29 ottobre, 2022

Papa Benedetto XVI e Papa Francesco I

 Papa Benedetto XVI e Papa Francesco I

Un nostro Lettore ci ha proposto nuove obiezioni circa la mia interpretazione dell’Emeritato Papale.

Cf. https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/papa-francesco-e-un-antipapa.html

Egregio Padre,
Benedetto XVI conserva il "Munus", mentre rinuncia il "Ministerium".
Francesco assume il "Ministerium" e, per forza d'inerzia, acquisisce anche il "Munus", sulla base dell'astratta considerazione secondo cui egli non può esercitare il primo senza avere il secondo.
È proprio questo il punto!

Caro A.,

Papa Francesco ha assunto il ministerium perché ha ricevuto il munus in forza della sua accettazione della sua elezione ad opera del Collegio Cardinalizio. Infatti il ministerium si fonda sul munus, mentre Papa Benedetto ha conservato il munus, pur avendo rinunciato al ministerium. 

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/papa-benedetto-xvi-e-papa-francesco-i.html



Il semplice essere Papa, senza l’esercizio del ministerium, è il Papato Emerito, ufficio che Papa Benedetto si è scelto dando le dimissioni, e questo status, come ha affermato lo stesso Papa, è inamissibile, cioè non può essere mai perduto.

Immagine da Internet 

28 ottobre, 2022

La nuova esegesi del racconto del sacrificio di Abramo - Seconda Parte (2/2)

 La nuova esegesi del racconto del sacrificio di Abramo

Seconda Parte (2/2)

Dalla Dei Verbum (11):
«Le verità divinamente rivelate, che sono contenute ed espresse nei libri della sacra Scrittura, furono scritte per ispirazione dello Spirito Santo. La santa madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo (cfr. Gv 20,31; 2 Tm 3,16); hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa per la composizione dei libri sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo egli in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che egli voleva fossero scritte».

È vero che Dio ha voluto che l’agiografo scrivesse solo e tutte le cose che Egli intendeva rivelarci. Tuttavia dobbiamo distinguere la cosa rivelata dal modo di essere espressa, dal genere letterario nel quale viene espressa e dalle categorie con le quali viene espressa.

Tutti questi elementi stilistici cadono sotto la responsabilità dell’agiografo, non del divino Ispiratore dei contenuti che l’agiografo deve comunicarci. Questa distinzione ci viene insegnata dal metodo storico-critico. Per comprendere che cosa significa il metodo storico-critico segnalo:

-        https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/pcb_documents/rc_con_cfaith_doc_19930415_interpretazione_it.html

-        https://it.wikipedia.org/wiki/Marie-Joseph_Lagrange

 Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-nuova-esegesi-del-racconto-del_28.html

 

Non c’è alcun problema a riconoscere che Dio ha messo alla prova Abramo, ed anzi questo atto divino è uno dei più importanti tra quelli compiuti da Dio per la nostra salvezza, come d’altra parte il gesto di Abramo è a sua volta uno dei più importanti nella medesima storia della salvezza.


Mantenendoci in questo orizzonte ermeneutico, vorrei inoltre ricordare che Papa Francesco ha ordinato di cambiare il testo del Padre Nostro, relativo alle prove che dobbiamo subire, prove che qui vanno sotto il nome di tentazioni, nel senso che in questo luogo noi chiediamo a Dio di sostenerci nella prova e di non permettere che noi cadiamo nella tentazione, ossia di cadere sotto il peso della prova. 

Questo mutamento è l’effetto di una esegesi storico-critica, avallata dall’autorità dottrinale del Sommo Pontefice.

Immagini da Internet:
- Il sacrificio di Isacco, Rembrandt
- Il sacrificio di Isacco, Veronese

27 ottobre, 2022

La nuova esegesi del racconto del sacrificio di Abramo - Prima Parte (1/2)

 

La nuova esegesi del racconto del sacrificio di Abramo

Prima Parte (1/2)

Il nostro Lettore Bruno ci ha proposto nuove obiezioni circa la mia interpretazione del sacrificio di Abramo.

