Considerazioni circa la Dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la dottrina della fede

 

Considerazioni circa la Dichiarazione Dignitas infinita

del Dicastero per la dottrina della fede

 Due antropologie contrapposte

La Dichiarazione[1] recentemente pubblicata dal Dicastero per la Dottrina della Fede risponde a un bisogno oggi avvertito da molti che hanno sete di giustizia, di ritrovare il senso della dignità umana troppo spesso ignorata, fraintesa o calpestata da gravi atti peccaminosi o criminosi, che discendono da due concezioni dell’uomo che in due forme opposte offendono la detta dignità, una, per eccesso, l’altra per difetto.

La prima nasce da quella superbia, per la quale l’io umano, con sfrenato egoismo e metodico egocentrismo, credendosi in possesso di un sapere superiore – quello che il Papa ha denunciato come gnosticismo[2] - per il quale l’uomo si è scoperto come un’apparizione dell’Assoluto, accentra individualisticamente tutto il reale su se stesso e sui propri interessi trattando il prossimo con prepotenza ed arroganza.

Questa concezione ha le sue radici nel concetto cartesiano dell’uomo come spirito autocosciente che fonda il suo essere con l’atto del pensare, senza che occorra, quindi, come chiarirà il successivo idealismo panteistico tedesco con Fichte ed Hegel, ammettere un Dio creatore dell’uomo, sicché da questa visione idealistica scaturirà per logica conseguenza l’ateismo di Marx, per il quale «l’uomo è Dio per l’uomo».

In opposizione a tale antropologia idealista-panteista o gnostica, la Dichiarazione ribadisce ripetutamente con tutta la chiarezza desiderabile la dottrina biblica dell’uomo che insegna che non è l’uomo che crea se stesso, ma l’uomo maschio e femmina è creato da Dio a sua immagine e somiglianza, dunque un ente personale fatto per entrare in dialogo con quel Dio che il Concilio Vaticano I definisce come «un’unica singolare del tutto semplice ed immutabile sostanza spirituale» (Denz.3001).

Viceversa lo gnostico come apparizione dell’Assoluto si sente dispensato dal rispetto di una dignità umana che non dipende dalla sua volontà, ma da un Dio trascendente creatore della natura umana e quindi della legge morale, nonchè di diritti e doveri universali ed inderogabili che ne discendono.

L’altra concezione deleteria contrasta con la dignità della persona non perchè la esalta troppo ma perché la degrada e la abbrutisce. È la visione dell’uomo e del sesso umano che esce dalle dottrine di Freud. Qui la natura umana non è divinizzata e portata alle stelle – il volo di Icaro, che prepara la caduta vergognosa -, ma è degradata nella sensualità materialistica.

Che vuol dire dignità infinita[3] della persona umana?

Prima di rispondere a questa domanda, dobbiamo rispondere ad un’altra, preliminare: che cosa intende qui la Dichiarazione a proposito di infinità? Infinito vuol dire senza fine, che non ha fine, senza limite, senza termine, indeterminato, illimitato.

Non si tratta qui evidentemente dell’infinito matematico, quantitativo, estensivo, successivo, numerico, che, per quanto astragga dal concreto sensibile, fa sempre riferimento a cose materiali. Parliamo, come la Dichiarazione dice chiaramente, di un infinito ontologico e, potremmo aggiungere, intenzionale, ossia appartenente all’ordine del pensare e del volere. Ecco la libertà.

Bontadini dice che il pensiero è intrascendibile. È come dire che è infinito. Il suo errore però è quello di identificare il pensiero come tale col pensiero divino, Infatti solo questo immanentizza in Se stesso tutto l’essere, essendone il creatore. Così similmente Hegel nega che esista una ragione umana e una ragione divina. La ragione – egli dice – è di per sè divina. Quindi l’uomo che ragiona è divino o, come più gli piace, è Dio che ragiona nell’uomo.

Ora però bisogna dire che in realtà, come tutti constatiamo, il pensare umano ha un potere limitato e per sua natura è trasceso dall’essere esterno alla nostra mente, ossia le cose che ci circondano, compresi il prossimo e Dio, che è regola della verità del suo pensiero. Il nostro stesso essere, il nostro io non è posto dal mio averne coscienza, come credeva Fichte, ma me lo trovo davanti al mio pensarlo come un qualcosa di a me dato e presupposto al mio pensarlo.

Chi dunque me lo ha dato? Infatti, se è vero che se ho coscienza di pensare, ciò vuol dire che esisto, è anche vero che per poter pensare devo esistere. Non sono un pensiero sussistente, come sembra voler significare la res cogitans cartesiana, come un qualcosa che pensa per essenza. Invece non è così. Questo avviene solo in Dio. Il mio pensare non coincide con l’atto del mio essere, ma è l’atto del poter pensare distinto dal mio essere, dalla mia persona. Quando dormo, io esisto lo stesso, anche se non penso.

