È vero che Dio ha assegnato la Palestina al popolo ebraico?

 È vero che Dio ha assegnato la Palestina al popolo ebraico?

È noto che gli Ebrei rivendicano il possesso del territorio palestinese come territorio dello Stato di Israele con capitale Gerusalemme. Tuttavia i palestinesi musulmani rivendicano a se stessi il possesso della Palestina e di Gerusalemme in forza dell’autorità del Corano, per il quale Dio ha invece concesso ai musulmani il possesso della Palestina e di Gerusalemme.

La questione dell’attuale conflitto tra Israeliani e Palestinesi per il possesso della Palestina e di Gerusalemme è, oltre ad essere una questione e politica, una questione teologica: si tratta di sapere chi ha ragione. Dio ha assegnato la Palestina agli Ebrei o ai Musulmani? Qual è la vera rivelazione divina? Quella fatta ad Abramo nella Sacra Scrittura o quella fatta a Maometto nel Corano? Chi è che ha interpretato nel senso giusto la rivelazione divina fatta ad Abramo? Siamo noi cristiani o sono i musulmani o sono gli ebrei?

Su questo punto la parola decisiva che riveli la verità può venire solo dai cristiani, ai quali, grazie a Cristo, compimento delle Scritture, è dato di conoscere la vera e piena volontà di Dio riguardo questa questione.

Qui vediamo quanto è importante il dialogo avviato dal Concilio Vaticano II fra cristiani, ebrei e musulmani, tutti figli di Abramo, nel nome dell’unico vero Dio creatore del cielo e della terra, il quale, da come risulta dall’Antico Testamento, ha effettivamente assegnato al popolo ebraico il possesso della terra palestinese con capitale Gerusalemme.

Ciò comporta che la rivelazione divina fatta al riguardo a Maometto non è autentica, ma si tratta di un’opinione di Maometto, troppo attaccato al popolo arabo, che egli ha scambiato per rivelazione divina, non avendo tenuto conto di quanto risultava dalla Scrittura così come su questo punto essa era stata compresa e accolta da ebrei e cristiani.

Dalla Scrittura risulta altresì che, dato che i Musulmani si considerano figli di Abramo, anche i musulmani sono chiamati alla salvezza in Cristo e anche a loro è concessa la residenza in Palestina, ma come sudditi del regno di Davide, re d’Israele, il quale, come è noto, è il precursore di Cristo, re d’Israele.  

Quanto agli Ebrei, Cristo ha confermato il loro possesso della Palestina, ma li ha avvertiti che dovevano accogliere il Messia e che il regno di Dio nella sua persona era giunto, per cui, se non avessero accolto il nuovo Israele da lui fondato con la nuova Alleanza nel suo sangue, nuovo popolo di Dio che accoglieva tutte le genti, la Chiesa governata da Pietro, essi avrebbero perduto la guida verso il regno, guida che sarebbe stata passata ad altri.

E difatti, poiché gran parte di Israele ancora a tutt’oggi, non ha ancora accolto il Messia, la guida dell’umanità alla salvezza è passata alla Chiesa cattolica, composta da tutti i popoli della terra.

Ma Gesù non ha mai detto che Israele aveva perduto il suo diritto al possesso della Palestina, anzi Paolo successivamente ribadì che le promesse fatte da Dio ad Israele sono irrevocabili. Pertanto, il ritorno degli Ebrei in Palestina, iniziato nel sec. XIX e tutt’ora in corso, è cosa del tutto conforme alla volontà di Dio e alla rivelazione biblica proclamata dai profeti.

Occorre inoltre ricordare che l’occupazione del territorio palestinese fatta dai musulmani nel sec. VII, occupazione che poi si trasformò in regione dell’Impero ottomano crollato nel 1918, non ha mai potuto significare, secondo il dato biblico e cristiano, la perdita del diritto alla terra palestinese da parte degli ebrei. Per questo i musulmani ivi residenti avrebbero dovuto e devono accettare di buon grado il ritorno degli ebrei nella loro terra.

Gli ebrei, dal canto loro, devono accettare le condizioni di vita dello Stato moderno, che del resto nasce dalla rivelazione biblica interpretata dai cristiani, per la quale vale il principio della laicità dello Stato, il diritto alla libertà religiosa, la convivenza di diversi gruppi etnici e il pluralismo razziale.

In questo quadro di democrazia, pluralismo e libertà, secondo me, non occorre la fondazione di uno Stato palestinese in territorio palestinese, distinto dallo Stato ebraico, ma deve poter bastare lo Stato d’Israele, come avviene in tutti gli Stati democratici del mondo, nei quali esistono minoranze etniche, nazionali o religiose. Tutt’al più si potrebbe ipotizzare uno Stato federale, sul modello della Svizzera o degli Stati Uniti d’America.

