituali tra uomo e donna.
Per converso, è responsabilità della ragione e dello spirito e non della
semplice passione o dell’istinto, regolare nell’uomo la vita e l’attività
sessuale o con l’astinenza totale nelle varie condizioni di vita opportune o
con quella parziale nel matrimonio.
Formazione
alla castità
La
repressione del desiderio e del piacere sessuale praticata dalla vera castità
non ha lo scopo di estinguere la sessualità, ma, al contrario, di purificarla e
ridarle l’energia edenica. Ancor più, è una specie di digiuno che deve preparare
il banchetto escatologico, perché, secondo la fede cristiana, il sesso non deve
finire con la morte, ma deve risorgere più glorioso che mai nella futura
resurrezione.
S.Paolo
insegna peraltro che la futura condizione dl resurrezione gloriosa è già pregustabile
fin da ora, benché molto imperfettamente in alcuni inizi prefigurativi, che
Paolo chiama «primizie e caparra dello Spirito», una specie di anticipazione della
paga che Dio darà ai suoi fedeli in paradiso. Si tratta dell’avanzare
dell’«uomo nuovo» mediante la mortificazione dell’«uomo vecchio».
Ora, il Concilio
Vaticano II presenta la castità consacrata precisamente come un segno prefigurativo dei beni messianici
della futura resurrezione, dicendo che «lo stato religioso rende visibile per
tutti i credenti già in questo mondo la presenza dei beni celesti e meglio
testimonia la vita nuova ed eterna, acquistata dalla redenzione di Cristo e
meglio preannunzia la futura resurrezione e la gloria del regno celeste»[1].
I religiosi,
dunque, essendo una prefigurazione del rapporto non generativo dell’uomo con la
donna, proprio della futura resurrezione, costituiscono anche per gli sposi
nella vita presente l’indicazione della meta celeste, che anche loro devono
raggiungere, allorchè essi pure avranno cessato dalla loro funzione
procreativa, ma non per questo sarà cessato il loro amore.
Non avvertire nessuna attrattiva sessuale non è
segno di castità, ma è una insufficienza affettiva o una mancanza di passione o
di sensibilità, che gli psicologi chiamano «frigidità sessuale». Essere privo
di passione è natura nell’angelo, che è puro spirito, ma è patologico
nell’uomo, che è un animale ragionevole e quindi sessuato. La persona casta
sente l’attrattiva sessuale e la rispetta, perché sa che è creata da Dio per la
felicità dell’uomo; e tuttavia, trovandola guasta a causa della colpa originale,
la frena e vi rinuncia in attesa di
ritrovarla nella resurrezione futura, pura da ogni macchia e corruzione dovuta
al peccato. Chi è malato deve seguire una cura che comporta rinunce e durezze; non
è in piena efficienza e non può condursi liberamente come se fosse sano. Così
similmente l’astinenza sessuale della castità è una cura severa e una disciplina
austera nell’attesa della piena guarigione del sesso che avverrà alla
resurrezione.
I formatori
degli istituti religiosi devono quindi esercitare i loro discepoli nella
castità; ma devono fare attenzione a non confondere un giovane frigido,
represso o frustrato, refrattario alla donna con un candidato al voto di
castità. Il diritto canonico contempla
l’«impotentia coeundi», tra i motivi di nullità del matrimonio. Occorre verificare
nel candidato se la sua rinuncia al matrimonio dipende dal fatto di aver
scoperto un ideale superiore o dal fatto
di non essere adatto al matrimonio o perchè non riesce a trovare una ragazza.
La castità
coniugale non è certo una concupiscenza legalizzata. Anche nel matrimonio ha
senso l’astinenza sessuale di tipo ascetico, anche se ovviamente solo
periodica, benchè esistano casi rarissimi di matrimoni vergini, sul modello del
matrimonio fra S.Giuseppe e la Madonna. Questa astinenza, della quale parla anche
l’Enciclica Humanae Vitae di S.Paolo
VI, similmente a quella consacrata, purifica l’amore, lo rende più limpido,
fecondo e sincero, lo eleva ad un’unione superiore, più alta e più intima in
Dio. Maggiormente risplende il valore dell’amore indissolubile, esclusivo e
fedele, destinato alla vita eterna. Tutta la famiglia ne trae beneficio in
ordine alla sua unità ed alla crescita nella santità.