Cf. https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-dio-dellamore-non-puo-volere.html

Il punto di dissenso tra me e lui sembra essere il problema di quale metodo interpretativo far uso, piuttosto che una differenza di contenuti dottrinali significati del testo biblico.

La questione qui è l’uso degli antropomorfismi per parlare della natura e degli attributi divini. Questo tipo di linguaggio ha una sua indubbia utilità per chiunque, soprattutto per la gente semplice ed indotta. Nel contempo però la Scrittura insegna gli attributi propri della natura divina, comprensibili alla ragione filosofica, che elabora la teologia naturale.

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-nuova-esegesi-del-racconto-del.html

 

 

È secondo questa modalità espressiva che la Bibbia parla di un Dio che si pente, ma da un punto di vista metafisico ciò non ha nessun senso, perché Dio, Bontà infinita, non può pentirsi di nulla.

Una giusta interpretazione ci dice che Dio in realtà non ha mai voluto la morte di Isacco, ma ha voluto permettere che Abramo fraintendesse, per poi illuminarla per mezzo dell’angelo. Il che non vuol dire che Dio abbia ingannato Abramo, ma semplicemente ha permesso il fraintendimento.

In realtà Dio ha il suo progetto di salvezza, che ha compreso anche vari momenti critici di questo tipo, ma che con Mosè giungerà a definirsi il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe.


Immagni da Internet:
- Anonimo del XVII secolo
- Marc Chagall

21 ottobre, 2022

La vita eremitica

 La vita eremitica

La vita eremitica è la vita di alcuni cristiani, i quali, per un dono straordinario della grazia divina, sono chiamati e si sentono chiamati a vivere in solitudine con Dio in Cristo in una pregustazione eccellente della visione beatifica, con frutti abbondantissimi di bene per il prossimo, quasi tutti nascosti e che appariranno solo in cielo, frutti che essi spargono a piene mani non per mezzo di opere esteriori, ma con l’offerta della propria vita nella solitudine, nel silenzio, nell’orazione, nel lavoro, nell’ascesi e nella penitenza, per il bene dei fratelli.

La loro vita è «nascosta con Cristo in Dio» (Col3,3). Tale vita nascosta è il segno esterno del fatto che essi praticano e gustano nascostamente nell’intimo dell’anima e nella solitudine della cella o del coro, una «sapienza nascosta, che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria» (I Cor 2,7). Imitano la vita nascosta di Cristo. Sono immersi nel Mistero e fanno tralucere il Mistero.

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-vita-eremitica.html

 

L’eremita ci ricorda che l’azione decisiva non è quella esteriore, ma quella interiore. Ci fa presente, come dice Sant’Agostino, che la verità è nella coscienza e non nell’esteriorità, ci ricorda che il sapere, come dice San Tommaso, non è un atto palpabile al senso, ma operazione intima ed invisibile dell’intelletto.

 

L’eremita ci ricorda che l’amore prima di esprimersi all’esterno, è un moto interiore della volontà, noto solo a Dio. L’eremita è l’uomo dell’invisibile, è per eccellenza quell’«uomo spirituale», del quale parla San Paolo (I Cor 2).

L’eremita, come dice Santa Teresa di Gesù Bambino, è nascosto nel cuore della Chiesa, così come il cuore è nascosto agli occhi di chi guarda la sagoma esterna del corpo. Allo stesso modo l’eremita nel cuore della Chiesa svolge per la Chiesa e per l’umanità tutte le funzioni vitali del cuore.

Immagini da Internet:
- Un eremita in un monastero della Moldavia
- Eremita, Salomon Konninck

 

18 ottobre, 2022

Il Dio dell’Amore non può volere l’uccisione dell’innocente

  Il Dio dell’Amore non può volere l’uccisione dell’innocente

Il nostro Lettore Bruno, mi ha offerto nuovi elementi nella complessa ed interessante discussione sul significato del sacrificio di Abramo.

