Sorpresa:
anche il coronavirus è stato creato da Dio
Pensieri
scandalosi del Servo di Dio Padre Tomas Tyn
De consolatione
philosophiae
Il 3 maggio ricorre la data di nascita di
Padre Tyn, che in questo giorno avrebbe compiuto 70 anni. Egli, come sanno
coloro che conoscono il suo pensiero, oltre che santo, è stato un grande
metafisico. Ho pensato, allora, in un modo che forse qualcuno giudicherà del
tutto stonato o quanto meno incongruo o inutile considerando l’attuale pandemia,
presentare ai lettori alcuni suoi pensieri sulla creazione, che ritengo possano
offrirci al di là della loro apparente scandalosità, un vero conforto o tonico
dello spirito.
Queste sapienti considerazioni basate sulla
ragione, anche se a qualcuno possono apparire paradossali, naturalmente non pretendono di sostituire o
di offrire qualcosa di meglio di ciò che si sta facendo contro il morbo con le
risorse umane e quelle della fede: suppliche a Dio che ce ne liberi,
accettazione serena del morbo, con spirito di fede, in sconto dei nostri
peccati, occasione per fare penitenza e tornare
a Dio, preghiere per i vivi e per i morti, stimolo ad una maggiore solidarietà umana
verso i sofferenti, incitamento alle ricerche degli scienziati, speranza che il
morbo cessi presto.
Tuttavia tali considerazioni fanno la loro
parte indispensabile per comprendere ed affrontare la situazione con lucida e
fondata razionalità, che non sostituisce, ma accompagna e sostiene la fede. Dai
tempi di Boezio, sappiamo che anche la sana filosofia ci offre un
insostituibile aiuto nell’affrontare i mali della vita, nel farci capire il
senso di ciò che sta avvenendo e il suo perchè, nel saperlo riferire a Dio, nel
darci pazienza, calma e serenità, nel farci tenere i nervi a posto e l’animo
saldo. Per questo, tutto ciò che in questo frangente può servire in qualunque
modo onesto ad affrontare proficuamente il problema, dev’essere considerato il benvenuto.
Facciamo dunque attenzione a quello che Padre
Tomas ci dice, non temiamo di compiere lo sforzo intellettuale astrattivo necessario,
per cogliere verità salutari, che, in quanto spirituali, trascendono
immensamente il sensibile e il concreto. Seguiamo con fiducia, benché faticoso,
Padre Tomas nel suo rigoroso ragionare, mettendo da parte gli sciocchi pregiudizi
contro la metafisica: ne saremo abbondantemente ripagati; Padre Tomas con la
sua sapienza ci mette in contatto con Dio, l’ipsum Esse per Se subsistens, come Lo chiama San Tommaso sulla base
di Es 3,14, Dio, Che è Ciò di Cui adesso
più che mai abbiamo bisogno.
È vero che l’astrazione metafisica non è facile,
perché attaccati come siamo a questa terra, tendiamo ad essere degli uomini
«carnali» (cf I Cor 2,14). Infatti tale astrazione, come insegna il grande
teologo domenicano del ‘500, il Card. Gaetano, è il terzo grado di
un’astrazione intellettuale, che è il culmine di un processo astrattivo, che
parte da un primo grado semplicemente fisico, che è quello ordinario e
quotidiano della conoscenza delle cose materiali.
L’astrazione metafisica è particolarmente
necessaria al teologo, giacché tutti i concetti teologici si pongono sul piano
dello spirito. Ed è appunto per penetrare l’essenza dello spirito, che il
pensiero astratto è necessario. L’astrarre dal particolare per cogliere
l’universale è un atto spontaneo dell’intelletto onesto, aperto alle cose dello
spirito e alla luce della fede. L’astrazione metafisica è praticata almeno inconsciamente
da tutti i fedeli cattolici, quali che siano le loro doti intellettuali e il
loro grado di cultura.