È vero che
oggi i formatori rischiano di lasciarsi ingannare dal lassismo di moralisti
modernisti e da giovani troppo estroversi ed esuberanti, refrattari alla
mortificazione ed all’ascetica. Questi moralisti non riescono a spiegare perchè
dovrebbe esser meglio restare vergini che sposarsi. Non basta parlare di «scelta
diversa», ma occorre mostrare con argomenti stringenti la sublime bellezza
della scelta religiosa, affinchè il giovane abbia la forza di affrontare un
sacrificio così grande da rinunciare a farsi una famiglia. Altrimenti, come
avviene in molti casi, il religioso,
magari già professo e già sacerdote, fa marcia indietro e torna nel mondo. Ma
resta il fatto che occorre presentare e far mettere in pratica il moderno concetto
di castità come sereno benchè prudente rapporto fra uomo e donna.
Come ha insegnato
Freud, in realtà l’istinto represso con la violenza e cacciato nel subconscio, ricompare alla coscienza e si fa sentire sotto forma di neurosi, mascherato
nella forma di una finta spiritualità. Nessuno può coartare impunemente ciò che
Dio ha creato. Anche il paragone della castità umana con quella dell’angelo - la cosiddetta «virtù
angelica» - non è educativa ed è fuorviante.
Il detto di Cristo
«saranno come angeli» a proposito dei risorti non va inteso, come spiegò a suo tempo
S.Giovanni Paolo II, che di là non ci sarà differenza sessuale, ma al contrario
che vi sarà una comunione dell’uomo con la donna ancora superiore a quella del piano
originario della creazione. Altrimenti dove andrebbe finire la resurrezione? Questo
non sarebbe cristianesimo, ma platonico disprezzo del corpo. La vera castità è la
repressione di un impulso tale che, quanto più forte è l’impulso represso, tanto
maggiore è il merito della castità.
Amore
e castità
Per capire
il valore della castità, bisogna ricordare anzitutto che l’amore vero tra uomo
e donna, che rende veramente felici, fecondi di opere buone e graditi a Dio, è
l’amore casto, comporti o non comporti l’unione sessuale, meglio se non la comporta,
come nella vita religiosa, prefigurazione della condizione escatologica
dell’uomo e della donna. Tale amore è la vittoria sull’amore lussurioso, che
acceca la mente, indebolisce la volontà, rende egoisti e schiavi della
passione, crea il disgusto per le cose celesti, fa dimenticare la vita futura, si
abbarbica morbosamente ai piaceri di questo mondo conducendo alla perdizione
eterna.
In realtà,
secondo il piano divino sull’uomo, l’amore umano, che ha la sua espressione
originaria nell’Eden con la creazione del’uomo maschio e femmina, è la massima
e paradigmatica espressione ed attuazione nell’unione escatologica tra l’uomo e
la donna, è una virtù unitiva («si
unirà alla sua donna e i due saranno una carne sola»), fisica e spirituale,
passionale e volontaria, per la quale i due entrano in un’intima comunione con
interpenetrazione dei corpi e fusione degli spiriti, in attuazione a una
reciprocità fisica e spirituale («ecco, finalmente la carne della mia carne»),
per la quale si completano a vicenda, l’uno attratto dall’altra e l’uno
attraente per l’altra, con sommo piacere fisico e spirituale.
Si tratta
dunque di un amore sessuato, anche se
non necessariamente sessuale. Ossia,
comporta la reciprocità uomo-donna, anche se non giunge necessariamente
all’atto sessuale nel matrimonio, ma può benissimo esprimersi nel voto di
castità, come abbiamo infiniti esempi di coppie sante, soprattutto all’origine
di molti istituti religiosi femminili, dove la fondatrice è affiancata ed
assistita da un sacerdote cofondatore.
La
lussuria
La lussuria
è l’ostacolo e la rovina di questo amore e quindi è il nemico che occorre combattere
per la conquista del vero amore, che è l’amore casto. La conquista della
castità è quindi il risultato graduale, sempre contrastato, di una lunga e metodica
lotta contro la lussuria, vizio particolarmente insidioso ed astuto, perché,
per un animo affettivamente normale, amante della vita e del bello, non ha affatto
l’apparenza del male, ma, al contrario, appare come espressione spontanea dell’amore,
esaltazione del piacere ed affermazione della vita, tutte cose in sé buone, create
e volute da Dio. Facciano attenzione gli educatori che la ripugnanza istintiva
ed irrazionale, che alcuni provano per il piacere o per l’atto sessuale, non è
per nulla disposizione alla castità consacrata, ma è segno di un’emotività
patologica.
