29 gennaio, 2020

Gesù Cristo fondamento del mondo: Inizio, centro e fine ultimo del nostro umanesimo integrale

«Come si fa ad accogliere il Cristo, se non c’è nell’anima l’amore della sapienza, dato che Cristo è la Sapienza Eterna del Padre?». È un interrogativo posto in una sua omelia inedita del 5 gennaio 1986 dal Servo di Dio Padre Tomas Tyn [1950-1990]. 
Questo libro intende essere una guida agevole e chiara per quanti si interrogano sul significato del Vangelo di Gesù Cristo per l’uomo, per la fede che non può sussistere senza la ragione e per la ragione che necessita della fede, per la natura, per il mondo e per il cosmo. È stato scritto per coloro che già credono nel Verbo di Dio fatto Uomo e che cercano la via migliore e più elevata per incontrarlo, per coloro che sono colpiti dalla sapienza umana del Cristo e desiderano approfondirla, per gli amanti della contemplazione ai quali «solo Dio basta», come diceva Santa Teresa d’Avila. È stato scritto per coloro che credono che Cristo è l’inizio, il centro e il fine ultimo del nostro intero umanesimo.




28 gennaio, 2020

Intervista di Bruno Volpe

Alcune note circa l’intervista 
a me fatta da Bruno Volpe
sul blog La fede quotidiana

L’amico, noto giornalista cattolico Bruno Volpe, conduttore del blog La Fede quotidiana, ha di recente pubblicato la mia risposta ad alcune sue domande concernenti la vita della Chiesa e l’attività del Santo Padre. Gli sono sempre grato per il prezioso servizio che fa, che mi dà la possibilità di esporre al pubblico ciò che più ritengo utile per la vita cattolica ecclesiale del nostro tempo. Ma questa volta il caro Volpe ha messo all’intervista un titolo che purtroppo non corrisponde esattamente a quanto effettivamente ho detto nel testo dell’intervista, come il lettore potrà verificare.

Ora, la questione che tratto è molto seria e per questo mi sono deciso a pubblicare questo comunicato, che non intende affatto sconfessare il contenuto dell’intervista ben fatta, ma si riferisce al solo titolo, il quale mi fa dire: «Papa Francesco concede troppo a protestanti, progressisti, marxisti e massoni».  Ora devo dire subito che, presentato così, il mio pensiero sembra voler sostenere che l’insegnamento del Papa faccia indebite concessioni sul piano dottrinale ai suddetti autori. 

Ora, tali indebite concessioni non potrebbero essere altro che un cedimento ai loro errori. Ma, data la gravità di questi errori, che vanno dall’eresia all’ateismo, da un cristianesimo carente all’odio per il cristianesimo, io ho sempre sostenuto nelle mie pubblicazioni da quando Papa Francesco è in carica, che tali accuse al Papa sono ingiuste, offensive ed empie, perché Papa Francesco, come ogni Papa legittimo, possiede da Cristo un dono di infallibilità dottrinale nell’insegnare le vie del Vangelo, dono che gli impedisce di cadere nell’eresia e tanto meno nell’ateismo. 

Quello che ho detto io, come appare dal testo, è ben diverso. Io ho detto: «mi sembra che Francesco indulga a un’interpretazione che concede troppo ai progressisti, avvicinandosi ai modernisti, ai rahneriani» . Ammetto in ogni modo di non essere stato del tutto chiaro, per cui approfitto dell’occasione per chiarire questo punto delicatissimo, anche se chi conosce il mio pensiero sull’argomento, espresso in tante altre occasioni per scritto o a voce, avrà capito benissimo che cosa intendevo dire. 

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25 gennaio, 2020

La comunicazione dei predicati come metodo per l’interpretazione del dogma

La comunicazione dei predicati
come metodo per l’interpretazione del dogma

Per capire la Parola di Dio occorre il retto uso della logica,
perché la fede è in armonia con la ragione

La Chiesa, nel formulare i dogmi, si serve delle regole della logica del linguaggio, regole che devono essere conosciute e applicate correttamente, altrimenti si rischia di fraintendere il significato del dogma e di cadere nell’eresia.