Questa volta si vorrebbe sostenere l’interpretazione letteralistica in base a un concetto sbagliato della fede e dell’amore, che entrano in contrasto con la sana ragione e con la coscienza morale naturale.

Cf. https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/dio-non-e-ambiguo-e-non-vuole-un_30.html

Caro Padre Giovanni,

a proposito della tesi di André Wénin sulla presunta comunicazione ambigua, da parte di Dio, che lascerebbe libero Abramo di scegliere tra le due opzioni che, comunque non sarebbero in contrasto col comando divino, desidero rilevare quello che, a mio parere, costituisce un ulteriore punto debole di tale tesi, oltre a quelli già da lei esposti.

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-dio-dellamore-non-puo-volere.html


 

La Chiesa non si è pronunciata sull’interpretazione tradizionale del sacrificio di Abramo. 

Il fatto che essa non sia finora intervenuta non vuol dire che l’approva, ma solo che la permette e che agli esegeti è concessa libertà di interpretazione.

Se la discussione su questo punto molto importante per le sue implicazioni teologiche e morali, dovesse continuare, non si può escludere che un domani la Chiesa dia una sua interpretazione chiarificatrice e definitiva. 

Ma suppongo che accoglierà la mia proposta, soprattutto oggi che più che mai essa va proclamando l’importanza della buona fede e della libertà religiosa, nonché il Dio della vita e la promozione e il rispetto della vita condannando l’uccisione della vita innocente.  

Immagini da Internet:
- Sacrificio di Isacco, Bartolomeo Cavarozzi
- Sacrificio di Isacco, Michelangelo Buonarotti

17 ottobre, 2022

La concezione buonista del peccato - Terza Parte (3/3)

  La concezione buonista del peccato

Terza Parte (3/3) 

I buonisti falsificano la divina Provvidenza

I buonisti hanno di Dio una concezione dimezzata: accettano alcuni attributi, ma ne rifiutano altri, con la conseguenza, però, che, dato che essi sono tutti connessi fra di loro, togliendone alcuni, vengono distrutti tutti, si finisce nell’ateismo e nel nichilismo.

Ammettono un Dio creatore, infinito, eterno, trascendente, sapiente, provvidente, buono, pacifico, misericordioso, amante dell’uomo. Ma non ammettono che possa esistere senza l’uomo, perché secondo loro l’uomo, come dice Rahner, è il «destino di Dio», cioè l’uomo è finalizzato a Dio, ma anche Dio è finalizzato all’uomo, per cui, come dice Hegel, «Dio non è Dio senza il mondo». Si capisce allora che scompare la trascendenza divina.

Dio per i buonisti è per essenza sempre con l’uomo; perdona sempre e non castiga mai. Ciò fa sì che ognuno nutra troppa fiducia di salvarsi, per cui viene meno quel santo timore di Dio, che rende vigilanti nel timore di peccare e quindi facilita la fuga dal peccato. Coloro che cadono più facilmente nel peccato sono infatti coloro che sono troppo sicuri di non peccare. Non che non si debba confidare nella grazia, ma il fatto è che dobbiamo tener conto anche della nostra fragilità, volubilità ed inaffidabilità. 

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-concezione-buonista-del-peccato_17.html

Se certe azioni della natura, come i cataclismi, i terremoti, le siccità, le alluvioni, le carestie, le epidemie, le bestie feroci recano danno all’uomo, e se la parte materiale dell’uomo è governata da leggi chimiche che prima o poi costringono l’anima ad abbandonare il corpo con la morte, non significa che anche l’azione di questi agenti chimici sia cattiva, perché fa danno all’uomo, giacchè anche qui siamo davanti a un ordine stabilito da Dio, il quale ordine, perché stabilito da Lui, è con ciò stesso buono, e danneggia l’uomo solo come conseguenza del peccato originale.

