Perché Dio non è stato misericordioso col ricco epulone?

 

Perché Dio non è stato misericordioso col ricco epulone?

Una pastorale apparentemente contradditoria

Nella predicazione di Papa Francesco tutti ormai notiamo l’esistenza di alcuni temi ricorrenti, circa i quali, così come sembrano suonare, molti si domandano come possano conciliarsi fra di loro, mentre ad altri queste apparenti contraddizioni sono gradite perché danno una parvenza di giustificazione alla loro condotta mondana e falsamente cattolica.

Di che si tratta? Abbiamo da una parte il grande tema della misericordia e della tenerezza di Dio per tutti:

Dio perdona a tutti, la Chiesa accoglie tutti, tutti sono salvati gratuitamente. Non parla dell’importanza decisiva dei meriti in ordine alla salvezza. Sembra che Dio salvi tutti incondizionatamente. Il paradiso non è guadagnato, ma semplicemente ricevuto come dono immeritato. Le opere non occorrono; basta la grazia.

Una causa dell’eresia è data dal fatto che l’eretico non riesce a risolvere certe apparenti contraddizioni della Scrittura, per cui, per evitare la contraddizione, sceglie i passi che gli sono graditi e trascura quelli che gli sembrano contrari. Così per esempio oggi i buonisti scelgono i passi dove Dio si fa misericordioso, e tacciono su quelli nei quali Egli si mostra severo.

Ora, alcuni, sia modernisti che filolefevriani, pensano che il Papa segua il metodo suddetto. In realtà, questa interpretazione sembra plausibile perché effettivamente il Papa tace su quei passi del Vangelo dove Cristo parla dell’esistenza di dannati. Senonchè però occorre tener presente che, se il Pontefice tace su quei passi, ciò non può essere segno che egli è eretico, perché ciò è cosa impossibile in un Papa. Dunque dobbiamo cercare un’altra spiegazione di questa condotta del Papa, che qui non è dottrinale – l’esistenza di dannati è dogma di fede[1] -, ma pastorale.

Il Santo Padre, come ogni Papa, svolge, per una sua scelta pastorale da lui giudicata utile, necessaria od opportuna nel tempo particolare e nelle circostanze nei quali egli vive, una sua tematica pastorale e dottrinale ormai nota.

 Così noi sentiamo, per esempio, da lui che

la fede viva non è assunzione di idee astratte, ma incontro vivo con Cristo. La vita è più importante della dottrina. La realtà è più importante dell’idea. Cristo non è venuto per condannare ma per salvare. L’etica cristiana è un’etica dell’amore, non della legge. La Chiesa non discrimina nessuno, ma accoglie tutti.

Tutti sono fratelli e figli di Dio, la pluralità delle religioni esprime la bellezza della diversità ed è voluta da Dio. Ognuno, seppur inconsciamente, è alla ricerca di Dio, anche i cosiddetti atei. Il Papa disapprova e condanna il peccato, ma non dice mai che il peccato merita il castigo o è castigato. Sembra che per lui tutti i peccati siano sempre perdonati.

Il Papa parla del pentimento, della conversione e della penitenza, ma sembra escludere l’esistenza di impenitenti e di non-pentiti, se è vero, come sembra, che tutti sono perdonati e si salvano. Sembrerebbe dar ragione al buonismo di Rahner e Von Balthasar.

Non parla dell’ostilità della natura come conseguenza del peccato originale, né del valore soddisfattorio ed espiativo della sofferenza, benchè parli spesso di Gesù Crocifisso. Si limita a dire che Cristo ha sofferto perché ci ama. Non presenta il peccato come debito da pagare, ma solo come mancanza di amore. Gli piace la mistica. Riconosce i voti religiosi, il valore del sacrificio e della rinuncia, ma sembra aver antipatia per l’ascetica. Ammette però la lotta contro il demonio. Sembra però che i peccati o debiti vengano rimessi o scontati non perché Cristo ha pagato al nostro posto, ma per pura, gratuita ed incondizionata misericordia. 

Tace circa l’esistenza dell’inferno e dei dannati; anzi, come sappiamo, ha espresso il voto personale che tutti si salvino, benché ovviamente abbia detto che non intendeva esprimere un dogma.

La verità di fede non è ripetere sempre e tutti la stessa cosa, ma vedere secondo il proprio punto di vista e progredire nella conoscenza. Dio non è identità assoluta ma trinità e comunione di persone.

Non parla degli imminenti eventuali castighi o flagelli apocalittici, se non per prospettare il rischio di una guerra nucleare. In occasione della recente pandemia di covid ha insistito molto sul dovere della solidarietà, ma non ha fatto parola che la si potesse interpretare come una pena sui malvagi e un richiamo divino alla penitenza e alla conversione.

Da un’altra parte abbiamo

il grande tema della giustizia sociale e la denuncia delle ingiustizie, delle menzogne e delle ideologie: la violenza esercitata dai potenti sui deboli, sulle donne, sui bambini, sugli anziani, sui poveri; l’orrore della guerra; il razzismo, il nazionalismo, le discriminazioni e l’odio verso il fratello; il pessimismo, il catastrofismo, il chiacchiericcio e la diffamazione; la crudeltà verso le persone fragili; l’oppressione e lo sfruttamento della natura, dei poveri e dei lavoratori da parte dei ricchi e dei grandi industriali, l’egoismo, l’egocentrismo, la sete di potere e di denaro, la chiusura al nuovo, l’indietrismo, lo gnosticismo, la rigidezza dottrinale, il pelagianesimo, il soggettivismo, la mondanità, l’idealismo, la sequela del diavolo.

Da un’altra parte ancora abbiamo

 la condanna assoluta della guerra, che sembra essere la condanna di qualunque uso della forza militare. Non gli piace l’apologetica, nella quale vede un proselitismo, un clericalismo, un fondamentalismo, un aggredire e un polemizzare contrario al dialogo, all’ascolto dell’altro, al rispetto del diverso ed alla carità. Sembra non aver fiducia nell’utilità delle controversie teologiche.

I contrasti d’interessi e le controversie tra nazioni si risolvono col dialogo, non con l’uso delle armi. Abbiamo inoltre la condanna della pena di morte, che sembra essere una preferenza data all’interesse privato rispetto al bene comune.

Non dobbiamo giudicare, non dobbiamo condannare, dobbiamo evitare le controversie dottrinali; non pretendere di aver ragione sull’altro, ma solo dialogare, confrontarci e integrarci vicendevolmente. La verità non è l’affermazione della propria identità, ma stare in ascolto dell’altro. Bisogna accogliere tutti, non escludere nessuno. L’universalità della Chiesa non è astrazione, ma comunione nella diversità. La Chiesa non è una sfera, ma un poliedro.

Non dobbiamo convertire, ma convertirci. Non si tratta di persuadere, ma di testimoniare. Bisogna creare ponti, non muri. Tuttavia la conflittualità e la dialettica delle idee è cosa inevitabile: occorre evitare il monolitismo e l’uniformismo e ribellarsi al pensiero unico. La pace non esclude le tensioni, ma le supera sopportandole.

L’antinomia fondamentale della predicazione del Papa sembra riassumersi in questi termini: da una parte insegna che Dio fa misericordia con tutti e che la salvezza è gratuita per tutti, ma dall’altra condanna severamente e giustamente la nostra mancanza di misericordia nei confronti del prossimo, nonché qualunque forma di peccato, violenza, vendetta, arroganza, superbia, sopruso, ingiustizia, oppressione, avarizia, ira, invidia, gola, sensualità, aggressione, odio nei confronti del prossimo, anche se è nemico.