Una di queste regole è la cosiddetta communicatio idiomatum, che potremmo tradurre con «comunicazione dei predicati», la quale consiste nella  comunicazione o scambio di due predicati di un medesimo soggetto, in modo che l’attribuzione di un predicato a quel soggetto denominato con l’altro predicato, benché i predicati abbiano significati reciprocante escludentisi, ciononostante resta valida e legittima, perché è predicazione valida e legittima di quel soggetto. Con un termine tecnico della logica, si dice che il termine significante quel dato predicato o quell’attribuzione «suppone» (suppositio)  per il soggetto o persona, alla quale viene attribuito quel predicato. 

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 Theotokos - mosaico - Santa Sofia (immagine da internet)

24 gennaio, 2020

Note per la Settimana dell’unità dei cristiani

Note per la Settimana dell’unità dei cristiani
1.Stando a quanto insegna il decreto Unitatis redintegratio del Concilio Vaticano II, la prima cosa da fare nell’ecumenismo è il confrontarsi lealmente e francamente su cosa ha veramente detto e voluto Cristo, in un clima di dialogo, di mutuo rispetto, di mutuo perdono e di testimonianza di solidarietà umana. 
 
2. Le altre confessioni o comunità cristiane non-cattoliche, dopo la separazione dalla Chiesa cattolica, hanno mantenuto certamente dei valori fondamentali, come la fede nella SS.Trinità e in Cristo Redentore, il Battesimo, il desiderio della salvezza, l’idea della comunità cristiana, il rispetto per la Bibbia e per i divini comandamenti. Ma, come avverte il Concilio, hanno mantenuto «lacune» ed «ostacoli», che impediscono ad esse di abbracciare in pienezza la verità cattolica. 
 
3. Non c’è dubbio che siamo già tutti uniti nella comune fede in Cristo, sennò non ci dichiareremmo tutti cristiani. Tuttavia la questione ecumenica sta nel fatto che non tutti accolgono in pienezza la verità del Vangelo insegnata, in questa pienezza, solo dalla Chiesa cattolica. Quindi, come avverte il Concilio, perché le comunità separate possano dirsi pienamente cristiane, occorre che abbandonino i loro errori ed  entrino in piena comunione con la Chiesa cattolica.
 
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22 gennaio, 2020

Severino davanti a Cristo

Severino davanti a Cristo

Severino si è presentato davanti al tribunale di Cristo. Era preparato? Non lo sappiamo. Da come lo abbiamo conosciuto, Severino non credeva più in Cristo e nella Chiesa e nemmeno in Dio[1]. Riteneva che per essere nell’eternità non occorra una fede religiosa o l’appartenenza alla Chiesa, ma sia sufficiente la ragione metafisica, ossia l’intuizione dell’essere, inteso come Essere uno, infinito, assoluto, intellegibile, univoco, sussistente, eterno, necessario, immutabile. 

A contatto con Parmenide si era fatto la convinzione che tutto è Uno, che tutto è eterno e adesso, che quindi non esiste un passato che non è più o un futuro che non è ancora. Non esiste il divenire, una generazione e una corruzione, un nascere e un morire. La morte, quindi, non esiste. Ciò che sembra venire all’essere, sorgere e morire in realtà esiste già ab aeterno e durerà sempre: soltanto appare e scompare ai nostri occhi profani. 

Il mutamento, per Severino, non è passaggio dall’essere in potenza all’essere in atto, perché tutto per lui è in atto. Siccome egli non vuol ammettere la distinzione della potenza dall’atto, che gli permetterebbe di riconoscere l’identità del divenire, egli finisce per considerare il divenire come contradditorio, come coesistenza di essere e non-essere. Per questo per lui il divenire non esiste, ma è solo apparenza o al massimo apparizione dell’Essere.

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E. Severino
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21 gennaio, 2020

Le due resurrezioni nel c.20 dell’Apocalisse

Le due resurrezioni nel c.20 dell’Apocalisse

I dati della dottrina cattolica 

Sappiamo dalla dottrina della fede che duemila anni fa Cristo con la sua morte e resurrezione ha messo nelle mani dell’umanità le armi per sconfiggere il demonio e ha dato ai giusti la speranza di poter risorgere ad una vita eterna dopo la morte.