Tuttavia Bontadini ha ragione a parlare di un’infinità del pensiero. L’uomo che pensa è in qualche modo divino, attinge all’infinito, si volge verso l’infinito e lo pensa. L’atto stesso del pensare ha qualcosa di divino. È in qualche modo infinito pensando all’infinito. Per questo la Bibbia parla dell’uomo come creato ad immagine e somiglianza di Dio. L’uomo assomiglia a Dio. Ecco la dignità dell’uomo! Dignità infinita?

Dignità ontologica e dignità intenzionale

Bisogna distinguere dignità ontologica e dignità intenzionale. La prima riguarda l’essere o la sostanza; la seconda, gli atti dello spirito, intelletto, scienza, ragione, coscienza, volontà, virtù, bontà e malizia. Indubbiamente la persona umana sotto il primo punto di vista ha una dignità finita in forza del suo stesso essere creata. Dio non può creare un altro Dio. Dio è uno solo.

Invece lo spirito umano è per sua natura inclinato a conoscere Dio e ad amarlo.  Qui lo spirito possiede una dignità strutturale inamissibile, mentre può perdere la dignità morale col peccato mancando di corrispondere alla grazia divina e quindi anche subendo la pena eterna dell’inferno.

Infinito vuol dire anche che non può essere trasceso, oltrepassato, travalicato, superato. L’infinito è il massimo di un valore che si trova analogicamente e partecipato a livelli inferiori. La vita divina è infinita perchè è la pienezza di ciò che è espresso nell’idea della vita.

I gradi dell’essere

Così mentre l’infinito è uno solo, il finito è molteplice, diversificato e gerarchizzato.  Il creato presenta pertanto una scala di enti sovraordinati, la cui dignità ontologica aumenta partendo da basso delle particelle elementari e delle sostanze chimiche e salendo poi alle piante, agli animali, all’uomo e all’angelo. La dignità della creatura è infinita solo quando si giunge al livello dell’uomo e dell’angelo, per la presenza dello spirito.

Al di sotto della pienezza e compiutezza totale dell’infinito divino c’è l’ente creato che partecipa del suo essere e della sua vita in gradi diversi, ove più ove meno. E per questo lo diciamo finito. Qui la sua dignità è finita. Tuttavia lo spirito umano, nonchè finito in questo modo, è infinito nella capacità di entrare in comunione con lo Spirito divino.

L’infinità ha inoltre a che fare con la totalità e con la perfezione dell’essere. Al finito si può aggiungere qualcosa che gli manca; all’infinito non c’è da aggiungere nulla. In questo senso l’infinito coincide col perfetto. Occorre tuttavia mantenere la distinzione fra un infinito ontologico e infinito morale. La perfezione ontologica significa semplicemente il fatto che Dio costituisce un ente in quella data natura, che è spirituale, è incorruttibile. Ma, dato il libero arbitrio della persona, non necessariamente tutte le persone umane viventi posseggono la loro dignità morale.

L’infinità della quale parla la Dichiarazione è evidentemente l’infinità dello spirito, dei suoi oggetti, dei suoi fini e delle sue potenze. Ora qui possiamo dire che lo spirito come tale, sia lo spirito finito umano e sia quello infinito divino, comporta di per sé un’infinità, un’assolutezza. Lo spirito è di per sé qualcosa di divino, quindi in certo modo infinito. Tuttavia mentre lo spirito divino è infinito sotto ogni riguardo, è lo spirito assoluto, lo spirito umano è infinito nella sua intenzionalità in quanto può pensare a ciò che è infinito, a Dio e disporsi ad obbedirGli, aperto alla sua grazia, ma è chiaro che nel suo essere è finito, cioè causato o creato da Dio, secondo, una determinata essenza generica, specifica e individuale, ideata da Dio, questa e non altra, quindi è finita perché superata dall’essenza diversa o altra da lei.

Per comprendere la nozione dell’infinito ontologico bisogna tener presente che un conto è andare oltre, superare, trascendere il limite umano, trascendere il finito; e un conto è non rispettare il limite, varcare il confine consentito dalla legge, trasgredire (trans-gradior=vado-oltre). Il primo atto è lecito, secondo natura, nobile e meritorio, realizzabile, voluto e gradito a Dio. Il secondo è proibito.

La vita di grazia è una vita soprannaturale per la quale l’uomo supera i limiti della nostra natura umana. Se questa fosse infinita, verrebbe meno la trascendenza della grazia nei confronti della natura.

Per darci la giusta misura della portata della dignità umana la Dichiarazione non avrebbe fatto male, a mio avviso, a mostrare brevemente la collocazione dell’uomo tra quella dell’animale in basso e quella dell’angelo in alto, con una sosta più lunga sul rapporto nell’uomo fra anima e corpo.

Infatti le due citate posizioni estreme dipendono dal non sapere esattamente che cosa è l’anima e che cosa è il corpo e per conseguenza il modo della loro unione, con la tendenza ad innalzare troppo la dignità umana – l’uomo visto come spirito – o di degradarla a livello dell’animalità. 