È chiaro che i misericordisti, i buonisti e i modernisti approfittano largamente di questo apparente eccessiva indulgenza, debolezza e buonismo del Papa per dare una parvenza di legittimità alla loro licenziosità morale e sentirsi autorizzati nel loro egoismo col fare inoltre la figura di devoti fedeli del Papa: se anche gli oppressori del prossimo, gli egoisti, i ricchi epuloni, i libertini, gli odiatori e i violenti sono perdonati a vanno in paradiso, chi impedisce loro di continuare e fare tranquillamente quello che fanno?

D’altra parte, anche i filolefevriani trovano occasione per propagandare il loro indietrismo, inveendo contro un Papa opportunista ed ambiguo, che non crede all’inferno, che cede ai modernisti, che permette lassismo e il relativismo etico e indifferentismo religioso, che si barcamena fra Dio e il mondo, che vuol tenersi buoni i potenti con una finta difesa dei poveri.

Una parabola-chiave per comprendere la pastorale di Papa Francesco

La parabola del ricco epulone è la parabola-chiave per capire il papato di Francesco, e sciogliere le sue apparenti antinomie, benchè egli non ne parli mai e preferisca, come è noto, altre parabole e altri racconti, come la parabola del buon samaritano o il racconto della peccatrice pentita.

In questa parabola troviamo le due polarità dell’apparente antinomia e il mezzo per risolverla. Le due polarità sono la figura di Lazzaro e quella del ricco epulone, due figure antitetiche sulle quali il Papa insiste moltissimo: Lazzaro, è il simbolo dell’umanità sofferente e sventurata, che patisce ingiustizia, sono le masse sterminate dei poveri, dei fragili, degli emarginati, dei malati, degli affamati, dei migranti, degli oppressi, dei perseguitati, degli umiliati, dei dimenticati. Il ricco epulone sono gli egoisti, i prepotenti, gli oppressori, i violenti, gli odiatori, i guerrafondai, coloro che commettono ingiustizie di ogni genere.

Ma se tutti sono misericordiati, lo sono anche i malfattori, i ladri, gli assassini, i terroristi, gli oppressori, gli sfruttatori, i trafficanti di armi, i tiranni, gli stupratori, i genderisti, gli abortisti? Vanno tutti in paradiso senza neanche passare dal purgatorio?

Ora, la parabola del ricco epulone serve anche a collegare l’insegnamento del Papa con altre parabole, delle quali pure non parla mai, parabole che sembrano contraddire il suo insegnamento apparentemente buonista, parabole dove è chiaro il concetto del merito, della giustizia divina e del castigo eterno, come la parabola dei vignaioli perfidi (Mt 21, 28-45) o quella dei talenti (Mt 25,14-30) o quella degli operai che hanno tutti la stessa paga (Mt 20, 1-16).

L’accettazione implicita da parte del Papa dell’insegnamento di queste parabole è evidente nel momento in cui egli predica la necessità della carità, il rifiuto dell’odio, l’imitazione di Cristo, l’ascolto dello Spirito Santo, la conversione, la penitenza, le buone opere, la pratica della misericordia e della giustizia.

Chiarissima nella predicazione del Papa è la condanna del ricco epulone. Quindi, quando egli dice che Dio è misericordioso con tutti, è chiaro che non intende dire che all’inferno non c’è nessuno. Diversamente, dovrebbe contraddire all’insegnamento di Cristo e affermare che chi non ha esercitato misericordia riceve misericordia.

D’alta parte, quando parla dei ricchi epuloni, degli sfruttatori e degli oppressori, è chiaro che parla di persone che non esercitano la misericordia, che badano solo a se stesse, ad affermare se stesse sugli altri, persone che non si curano del bene e dei bisogni degli altri, e non hanno pietà dei sofferenti,  persone che non si adoperano per consolarli, persone che non si correggono dei loro peccati, persone che trascurano i loro doveri di solidarietà, persone che opprimono i poveri anziché aiutarli, persone che ingannano il prossimo anziché illuminarlo, persone che non esercitano la giustizia ma favoriscono i colpevoli a danno degli innocenti.

Il Papa con la sua predicazione a favore degli infiniti Lazzaro di queste vita, ci fa capire che, se Lazzaro va in paradiso ed è misericordiato, non è tanto perché era povero e ha patito ingiustizia, e perchè il ricco epulone non ha avuto pietà di lui, giacchè questo capita anche ai peccatori, ma il Papa ci fa capire che Cristo sottintende che, se  Lazzaro va in paradiso, è perché ha cercato e amato Dio e il prossimo, ha accolto con fede la Parola di Dio, ha obbedito ai comandi del Signore, ha portato pazienza, si è procurato meriti, ha sperato nel premio celeste, ha praticato e invocato misericordia, pentito dei suoi peccati, in un cammino continuo di conversione.

D’altra parte, quando il Papa condanna con parole severe i ricchi epuloni, è del tutto evidente che per loro non c’è misericordia, perché essi stessi con la loro superbia e impenitenza se ne sono sottratti, ma, come è chiaramente espresso dalla parabola, per loro c’è la giustizia e castigo eterno, perché non hanno praticato né invocato la misericordia e per conseguenza non hanno avuto diritto di confidare nella divina misericordia. Non possiamo pretendere di ottenere ciò che per la nostra cattiva volontà non ci siamo messi nelle condizioni di poter ottenere, anche se il donatore ce lo vuol dare.

Come il Papa dunque mette d’accordo i Lazzaro che sono misericordiati con la condanna dei ricchi epuloni? Come può affermare che Dio fa misericordia a tutti, pur riconoscendo implicitamente attraverso la parabola del ricco epulone che esistono  dei dannati?

Il Papa scioglie la sua apparente contraddizione fra la salvezza di Lazzaro e la condanna del ricco epulone rimandandoci implicitamente al significato della stessa parabola, la quale ci fa capire come la giustizia divina si concilia con la misericordia, ci fa cioè capire che, benché Dio ci abbia creati per Lui, e voglia tutti salvi, non tutti, per il loro egoismo, per la loro malizia e superbia, cercano e amano Dio, non tutti per colpa loro accettano il piano della divina misericordia, ma preferiscono far Dio di se stessi, lontano dal suo volto con le conseguenze che necessariamente ne seguono.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 2 marzo 2024

Come il Papa dunque mette d’accordo i Lazzaro che sono misericordiati con la condanna dei ricchi epuloni? Come può affermare che Dio fa misericordia a tutti, pur riconoscendo implicitamente attraverso la parabola del ricco epulone che esistono dei dannati?

Il Papa scioglie la sua apparente contraddizione fra la salvezza di Lazzaro e la condanna del ricco epulone rimandandoci implicitamente al significato della stessa parabola, la quale ci fa capire come la giustizia divina si concilia con la misericordia, ci fa cioè capire che, benché Dio ci abbia creati per Lui, e voglia tutti salvi, non tutti, per il loro egoismo, per la loro malizia e superbia, cercano e amano Dio, non tutti per colpa loro accettano il piano della divina misericordia, ma preferiscono far Dio di se stessi, lontano dal suo volto con le conseguenze che necessariamente ne seguono.

Immagini da Internet:
- Lazzaro e il ricco Epulone, Abbazia di Novacella


[1] Contenuti nel Simbolo Atanasiano del sec.IV (Denz.76), nel Concilio di Quierzy dell’853 (Denz.623) e nel, Concilio di Trento (Denz.1523).