Ha istituito il battesimo, che ci consente di risorgere dal peccato per vivere fin da ora la vita di figli di Dio, in attesa del Ritorno del Signore alla fine della storia terrena, nella piena e definitiva vittoria del Signore e nostra con Lui contro le potenze del male, per inaugurare una nuova storia, che sarà la storia felice dei risorti nella celeste beatitudine della visione di Dio.

Ma finchè non tornerà il Signore, come ci ha promesso, alla fine del mondo a procurare ai giusti risorti la suddetta eterna pace celeste, per sempre totalmente liberi dalle forze sataniche, il cristiano su questa terra deve lottare continuamente contro queste forze malvage, fino a che esse non saranno totalmente vinte da Cristo al suo Ritorno nella battaglia finale contro di esse. Dice infatti il Concilio Vaticano II: «Tutta la storia umana è pervasa da una lotta tremenda fin dall’origine del mondo contro le potenze delle tenebre, lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore (Mt 24, 13; 13, 24-30 e 36-43), fino all’ultimo giorno» (GS 37).

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Cristo Risorto di Rupnik (immagine da internet)

19 gennaio, 2020

Il concetto della morte in San Paolo

Il concetto della morte in San Paolo

La morte è il castigo del peccato

S.Paolo riprende la concezione etica veterotestamentaria, che mostra chiaramente che l’etica biblica è un’etica della vita. I comandamenti divini sono precetti, leggi di vita. Il Dio biblico è un Dio vivente, il Dio della Vita. È un Dio buono, che come tale, ama e vuole il bene, cioè la vita. Bene è infatti la vita, male è la morte. E come l’amore ha per oggetto il bene e vita, così l’odio ha per oggetto e scopo la morte. Per questo, la volontà di Dio non è altro che le sue creature vivano e siano felici. 

Per questo il libro della Sapienza proclama: «Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza; le creature del mondo sono sane, in esse non c’è veleno di morte» (13,14). Il bene è l’esistente. Il male è carenza o privazione di esistere. Dio crea il bene perché è buono. La morte è privazione di esistenza. Dio quindi crea la vita, che è bene ed esistenza,  e non la morte.

Ma allora la morte da dove viene? Risponde la Scrittura: «La morte è entrata nel mondo per l’invidia del diavolo» (Sap 2,24). Il Concilio Lateranense IV spiegherà che il diavolo è una creatura di Dio. Egli pertanto è stato creato buono, ma per colpa propria si è reso malvagio (cf Denz.800).

È lo stesso uomo peccatore col suo peccato che si procura la morte, appunto perché il peccato è contro la vita dello stesso peccatore, come avverte la Scrittura: «Non provocate la morte con gli errori della vostra vita» (Sap 1,13). Il peccato, ogni peccato, per la Scrittura, si riduce al suicidio. 

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Immagine da internet - San Paolo del Carpaccio

16 gennaio, 2020

La vera truffa sul sacerdozio

La vera truffa sul sacerdozio

Un increscioso malinteso

È molto spiacevole ed increscioso il malinteso verificatosi tra due eminentissimi personaggi della Chiesa, il Card. Sarah e il Papa emerito, riguardo all’appena pubblicato libro sul sacerdozio, che porta la firma e la foto di entrambi. La cosa tanto più dispiace, in quanto ci troviamo inaspettatamente di fronte ad un dissapore tra due campioni della fede e della comunione ecclesiale, quando essi scarseggiano e imperversano invece i  nemici e i falsi amici della sana dottrina e della Chiesa.

Non ho lo letto il libro, ma, conoscendo la saggezza e la competenza degli illustri Autori, posso ben immaginarne il contenuto, che sarà certamente in piena conformità con la dottrina cattolica, di edificazione per le anime ed utilità per la Chiesa. Molto di più allora si resta stupiti ed addolorati per il grave malinteso, che oggettivamente genera sconcerto e scandalo, mentre dà ulteriore spazio alle secolari contestazioni, irrisioni e disprezzo degli empi e dei nemici della Chiesa per il sacerdozio cattolico, in particolare per il celibato sacerdotale, che pare essere il tema centrale del libro. 