Non è assolutamente necessario che ne
conoscano esplicitamente il funzionamento, come è esposto, per esempio, dal
Gaetano. Non è necessario essere dei metafisici per avere un’intelligenza
metafisica, ma è sufficiente il funzionamento a pieno regime della ragione
naturale, che tutti i sani di mente possiedono. Il segno che in un intelletto manca quel tipo
di astrazione, è il fatto che abbracci un’eresia.
L’eresia, infatti, è il segno nell’eretico che
la sua intelligenza metafisica non funziona. L’eresia, infatti, è causata sì
moralmente dalla superbia, ma dal punto di vista intellettuale, è causata
dall’errore o dall’ignoranza in metafisica, che la Bibbia chiama «stoltezza» o
cecità mentale, perché a quella che in Aristotele è la metafisica corrisponde
quella che nella Scrittura è la «sapienza» (eb. hokmàh, gr. sofìa). La fede, infatti, su di un dato punto di dottrina
cattolica, si spegne, se una data proposizione di fede è corrotta o
dall’assenza o dalla falsificazione dell’intelligenza metafisica.
Ma se noi vogliamo, come dobbiamo, diventare quegli
uomini «spirituali», dei quali parla San Paolo (v.15), che non sono altro che i
cristiani, bisogna che guardiamo verso
l’alto, «eleviamo il nostro ingegno», come dice sempre il Gaetano, perché
il Padre di Gesù Cristo è nei cieli e non sulla terra.
Bisogna allora che impariamo ad astrarre dal
concreto, dal sensibile, dall’immaginabile, dall’emotivo, dalla materia, dalla
storia, dal divenire, dal movimento, dallo spazio e dal tempo, per poter
cogliere l’essenza di Dio come Spirito, che è immateriale, sovrasensibile,
eterno, immutabile, impassibile, al di sopra del divenire, della storia, dello
spazio e del tempo.
È verissimo, d’altra parte, che la vita
morale e quindi il nostro stesso destino eterno si gioca sul concreto, perché
la messa in pratica o la disobbedienza alla legge morale avviene per lo più su
questa terra, nell’esistenza concreta, e sensibile e materiale, nel qui e
adesso, nello spazio e nel tempo. Ma resta sempre che la nostra volontà applica
o non applica nel concreto una legge, che, nella sua universalità, assolutezza
ed immutabilità, è concepita per mezzo del processo astrattivo dell’intelletto.
Una condotta che agisce nel concreto partendo
dal concreto e non dall’astratto, sia buona o cattiva, non è la condotta
propria dell’uomo, che agisce in base a un principio universale o pensiero
astratto, sia pur sbagliato, ma è quella degli animali, i quali non fanno precedere
al loro agire un ragionamento e quindi un concetto astratto, ma agiscono sotto
l’impulso concreto dell’istinto. Qualcosa di simile al comportamento animale
avviene nell’uomo, quando agisce sotto l’impulso della passione: non dà libero
ascolto e un concetto astratto – magari sbagliato - , ma è trascinato
dall’impulso concreto della passione.
La missione intellettuale
di Padre Tomas
La
metafisica è necessaria alla fede
Uno dei principali aspetti della missione che
Dio affidò a Padre Tomas è stato quello di riportare nel dovuto onore nella
Chiesa la dignità e il rispetto della metafisica come dimensione essenziale dell’intelligenza di fede. Padre Tyn, con la
sua opera filosofica e teologica, ha drasticamente dimostrato questi due
assiomi: 1) niente metafisica, niente fede: 2) può esistere la metafisica senza
la fede cattolica, ma non può esistere la fede cattolica senza la metafisica.
Il Servo di Dio ha mostrato la necessità di
fondare metafisicamente non solo la teologia dogmatica, ma anche la morale. Al
riguardo, possediamo un breve autografo dell’allora Card. Joseph Ratzinger,
Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, col quale il
Cardinale, compiacendosi dell’insegnamento di Padre Tomas, sottolineava la
necessità che la teologia morale abbia un fondamento metafisico.