41 commenti:

  1. Rev. Padre,
    io penso che la parabola del ricco epulone debba essere interpretata in un senso ampio. Infatti non riguarda solo l'oppressione di coloro che hanno molti beni materiali ed, egoisticamente, non aiutano chi è nel bisogno. Certamente questa è la prima dimensione da considerare, anche dal punto di vista pastorale, dato che oggi, troppo spesso, molte persone pensano di poter fare ciò che vogliono dei propri beni personali in virtù del fatto che ne sono, appunto, i proprietari ma dimenticando il principio dell'universale destinazione dei beni che vieta tale forma di oppressione del ricco sul povero. Chi ha di piu deve soccorrere chi ha di meno. È un obbligo morale che, ovviamente, deve essere calato nelle situazioni particolari-concrete per la sua attualizzazione.
    Questa parabola è contro ogni forma di oppressione e riguarda anche altri ambiti della vita dove viene toccata la dimensione della virtù della giustizia e della carità. Penso, per esempio, a coloro che calunniando o denigrando qualcuno, finiscono per rovinargli la vita chiudendogli delle strade che potevano essere percorse: la lingua uccide più della spada come è scritto nella lettera di Giacomo.
    Certamente tutti coloro che fanno gravi ingiustizie, come il ricco epulone, sono destinati ( se non si pentono ) all'inferno che esiste e che, come affermano importanti documenti della Chiesa, non è vuoto ( purtroppo).
    Il buonismo di cui Lei Padre parla, purtroppo, esiste ed è molto deleterio per le anime. Infatti non tutti sono arrivati a comprendere nel loro cammino spirituale che bisogna seguire Cristo per amore anche se l'inferno non esistesse. Nel processo di conversione il timore di una pena così puo essere molto utile, soprattutto all'inizio. In ogni caso la verità deve essere proclamata dai tetti e questo significa sottolineare anche quelle parti che piacciono meno e che, pur rendendoci più autentici, possono mettere in difficoltà il dialogo ( che, comunque, è fondamentale e il Papa fa bene a coltivarlo).
    Sono convinto che la Chiesa converte il Mondo solo se è autentica e sa andare controcorrente proclamando, come fa Lei Padre, verità "scomode" di cui si parla troppo poco. I primi cristiani hanno diffuso la Verità di Cristo con la loro autenticità senza giungere a compromessi:
    la Verità non puo essere " addolcita" senza perdere sapore e forza. Io ho studiato proprio a Bologna conseguendo un Baccalaureato in Sacra Teologia presso lo Studio Teologico Domenicano e ho sempre apprezzato la fame di Verità e il desiderio di farla conoscere che è come l'anima del glorioso ordine di San Domenico.
    Bisognerebbe parlare di più, nella Chiesa, del fatto che così come Dio premia le opere buone, allo stesso modo castiga il peccato, il "veleno" che causa la morte: morte che puntualmente è arrivata per il ricco epulone.
    Pierpaolo Paolini




    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Pierpaolo,
      le sue considerazioni sono molto sagge e mi trovano pienamente d’accordo.
      La cosa da fare è divulgare queste verità e darne noi per primi l’esempio della loro applicazione.

      Elimina
  2. Un articolo molto bello, che fa pienamente chiarezza sulla pastorale di un pontificato che ha suscitato tanta confusione in molti.
    Complimenti, Padre Cavalcoli, e grazie per il suo instancabile lavoro.
    Non ringrazierò mai abbastanza la divina Provvidenza per aver trovato il suo blog, quasi per caso...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Ross,
      le sue parole mi hanno profondamente toccato e le sento come forte incoraggiamento a proseguire nel mio lavoro.
      Mi fa molto piacere questo pieno accordo che ci lega nel lavorare per la Vigna del Signore.

      Elimina
  3. Caro Alessandro,
    il primo brano relativo all’intervista a Scalfari è soggetto a due pregiudiziali. La prima è che occorrerebbe verificare se il Papa effettivamente ha detto quelle cose. La seconda è che qui non si tratta di magistero, ma di semplice colloquio privato.
    Il Papa è infallibile solo quando insegna a tutta la Chiesa come Maestro della fede.

    Il fatto che tutti siano stati redenti non significa necessariamente che tutti abbiano accettato la redenzione.

    E’ chiaro che i peccatori vanno in paradiso, purchè siano pentiti dai loro peccati.
    Quindi il Papa evidentemente, se parla di persone salvate, sottintende che si siano precedentemente pentite, altrimenti sarebbe assurdo pensare una comunione con i persecutori della Chiesa non pentiti.

    Quando il Papa parla di legittima varietà delle religioni, è evidente che si riferisce a tutto ciò che non tocca le verità religiose universali e obbligatorie per tutti, perché in questo campo non è ammessa alcuna diversità, ma c’è solo l’alternativa tra il vero e il falso.

    RispondiElimina
  4. Caro Padre: li ringrazio moltissimo per la sua risposta gentile e caritatevole. Sono d'accordo con i principi in esso enunciati, ma non con la sua applicazione concreta. Il motivo è molto semplice: osservo che qui entra in gioco l'errore insito nel modernismo, che fa di Dio una realtà immanente all'uomo e rende metafisicamente impossibile la dannazione eterna. Il fondamento si trova nella Gaudium et Spes 22: "Il Figlio di Dio con la sua incarnazione si è unito, in un certo modo, ad ogni uomo", nozione ampiamente sviluppata da Giovanni Paolo II:

    I. "Cristo Signore ha indicato queste vie soprattutto quando –come insegna il Concilio– mediante l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. […] Quest’uomo è la strada della Chiesa, una strada che conduce in un certo modo all’origine di tutte quelle strade lungo le quali la Chiesa deve camminare, perché l’uomo –ogni uomo senza eccezione– è stato redento da Cristo, perché con “L’uomo –ogni uomo senza eccezione– si è unito a Cristo in qualche modo, anche quando quell’uomo non ne è consapevole" Redemptor Hominis n. 13/14.

    II. "[…] dobbiamo […] manifestare al mondo la nostra unità […] nella rivelazione della dimensione divina e umana […] della Redenzione, nella lotta con instancabile perseveranza in favore di questa dignità che ogni uomo ha raggiunto , […] che è la dignità della grazia dell’adozione divina". Ibid, n. 11.

    III. "È nato il Redentore dell’uomo. Con Lui nasce la nuova umanità. E con Lui nasce la Chiesa […] La Chiesa, per la sua missione primordiale, nata con Cristo nato, e da Lui ricevuta con solenne mandato, ha il compito di difendere la dignità dell'uomo: di ogni uomo -come ho fatto io scritto nella mia prima Enciclica-. Perché ciascuno è stato compreso nel mistero della Redenzione e Cristo è stato unito a ciascuno, per sempre, attraverso questo mistero". Discorso alla Curia Romana, 22-12-1979.