Bisogna
allora che l’educatore mostri con validi argomenti ed esempi di vita al giovane
l’inganno che viene da questo vizio, inganno, si badi bene, che non viene anzitutto
dallo stimolo della concupiscenza, ma da idee
sbagliate sul sesso, come per esempio
quelle che si ricavano dall’etica rahneriana, la quale confonde spirito e corpo
e sostiene che la libertà della persona consiste nella sua facoltà di plasmare
e determinare a sua volontà la sua natura, il suo essere e la sua esistenza.
Per questo
S.Paolo avverte: «che nessuno offenda o inganni in questa materia il proprio fratello,
perché il Signore è vindice di tutte queste cose» (I Ts 4,6). Se si permette che
nei Seminari venga insegnata l’etica rahneriana, non meravigliamoci se poi da essi
escono preti pedofili e sodomiti. La causa di ciò non sta nel «clericalismo», ma
nelle idee di Rahner.
Si può essere
provati da una forte concupiscenza; ma se si hanno idee chiare e forti
convinzioni sulla castità, e la si cerca con l’aiuto della grazia, si resiste, come
attesta l’esperienza di sempre. Ma se si è vittime delle idee di Rahner, si finisce
col cedere, anche se si dice Messa, l’ufficio divino e un Rosario tutti i giorni.
Lutero è crollato
sotto lo stimolo della concupiscenza perché la confondeva col peccato. Ma la concupiscenza,
in realtà, come avrebbe chiarito il Concilio di Trento[2],
non si identifica affatto col peccato, benchè sia uno stimolo conseguente al
peccato originale. Invece la concupiscenza è un abito, ossia un’inclinazione morbosa al peccato, mentre
il peccato è un atto, che si toglie
col pentimento e il perdono divino.
Abbiamo infatti
il libero arbitrio, che purtroppo Lutero negava. Per mezzo di esso, col soccorso
della grazia, ci è consentito di resistere e di vincere. Ma siccome la concupiscenza
nella vita presente è ineliminabile, Lutero credette che fosse ineliminabile anche
il peccato. Da qui la sua falsa soluzione del simul iustus et peccator in base a una falsa idea della misericordia
divina, intesa come licenza o permesso di peccare impunemente. Possiamo
immaginare quale educazione alla castità verrà fuori da idee del genere messe a
disposizione dei giovani.
Colpire
il male alla radice
Occorre
allora insegnare al giovane a colpire il male alla radice. È un lavoro
delicato, perché bisogna ad un tempo suscitare in lui l’odio per il peccato
senza tuttavia portarlo a disprezzare il sesso, che, come ha detto di recente
Papa Francesco, è un «dono di Dio». È un lavoro simile a quello che un
restauratore farebbe su di un quadro di Raffaello, che uno sconsiderato avesse
imbrattato di escrementi. Togliere la sporcizia per far risaltare la bellezza
del quadro.
Occorre
allora colpire il motore primo della
lussuria, dopo averlo riconosciuto e detestato come tale. E questo motore è l’attrattiva idolatrica del piacere sessuale
nella sua brutalità conseguente al peccato originale, piacere cercato indipendentemente
dal chiedersi se sia fondato su di un vero bene o tanto meno se permesso da
Dio. Quindi un piacere procurato non da un onesto atto coniugale, e neppure eventualmente
da un contatto con l’altro sesso, ma anche quel piacere che può nascere dalla
masturbazione, dalla sodomia e dalla pedofilia o peggio ancora.
Questo apprezzamento
e ricerca del piacere per se stesso, indipendentemente da considerazioni di carattere
morale, sono purtroppo favoriti da idee
egoistiche, individualiste, soggettivistiche, storicistiche o
relativiste, negatrici della legge naturale, di carattere sensistico,
positivista, liberale, empirista ed edonista, oggi molto diffuse e
rappresentate negli spettacoli, nella musica, nella letteratura e nei divertimenti, che attirano i giovani.
Per
distogliere il giovane da questa attrattiva morbosa ed ossessiva, l’appello al
timor di Dio vale solo per quei pochi pii giovani che oggi sanno che Dio
castiga; ma purtroppo è diffusa l’eresia secondo la quale tutti si salvano, per
cui qualunque cosa facciamo, siamo sempre perdonati. Conviene allora riferirsi
all’esperienza amara e deludente del figliol prodigo, il quale riflette sulla
infelicità, sull’inquietudine, sull’aridità e sul tormento interiore, che procura
la lussuria, a confronto della saggezza, della serenità, dell’amabilità, della
bontà e della pace di coloro che sono
casti.