Dopo l’esposizione dei princìpi antropologici e morali la Dichiarazione passa a trattare di alcuni dei peccati più gravi che oggi vengono commessi contro la dignità umana. La proposta di come rimediare a questi mali è certamente ben fatta, ma dal Dicastero per la Dottrina della Fede, deputato principalmente a trattare dei problemi dottrinali, ci si sarebbe aspettato anche un discorso circa la ancor più grave situazione della Chiesa di oggi, perseguitata in tante parti del mondo, presa da spinte ereticali, turbata da scismi, scandalizzata da apostasie e defezioni, offrendoci una parola illuminante di conforto e di incoraggiamento.

P. Giovanni Cavalcoli

 Fontanellato, 9 aprile 2024

 

 

 

 

 

Immagine da Internet: 

- Giovanni Pico della Mirandola, famoso autore del trattato De hominis dignitate

 




[1] Dignitas Infinita: https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_doc_20240402_dignitas-infinita_it.html

Conferenza Stampa di presentazione della “Dichiarazione Dignitas infinita, circa la dignità umana":

 https://www.youtube.com/watch?v=rJOlHolIRTo

 [2] Vedi Esortazione apostolica Gaudete et exsultate del 19 marzo 2018, nn.36-46.

[3] Questo aggettivo lo troviamo già nell’insegnamento di San Giovanni Paolo II: “Dio ci ha mostrato con Gesù Cristo in maniera insuperabile come egli ama ciascun uomo e gli conferisce con ciò una dignità infinita” (GIOVANNI PAOLO II, ANGELUS, Osnabrück - Domenica, 16 novembre 1980,  https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/angelus/1980/documents/hf_jp-ii_ang_19801116.html)

25 commenti:

  1. "Che vuol dire dignità infinita della persona umana?... Niente come hanno rilevato in molti. Una delle tante invenzioni di Tucho , tutte incentrate nell'al di qua, secondo i desiderata del committente
    ____________
    https://lanuovabq.it/it/dignitas-infinita-documento-superficiale-e-qualche-errore-grave

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    1. Caro Angheran,
      la questione della dignità infinita della persona umana, come ho esposto nel mio articolo, non è affatto un’invenzione del Card. Fernandez, ma è un concetto che ha origini antichissime, che si potrebbero fare risalire addirittura ad Eraclito, il quale parla della ricchezza inesauribile dell’anima umana.
      Si tratta di una visuale indubbiamente aperta al panteismo, ma non necessariamente, perché lo stesso concetto biblico “somiglianza di Dio” insinua che nella nostra anima ci sia una qualche infinità. Certo non quella assoluta divina, ma come ho detto una infinità intenzionale, nel senso che il nostro intelletto, pensando a Dio, in qualche modo si infinitizza, naturalmente in senso intenzionale e non ontologico, altrimenti finiremmo veramente nel panteismo, come è successo a Hegel e in genere succede nello gnosticismo.
      La visione proposta dalla Dichiarazione, quindi, non è affatto di carattere secolaristico, perché presenta un valore come l’infinità, che di per sé è trascendente e riguarda l’ambito del divino. Semmai può far pensare al panteismo, che però è nettamente smentito dal contesto, dove si ricorda più volte che lo spirito umano è creato da Dio.
      A riguardo di questa questione dell’infinità della dignità umana, si potrebbe citare la posizione famosa di Giovanni Pico della Mirandola, il quale la concepiva sì come creata da Dio, ma nel senso che Dio avesse dato all’uomo il potere di infinitizzare la sua natura, un’idea che si trova nella Cabala e che favorisce la pratica della magia. Si potrebbe aggiungere che il presupposto antropologico, che si trova dietro a certe prospettive di un’intelligenza artificiale, capace di guidare il destino umano, si trova in linea con questa tradizione cabalistica.

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  2. Caro padre Cavalcoli. Ho letto attentamente il documento del DDF. Mi ha dato soddisfazione vedere condannati con chiarezza e fermezza gli errori e i peccati che circolano contro la dignità umana nel nostro tempo. Tuttavia, un punto mi ha causato qualche preoccupazione. So che né il Papa né il suo rappresentante nel DDF possono essere accusati di errore dottrinale, però mi sembra che nella dichiarazione Dignitas infinita un’affermazione contraddice l’insegnamento cattolico: la pena di morte è condannata non in quanto inopportuna, ma in quanto considerata intrinsecamente immorale. L’insegnamento costante della Chiesa, fino al Nuovo Catechismo di Giovanni Paolo II, ne afferma invece la liceità di principio.
    Potrebbe aiutarmi a capire, con la dovuta rettitudine e benevolenza verso un documento pontificio, cosa si dice in questa dichiarazione sulla pena di morte?