    IV. "Cristo […] ci conosce con la conoscenza e con la scienza più interiore, con la stessa conoscenza con cui Lui, il Figlio, conosce e abbraccia il Padre e, nel Padre, abbraccia la verità e l'amore infinito. E, attraverso la partecipazione a questa verità e a questo amore, Egli ci rende ancora una volta, in Sé, figli del suo Eterno Padre; ottiene, una volta per tutte, la salvezza dell'uomo: di ogni uomo, di coloro che nessuno gli strapperà di mano... Chi infatti potrà strapparglielo?" Omelia del 27-4-1980.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Alessandro,
      rispondo secondo i vari punti, che lei espone.
      1.
      I rahneriani hanno interpretato queste parole “Cristo si è unito in qualche modo con ogni uomo” nel senso che di fatto Cristo è unito in grazia con ogni uomo. Se effettivamente così fosse, tutti andrebbero in paradiso e l’inferno sarebbe vuoto, perché tutti sarebbero in grazia, tutti sarebbero buoni, e questo è il principio del buonismo.
      Invece il Concilio intende dire che Cristo è il Redentore e Salvatore dell’umanità, il quale offre a tutti, con la sua grazia, la possibilità della salvezza. Ma, come insegna Cristo stesso e con Lui la Chiesa, con ciò non è affatto detto che tutti vadano in paradiso. Infatti ognuno di noi ha il libero arbitrio, per il quale c’è chi accoglie la grazia e chi la rifiuta.
      Infatti la grazia non è parte o fine essenziale della natura, ma è un dono gratuito non richiesto necessariamente dalla natura umana come tale.
      Se lei, accusandomi di modernismo, ritiene che io accetti l’interpretazione rahneriana del passo del Concilio, si accorgerà che sta sbagliando in base a quello che ho detto sopra.
      Questo suo sospetto di buonismo, le viene forse dal fatto che io, con Papa Francesco, sostengo che i DR possono essere in grazia? Mi spiego meglio. Ritiene forse che questa tesi dei DR in grazia supponga l’eresia del buonismo?
      Per quanto riguarda i passi del Papa, dove sembra che egli accetti il buonismo, ritengo di averli interpretati così da chiarire che in realtà il Papa non esclude l’esistenza dei dannati. È forse insoddisfatto della mia spiegazione?

      Elimina
    2. II.
      Quando il Papa parla della dignità della grazia dell’adozione divina, che ogni uomo ha raggiunto, non intende dire che ogni uomo è in grazia e quindi tutti vanno in paradiso, ma si riferisce al fatto che Cristo dà a tutti la possibilità di vivere in grazia e di salvarsi.
      Ma il Papa non esclude affatto che, pur avendo ogni uomo ricevuto la grazia da Cristo, ci sia qualcuno che volontariamente rifiuti questa grazia.

      III.
      Anche qui bisogna dire quello che ho già detto, e cioè che il Papa intende dire che Cristo è il Salvatore di tutti e a tutti offre la grazia. Ma questo non significa che tutti l’accolgano, come dice il Prologo di San Giovanni: “Venne tra i suoi e i suoi non l’hanno accolto”.

      Elimina
    3. Caro Padre Cavalcoli, non mi è mai venuto in mente di pensare che lei possa aderire all'eresia della salvezza universale né li sto accusando di modernismo, anzi, penso che lei abbia una grande chiarezza concettuale in materia. Il mio disaccordo con lei non sta nei principi, ma nel modo -a mio avviso forzato- con cui cerchi di dimostrare che i papi conciliari li lasciano salvi, nonostante abbondanti detti e fatti che dicono il contrario...

      Elimina
    4. IV.
      Anche qui il Papa si riferisce alla universalità della salvezza operata da Cristo, mettendo in luce, come dice lo stesso Cristo, che nessuno può strappargli le anime che gli appartengono.
      Ma anche qui non dobbiamo pensare che il Papa intende escludere che alcuni per colpa loro rifiuteranno la salvezza, che Cristo a loro offre.

      Elimina
  5. (Segue dal commento precedente)
    V. "[…] come ricorda il Concilio Vaticano II, [l'uomo] è l'unica creatura che Dio ha voluto per sé e per la quale ha il suo progetto, cioè la partecipazione alla salvezza eterna. Non si tratta dell’uomo astratto, ma dell’uomo reale, concreto e storico: si tratta di ciascun uomo, perché a ciascuno viene il mistero della redenzione, e con ciascuno Cristo è unito per sempre attraverso questo mistero". Centesimus Annus n. 5.

    VI. "Nel fatto della Redenzione c'è la salvezza di tutti, perché ciascuno è stato compreso nel mistero della Redenzione e con ciascuno Cristo è stato unito, per sempre, attraverso questo mistero". Redemptoris Missio n. 4.

    VII. "Questo raggio della notte di Natale […] è la scintilla di luce più profonda dell’umanità che Dio ha visitato, questa umanità riaccolta e assunta da Dio stesso […] La natura umana misticamente assunta dal Figlio di Dio in ciascuno di noi, che sono stati adottati nella nuova unione con il Padre. La radiazione di questo mistero si espande molto, molto lontano; raggiunge anche quelle parti o sfere dell'esistenza degli uomini in cui ogni pensiero su Dio […] sembra essere assente". Udienza generale, 27-12-1978.

    VIII. "L'Eucaristia: Sacramento dell'Alleanza del Corpo e del Sangue di Cristo, dell'Alleanza eterna. Questa è l’Alleanza che abbraccia tutti. Questo Sangue raggiunge tutti e salva tutti". Omelia del 06-06-1985.

    Assicuro che leggo il suo blog sempre con attenzione e imparzialità, e ho imparato molto grazie ai suoi scritti. Ma su questo punto, purtroppo, non sono d’accordo con lei. Sosterrete ancora una volta l’infallibilità del magistero pontificio in materia di fede e di morale, cosa che naturalmente accetto, ed è proprio quel carisma insito nel successore di Pietro che mi porta a mettere in dubbio la legittimità dei papi conciliari. Penso che, essendo modernisti, pur essendo stati canonicamente eletti, non sono stati investiti del potere di giurisdizione sulla Chiesa universale, che li avrebbe resi immuni da errore: non riesco a trovare altra spiegazione per risolvere ciò che, a mio parere , costituisce una contraddizione tra il supposto "esse" di tali papi e il concreto "agere" che essi hanno espresso in vari modi a partire dal CVII, a cominciare dall’"ecumenismo" e dal "dialogo interreligioso"...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. V.
      Effettivamente le parole sono queste: Cristo si è unito per sempre ad ogni uomo. Certamente qui viene espresso un dato di fatto. Ma, qual è questo fatto? L’amore di Cristo per noi. Ora, che cosa comporta un atto d’amore? Che l’amante si unisce all’amato. Sennonché che cosa può accedere? Che l’amato rifiuta l’abbraccio dell’amante.
      Fuori metafora, questo che cosa vuol dire? Che alcuni rifiutano questo amore e lo ricambiano con l’odio. E costoro non si salvano.


      VI.
      Le parole che fanno problema sono le seguenti: Cristo è stato unito con ciascuno, per sempre, attraverso il mistero della Redenzione.
      La risposta è simile a quella del numero precedente.
      Questa unione definitiva dev’essere intesa come esecuzione del piano del Padre, perché Cristo è l’ultima possibilità che ci viene offerta. Tuttavia anche qui si deve intendere che non tutti accolgono questa unione definitiva.

      Elimina
    2. VII.
      In questo passo sembrerebbe che il Papa sostenesse che Cristo ha assunto l’intera umanità. Ma evidentemente, se uno interpretasse in questo modo, sbaglierebbe, perché un Papa sa meglio di noi che il Figlio di Dio non ha assunto l’umanità, ma una data particolare natura umana, che è la singola ed individua natura umana di Cristo.
      È ovvio tuttavia che l’assunzione di una particolare natura umana da parte del Verbo è funzionale alla salvezza di tutta l’umanità, a patto che ciascun uomo, nella fede e nell’amore, si unisca a quella particolare umanità, che è l’umanità di Cristo. Questo intende dire il Papa, quando parla dell’assunzione dell’intera umanità.
      Non è detto che il Papa neghi che qualcuno non osservi questo patto d’amore.