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15 gennaio, 2020

Sul titolo di Papa «emerito»

Sul titolo di Papa «emerito»
Impostazione del problema 

Sappiamo come Papa Benedetto, al momento di dare le sue dimissioni, e di trasmettere l’esercizio dell’ufficio petrino a Papa Francesco, volle precisare che egli restava Papa, dal che il titolo che si è preso di Papa «emerito», col quale anche Francesco lo chiama.

Sappiamo anche che questo titolo è del tutto nuovo ed inusitato nella storia del Papato, tanto che alcuni si sono chiesti se un simile titolo abbia senso o sia legittimo o sia possibile, considerando l’unicità dell’autorità pontificia, così come Cristo l’ha voluta, per cui Benedetto e Francesco, inventando questo titolo, sarebbero andati contro la volontà di Cristo.

Che nella storia alcuni Papi abbiano lasciato l’incarico, è già successo. Non è questo che fa problema. Ma negli altri casi il dimissionario non pensò assolutamente di assumere il titolo di Papa emerito, e ciò naturalmente in base all’ovvia considerazione che il Papa dev’essere uno solo.

Il punto da considerare per risolvere questo non facile problema è il capire come esattamente Cristo ha concepito e voluto l’ufficio di Pietro e quali sono le caratteristiche, l’ambito e i limiti di questo ufficio. Diciamo subito, al riguardo, che Cristo, nel fissare il compito di Pietro, non ha escluso che un Papa possa restar Papa senza esercitare il suo ufficio; in termini semplici, un Papa può essere Papa senza fare il Papa, come avviene in qualunque altra attività umana: uno può essere docente di filosofia ma non insegnare filosofia, uno può essere un pianista, ma non suonare il piano e così via. In particolare, questo vale per il vescovo, che può essere vescovo, ma essere a riposo.

Papa Benedetto è il Papa che ha scoperto la distinzione fra l’esser Papa, ossia l’ufficio, e il fare il Papa, ossia l’esercizio dell’ufficio.

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12 gennaio, 2020

Il successo di Papa Francesco

Il successo di Papa Francesco

Il recente incontro del Papa col Corpo Diplomatico accreditato presso la S.Sede offre lo spunto ad alcune considerazioni. Si è verificata la presenza di quasi tutti gli Stati del mondo e ciò suscita in ogni cattolico certamente una soddisfazione. Ciò è segno della stima e della considerazione, delle quali gode la S.Sede presso quasi tutte le potenze mondiali. Essa in più occasioni si è mostrata giudice imparziale e valida mediatrice di pace, scongiurando il rischio di conflitti imminenti, e risolvendo le vertenze secondo giustizia Ma tale prestigio della S.Sede è anche il segno che Papa Francesco riesce a conquistarsi questa stima e questa considerazione. 

Occorre infatti considerare che l’assenza o la rottura delle relazioni diplomatiche fra Stati comportano solitamente grandi distanze fra di loro o forti contrasti, che possono giungere fino alla guerra. Che cosa è che agli occhi di uno Stato può rendere il Vaticano un termine di relazione poco appetibile, o addirittura sconveniente o sconsigliabile per non dire odioso?

Non certo il fattore o peso territoriale, politico, militare o economico, ma è il fattore, morale, religioso e spirituale. Di solito le relazioni diplomatiche con uno Stato sono rese appetibili, perché questo Stato offre importati aiuti o collaborazione o vantaggi economici, politici e militari. 
Ma per che cosa le relazioni diplomatiche col Vaticano possono essere attraenti se non per il suo prestigio morale, per il suo ascendente religioso, per la sua autorità spirituale, mediatrice di dialogo, di conciliazione, di giustizia, di concordia e di pace? 

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10 gennaio, 2020

La scomessa cattolica.

La Chiesa del terzo incluso.


Il libro La scommessa cattolica di Chiara Giaccardi e Mauro Magatti intende proporre un progetto di azione per la Chiesa nella società contemporanea in fedeltà al mandato di Cristo di annunciare il Vangelo a tutte le genti secondo una modalità di linguaggio, che raccolga la sfida della modernità e a sua volta scommetta con la modernità di avere, come dice la quarta di copertina, «da dire qualcosa di inaudito al nostro tempo».