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    1. Caro Dino,
      il documento afferma che la pena di morte “viola la dignità inalienabile di ogni persona umana al di là di ogni circostanza”. Sembra voler dire che non esiste alcuna circostanza nella quale la pubblica autorità sia autorizzata, senza grave colpa, a condannare a morte un criminale. Come a dire che questa pubblica autorità, irrogando la pena di morte, commetterebbe una violazione del V Comandamento, vale a dire una violazione della dignità della persona umana. Ciò comporterebbe la colpa morale.
      A questo proposito bisogna notare che il Documento non fa questione di dovere morale e per conseguenza di colpa morale, ma fa questione di legislazione civile. Questo, che cosa significa? Che ad ogni Stato è affidata la responsabilità di decidere su questa grave questione, circa la quale non esiste una proibizione divina nei confronti della pena di morte come tale.
      Un particolare problema sono gli Stati islamici, secondo i quali il Corano impone la pena di morte. Allora, succede che, secondo loro, l’abolizione della pena di morte costituisce una disobbedienza a Dio.
      In questo caso è evidente che l’abolire la pena di morte richiede il superamento culturale della visuale islamica, per abbracciare il concetto della dignità della persona umana come tale e quindi per accogliere la Dichiarazione dei diritti dell’uomo.
      Per quanto riguarda gli Stati marxisti, come per esempio la Cina, il problema è un po’ diverso, perché qui lo Stato, di carattere totalitario, non dà garanzie di rispetto della persona umana a causa dell’impostazione materialistica ed atea. Tuttavia, anche in questo caso, il richiamo del Card. Fernandez alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, sanzionata dall’ONU, si può considerare come la via giusta per persuadere questi Stati totalitari al vero rispetto della persona umana.
      Altra considerazione da fare è il fatto che oggi si ha una maggiore consapevolezza della dignità della persona, come soggetto fisico-spirituale. Il che implica sia il rispetto della vita fisica che quello della vita spirituale.
      Inoltre, il sistema penale moderno ha sviluppato il metodo rieducativo, superando in un certo grado, il metodo repressivo. Questo metodo, risparmiando la pena di morte, consente al reo di redimersi e di essere riammesso nella società.

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    2. Caro padre Cavalcoli, li sono molto grato per la sua generosa precisazione.

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  3. Caro padre. La verità è che "dignità" è la stessa cosa di "eccellenza" e "grandezza". Pertanto, sebbene sia una verità ovvia, va detto che l'uomo, essendo finito, non può avere infinita dignità, eccellenza o ontologica, morale o di qualsiasi altro genere. Solo Dio ha dignità infinita, per cui l'affermazione è sbagliata dalla premessa essenziale e dal titolo. Sulla base di questo errore, la Dichiarazione DI tenta di imporre una nuova e falsa concezione del peccato, passando dall'essere “un detto, un atto o un desiderio contro la legge eterna” ad essere “un detto, un atto o un desiderio contro la dignità umana”. La dignità umana è la nuova base di ogni moralità, e l’uomo infinitamente degno è il nuovo dio. "Sarete come Dio" (Gn 3,5).
    La Dichiarazione del DDF considera vera la presunta “crisi climatica”. Egli osa affermare che "è evidente" che "l'umanità mostra progressi nella comprensione della dignità e della libertà", una falsità che è dimostrata, ad esempio, con il moderno crimine dell'aborto e i suoi milioni e milioni di vittime. Contro la vera dottrina cattolica, il testo dichiara (di nuovo) l'illegittimità della pena di morte, e fa qualcosa di simile con la guerra giusta. La Dichiarazione trabocca di quell'illuso ottimismo tipico dei liberali e del pacifismo liberale, riprende la bandiera femminista condannando -con ridicola discriminazione- "violenza contro le donne", sostiene il migrazionismo, ecc.
    Massimo Rega

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    1. Caro Massimo,
      la questione della dignità dell’uomo è molto difficile.
      Una chiave d’interpretazione di questa dignità ci è offerta dalle seguenti parole di San Giovanni Paolo II: “Dio ci ha mostrato con Gesù Cristo in maniera insuperabile come egli ama ciascun uomo e gli conferisce con ciò una dignità infinita” (https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/angelus/1980/documents/hf_jp-ii_ang_19801116.html).
      Le parole “dignità infinita” sono state dette da San Giovanni Paolo II nel 1980, per cui è chiaro che il Card. Fernandez intende riprendere questa espressione nel significato che le ha dato il Papa Giovanni Paolo II.
      Da queste parole risulta che si può distinguere una infinità divina increata da una infinità creata. Infatti si tratta di una nozione analogica, dove l’infinità divina è il sommo analogato.
      Per quanto riguarda la finitezza dell’uomo, il Documento non la nega assolutamente, quando esso parla dell’uomo come creatura e della creatura umana, la quale evidentemente è determinata secondo caratteri e limiti ben precisi, stabiliti dal Creatore.
      Indubbiamente, se l’uomo fosse infinito come Dio, non ci sarebbe il problema del peccato, perché il peccato è appunto una trasgressione del limite e l’uomo come creatura è limitato, per cui limitato è il suo potere sia come forza attiva e sia in relazione alla regola determinata del suo agire.
      Quanto alla definizione di Sant’Agostino e quella del Card. Fernandez sono equivalenti, perché Sant’Agostino fa riferimento direttamente alla legge divina, che è la legge che regola la condotta umana, per cui il peccare contro la legge morale equivale a peccare contro Dio. Il Card. Fernandez invece considera il bene dell’uomo, ma l’uomo è creatura di Dio, per cui offendere l’uomo si ritorce in una offesa contro Dio, perché è il suo Creatore.