Bisogna
inoltre inquadrare il problema della castità nel più ampio problema del dominio
generale delle passioni, soprattutto quelle legate al corpo: la gola, l’ira e
l’avarizia. Già i Padri del deserto fanno notare queste connessioni, per cui
prescrivono di non operare settorialmente, ma globalmente al fine di dominare assieme
tutte queste passioni. O si fa così o non si ottiene niente. Non si può essere casti
e ad un tempo irascibili, mangioni, attaccati ai soldi e alle mollezze. Già queste
cose il detto popolare le conosce: «Bacco, tabacco e Venere riducono l’uomo in
cenere».
Anche il troppo
parlare e il troppo agitarsi, oggi apprezzato perché si passa per compagnoni simpatici,
spiritosi, estroversi, socievoli, allegri e di buon umore, i troppi scherzi, la
buffoneria, un ridere eccessivo, che sfocia nel deridere, tutte cose oggi molto apprezzate - per alcuni sono
«segni di vocazione» -, in realtà favoriscono la dissipazione, l’impulsività, la
superficialità, e la futilità, tutte cose che vanno d’accordo con quel clima
psicoemotivo, che favorisce la lussuria o nasce dalla lussuria.
L’educatore
dovrà dunque abituare il giovane alla riflessione, al raccoglimento, alla giaculatoria
frequente, alla meditazione, all’ascolto della propria coscienza, degli altri e
della Parola di Dio nel silenzio e nella solitudine, in un regime di vita regolato,
austero, controllato, sobrio, mite, umile, modesto, operoso, dedito alla carità
fraterna, amante della vita comune, disponibile ai bisogni degli altri, accogliente
e servizievole. Tutti questi atteggiamenti, se non favoriscono direttamente la castità,
certamente contribuiscono alla sua attuazione ed alla sua custodia. Fanno, per
così dire, da naturale habitat della
castità.
Il
principio di sostituzione
Importante è
il principio di sostituzione. Non
possiamo vivere senza provar godimenti. Dio stesso, già negli animali, ha associato
il piacere all’esecuzione degli atti necessari al loro vivere, in modo tale che
l’animale, non conoscendo razionalmente il fine di una data azione necessaria
alla sua vita, la compie istintivamente perché attratto dal piacere.
Anche in noi
avviene qualcosa di simile, con la differenza che noi, usando la ragione,
sappiamo perchè e a quale scopo dobbiamo fare certe azioni. E siccome ci
accorgiamo che non ci basta affidarci solo all’istinto e all’attrattiva del piacere,
perché capita che questi criteri non sono in grado di assicurare il nostro vero
bene, bisogna che ricorriamo alle indicazioni della ragione. Oltre al fatto che
esistono in noi tendenze superiori a quelle animali – quelle culturali,
spirituali e religiose -, per soddisfare le quali non basta l’inclinazione
naturale, ma occorre la scelta del libero arbitrio.
La soddisfazione
dei bisogni dello spirito dà un piacere immensamente maggiore di quello relativo
ai bisogni del corpo e del sesso. Di per sé, secondo il piano originario della
creazione, non esiste nessun contrasto fra quei due piani del piacere, ma l’uno
è ordinato all’altro e l’altro si esprime nell’uno, così come il corpo e lo spirito,
entrambi creati da Dio, sono fatti di per sé per vivere in perfetta armonia.
È stato il peccato
originale a contrapporli fra di loro, in modo tale che, per salvare le gioie
superiori dello spirito, occorre rinunciare in qualche modo a quelle del sesso.
Da qui la necessità di un’astinenza sessuale tanto più rigorosa, quanto maggiori
sono le esigenze spirituali di una data anima. Ma una volta che nella futura
resurrezione questo conflitto sarà cessato, il sesso riprenderà i suoi diritti,
ovviamente sempre sottomesso allo spirito, ma senza che questo debba rinunciare
a quello.
Invece nella
vita presente, per vincere le tentazioni carnali occorre spostare l’attenzione
ad oggetti onesti e superiori. Ma la volontà riuscirà in questa non facile
operazione, solo se ha imparato a gustare «quanto è buono il Signore» (Sal 34,
9). L’uomo, infatti, come ho detto, non può vivere senza godimenti; per cui, se
non è capace di godere di quelli spirituali, si volge a quelli carnali.