Il libro è animato da forti convinzioni e da una forte volontà di persuadere, di stimolare e di incitare all’azione, moltiplicando gli argomenti, le ragioni, le considerazioni, le motivazioni. Si direbbe un trattato di apologetica. Gli Autori, certo, sono credenti, tuttavia non si basano sulla fede, ma propongono la fede. Sembrano dire al moderno incredulo: scommettiamo che la fede funziona nell’operare la vera grandezza e salvezza dell’uomo? E nel contempo incoraggiano i credenti ad agire virilmente e generosamente sotto l’impulso dello Spirito Santo in comunione con la Chiesa e col Papa. Una nuova era si apre!

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Chiesa di San Domenico (Bologna)

Crocefisso di Giunta Pisano

 

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06 gennaio, 2020

La successione apostolica

La successione apostolica

Lo Spirito Santo fa sì che ad un Papa ne segua un altro

Uno degli aspetti della Chiesa cattolica che non cessano di stupirci e contribuiscono a farci capire che la Chiesa non è una semplice società umana guidata da uomini, ma è guidata da Dio, è il fenomeno storico inoppugnabile della cosiddetta «successione apostolica», ossia il fatto che ad un Papa ne segue regolarmente ed immancabilmente un altro, entro un lasso più o meno lungo di tempo, un fatto che, come tutti sanno, è iniziato col pontificato di S. Pietro, è giunto oggi a Papa Francesco e durerà fino alla fine del mondo, quando Cristo in persona tornerà per celebrare le nozze mistiche con la sua Sposa la Chiesa, mentre il Papa di allora, l’«amico dello sposo» (Gv 3,29), gioirà con tutta la Chiesa per il trionfo finale e completo di Cristo su tutte le potenze del male.

Non occorre molta fantasia per capire, allora, con quanto accanimento, con quale dispiego di mezzi, con quali oscuri intrighi, con quale potere di seduzione, con quanta astuzia, con quale aperta o celata violenza, con quanto odio, con quanta ostinazione, arroganza e superbia le forze dell’inferno, simili a tremendi marosi, si scagliano continuamente contro la roccia infrangibile, immutabile e solidissima di Pietro, nel vano tentativo di farla vacillare e distruggerla, sapendo bene che su di essa si poggia e si basa la casa di Dio che è la Chiesa.  Distruggere il papato vuol dire distruggere la Chiesa. Viceversa nessuno mai che è rimasto in comunione col Papa ha perso di vista il cammino della salvezza.

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03 gennaio, 2020

Le cause delle guerre

Le cause delle guerre
 
Non ogni guerra è ingiusta
 
Il Sommo Pontefice, nel recente Messaggio per la Giornata della Pace del 1° gennaio scorso, ha detto  tra l’altro:
 
  «La guerra, lo sappiamo, comincia spesso con l’insofferenza per la diversità dell’altro, che fomenta il desiderio di possesso e la volontà di dominio. Nasce nel cuore dell’uomo dall’egoismo e dalla superbia, dall’odio che induce a distruggere, a rinchiudere l’altro in un’immagine negativa, ad escluderlo e cancellarlo. La guerra si nutre di perversione delle relazioni, di ambizioni egemoniche, di abusi di potere, di paura dell’altro e della differenza vista come ostacolo; e nello stesso tempo alimenta tutto questo».
 
Il Papa ha giustamente affermato che le guerre cominciano spesso in questo modo. Ma non sempre. Ci sono guerre che sono motivate da cause giuste. Il ricorso all’uso della forza contro un aggressore o per liberare un popolo oppresso da una tirannia o per riconquistare un territorio patrio, dal quale è stato cacciato o del quale è stato derubato o privato o per cacciare o respingere un invasore non nasce necessariamente «dall’egoismo, dall’odio, dalla superbia e dalla paura». Non è necessariamente violenza. Non è ingiustizia, ma può nascere da un bisogno di giustizia e dall’attaccamento a grandi valori, può essere un preciso dovere morale, anche davanti a Dio o addirittura voluto da Dio, un dovere, che giustifica l’esistenza di virtù militari, che possono arrivare fino all’eroismo e al sacrificio della propria vita per la difesa del bene comune o della patria messi in pericolo dal nemico.
 
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San Giorgio -Icona russa
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