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    2. Per quanto riguarda la crisi climatica, si tratta effettivamente di una moderna teoria relativa al clima, un tema circa il quale un Papa non è infallibile. Tuttavia la supposizione è a favore del Papa, dato che la Santa Sede dispone del parere di scienziati altamente qualificati.
      Il Papa cita questa teoria, non tanto per avallarla con la sua autorità, ma prende spunto da essa per ricordarci il nostro dovere di avere cura del creato, il che rende gloria a Dio ed è tutto a nostro interesse.
      È vero che oggi siamo davanti ad una corruzione morale che non ha precedenti nella storia. Tuttavia, grazie a Dio, non si può negare che la filosofia moderna, a partire da Cartesio, ha cominciato ad approfondire il tema della coscienza, del pensiero e della libertà, anche se indubbiamente Cartesio ha inquinato questa novità con una tendenza idealistica, i cui ultimi sviluppi si trovano nel panteismo hegeliano e dei suoi seguaci fino ad oggi.
      Per quanto riguarda la pena di morte, ho risposto al Lettore precedente.
      Per quanto riguarda la guerra giusta, ho in preparazione un articolo al riguardo.
      Il Documento non si limita a parlare della dignità umana, ma fa anche un elenco di gravi violazioni della legge naturale. Ora, se si trattasse di liberalismo, queste condanne di azioni peccaminose non ci sarebbero state, dato che è noto che l’etica liberale è di orientamento individualistico, soggettivistico e relativistico.

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  4. Caro padre Giovanni. In questi giorni ho riletto il professor Andrea Grillo che attacca fortemente gli insegnamenti del Magistero della Chiesa quando, come nel caso della dichiarazione Dignitas infinita, tali insegnamenti corrispondono alla più lineare tradizione cristiana di rispetto della legge naturale. E il fuorviato Grillo ha promesso un nuovo articolo, con rinnovata artiglieria contro Dignitas infinita.
    È uno scandalo che un accademico con tali caratteristiche sia titolare di una cattedra in una università pontificia...

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    1. Cara Giulia,
      conosco Grillo da diversi anni e conosco anche il suo orientamento modernista. Naturalmente ognuno di noi qualche lato buono ce l’ha, ma non c’è dubbio che reca danno alla Chiesa e alle anime, come del resto purtroppo altri teologi.
      Il problema è che i modernisti sono riusciti ad infiltrarsi anche negli Istituti educativi della Chiesa, in modo tale che l’autorità non si sente più, come faceva un tempo, di allontanarli.
      Probabilmente le autorità ritengono di poterli utilizzare nei lati positivi. Tuttavia, secondo me, c’è nell’episcopato un clima di eccessiva indulgenza nei confronti dei modernisti e quindi una cura insufficiente della formazione intellettuale dei fedeli.
      Da che cosa dipende questo fenomeno? Rispetto umano? Prudenza? Incompetenza? Difficile dare un giudizio e bisognerebbe valutare caso per caso. D’altra parte, i riferimenti dottrinali sicuri sono a portata di mano, soprattutto il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC).
      Quanto al fatto di sentirci isolati in un ambiente influenzato dal modernismo, non dobbiamo sentirci smarriti e ricordare le forti parole del Signore: “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome”. Ciò naturalmente non significa ribellarsi alle autorità, soprattutto poi se si tratta di quella del Papa, il quale, nonostante i suoi difetti umani, resta pur sempre il Maestro della Fede.

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  5. Caro padre Cavalcoli, approfitto dell'occasione che ci offre questo forum per esprimere dubbi e far conoscere altre posizioni. Dato che non ho un blog né faccio pubblicità da nessuna parte, ma questa dichiarazione di Dignitas Infinita mi ha fatto volare alcune idee nella mia testa, eccole qui a esporle, con il suo permesso.

    1. Un primo elemento che suscita perlomeno sorpresa è l'insistenza nel mettere in relazione la dignità dell'uomo con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948. Infatti, questo documento delle Nazioni Unite è menzionato 26 volte in tutti gli scritti di Fernández. La tesi del cardinale è che, sebbene la questione della dignità umana sia sempre stata difesa dalla Chiesa, è proprio con la Dichiarazione dei diritti dell'uomo che essa raggiunge il suo splendore. Si tratta, egli dice, di un "principio nuovo della storia umana, per cui l'essere umano è più 'degno' di rispetto e di amore verso i più deboli, i più miserabili e i sofferenti, fino a perdere la propria 'figura' umana, che è cambiata la faccia del mondo" (n.19). È notevole che il cardinale ometta di fare riferimento a tutto ciò che la Chiesa ha fatto a favore dei più deboli, miserabili e sofferenti fin dai suoi inizi. Dovremmo ricordargli gli Atti degli Apostoli in cui si parla della necessità dei diaconi, o San Vincenzo de Paoli, per fare solo due esempi tra tanti? Si scopre allora che una dichiarazione costituzionalmente atea, come la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, che non menziona mai Dio, e alla quale la Chiesa ha ufficialmente opposto resistenza, oggi, nel pontificato di Francesco, diventa la pietra angolare di una parte rilevante del suo Magistero .