Dobbiamo osservare infine che se il diritto ebraico al possesso della Palestina è certamente un dato rivelato, non è stato per nulla voluto da Dio il modo violento e crudele col quale Israele ha conquistato la terra promessa, ma si trattò di una convinzione soggettiva di allora, magari in buona fede, degli stessi ebrei, che assunsero certi costumi barbarici di allora, cosa che oggi, alla luce del diritto e del Vangelo, sarebbe assolutamente inaccettabile e criminosa.

Infatti il diritto di un popolo organizzato in Stato al possesso di un dato territorio è di per sè un diritto naturale, percepibile alla semplice ragion pratica. Invece Israele è l’unico caso in tutta l’umanità, di un popolo al quale il diritto di proprietà su di un dato territorio sia stato rivelato da Dio.

Per questo Israele sul piano del rapporto con i non-credenti non può rivendicare il suo diritto in base alla rivelazione biblica, ma semmai portando testimonianze archeologiche e storiche della sua presenza in Palestina fin da un lontano passato.

Quanto agli storici palestinesi, si sforzano di dimostrare che prima della venuta degli ebrei in Palestina c’erano i palestinesi, cacciati dal loro territorio poi da parte di Israele. Per questo considerano gli ebrei come invasori, privi del diritto di possedere quel territorio ad esclusione dei palestinesi.

Gli ebrei, tuttavia, se si affidano a Dio, avranno da Dio stesso e non dalla violenza delle armi, la possibilità di vincere i loro nemici e dimostrare a tutti, anche davanti all’ONU, il loro buon diritto.

È chiaro infatti che sotto il truculento racconto biblico dell’invasione violenta e sanguinaria degli ebrei in territorio palestinese, si cela un diritto naturale, che resta solo implicito, giacchè la vera volontà di Dio non può fondarsi sulla violenza, ma solo sul diritto. È questo diritto che occorre mettere in luce per mezzo di un’esegesi storico-critica che sappia cogliere la vera Parola di Dio al di là delle caduche forme storiche delle quali è rivestita.

Ad ogni modo, Israele non deve temere la minaccia della sua distruzione da parte dei suoi nemici: e per questo non deve difendersi con la violenza e crudeltà, ma deve confidare in quel Dio che esso stesso ha annunciato alle genti, giacchè, come ha detto Cristo, riferendosi a se stesso, «la salvezza viene dagli ebrei». 

P.Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 24 febbraio 2024

 

L’occupazione del territorio palestinese fatta dai musulmani nel sec. VII, occupazione che poi si trasformò in regione dell’Impero ottomano crollato nel 1918, non ha mai potuto significare, secondo il dato biblico e cristiano, la perdita del diritto alla terra palestinese da parte degli ebrei.

Gli ebrei, dal canto loro, devono accettare le condizioni di vita dello Stato moderno, che del resto nasce dalla rivelazione biblica interpretata dai cristiani, per la quale vale il principio della laicità dello Stato, il diritto alla libertà religiosa, la convivenza di diversi gruppi etnici e il pluralismo razziale.

È chiaro infatti che sotto il truculento racconto biblico dell’invasione violenta e sanguinaria degli ebrei in territorio palestinese, si cela un diritto naturale, che resta solo implicito, giacchè la vera volontà di Dio non può fondarsi sulla violenza, ma solo sul diritto. È questo diritto che occorre mettere in luce per mezzo di un’esegesi storico-critica che sappia cogliere la vera Parola di Dio al di là delle caduche forme storiche delle quali è rivestita.

Immagine da Internet:
- David, Bernini

6 commenti:

  1. Buongiorno Padre,
    Come ha detto Cristo, riferendosi a sè stesso, «la salvezza viene dagli ebrei».
    Appunto riferendosi a sè stesso, non al popolo in quanto tale. Tale popolo non lo riconoscerà e nell'attesa del "vero messia" si esporrà al rischio di attendere "un altro" il quale purtroppo - è testimonianza evangelica - sarà invece accolto. Da qui i tentativi ricorrenti di ricostruzione del Tempio e tutto il filone apocalittico che rimane celato dietro i fatti di cronaca.