Dalla vasta opera di metafisica del Servo di
Dio traiamo qui alcuni brani, dove egli mostra che Dio ha creato creature per
noi ripugnanti e addirittura dannose, ma che ciò non significa affatto un segno
di malevolenza nei nostri confronti, perché Dio è bontà infinita e ha mostrato
il suo infinito amore per l’uomo non solo creandolo, ma redimendolo dopo la
caduta con l’inviare nel mondo il suo Figlio incarnato, che col sacrificio
della croce, ha soddisfatto per noi al Padre ottenendoci il suo perdono e la remissione
dei peccati e, come non bastasse, la condizione di figli di Dio, eredi della
vita eterna.
La metafisica dimostra che se certe creature sono
nocive all’uomo, non per questo esse, nel contesto della creazione, non
svolgono una funzione positiva, a noi ignota, nel contribuire all’ordine e
all’armonia dell’universo, sotto il governo della divina provvidenza.
Il
fatto che queste creature obbediscano a Dio secondo le leggi che Dio stesso ha
dato alla loro natura e alla loro azione, deve farci capire che se Dio,
sapienza, potenza, bontà e provvidenza e misericordia infinite, le ha create,
ciò vuol dire che la pericolosità e il danno che possiamo ricevere da queste
creature, dobbiamo considerarli sì come una sciagura, ma una sciagura che noi,
con il nostro ingegno e la nostra industriosità, possiamo volgere a nostro
vantaggio, secondo il noto proverbio popolare «non tutto il male vien per
nuocere», mentre nulla impedisce a Dio di trarre dall’azione malefica di quelle
creature un maggior bene per noi, bene,
che la metafisica, opera della semplice ragione, non sa da sola
immaginare, ma al quale dà spazio, confidando nella bontà, nella potenza e
nella misericordia di Dio.
Perchè la
natura ci è ostile?
Questo spazio aperto dalla metafisica è
riempito dalla divina Rivelazione, la quale ci dice che la natura ci è ostile a
causa del peccato originale; ma che, se noi accettiamo tale ostilità in sconto dei
nostri peccati. in unione alla croce di Cristo, ci riconciliamo il Padre con
noi, otteniamo il perdono dei peccati, lo stato di figli di Dio e la vita
eterna.
Anche il coronavirus è stato creato da Dio ed
obbedisce alle leggi che di Dio gli ha dato. Ma per qual fine Dio lo ha creato?
Anche lui concorre alla bellezza della natura, ci dice Padre Tomas. Sì, ma
intanto ci uccide! Sì, perchè dobbiamo scontare le conseguenze del peccato
originale.
Naturalmente ciò non vuol dire che Dio non
voglia che distruggiamo il coronavirus, anzi lo vuole positivamente e ci
concede le forze e mezzi fisici e morali per sconfiggere questo nemico mortale.
Padre Tomas nota però che Dio ama anche cose che a noi non piacciono. Certamente
Padre Tomas avrebbe accettato l’esempio del coronavirus. Dunque Dio vuole o non
vuole il nostro bene?
In questa situazione potrebbe sembrare che la
volontà di Dio sia contradditoria, ma in realtà essa segue due direzioni,
entrambe per il nostro bene: una volontà divina condizionata dall’esistenza del
peccato, la quale volontà pone il coronavirus fra le pene conseguenti al peccato
originale, pene dalle quali dobbiamo prendere occasione per far penitenza dei
nostri peccati; e la volontà che lo sconfiggiamo, che è la volontà divina incondizionata ed assoluta, che è la volontà
di liberarci dal male.
La
metafisica dà il necessario contributo razionale
per
realizzare la liberazione dal male
Per capire
inoltre il beneficio che ci arreca la metafisica nel problema del male, bisogna
innanzitutto tener presente che dipende dalla metafisica la definizione
generale dell’essenza del male, della sua causa e del suo rimedio. Naturalmente
ciò non vuol dire che bastino le forze della ragione ad eliminare il male.