    2. Credo di non esagerare quando parlo della concezione che sta alla base del pontificato di Francesco come fondazione di una nuova Chiesa, concubina del mondo. Il documento dice: Al n.6 si dice che l'enciclica Fratelli tutti costituisce già una sorta di Carta Magna degli attuali compiti di salvaguardia e promozione della dignità umana. Perciò... Dimentichiamo il De hominis opificio di san Gregorio di Nissa, e dimentichiamo l'«Agnosce, o christiane, dignitatem tuam» del Sermone 21 di san Leone Magno, di cui oggi celebriamo la festa. La Magna Carta sulla dignità dell’uomo non è data dai Padri e dalla Tradizione della Chiesa, ma da… Fratelli tutti di Papa Francesco! Se solo fosse uno scherzo di Papa Francesco!

    3. Mi sembra che questo documento sia molto superficiale, ma ci sono anche errori grossolani, il più notevole dei quali è il riferimento alla pena di morte. Si dice al n.34 che essa “viola la dignità inalienabile di ogni persona umana al di là di ogni circostanza”. Vale a dire che la pena di morte è condannata da Fernández perché la considera intrinsecamente immorale, il che significa che siamo di fronte a un problema serio poiché l'antico insegnamento della Chiesa, fino a Papa Francesco, ha sempre ritenuto lecita l'applicazione della pena di morte in casi estremi. Inoltre nello stesso Stato Pontificio venne applicata fino al 1870, con una decapitazione a Palestrina, ed è nota la figura di Mastro Titta e la sua opera in Piazza del Popolo. Che fare allora con i papi e i santi che hanno condannato i prigionieri alla pena di morte? Li decanonizziamo? La pena di morte, in ogni caso, può essere inappropriata oggi, ma il Papa Francesco non può arrivare al punto di condannare tutti i Papi e i medici che lo hanno preceduto.

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    1. Caro Silvio,
      il Card. Fernandez, nel citare la Dichiarazione dei Diritti dell’ONU, non dice affatto quello che lei gli fa dire, e cioè: “La tesi del cardinale è che, sebbene la questione della dignità umana sia sempre stata difesa dalla Chiesa, è proprio con la Dichiarazione dei diritti dell'uomo che essa raggiunge il suo splendore.”

      Per quanto riguarda il n. 19, lei non riporta il testo con esattezza, perché il vero testo è il seguente: “Questo principio nuovo nella storia umana, per cui l’essere umano è tanto più “degno” di rispetto e di amore quanto più è debole, misero e sofferente, fino a perdere la stessa “figura” umana, ha cambiato il volto del mondo, dando vita a istituzioni che si prendono cura delle persone che si trovano in condizioni disagiate: i neonati abbandonati, gli orfani, gli anziani lasciati soli, i malati mentali, le persone affette da malattie incurabili o con gravi malformazioni, coloro che vivono per strada.”
      Ma, oltre a ciò non è vero che con queste parole il Cardinale si riferisce alla Dichiarazione dell’ONU, ma si riferisce alla dottrina della Chiesa e ai meriti che essa si è acquistati nella storia nel campo del rispetto della dignità umana, soprattutto dei più poveri e dei più deboli.

      Per quanto riguarda le sue seguenti parole: “Si scopre allora che una dichiarazione costituzionalmente atea, come la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, che non menziona mai Dio, e alla quale la Chiesa ha ufficialmente opposto resistenza, oggi, nel pontificato di Francesco, diventa la pietra angolare di una parte rilevante del suo Magistero”, le rispondo dicendo che il Cardinale non approva oggi una Dichiarazione “atea”, perché, dall’esame degli articoli di detta Dichiarazione del 1948, non solo non risulta nessun ateismo, anche se è vero che il nome di Dio non compare, ma risulta un tale rispetto della dignità umana e della libertà religiosa, rispetto che non sarebbe comprensibile senza l’implicita ammissione dell’esistenza di Dio.
      Le faccio notare inoltre che l’apprezzamento della Dichiarazione dei Diritti dell’ONU non è solo del Papa attuale, ma si riscontra già per lo meno da San Paolo VI.