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    1. Caro Angheran,
      si ricordi la profezia di San Paolo, al capitolo 11 della Lettera ai Romani, dove l’Apostolo prevede la conversione di Israele al ritorno del Signore.
      Per quanto riguarda il Tempio, esiste effettivamente in Israele un partito che vorrebbe la ricostruzione del Tempio, ma questa questione la risolve la Lettera agli Ebrei, scritta probabilmente da un sacerdote per i sacerdoti di Gerusalemme per persuaderli che Gesù era il Nuovo Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza.
      Infatti, nell’Antica Alleanza l’unico Tempio era quello di Gerusalemme, mentre nella Nuova i Templi sono sparsi in tutto il Mondo, per significare che in tutti i luoghi della terra si può rendere culto a Dio.
      Tuttavia Gerusalemme nell’Apocalisse mantiene la sua funzione di città santa ed è simbolo del paradiso.

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  2. Grazie Padre,
    Sì, questa è la concezione cristiana riguardo i tempi ultimi e il popolo eletto. Alla quale si può aggiungere quella degli ebrei ortodossi:
    Per essi il Tempio scenderà dal cielo alla venuta del Messia e chi pretendesse di ricostruirlo con mezzi umani commetterebbe una specie di violenza contro i piani di Dio
    Esiste però nel giudaismo tutta una corrente apocalittica che per rafforzare il revanscismo nazionalistico ebraico si serve dei Profeti canonici dell’Antico Testamento e li arricchisce di predizioni immaginifiche che descrivono il trionfo d’Israele sui Pagani o non-Ebrei (gojim): «Israele sarà liberato e vendicato e, guidato da Jaweh e dal suo Messia, si satollerà nella pace e nell’abbondanza; le 12 Tribù torneranno per imperare sulle Genti domate e calpestate» (Nitoglia).

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    1. Caro Angheran, questa questione del tempio, in rapporto al dialogo cristiano-ebraico-musulmano è molto interessante, perché pone la questione del sacerdozio, sempre in relazione al diritto degli ebrei al possesso della Palestina. Innanzitutto chiediamoci che cosa significano le due moschee sulla spianata del tempio. Il significato mi sembra evidente. È la pretesa musulmana di prevalere sulla religione ebraica. Secondo i Profeti, il Messia avrebbe dovuto essere sacerdote, il cui sacrificio avrebbe comportato la remissione dei peccati d’Israele. Purtroppo Maometto considerò di Gesù solamente la profezia. La mia opinione è che Maometto sia stato colpito dalla distruzione del Tempio, che era per gli ebrei l’unico luogo dove si poteva sacrificare. Infatti gli stessi ebrei ritengono di non avere più il sacerdozio. Per quanto riguarda il sacerdozio cristiano, dato che noi cristiani consideriamo il nostro sacerdozio come preceduto da quello ebraico. A questo punto io credo che Dio chiami noi cristiani a intervenire nel dialogo al fine di appoggiare i buoni diritti sia degli ebrei che dei musulmani. In che modo? Bisogna che noi cristiani dimostriamo a questi nostri Fratelli che Gesù Cristo è il Sacerdote della Nuova Alleanza. In tal modo Dio ci chiama a persuadere i musulmani a riconoscere il sacerdozio degli ebrei, mentre i nostri Fratelli ebrei sono chiamati a riconoscere Gesù come Messia e il Sacerdote della Nuova Alleanza.

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  3. Caro padre Cavalcoli, può spiegarmi la seguente affermazione : lo "Stato moderno, che del resto nasce dalla rivelazione biblica interpretata dai cristiani, per la quale vale il principio della laicità dello Stato, il diritto alla libertà religiosa, la convivenza di diversi gruppi etnici e il pluralismo razziale." e dove trova conferma all'interno della scrittura?
    Grazie mille,
    Luca

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    1. Caro Luca,
      i principi che ho enumerato dello Stato moderno chiaramente non si trovano dettagliatamente nel Vangelo, tuttavia qui abbiamo l’origine prima di questi principi laddove Cristo parla delle cose di Cesare, le quali appunto significano la laicità dello Stato. La laicità dello Stato è la funzione propria dello Stato di garantire il bene comune temporale della società civile.
      Inoltre altra indicazione di Cristo l’abbiamo nel suo dialogo con Pilato, quando dice che il suo regno non è di questo mondo e fa appunto riferimento anche qui alla laicità dello Stato, citando i regni di questo mondo.
      Il principio della libertà religiosa è implicito nelle parole del Signore quando dice: “Chi non è contro di voi, è per voi”. Questo detto del Signore si riferisce a quella che è la coscienza civile, la quale può essere implicitamente in comunione con Dio, anche se non conosce esplicitamente Cristo. Ora la coscienza civile è il principio della laicità dello Stato.

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