Invece, se
conosce le gioie dello spirito, è pronto, al fine di non perderle, a rinunciare
a quelle del sesso, che quaggiù fanno loro guerra. Ecco la castità consacrata.
Obbiettivo fondamentale dell’educazione alla castità è dunque quello di innamorare
talmente di Dio il cuore del giovane, da renderlo pronto a rinunciare al piacere
sessuale pur di non perdere la gioia di stare col Signore.
L’aspetto
relazionale della castità
Oltre a ciò
l’educatore deve abituare il giovane ad una pratica relazionale della castità. Oggi la Chiesa chiede una pratica della
castità più difficile di quanto fosse prima del Concilio, ma fornisce anche gli
opportuni sussidi. Più difficile, perché oggi i sessi hanno molte più occasioni
di incontrarsi che prima del Concilio.
Come infatti
già segnalava S.Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in terris, ormai da quasi un secolo la donna ha fatto il suo
ingresso nella vita pubblica della società e della Chiesa, per cui, siccome
valgono sempre le tradizionali cautele relative alla custodia dei sensi e alla fuga
dalle occasioni del peccato, è chiaro che queste pratiche risultano più
difficili di un tempo, nel quale la donna faceva una vita ritirata in famiglia.
Ma a queste
difficoltà, come è noto, se ne sono aggiunte altre, e cioè che l’istituto
familiare ha cominciato a soffrire di questa situazione per il fatto che da una
parte è diminuito l’impegno educativo della madre verso i figli, mentre la
presenza della donna nella vita pubblica ha creato difficoltà alla pratica
della fedeltà coniugale, con la conseguenza della diffusione del divorzio.
La Chiesa,
approvando l’ingresso della donna nella vita pubblica civile ed ecclesiale – si
pensi per esempio ai ministeri femminili -, ha nel contempo offerto ciò che
poteva far da contrappeso o da rimedio alle suddette difficoltà con la
pubblicazione di una massa considerevole di insegnamenti sulla donna e sulla famiglia,
che costellano il magistero della Chiesa dal Messaggio del Concilio alle Donne all’Esortazione Apostolica Amoris laetitia di Papa Francesco.
Importante,
inoltre, è la presentazione della Madonna come ideale della donna, vergine,
sposa e madre, «tipo» della Chiesa. Su ciò il magistero pontificio ha molto insistito
in questi ultimi decenni. Anche questa indicazione risulta utile per nobilitare
la presenza della donna nella vita pubblica. La verginità di Maria non è
motivata da esigenze ascetiche, come avviene in noi, dato che ella è esente
dalla colpa originale, ma ha una giustificazione meramente teologica, in quanto
ella è Madre di Dio, che è purissimo Spirito non sessuato.
Eppure, siccome
Dio è creatore del sesso e del piacere che esso procura, Egli lo contiene in Se
stesso virtualmente, come la fiamma della candela è contenuta e oltrepassata nel
calore del sole. Maria, quindi, nell’unirsi al Padre per generare il Figlio, non
ha provato il piacere sessuale, ma non perchè fosse frigida, cosa che suonerebbe
offensiva per Maria, ma perchè il piacere sessuale fu virtualmente contenuto e
superato infinitamente dall’ombra dello Spirito, che «la coprì», la avvolse, penetrò
in lei e la fecondò.
Conclusione
In questa
vita il sesso è nelle condizioni simili a quelle di un arto fratturato, che
dev’essere protetto da un’ingessatura. La castità è come questa ingessatura.
Così il sesso è un sesso ingessato.
Sarebbe imprudente adesso farlo funzionare senza quella protezione. Ma quando
la frattura si sarà ricomposta, al termine della vita presente, allora
l’ingessatura sarà tolta, ossia l’astinenza non sarà più necessaria e il sesso
inteso nel senso che ho detto potrà funzionare liberamente, anche se adesso non
sappiamo come.
Oppure si
può paragonare la pratica dell’astinenza sessuale al digiuno quaresimale. Essa
serve a preparare il banchetto pasquale della futura resurrezione. Già da
questa vita, come ho detto, abbiamo dei precorrimenti della resurrezione: è la
castità dei religiosi, così come la IV domenica di Quaresima, detta Laetare, o la Solennità della
Trasfigurazione rappresenta una sosta nella fatica e il baluginìo della
luce pasquale.
P.Giovanni
Cavalcoli
Varazze, 30
marzo 2019
Articolo pubblicato il 6 aprile 2019 :
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2019/04/la-conquista-della-castita/
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2019/04/la-conquista-della-castita/
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