Tuttavia la metafisica, applicata poi alla morale, dimostra che l’uomo può e deve
svolgere una parte essenziale, anche se non sufficiente, nell’opera della
vittoria sul male,
Il male, infatti, per la metafisica, è la
privazione del bene dovuto (privatio boni
debiti), quella che già Aristotele chiamò stèresis: non la semplice negazione o assenza di essere e di bene,
ma una vera e propria mancanza o difetto di qualcosa che dovrebbe esserci e non
c’è. Facciamo un esempio: avere occhi per l’uomo è la negazione di un terzo
occhio. Nulla di male. È solo il segno della finitezza. Ma averne uno solo è un
male, perché manca l’altro.
Inoltre la metafisica distingue il male di
pena dal male di colpa. Il primo il male patito da parte di un agente ostile
esterno, contro la propria volontà, per esempio un torto subìto o un terremoto
o una malattia. Il secondo è il male voluto, ossia il peccato, la disobbedienza
alla legge divina.
Ciò che a questo punto può dire la metafisica
è che tanto il patire quanto il fare il male non possono avere la loro causa
prima nella Causa prima dell’universo, cioè Dio, infinitamente buono, ma ce
l’hanno in una creatura capace, con la sua volontà, di fare o il bene e il
male, ossia o l’uomo o l’angelo.
Dalla metafisica sappiamo che la Causa prima
muove alla buona azione due ordini di cause seconde, quelle libere, cioè l’uomo
e l’angelo e quelle deterministiche, ossa la natura e l’universo fisico. Queste
seconde cause obbediscono sempre a Dio, per cui operano sempre il bene, mentre le
prime, con la loro volontà, possono sottrarsi al volere divino ed operare il
male.
Certo anche nella natura regna la morte la
corruzione, ma si tratta di fenomeni sempre regolati da leggi divine, che agli
occhi della pura metafisica non comportano un male, benché implichino il fatto
della sofferenza. Ma in quanto attuazione di leggi naturali, sono mali solo per
l’individuo sofferente, ma non per l’ordine complessivo della natura.
La metafisica si limita a dire che la Causa prima,
per la sua potenza e bontà, può togliere il male o direttamente o servendosi
delle cause seconde libere, cioè dell’uomo. La natura, invece, in quanto
regolata e mossa a Dio, è solo benefica.
La
metafisica ci fornisce il concetto del male, ma solo come un possibile, che, se
esistesse, sarebbe contingente. Quindi il male in ogni caso non è necessario,
ed essendo contingente, può essere tolto. La metafisica pone solo la
possibilità del male, perché Dio crea solo cose buone e la metafisica considera
solo quello che Dio fa.
L’esistenza di
fatto del male e quindi il problema concreto del male sono colti invece della
comune esperienza umana e della storia. A questo punto la metafisica non ha più
nulla da dire ed interviene la Rivelazione, la quale ci istruisce sull’origine,
le conseguenze e i rimedi del male, che è effettivamente accaduto. La conoscenza
di come e con quali mezzi l’uomo può e deve liberarsi dal male e di ciò che Dio
fa a tal fine è l’oggetto della teologia morale.
La metafisica dunque, circa la soluzione del
problema di come liberarsi dal male, nn dà un apporto risolutivo, come è quello
che proviene dalla fede, ma soltanto preparatorio,
che comunque resta necessario, utile e consolante. Infatti, in una visione
puramente metafisica della creazione, a prescindere dalla caduta originale,
come è quella che ci presenta qui Padre Tomas, il male non esiste di fatto, ma può esistere e se dovesse esistere, potrebbe
essere tolto. E questo è già molto rispetto alle concezioni manichee, dualiste,
cicliche, dialettiche o gnostiche, dove il male o è assolutizzato o è un
fattore necessario o logico del reale o si discioglie nel bene o addirittura è
principio dell’essenza divina.