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    2. 2.
      Caro Silvio,
      presumo che lei voglia riferirsi a questa frase del Papa: “In verità, conclude Papa Francesco, «l’essere umano possiede la medesima dignità inviolabile in qualunque epoca storica e nessuno può sentirsi autorizzato dalle circostanze a negare questa convinzione o a non agire di conseguenza». In tal orizzonte, la sua enciclica Fratelli tutti costituisce già una sorta di Magna Charta dei compiti odierni volti a salvaguardare e promuovere la dignità umana.”
      Con queste parole il Santo Padre si guarda bene dalla pretesa di voler sostituire l’insegnamento venerabile della Tradizione dei Santi Padri, dove viceversa troviamo le fondamenta immutabili di quella antropologia che da allora, come oggi e in futuro, ha costituito e costituirà sempre i caratteri dell’umanesimo cristiano.

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    3. 3.
      Il Papa non intende dare nessuna colpa ai suoi predecessori, ma intende semplicemente riferirsi al fatto che la coscienza morale, pur sulla base dei medesimi immutabili principi, nel corso della storia, approfondendo le esigenze del Vangelo, allarga sempre di più la sua visuale circa i valori della carità, della giustizia e della misericordia.
      Preciso inoltre che la proibizione della pena di morte, in quanto legge dello Stato, è una responsabilità che il Santo Padre affida ai singoli Stati, i quali naturalmente conservano la loro autonomia comportandosi secondo quelle che essi ritengono le circostanze più opportune.

      Su questo argomento, riporto la mia risposta a un altro Lettore:
      Caro Dino,
      il documento afferma che la pena di morte “viola la dignità inalienabile di ogni persona umana al di là di ogni circostanza”. Sembra voler dire che non esiste alcuna circostanza nella quale la pubblica autorità sia autorizzata, senza grave colpa, a condannare a morte un criminale. Come a dire che questa pubblica autorità, irrogando la pena di morte, commetterebbe una violazione del V Comandamento, vale a dire una violazione della dignità della persona umana. Ciò comporterebbe la colpa morale.
      A questo proposito bisogna notare che il Documento non fa questione di dovere morale e per conseguenza di colpa morale, ma fa questione di legislazione civile. Questo, che cosa significa? Che ad ogni Stato è affidata la responsabilità di decidere su questa grave questione, circa la quale non esiste una proibizione divina nei confronti della pena di morte come tale.
      Un particolare problema sono gli Stati islamici, secondo i quali il Corano impone la pena di morte. Allora, succede che, secondo loro, l’abolizione della pena di morte costituisce una disobbedienza a Dio.
      In questo caso è evidente che l’abolire la pena di morte richiede il superamento culturale della visuale islamica, per abbracciare il concetto della dignità della persona umana come tale e quindi per accogliere la Dichiarazione dei diritti dell’uomo.
      Per quanto riguarda gli Stati marxisti, come per esempio la Cina, il problema è un po’ diverso, perché qui lo Stato, di carattere totalitario, non dà garanzie di rispetto della persona umana a causa dell’impostazione materialistica ed atea. Tuttavia, anche in questo caso, il richiamo del Card. Fernandez alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, sanzionata dall’ONU, si può considerare come la via giusta per persuadere questi Stati totalitari al vero rispetto della persona umana.
      Altra considerazione da fare è il fatto che oggi si ha una maggiore consapevolezza della dignità della persona, come soggetto fisico-spirituale. Il che implica sia il rispetto della vita fisica che quello della vita spirituale.
      Inoltre, il sistema penale moderno ha sviluppato il metodo rieducativo, superando in un certo grado, il metodo repressivo. Questo metodo, risparmiando la pena di morte, consente al reo di redimersi e di essere riammesso nella società.

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  6. 4. Qualcosa di analogo accade quando parla di guerra. Non c’è bisogno che copi qui i passaggi, mi limito a ricordare l’emotivismo del tutto inappropriato per un documento della Santa Sede al n. 39. Insomma, Papa Francesco, attraverso il suo Prefetto della Dottrina, annulla la dottrina seculare non solo della Chiesa ma dello stesso ordinamento giuridico, negando e condannando il diritto all’autodifesa che hanno le Nazioni e negando anche il concetto di “guerra giusta”. Si tratterebbe, secondo loro, di un nuovo errore di san Tommaso e di tanti altri santi e dottori, che la mente del cardinale Fernández, basandosi su Fratelli tutti, è arrivata a chiarire. Sembra un'altra battuta...

    5. Infine, il documento presenta anche alcune curiosità. Ad esempio, giustamente afferma al n.57 che la consistenza scientifica della teoria del genere viene discussa nella comunità degli esperti. Ma perché in tutti i documenti di Francisco, e in questo stesso documento, non ci sono dubbi o riferimenti alla fortissima discussione che esiste nella comunità scientifica sulle cause antropiche del cambiamento climatico? Misteriose preferenze papali...

    In conclusione, non direi che Dignitas Infinita sia un brutto documento. È un documento superficiale e mediocre; un'occasione mancata per aver detto le cose buone che dice con un linguaggio chiaro e forte, lontano dall'emotivismo come ancoraggio etico e distaccato dalle circostanze transitorie di un pontificato che sarà caratterizzato dagli storici come un pontificato di confusione e caos.