      VIII.
      Il fatto che il Sangue di Cristo salvi tutti, non vuol dire che di fatto tutti si salvano, ma che Cristo dona a tutti una potenza salvifica, utilizzando la quale ognuno può salvarsi.
      San Tommaso d’Aquino dice che l’Eucarestia è un farmaco universale, ma è chiaro che se uno non lo usa non guarisce dal suo male.

      Elimina
    3. Caro Alessandro,
      accusare il Concilio e il seguente magistero dei Papi del postconcilio di modernismo vuol dire o non sapere che cos’è il modernismo o non avere capito che cosa dice questo magistero.
      Infatti il modernismo non sono affatto le nuove dottrine del Concilio, ma semmai sono quelle di Rahner. E il Concilio non è affatto infetto dagli errori di Rahner, e quindi lei non sa che cosa è il modernismo.
      Oppure lei non comprende che cosa insegnano il Concilio e i Papi del postconcilio. Infatti, il loro magistero, anche se non si pone al 1° grado di autorità delle dottrine, non per questo non insegna la verità di fede, trovandosi al 2° e al 3° grado di autorità delle dottrine.
      Inoltre, con la sua accusa di modernismo, lei dimostra di non sapere comprendere quello che è il nuovo nel progresso dottrinale della Chiesa.
      Quando Papa Francesco richiama all’importanza del nuovo, occorre capire che questo nuovo non è modernismo, ma è una sana modernità, è un avanzamento nella conoscenza della medesima verità.
      Il Concilio e i Papi del postconcilio ci offrono un approfondimento del mistero della Redenzione e della Chiesa, mistero che raggiunge tutta l’umanità, in una forma che finora non avevamo ancora compreso.
      Abbiamo compreso cioè che la misericordia divina si estende al di là di quanto pensavamo prima del Concilio. Infatti il Concilio e i Papi del postconcilio ci insegnano meglio di un tempo come si realizza la chiamata universale alla salvezza.

      Elimina
  6. Caro Padre Cavalcoli,
    faccio un'analisi, dal profilo psicologico, per cercare di comprendere la difficoltà che esiste in entrambi i settori estremi, modernisti e passisti, e –per ragioni diverse– contrari all'insegnamento del Concilio Vaticano II e dei Papi post-conciliari.
    Dato che coloro che li contestano sul suo blog in genere non sono modernisti, ma piuttosto indietristi, farò riferimento a loro, così possiamo capirci più facilmente.
    Supponiamo che gli obiettori che vi hanno scritto in queste settimane, come ho potuto verificare (Daniele, Davide, Alessandro, Federico, ecc...), tutti con profilo preconciliare, indietristi, fossero in realtà laici o sacerdoti, che hanno espresso pubblicamente le loro posizioni che, con sfumature, con maggiore o minore severità, sono posizioni contrarie al Concilio Vaticano II, o all’insegnamento dei Papi post-conciliari, o, nello specifico, contrarie a Papa Francesco.
    Nello specifico, durante il pontificato di Papa Francesco, supponiamo che in questi undici anni siano stati ferventi combattenti, ad esempio:
    - contro il motu proprio Traditionis custodes
    - contro l'esortazione Amoris laetitia e le successive direttive per consentire la Comunione ai DR
    - e ora contro la dichiarazione Fiducia supplians
    E ora supponiamo che, per un miracolo della divina provvidenza, si siano resi conto adesso, proprio adesso, della differenza tra dottrina e pastorale, della differenza tra magistero dottrinale e direttive pastorali, tra legge divina e legge ecclesiastica... All'improvviso si rendono conto che, sebbene ciò vada contro il suo attaccamento alla Messa Vetus Ordo, non c'è nulla da eccepire alla Traditionis custodes, anzi, poiché è in perfetta linea e obbedienza al Concilio Vaticano II, e che non c'è nulla da obiettare ad Amoris laetitia e non Fiducia supplicans, applicazioni prudenziali di una migliore comprensione della misericordia divina.
    Ora, come si presentano queste persone, pubblicisti, amministratori di blog, giornalisti, o preti, o predicatori, ecc., davanti al "loro" pubblico, o ai loro ascoltatori, e dicono loro: "Ho sbagliato"? Come si supera lo stress psicologico?
    Al di là della distanza, chi ha commesso un reato e ha pagato i suoi debiti con la società probabilmente va in un altro Paese, oppure cambia nome, o inizia una nuova vita. Ma ci sono altri casi in cui ciò non è possibile...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Silvano,
      il tema che lei tocca è molto bello e molto profondo. Esso riguarda il cammino dello spirito umano in mezzo alle tenebre di questo mondo, dove però, se cerchiamo con sincerità, incontriamo la luce.
      Quello di cui lei mi parla non è altro che il grande fenomeno della conversione, alla quale tutti siamo chiamati, perché questa vita dev’essere un passaggio dalle tenebre alla luce.
      Oggi indubbiamente molti di noi, anche nella Chiesa, siamo chiamati ad una conversione che superi quei due opposti estremismi, dei quali lei mi parla, per raggiungere una vera comunione ecclesiale e col Sommo Pontefice.
      Noi, che vogliamo realizzare questi valori, seppure con i nostri difetti, ci adoperiamo nei confronti di questi fratelli e preghiamo per loro. L’ipotesi che lei fa della loro conversione è del tutto conforme alla speranza cristiana. Lo Spirito Santo soffia e da un momento all’altro possiamo attenderci dei cambiamenti molto consolanti.
      Vengo alla sua domanda. Quale può essere la condotta di colui che si converte? Abbiamo i grandi modelli di Sant’Agostino e di San Paolo.
      Lei si chiede come affrontare l’ostilità di coloro che non accettano questa conversione.
      Io credo che la gioia della scoperta della verità, che egli adesso proclama con convinzione, sia talmente grande, che non occorrono particolari espedienti per difendersi da quelle ostilità. Penso che il neoconvertito possa e debba avere la pazienza di sopportarle, nella speranza che anche questi suoi nemici un giorno possano capire la verità e abbracciare la stessa strada che egli ha scelto.

      Elimina
  7. La cosa incredibile è che qualcuno debba darci «la chiave per comprendere il pontificato di Francesco». E se ci fossero altre chiavi? Perché il suo è quello giusto? Per parafrasare "c'è qualcosa di marcio nello stato della Danimarca"...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Anonimo,
      il suo discorso non mi è chiaro.
      Vuole essere così gentile da darmi una spiegazione?

      Elimina
  8. Ciò che accade, padre Cavalcoli, è che se si accettasse la liceità di amministrare l'Eucaristia agli adulteri perché potrebbero essere in grazia, ciò potrebbe effettivamente essere applicato ad altri peccati oggettivamente gravi. Non sarebbero quindi da escludere stupratori, assassini, ladri, sodomiti e un lungo eccetera. Tutti potrebbero, infatti, dire che, proprio come gli adulteri, non possono uscire dalla loro situazione di peccato per questo o quel motivo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Anonimo,
      l’indulgenza che il Papa usa nei confronti di queste coppie suppone ovviamente che esse si trovino in una situazione oggettivamente insuperabile ed è tale situazione che comporta delle attenuanti, che consentono a loro di accedere ai Sacramenti.
      Diverso è il caso di chi può liberarsi da una situazione moralmente pericolosa. È chiaro che in tal caso la scusa sarebbe solo pretestuosa, per cui il soggetto, prima di accedere alla Comunione, dovrebbe fare una buona Confessione, accompagnata da un serio cammino penitenziale.
      Questa pratica che espongo non è altro che la prassi tradizionale dell’amministrazione dei Sacramenti.

      Elimina
    2. Chi dice che un adultero non possa liberarsi dalla sua situazione oggettivamente peccaminosa e un sicario sì?