L’ente
finito non ha in sé la ragione del suo esistere
Padre Tomas
spiega poi come il bene creato non ha diritto ad esistere; Dio non è obbligato
a crearlo, ma lo crea per libera scelta. Ed anche quando esiste, non esiste
necessariamente, ma solo contingentemente. Tuttavia il bene ha diritto di
esistere, una volta che esiste, per cui Dio vuole che esista e lo mantiene in
essere. Anche il male non ha diritto di esistere, ma in tutt’altro senso. Il
male non ha diritto di esistere, in quanto non deve esistere e se esiste, va
soppresso e quindi Dio non vuole che esista.
«Cominciamo
a diventare veramente sapienti, - dice Padre Tomas - cioè metafisici, solo
quando, pur interessandoci di ciò che le cose sono, siamo presi ancor più dalla
meraviglia che le cose ci sono, anche se non hanno il diritto ad esserci!».
La
metafisica – ci dice Padre Tomas – ci fa uscire dai nostri pur legittimi interessi
e ci fa guardare alla bellezza della creazione, anche se essa contiene il coronavirus.
Non crediamo che Dio in ciò si dimentichi di noi per sacrificarci alla natura,
come pensava Spinoza. Per il panteista dobbiamo dimenticare i nostri interessi
vitali, per godere della bellezza della Totalità o della divina Natura, perché
morti del coronavirus servono alla gloria di questa divina Sostanza o Totalità.
Padre
Tomas vuol forse dirci questo? Niente affatto! Egli da buon cristiano, sa bene
che Dio asciuga le lacrime anche del fanciullo abbandonato dalla madre: «mio
padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto» (Sal 26,10).
È questa la metafisica cristiana. La
bellezza dell’universo, sia pur col coronavirus, è la bellezza di una natura
che Dio ha creato per noi, ma che per ora conserva le tracce dell’offesa che le
abbiamo arrecato col peccato.
Pensieri
di Padre Tomas
Dio
dà gratuitamente l’essere a una cosa meramente possibile
Se uno
mi chiedesse: chi è Dio? Io rispondo: Dio è il semplice Essere. Nulla di più,
ma anche nulla di meno. E nell'essere c’è tutto ovviamente, perchè voi capite
che tutto ciò che è, è in virtù dell'essere. Tanto è vero che l'essere è
proprio ciò in virtù di cui semplicemente si è, si emerge dal nulla. Vedete
l'aspetto esistenziale? Notate, l'essenza è ciò per cui una cosa è sé stessa.
L'essere è ciò per cui la cosa semplicemente è, esiste. L'essere, il semplice
esistere, coincide con l'essenza solo in Dio. E così si costituisce l'ente
infinito.
In tutte le realtà distinte da Dio,
l'essenza si distingue dall'essere. Cioè quelle realtà, proprio in quanto non
sono Dio, e per quel non essere Dio, possiedono un limite che stacca la loro
essenza da quella essenza che è la pienezza dell'essere, ossia l’essenza divina.
Quindi, nelle realtà distinte da Dio c’è l'essere. ma diminuito, decaduto dalla
ampiezza infinita dell'essere stesso.
Tomas Tyn, OP:
La causa prima, p.8
Ogni
realtà, in quanto è, è stata già amata dal Signore. Vedete come è universale
l’amore di Dio. Noi scegliamo tra creature belle e brutte; anche noi abbiamo un
po’ il senso estetico. Invece il Signore ama tutto, per esempio anche i
vermiciattoli. Insomma, il Signore, effettivamente ama tutto ciò che esiste.
Vedete come è infinitamente superiore a noi, che abbiamo così dei gusti un po’
troppo umani.
Ecco,
al Signore piace l’essere. Noi vediamo tutto sotto l’aspetto dell’essenza, di
ciò che la cosa è. Invece quello che interessa al Signore, più ancora di ciò
che la cosa è, è il suo semplice esserci.