 

Il buonista, che considera il racconto genesiaco privo di qualunque attendibilità storica, ammettendo il darwinismo ed essendo possibile anche il poligenismo, un semplice mito eziologico per spiegare poeticamente l’attuale fragilità e peccaminosità umane, perde di vista la realtà tragica del peccato nella sua essenza profonda e nelle sue conseguenze umanamente irrimediabili, e lo riduce a un semplice, banale inevitabile incidente di percorso

 Se al vasaio capita di sbagliare nel formare un vaso e viene fuori un vaso deforme, non ha bisogno di confessarsi e invocare il perdono divino, ma semplicemente getta via il vaso malriuscito e prosegue tranquillo nel lavoro.

 
Immagini da Internet:
- Eruzione Vesuvio, Pierre-Jacques Volaire
 

15 ottobre, 2022

La concezione buonista del peccato - Seconda Parte (2/3)

 

  La concezione buonista del peccato

Seconda Parte (2/3) 
 

Il buonismo fraintende il rapporto fra il peccato e la grazia

Il buonismo è la soluzione soporifera e pseudoconsolante del famoso dramma del giovane monaco Lutero, angosciato dal terrore di non sapersi liberare dal peccato, neppure con la confessione e con le più aspre penitenze.  Egli prese troppo sul serio certi passi della Scrittura, che sembrano alludere al fatto che a causa dell’orgoglio nascosto l’uomo non può sapere se è approvato o disapprovato da Dio. Fraintende inoltre il concetto paolino della predestinazione, come se noi fossimo giudicati da Dio non secondo giustizia e verità, ma secondo una volontà senza motivo e senza ragione.

Il buono non può attendersi il premio e il malvagio non ha da temere il castigo, perché Dio, che fa quello che vuole, si riserva di agire così da castigare il buono e da premiare il malvagio. Dunque un concetto errato della libertà divina, separato dalla verità e dalla giustizia. 

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-concezione-buonista-del-peccato_15.html

I buonisti interpretano l’opera salvifica di Cristo prescindendo dal sacrificio redentivo e sostituendolo con la passione del profeta e del martire della giustizia, che non retrocede neppure davanti alla prospettiva della morte.

Per i buonisti, eredi liberali di Lutero, Dio non esige da noi nessuna espiazione, nessuna riparazione, nessun sacrificio, ma con tutto ciò ci garantisce che saremo salvi. Oggi i rahneriani hanno peggiorato l’eresia di Lutero con l’aggiungere che anche Cristo non ha compiuto alcuna espiazione, non ha dato al Padre nessuna soddisfazione al nostro posto, non si è affatto sacrificato per la remissione dei peccati. Il suo sangue non è prezzo del nostro riscatto, ma semplicemente sangue di un martire. La sua morte non è stata affatto voluta dal Padre per la nostra redenzione, ma soltanto dai suoi uccisori. Semplicemente Cristo è l’esempio del buon cristiano.

 

Il buonista, nell’opera della redenzione rintraccia giustamente un aspetto di amore e di misericordia, che è fondamentale, ma non è il solo. 

Egli infatti sbaglia quando esclude che sia stata anche, seppur secondariamente, un’opera di giustizia per compensare il Padre per l’offesa ricevuta dal peccato.


 

Immagini da Internet:
- Il Polittico di Gand, Adorazione dell’Agnello Mistico
- Il Polittico di Gand, Vergine Maria

14 ottobre, 2022

La concezione buonista del peccato - Prima Parte (1/3)

 La concezione buonista del peccato

Prima Parte (1/3)

Il male confuso col bene

Una mentalità oggi molto diffusa è quella del buonismo, un modo di vedere e giudicare gli uomini che si proclama liberale, aperto, dialogante, accogliente, pluralista, pacifista, tollerante, inclusivo e comprensivo. alieno dalle condanne e dalle esclusioni, salvo poi a manifestare, come vedremo, un segreto volto di prepotenza, arroganza, doppiezza, aggressività, faziosità, violenza ed oscurantismo.