      Proprio come in alcuni casi gli adulteri non dovrebbero riuscire a liberarsi dalla loro situazione, lo stesso potrebbe dire una coppia di sodomiti che hanno adottato empiamente un bambino e avrebbero bisogno di stare insieme per allevarlo.

      Queste sono le assurde conseguenze che derivano dalla tesi secondo cui ogni magistero autentico è infallibile.

      Elimina
    3. Caro Anonimo,
      il problema non è semplicemente il caso di un adultero, che è in grado di gestirsi indipendentemente dalla situazione nella quale si trova, ma il caso in esame è quello di una coppia, che convive in una situazione tale che, per motivi di forza maggiore non può interrompere il rapporto senza mancare ad altri impegni o doveri importanti.
      Faccio qualche esempio: la moglie precedente si è sposata con un altro e ha figli. Che cosa fa? Torna dalla moglie di prima? Oppure, i due conviventi non hanno la possibilità di trovare un alloggio tale da vivere separatamente. Oppure, senza una reciproca solidarietà economica non avrebbero possibilità di sopravvivenza. Se per esempio uno dei due è gravemente ammalato, deve essere abbandonato?
      È chiaro che invece se i due possono lasciarsi subito, devono farlo.
      Per quanto riguarda il grado di autorità della FS e della AL, si tratta di documenti pastorali, certamente di 3° grado, ma in quanto pastorali non sono infallibili, ma non per questo non richiedono una fiduciosa obbedienza.

      Elimina
    4. Lei dici, p.Cavalcoli: "...una coppia, che convive in una situazione tale che, per motivi di forza maggiore non può interrompere il rapporto senza mancare ad altri impegni o doveri importanti".

      Bene. Supponiamo una coppia di sodomiti che hanno adottato figli, una coppia che "convive in una situazione tale che, per motivi di forza maggiore non può interrompere il rapporto senza mancare ad altri impegni o doveri importanti", come il mantenimento di quei figli. Bene, avanti con la sodomia!

      Assurdo, empio.

      Elimina
    5. Ciò che sta alla base di questa posizione è, da un lato, che ci sono situazioni di peccato dalle quali manca la grazia di Dio per uscire da esse, come dice sopra padre Cavalcoli (proposizione condannata dal magistero ormai infallibile); e due, il diritto alla sessualità attiva di ogni persona, per il quale non può essere richiesto al membro o ai membri di una coppia di mantenere la continenza. Quello che io chiamo il "diritto universale all'orgasmo".
      Questo non è cattolicesimo. Dio dà a tutti la grazia sufficiente per non peccare, per evitare le situazioni di peccato e per uscirne se si è in trappola, per pentirsi e fare la comunione, che è l'"iter" che ha ogni persona che si trova in una situazione di peccato, sia omosessuale attivo, terrorista della droga, pedofilo o assassino seriale. E due, beh, aglio e acqua, la sessualità non può sempre essere esercitata licitamente, deve sempre essere all'interno di un matrimonio indissolubile. E se non sei d'accordo, non fare la comunione. Chi vuole l'azzurro potrebbe avere difficoltà.

      Elimina
    6. Li faccio un esempio molto comune: un patrigno che violenta ripetutamente la figliastra. La madre è consapevole, ma ha paura di affrontarlo, di perdere i propri mezzi di sostentamento, di fare del male agli altri figli, di finire per strada, ecc. Il silenzio è la risposta parziale che Dio si aspetta da questa madre, alla quale non dà la grazia per uscire da quella situazione? Potrei prendere la comunione come complice? Perché se applicassimo i principi di Amoris Laetitia sarebbe possibile.

      Elimina
    7. Caro Anonimo,
      l’esempio che lei porta dell’obbligo di educare i figli è effettivamente uno di quei motivi di forza maggiore, che obbligano i due a restare assieme. Questo non significa assolutamente giustificare la sodomia.
      Tuttavia l’esperienza sessuale di un uomo normale, oltre a ciò ferito dal peccato originale, è un atto dal quale il soggetto riesce a sottrarsi con molta difficoltà, per non dire che in certi casi è quasi impossibile. È questa situazione che ha condotto il Papa a parlare di attenuanti.
      Bisogna inoltre considerare che oggi queste coppie facilmente ignorano quella che è la norma morale a causa eventualmente di moralisti genderisti.
      È evidente inoltre che i due sono tenuti ad un continuo impegno di conversione e di penitenza, seppure in una situazione di fragilità, che è propria della vita terrena.
      Infatti il cammino di conversione dura tutta la vita per le coppie irregolari, come per ogni singolo cristiano.

      Elimina
    8. Caro Davide,
      io non ho mai detto “che ci sono situazioni di peccato dalle quali manca la grazia di Dio per uscire da esse”. La verità è che Dio fornisce sempre la grazia, come ci dà l’aria per respirare. Se noi non respiriamo, non è perché manca l’aria, ma è perché siamo morti. Ugualmente, se in certe situazioni di peccato manca la grazia, non è perché Dio non dia la grazia, ma perché è il soggetto che peccando si sottrae alla grazia.
      Per quanto riguarda quanto ho detto circa il fatto che in certe circostanze Dio non dà la grazia, lei ha frainteso quanto intendevo dire. Io, in realtà ho parlato non di situazioni di peccato, ma di uno che crolla sotto il peso della tentazione, come capita in certi casi o di malattie mentali o di assalti violenti della passione o di stati di immaturità morale.
      Nel primo caso uno non riceve la grazia, perché non la vuole. Nel secondo, è presente la buona volontà e tuttavia Dio, per insegnare l’umiltà, non concede la grazia per cui la persona pecca, pur restando innocente.
      Ci sono dei peccati oggettivi, che vengono commessi da persone che restano senza colpa, perché sono peccati di fragilità. Invece i peccati colpevoli sono peccati di malizia.

      Non c’è dubbio che ogni uomo è naturalmente inclinato all’atto generativo, col piacere annesso, in vista della formazione della famiglia.
      In questo quadro si può parlare di diritto al piacere sessuale? Non è un diritto di per sé, ma un diritto derivato dal diritto di generare. Infatti, se volessimo parlare di un diritto al piacere come fine a se stesso è chiaro non si tratterebbe di un vero diritto, ma di un modo di mascherare la lussuria.
      Ora, nel caso delle coppie irregolari resta in linea di principio il diritto alla generazione. Senonché com’è di fatto la loro situazione? Che si trovano nell’occasione di peccare, in circostanze nelle quali non possono evitare l’occasione.
      Quando il Santo Padre parla di attenuanti, ciò non va assolutamente inteso come diritto al piacere sessuale, ma come una considerazione dettata dalla misericordia. Il Papa non intende affatto negare che i due pecchino, o di fornicazione o di sodomia. Tuttavia il Papa è preoccupato della loro salvezza e sa meglio di noi che qualunque persona umana, per quanto si trovi in una situazione che lo spinge al peccato mortale o che si trovi in stato di peccato mortale, è sempre sollecitata dalla misericordia divina al pentimento, può pentirsi in qualunque momento e ottenere il perdono divino. Ciò comporta il ritorno in stato di grazia, per cui la grazia abilita la persona ad accedere alla Comunione.
      Per quanto riguarda lo stato di peccato, esso in linea di principio certamente esiste. Ma con quale diritto o facoltà noi possiamo giudicare se una data persona, per quanto pubblico peccatore e scandalosa, si trovi in stato di peccato mortale? Come facciamo a saperlo? Non è forse questo un giudizio temerario?
      Il Santo Padre ebbe un giorno a dire: “Chi sono io, per giudicare?”. Egli fu completamente frainteso dai malevoli, i quali interpretarono queste parole nel senso che il Papa non volesse pronunciarsi circa il peccato di sodomia. Invece il Papa intendeva esattamente riferirsi all’intimo della loro coscienza, dove ognuno di noi, insieme con Dio, siamo i conoscitori di ciò che è presente alla propria coscienza, nel bene come nel male.