P.Tomas Tyn, OP: La
distinzione della creatura da Dio, p.2 – A
Per
questo, proprio per elevare il nostro animo a Dio, dobbiamo cominciare ad amare
le cose non per quello che sono, ma per lo stesso fatto che esse esistono.
Cominciamo a diventare veramente sapienti, cioè metafisici, solo quando compiamo
questo passo, cioè quando, pur interessandoci di ciò che le cose sono, siamo
presi ancor più dalla meraviglia che le cose ci sono, anche se non hanno il
diritto ad esserci!
Tomas Tyn, OP:
La distinzione della creatura da
Dio, p.2 – B
Allora teniamo fermo questo. La
mentalità antica è quella che si dice in termini filosofici mentalità
essenzialistica. Essa è opposta alla mentalità esistenzialistica, come
l’essenza è opposta all’esistenza. La mentalità antica è una mentalità
essenzialistica, per la quale le essenze fondano sé stesse. Non sono create. Il
mondo così come è, non può non esserci né può essere diverso da come è. Questa
è la mentalità pagana.
Invece la mentalità cristiana, alla
luce del puro essere, - dell'esistere, dell’exsistere,
- dice che le cose emergono dal nulla, non perché hanno diritto ad emergere,
no, ma perchè c'è una causa creatrice che conferisce a loro quell'essere che
solo la causa possiede per sua essenza.
Invece tutte le altre essenze hanno
quell'essere come dono che viene dal di fuori. Da qui la differenza tra essenza
finita ed essenza infinita. L'essenza infinita è quell’essenza che si
identifica con lo stesso essere. Le essenze finite sono quelle essenze che non
sono l'essere, ma ricevono l'essere, hanno l'essere, si rivestono dell'essere,
ma lo ricevono come un qualche cosa di estrinseco; non hanno cioè in se stesse
il motivo sufficiente del loro esserci.
In altre parole, per dirlo in modo più
popolare, l'essere delle creature è un dono ed è un dono gratuito, cioè le
creature solo possibili, non ancora esistenti, non possono fare un sindacato,
andare dal Padre eterno e, dirGli: noi abbiamo diritto all'essere.
Il fatto è che alcune ci sono e altre
no, e ce sono tante che non ci sono, ossia creature possibili che sono
infinite, veramente infinite, attualmente infinite. E’ un grande mistero,
perchè è l’unica istanza legittima di un numero attualmente infinito; si tratta
cioè del numero infinito delle idee divine. Dio concepisce un numero infinito
di cose possibili. Di questo numero infinito di cose possibili, ne mette in
atto, che so, 3 miliardi, 14 miliardi, 20 miliardi, non so quanti. Però un
numero finito.
Perché Dio crea questo e
non quello?
Quindi infinite creature. Infinito meno
finito uguale infinito; infinite creature possibili non sono state poste in
atto d’esistere. Ora, se queste creature possibili facessero un sindacato e si
presentassero al Padre eterno dicendo: “Tu ci fa ingiustizia a non farci esistere”,
il Padre eterno direbbe: “Guardate voi stesse, creature mie care, e vi
accorgerete che in voi stesse non c'è nessun motivo perchè voi siate piuttosto
che non siate. Quindi, se io vi faccio esistere, lo faccio con un atto della
mia gratuita, pura, libera e sovrana volontà”.
Quindi non c'è creatura, che possa
spiegare il perché dell'esserci delle cose finite; c’è solo Dio che ce lo può
spiegare. E oserei quasi dire che persino Dio, che il Signore mi perdoni, non
ce lo potrebbe spiegare adeguatamente, perché, vedete, il grande mistero è
questo: che noialtri, lo sapete bene, quando vogliamo qualcosa, abbiamo una
volontà motivata, cioè una volontà dipendente dal fatto che ciò che vogliamo è
buono.