 Malintendendo la bontà divina di salvare tutti, nonché il fatto che nulla si può opporre ad essa (cf Is 22,22), il buonismo intende questa volontà come se effettivamente essa si attuasse in tutti e quindi come se nessuno disobbedisse a Dio col peccato precipitando nell’inferno. Il male di colpa dunque non esiste, ma semmai soltanto il male di pena. 

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-concezione-buonista-del-peccato.html

Il male è privazione del bene dovuto, che, come tale, non può essere dato dal semplice non-essere metafisico, che può essere finito o infinito. Il male non è il nulla. Il male dunque non dipende dal semplice essere, non può quindi avere una spiegazione o motivazione ontologica, ma è spiegabile solo con l’intervento di un ente categoriale personale, sia pur aperto alla totalità dell’essere, ossia lo spirito e precisamente la volontà.

Causa del male è dunque la volontà finita, la quale, violando, turbando o sovvertendo l’ordine ontologico e morale stabilito da Dio, ossia il comando dato da Dio, priva l’agente della rettitudine del volere, distorce la direzione della volontà, e priva il paziente che subisce l’atto disordinato, ossia il peccato, del bene che gli spetta, causando in esso il male di pena, dolore o sofferenza.

Il buonismo confonde il buono in senso morale col buono in senso trascendentale, perché per lui l’uomo stesso è un ente trascendentale. 

Invece mentre il buono in senso metafisico non è l’altro che la bontà ed amabilità dell’ente come tale, il bene morale non è il bene dell’ente come tale, ma di quel tale ente, di quel dato e particolare ente che è l’uomo. Per questo non è il bene trascendentale, ma è un bene categoriale adatto all’uomo, un bene, che se manca, si ha il male.

Immagini da Internet:
- Kabul, opera di Shamsia Hassani
- Madonna Odigitria, arte ucraina, Musei Vaticani

11 ottobre, 2022

I diversi significati della giustizia

 I diversi significati della giustizia

 

Pubblico questa interessante trattazione dei diversi significati o modi parlare della giustizia, tratta dalla bozza della tesi di dottorato di Padre Tyn, dedicata alla questione della giustificazione del peccatore. Sappiamo come questo concetto di giustificazione lo ricaviamo dal famoso passo di Rm 3,21, dove Paolo intende la giustizia divina nel senso della misericordia. Ciò tuttavia non toglie la differenza tra giustizia misericordia, per cui la giustizia rimane definita in un modo diverso da quello col quale si definisce la misericordia. Dunque, proprio al fine di fare questa distinzione, il Padre Tomas ci offre qui un importante discorso su come dobbiamo definire la giustizia.

Le note a piè di pagina in parte le ho curate io e sono contrassegnate da un +; in parte sono di Padre Tyn.

Cf. da pag. 319 a pag. 326 bis :

http://www.arpato.org/testi/tesi/dottorato/Bozza/3-4BozzaTesi_307-464.pdf

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/i-diversi-significati-della-giustizia.html

Secondo lui infatti Adamo fu pienamente giustificato nel primo istante della sua creazione con una giustizia strettamente soprannaturale, la quale, oltre all’integrità preternaturale della natura e delle sue facoltà, conteneva anche un perfetto ordine a Dio, fine ultimo soprannaturale della vita umana. Nel primo uomo vi fu una natura distinta dalla sua integrità connaturale ma non dovuta e perciò derivante da un dono preternaturale e dal dono strettamente soprannaturale della grazia santificante, che ordinava perfettamente in Dio ed era principio di vero merito soprannaturale. I tre beni distinti secondo la natura, coincidevano secondo il tempo nello stesso istante della creazione, che terminava al bene della natura, all’integrità della medesima e al suo ordine soprannaturale verso Dio, fine ultimo della vita umana.  