      Elimina
    9. Caro Anonimo,
      l’esempio che lei presenta descrive una situazione che richiede una denuncia alle forze dell’ordine da parte della madre, della figlia, dei complici e di chi ne viene a conoscenza.

      Tenga presente comunque che in linea di principio vi possono essere delle circostanze nelle quali non abbiamo la forza sufficiente per esercitare un dato atto di virtù quasi eroico. Quando si verificano queste circostanze, Dio ci autorizza a rinunciare al tentativo di attuare un atto di virtù che è superiore alle nostre forze. In questo caso Egli non ci dà la grazia per compiere questo atto eroico, perché è un atto per il quale non abbiamo le forze. In questo caso rimaniamo innocenti e Dio ci dà la grazia legata al fatto della nostra buona volontà. Quindi comunque restiamo in grazia.

      Elimina
    10. Non sono convinto della sua teologia della grazia, padre Cavalcoli. Il suo errore resta nel dire che Dio non dà la grazia a chi cade sotto il peso della tentazione, il che è una sciocchezza. È per fede che Dio non permette mai che siamo tentati oltre le nostre forze. Ed è per fede che ogni volta che si chiede una grazia, anche per un atto eroico che non si può evitare, Dio la concede. Che abbiamo o meno la forza per realizzarlo è relativo: «Posso tutto con chi mi consola».

      Elimina
    11. Caro Davide,
      ho detto che Dio non dà la grazia in certe circostanze nelle quali Egli, per insegnarci l’umiltà, permette che non abbiamo la forza di volontà sufficiente per compiere un alto atto di virtù, per esempio di fortezza, di castità, di coraggio, di temperanza, che sarebbe richiesto in quel momento. Ciò però non vuol dire affatto che il soggetto non sia in grazia, tutt’altro, anzi il soggetto può essere benissimo sia in grazia.
      Quindi, quando si dice che Dio dà sempre la grazia, questo è verissimo, salvo naturalmente che uno non la rifiuti.
      Nel caso, che io propongo sopra, suppongo che l’individuo sia in grazia. Perché? Perché nel momento della prova il soggetto ce la mette tutta, ma cade nonostante ogni buon volere. Questa caduta evidentemente non è colpevole, per cui l’individuo non solo resta innocente, ma ha il merito di aver compiuto il massimo sforzo di volontà.
      Per quanto riguarda l’altro principio, secondo il quale Dio insieme con la prova dà la grazia per superarla, qui dobbiamo riferirci ad una prova superabile appunto con l’aiuto della grazia, ma Dio non è tenuto a darci la grazia tutte le volte che siamo nella prova. Egli in ogni caso, se noi vogliamo, ci conserva in grazia, ma può capitare che in una certa circostanza la prova sia insuperabile. Questo è il caso in cui Dio non ci dà la grazia in quella determinata prova. Detto tutto in due parole: se Dio vuole che superiamo la prova, ci dà la grazia; se invece non riusciamo a superare la prova, nonostante la nostra buona volontà, è segno che Dio non ha voluto darci la grazia, non in senso assoluto, ma in quella particolare circostanza. Il che vuol dire che noi, anche in quella circostanza, se noi abbiamo la buona volontà, rimaniamo in grazia e, anche se cadiamo, restiamo innocenti.

      Quello che affermo è conforme alla dottrina tradizionale sulla grazia. E ricordo che tra le attenuanti ci possono essere i vizi radicati, l’ignoranza invincibile, i condizionamenti e difetti psicofisici, per i quali il soggetto resta in grazia, ma non riceve da Dio in una data prova la grazia sufficiente per superarla, in modo tale che sebbene sia caduto resta innocente.
      I confessori conoscono bene queste dinamiche della coscienza. Io confesso da quarant’anni, e posso assicurarle che tantissime volte io ho consolato dei penitenti, che mi raccontavano disavventure di questo genere. Questo cammino di conversione e di penitenza può durare anche tutta la vita. Persone, che hanno contratto l’abitudine per esempio di bestemmiare quando era bambini, potranno faticare tutta la vita per vincere questo vizio e certamente, se hanno buona volontà, Dio li scusa tutte le volte che cadono, anche se naturalmente devono chiedere perdono a Dio. Il pentimento di queste persone è molto gradito a Dio e le confessioni di questo tipo donano una gioia profonda al penitente e anche al sacerdote.

      Elimina
  9. Caro Padre: li ringrazio per la sua risposta. Lei vi sforza di dare un'interpretazione ortodossa dei diversi detti e fatti che vi presento, in un atteggiamento che comprendo, dato che il fatto che un papa erra in materia di fede è impossibile, questo è un fatto di fede e, ovviamente , sono totalmente d'accordo su questo. È qualcosa di sano, normale e del tutto logico avere il riflesso di voler trovare una continuità nell'insegnamento pontificio, cercando di conciliare le apparenti contraddizioni. Li assicuro che vorrei poter essere d'accordo con la sua interpretazione, ma purtroppo devo essere onesto con lei e dirli che non la trovo convincente. Per illustrare, ritorno al caso degli incontri interreligiosi di Assisi, convocati dagli ultimi tre papi, basati esplicitamente sugli sviluppi conciliari. Mi sembra che illustrino perfettamente il modernismo conciliare, secondo il quale tutte le religioni sono modi legittimi di relazionarsi con la divinità, cosa che contraddice direttamente sia la rivelazione divina che il magistero della Chiesa, anteriore al CVII, si intende. Non verrebbe mai in mente a nessuno che un Mosè o un San Paolo, per esempio, sarebbero capaci di invitare le false religioni del mondo ad una giornata di preghiera affinché, invocando i loro idoli, la pace potesse venire nel mondo. La scena sembrerebbe del tutto surreale e folle. E perfino blasfemo e anche eretico, almeno implicitamente. Ebbene, purtroppo, questo fanno e promuovono i papi conciliari, uno scandalo indicibile dal quale sono costretto a concludere che siamo di fronte a falsi pastori e viviamo in tempi immediatamente pre-anticristici, poiché si sta portando avanti la grande apostasia predetta da San Paolo davanti a noi, i nostri occhi, in vivo e diretto...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Alessandro,
      capisco che i passi pontifici, che lei mi cita, si possono prestare ad una interpretazione buonista. Io invece le ho dimostrato che essi non escludono affatto l’esistenza dei dannati, non solo perché non affermano che non esistono dei dannati, ma perché danno spazio all’affermazione, per cui questa affermazione resta implicita.
      A questo punto, se lei non è convinto, dica francamente che non si vuol convincere, perché lei non ha argomenti contro quello che ho detto io. Quindi non è in grado di confutare la mia interpretazione. Ciò allora mi fa sospettare che lei neghi quello che dico, non sulla base di argomenti, ma solo per partito preso.