Il Signore invece non è che consideri
una creatura come più buona di un'altra rispetto all'essere. Non c'è nella
creatura nessun motivo perché una debba essere piuttosto che un'altra. Quindi
il Signore non dice: “Io creo quella creatura perché è più giusto che essa
sia”. No. Il fatto che quella creatura abbia, tra virgolette, più diritto ad
essere è stabilito ancora dalla decisione di Dio. Cioè la decisione di Dio non
è motivata dalla preesistenza del bene, ma l'esistenza del bene deriva come
conseguenza dalla decisione previa di Dio.
In altre parole, la liberissima
decisione di Dio è primaria, precedente, antecedente ogni tipo di motivazione
intellettuale. Quindi mentre Dio conosce le nature delle cose con il suo
intelletto, l'essere delle cose Dio lo vuole puramente e semplicemente, senza
poter dire: “Do l'essere a quella creatura perché mi pare che quella creatura
sia migliore di quell'altra”, o altre cose del genere.
Tomas Tyn, OP:
Creazione e conservazione II
Quindi,
ciò vuol dire che, se le cose ci sono senza aver diritto ad esserci, sono state
previste e preamate e, per così dire, prescelte dal Signore.
Tomas Tyn, OP: La distinzione della creatura da Dio, p.2 – B
Quindi, in qualche modo, persino Dio
non ci potrebbe spiegare in modo umano; in modo divino sì, ma è proprio quello
che noi non comprenderemmo. Nemmeno Dio ce lo potrebbe spiegare in modo umano,
ce lo spiegherebbe nel suo modo divino; direbbe: “perché io così ho voluto”.
Dio veramente in questo è sovrano assoluto. Allora in questo senso il perché
della creazione sta nel fatto che non c'è un perché nelle creature stesse, c’è
solo un perché nella sovrana volontà di Dio.
La gratuità della creazione
C’è nella creazione una gratuita,
gratuitissima comunicazione di essere a delle cose che di suo non hanno nessun
diritto ad esistere, nessuna motivazione in sè di esistere. Vedete, quindi
quando qualcuno ci chiede: perché l'essere piuttosto che il non essere?
La risposta è duplice: perché l'essere
per sé stesso esiste, e questo vale per l'essere infinito, che è Dio. Per
quanto concerne gli enti finiti, il loro perché è uno solo: la bontà
sovranamente libera del loro creatore. Non ci sono altri perchè. Questo per
quanto concerne la teologia della creazione, perché è una verità dogmatica:
“all'inizio”, Berescit, “al principio
Dio creò, Barah, il cielo e la
terra”.
Questa parola barah, “ha creato il cielo e la terra”, è del tutto sconosciuta
nelle popolazioni pagane antiche. Non esiste un equivalente. Infatti, per i
Greci esiste la generazione, la prassi, la poiesis,
ma non esiste la creazione. È un termine biblico, anche se riferibile al fare.
Però, nel contempo, a questa teologia
della creazione corrisponde una profondissima filosofia dell’essere. E’ come se
la Sacra Scrittura ci avesse obbligati ad abbandonare i nostri meschini finiti
schemi umani di essenza, per varcare il limite dell'essenza e contemplare, al
di là di ogni data essenza finita, l'essere infinito, il fatto di esistere.
E questo è l'unico vero esistenzialismo,
non ciò che è spacciato sotto quel nome al giorno d’oggi, come per esempio in
Sartre e in altri. Invece l'unico vero esistenzialismo è quello che dice:
l'atto di essere al di là di ogni essenza, ma nel contempo tale da dare
l'emergenza dal nulla ad ogni essenza che esiste.
E questo legame tra l'essenza finita ed
essere infinito, a cui l'essenza non ha diritto, questo legame che si chiama
creazione, è oggetto di libera e sovrana volontà di Dio. Quindi, Dio pone
nell'essere quello che Egli vuole. Però questo è un effetto della una sua bontà
infinita.
Tomas Tyn, OP:
Creazione e conservazione II
P. Giovanni
Cavalcoli
Fontanellato, 2 maggio 2020
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