Immagine da Internet: Adamo ed Eva nel paradiso terrestre, Bottega Maestro Genesi

07 ottobre, 2022

La razionalità nella conduzione della guerra

 La razionalità nella conduzione della guerra
 

Con decisioni prudenti si fa la guerra

Pr 24,6

Deprecabilità ed inevitabilità della guerra

Il fenomeno della guerra è indubbiamente un’impressionante, ricorrente e tragica manifestazione di irrazionalità, scatenamento di passioni incontrollate, crudeltà, soprattutto la superbia di chi, divinizzando se stesso, e privo di timor di Dio, crede che tutto dipenda da lui e sia a suo servizio; da cui l’imposizione delle proprie idee come fossero la verità assoluta, l’inganno e la frode per assoggettare il prossimo ai suoi fini perversi, una volontà di potenza, che lo porta a voler dominare, umiliare, rapinare, sfruttare e schiacciare il prossimo, l’ira scatenata, espressione dell’odio assetato di sangue, l’avarizia, la sete di impossessarsi dei beni altrui.

La guerra è una delle conseguenze più macroscopiche, allucinanti, odiose e mortifere del peccato originale, che ha diviso quell’umanità, uomo e donna, che avrebbe dovuto e potuto essere unita, ha posto ostilità dell’uomo contro Dio, ha posto per conseguenza ostilità e divisione fra uomo e donna, fra spirito e carne, tra anima e corpo, tra persona e persona, tra fratello e fratello, tra padre e figlio, tra razza e razza, tra stirpe e stirpe, tra popolo e popolo, tra nazione e nazione, tra uomo e natura. 

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-razionalita-nella-conduzione-della.html

Bisogna dire che il fenomeno della guerra, soprattutto in questo caso della guerra in Ucraina, ha sempre radici e motivazioni profonde nell’animo umano.

Un conto è che un credente sia convinto in buona fede che Dio la vuole, un conto che un ateo combatta in nome del Partito o per fanatismo o in nome di un’ideologia totalitaria, come sono l’idealismo o il marxismo.

In questo tumulto di passioni, in questo irrompere di violenza fisica e verbale si fatica a sapere qual è la verità o a chi credere, in questo apparire di terrificanti sinistri bagliori ci sentiamo smarriti e impotenti.

Tra tutte le voci tuttavia ne sento una emergere, pur con tutto il carico della fragilità umana: quella di Papa Francesco. L’altra voce, me lo si lasci dire, voce attesa, voce discussa e discutibile, voce debole ma voce dello spirito, voce religiosa, voce che ha alle spalle il millennio del cristianesimo russo, è quella del Patriarca Cirillo. 

Immagini da Internet 

01 ottobre, 2022

Il dialogo di Gesù con l’uomo

 Il dialogo di Gesù con l’uomo

Un Lettore mi ha sottoposto una questione molto interessante, cioè quella del rapporto del pensiero nostro e di quello divino nei confronti della Rivelazione.

In questa risposta io intendo mettere in luce che, se da una parte il nostro intelletto, illuminato dalla fede, può essere elevato ad adeguarsi al dato rivelato, il Verbo divino, che è Dio come lo è il Padre, essendo l’ideatore del piano della salvezza, rivelato nel messaggio evangelico, è invece quella mente che non si deve adeguare al dato rivelato, ma è questo stesso dato rivelato che è adeguato alla mente divina, che lo ha ideato e progettato.

Cf. https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/san-tommaso-riconfermato-dottore-comune.html

Continua a leggere:

 https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-dialogo-di-gesu-con-luomo.html

 

 

Possiamo dire che la mente umana di Gesù, quando ci spiegava le parabole, si rifaceva a concetti che Egli stesso, come uomo, si era formato osservando la realtà, quindi adeguando il suo intelletto alle cose, mano a mano che ne faceva esperienza mediante i sensi, riceveva una istruzione da sua Madre e da Giuseppe, e faceva delle deduzioni e dei ragionamenti su quello che aveva imparato.


 



Immagini da Internet:
- Gesù a scuola, dipinto, Cripta del Duomo di Siena
- Maria accompagna Gesù a scuola, vetrata, Frauenkirche di Esslingen, presso Stoccarda