      Per quanto riguarda gli incontri di Assisi, effettivamente essi hanno suscitato delle riserve anche presso i competenti per il fatto che c’era il timore che a tali incontri accedessero dei fedeli di religioni politeistiche o idolatriche.
      Il Concilio, dal canto suo ribadisce che la pienezza della verità si trova soltanto nella religione cristiana, mentre le altre, pur avendo in se stesse dei valori, non sono esenti dall’errore, come è chiaramente testimoniato da questi due brani del Decreto Nostra Aetate del Concilio Vaticano II sul dialogo interreligioso. Qui possiamo notare come vengano privilegiate le tre religioni monoteistiche; si accenna anche all’induismo e al buddismo; mentre si dà spazio senza entrare in dettagli a quella che è l’apertura e la ricerca umana nei confronti del trascendente.
      “La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.
      Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi.” Nostra Aetate, n. 2
      https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_decl_19651028_nostra-aetate_it.html
      Da questi brani si evince con chiarezza che il Concilio non ha nulla a che vedere con l’indifferentismo o il relativismo religiosi, che è invece errori diffusi dai modernisti, i quali vanamente vorrebbero rifarsi al Concilio, il quale invece chiaramente li respinge.

      Elimina
    2. Caro Padre: li ringrazio per la sua risposta. Apprezzo la vostra carità fraterna e la vostra disponibilità al dialogo. Vi auguro una santa e felice domenica. Un cordiale saluto in Cristo e Maria.

      Elimina
    3. Questo dialogo tra p. Cavalcoli e Alessandro mostrano chiaramente che la posizione del primo, ipertrofizzando l'infallibilità dell'intero magistero, conduce inesorabilmente al sedevacantismo, se siamo intellettualmente onesti. Perché se tutto ciò che il Papa dice in materia di moral e di fede è infallibile, allora se salta allla vista di chi vuole vedere senza volontaritarismi o fraintendimenti, il papa sbaglia, quindi il papa non è papa.

      Elimina
    4. Caro Davide,
      ho già spiegato più volte nei miei recenti interventi come le proposizioni del Santo Padre, che mi sono presentate, e le direttive della FS, benchè possano offrire difficoltà interpretative, in realtà possono e devono essere soggette ad una interpretazione benevola, e quindi non tollerano l’accusa di essere erronee.

      Elimina
  10. Non sei mai in una situazione di peccato oggettivamente insormontabile. Nessuno ti obbliga a commettere adulterio e Dio dà la grazia per resistere a qualsiasi peccato mortale o per uscire da una situazione di peccato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Davide,
      possono verificarsi delle situazioni psicoemotive, nelle quali la volontà non riesce a dominare la passione o la ragione rimane talmente offuscata da diventare prigioniera di fantasie perturbatrici.
      Ciò è testimoniato nelle psicopatologie gravi e in situazioni eccezionali nelle quali il soggetto, anche con tutta la buona volontà, assalito da forze psichiche violente, o ancor più raramente da interventi demoniaci, compie atti che sono oggettivamente peccati, ma che lasciano il soggetto innocente, perché manca o la piena avvertenza o il deliberato consenso.
      In altre situazioni la volontà può restare responsabile, ma, a causa della violenza della passione, per esempio in campo sessuale, anche un peccato in materia grave genera una colpa leggera, propria del peccato veniale.
      Le attenuanti delle quali parla il Papa nell’AL si riferiscono a questo livello di colpevolezza. Questo principio vale per tutti i peccati, non solo per il sesso, ma anche per gli altri peccati, come per esempio per l’orgoglio, per l’ira, l’accidia, l’apostasia, ecc.
      Per quanto riguarda l’elargizione della grazia, se il soggetto crolla sotto il peso della tentazione, è segno che Dio, per motivi a noi ignoti, non sempre dà la grazia per vincere la tentazione, come potrebbe essere la paura o la violenza o l’avidità.
      È evidente che in questo caso il soggetto resta innocente. L’esempio che si può portare è questo. In una sala gremita di folla scoppia un incendio, la gente si accalca all’uscita, qualcuno cade in terra e viene calpestato dalla gente. È chiaro che qui non è il caso di fare un processo per omicidio nei riguardi della folla.
      Se Dio vuole invece che il soggetto superi la prova, allora dà la grazia, per cui vale il detto biblico che insieme con la prova, Dio dà la grazia. In ogni modo Dio dà sempre a tutti la grazia sufficiente per la salvezza.

      Elimina
  11. Sinceramente, padre Cavalcoli, tutta questa contrarietà espressa da queste posizioni filo-lefebvriane di questi lettori che hanno scritto nel loro blog contro l'infallibilità pontificia, mi sembra ostinatamente ripetitiva, e dimostra che il vero problema di questi cristiani è che non sopportano essere sotto l’autorità magisteriale e giurisdizionale del Papa. Sono i nuovi Lutero del nostro tempo. Gli argomenti dimostrativi forniti loro non hanno alcun impatto su di loro. Persistono continuamente nella loro ideologia nata dal voler essere volontariamente cristiani senza il Vicario di Cristo. Alla fine, come si è visto negli ultimi interventi di alcuni, non hanno altra scelta che ricorrere alla mancanza di rispetto, al disprezzo e alla derisione. Vale la pena continuare a rispondergli?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Dino,
      effettivamente dispiace incontrare tanta resistenza all’autorità del Papa in persone che si dicono cattoliche.
      Il fatto è che esse sono imbevute di idee false, o di tipo modernista o di tipo indietrista, delle quali forse non si rendono conto, perché riflettono l’ambiente nel quale vivono. Oppure si tratta di persone, che da una parte vogliono fare i loro comodi, ma dall’altra non riescono a dimenticare del tutto i loro doveri cristiani.
      La tentazione di servire a due padroni è oggi molto diffusa. Secondo me è il problema più serio, che nasce da una certa forma di furbizia o di opportunismo e dalla mancanza di una sincera ricerca della verità.

      Elimina
  12. Forse, invece di cercare di ammorbidire il cervello di tanti lefebvriani ostinati, sarebbe opportuno prestare attenzione alle bugie neomoderniste di un certo Andrea Grillo, nel suo articolo di oggi, in cui attacca impudentemente, tra gli altri testi del Magistero , contro il Decreto Lamentabili, le encicliche Pascendi o Humani generis, ed anche la Veritatis Splendor, Ordinatio sacerdotalis e il Motu Proprio Ad tuendam fidem...

    https://www.cittadellaeditrice.com/munera/il-chiodo-e-la-catena-deculturazione-cattolicesimo-e-lavoro-teologico/

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Massimo,
      seguo gli scritti di Grillo da alcuni anni.
      Conosco bene le sue idee. È un tipico esempio di modernista.
      Questo articolo è di tono piuttosto scadente, dove Grillo è al di sotto di se stesso. Più che una vera argomentazione sembra un discorso propagandistico, a livello giornalistico, per cui non vale la pena di confutarlo.
      Invece, ho il ricordo di posizioni eretiche del passato. Naturalmente risorge sempre per lui, come per altri teologi modernisti, la domanda: che cosa fa l’autorità? Come mai tace? È difficile rispondere. È possibile che ci siano delle forze che frenano l’intervento. È possibile l’esistenza di opportunismo.
      Ad ogni modo resta uno spazio per noi. Se sappiamo criticare convenientemente questi teologi, possiamo essere sicuri che i nostri Pastori saranno contenti e certamente lo sarà anche il Papa, anzi soprattutto lui. Infatti, mi sembra che il Santo Padre sia l’unica voce che ci richiama contro modernisti e indietristi.
      Un segno evidente che il Papa non tace ci è dato dalle recenti vigorose raccomandazioni a favore di San Tommaso d’Aquino. Notevole è anche stata l’omelia del Card. Parolin del 7 marzo scorso.

      Elimina

I commenti che mancano del dovuto rispetto verso la Chiesa e le persone, saranno rimossi.