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    1. 4.
      Le rispondo qui brevemente, perché la rimando a un mio articolo sull’argomento, che pubblicherò nei prossimi giorni.
      Tengo allora a dirle che il Santo Padre non esclude affatto il diritto alla legittima difesa, cosa che evidentemente comporta l’impiego delle armi.
      Ricordo inoltre che il Santo Padre usa il termine guerra in un senso negativo, come anche la Scrittura, ossia nel senso di sciagura, che noi ci auguriamo in un futuro debba cessare. Infatti i Profeti prevedono che nell’era messianica non ci saranno più guerre.
      La invito pertanto a rileggere con più attenzione il testo del Cardinale Fernandez:
      https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/doc_doc_index_it.htm
      https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_doc_20240402_dignitas-infinita_it.html

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    2. 5.
      Per quanto riguarda la teoria del gender, essa, come è noto, si riferisce ad una interpretazione di quelle che sono le possibilità umane di intervento sulla dimensione sessuale della natura umana.
      Ora, il Papa nelle seguenti parole “sulla cui consistenza scientifica molte sono le discussioni nella comunità degli esperti”, si riferisce alle indagini scientifiche circa le cause neuropsichiche della fenomenologia esaminata dai genderisti e alle teorie comportamentali che i genderisti deducono da quelle conoscenze scientifiche.
      Questo non vuol dire che il Santo Padre non sappia dirci con certezza quale condotta morale si deve tenere quando appare questa fenomenologia.
      Il Papa inoltre dà un giudizio molto severo su questa teoria, perché non rispetta le differenze naturali tra uomo e donna. Si esprime infatti in questo modo: “Voler disporre di sé, così come prescrive la teoria del gender, indipendentemente da questa verità basilare della vita umana come dono, non significa altro che cedere all’antichissima tentazione dell’essere umano che si fa Dio ed entrare in concorrenza con il vero Dio dell’amore rivelatoci dal Vangelo.”.
      Come è noto la Santa Sede dispone ormai da secoli del servizio di una equipe di scienziati altamente qualificati, presso i quali il Papa si informa quando tratta di argomenti morali che hanno una connessione con i dati delle scienze sperimentali. E questa questione del clima, è appunto attinente ai pareri degli scienziati. Che ci siano discussioni in merito, nessun dubbio. D’altra parte il Papa non è infallibile su questa materia. Tuttavia, siccome essa coinvolge in vari modi quella che è la responsabilità dell’uomo relativamente alla cura del creato, ecco l’opportunità di un intervento pontificio, non nel senso di dare un giudizio certo sostituendosi agli scienziati, cosa assolutamente impensabile, ma nel senso di indicarci una condotta morale sulla base di risultati, i quali, se non sono infallibili, si suppone tuttavia che quanto meno siano seri.

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  7. Caro Padre Cavalcoli, e con tutto il rispetto, non posso essere d'accordo con la sua affermazione. La Dichiarazione Dignitas Infinita esprime, a mio avviso, una concezione errata della dignità umana.
    1. La dichiarazione riprende, e la aggrava, la nozione disallineata o squilibrata della dignità umana che era al centro del Concilio Vaticano II, affermata nella Dichiarazione sulla libertà religiosa (Dignitatis humanae). Il Concilio ha parlato della dignità posseduta da “tutti gli uomini, perché sono persone, cioè dotati di ragione e di libera volontà”, dignità chiamata “ontologica”.
    Su questa dignità ontologica il Concilio ha fondato la libertà religiosa, che porta a una relativizzazione della fede cattolica riconoscendo un “diritto all’errore” in materia religiosa. Diritto “negativo”, ma pur sempre legge. Questo punto è stato uno dei più combattuti dai vescovi fedeli riuniti nel Coetus internationalis patrum, che vi hanno colto una negazione della regalità di Cristo.

    2. Fin dal primo numero, la Dichiarazione parla di questa dignità come “infinita”, e rileva nel numero successivo che essa è stata proclamata “autorevolmente” nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 10 dicembre 1948.
    Al n. 7 il testo presenta una “quadrupla distinzione del concetto di dignità”: ontologica, morale, sociale ed esistenziale. Gli ultimi due elementi sono del tutto casuali, i primi due invece sono essenziali, ed è necessario spiegarli bene.
    L'anima umana, creata direttamente da Dio, è da Lui unita ad un corpo: esercita quindi un duplice ruolo. Essa conferisce innanzitutto la natura umana all'individuo creato, che è quindi persona, secondo la celebre definizione di Boezio, citata nella nota 17 del documento. L'anima è così la fonte della dignità ontologica, che è dunque la stessa per tutti gli esseri umani.
    In secondo luogo, l'anima è il principio dell'azione umana attraverso le sue facoltà: intelligenza e volontà. Questa azione costituisce l'ambito morale. Quando gli atti umani ci permettono di far fiorire la nostra umanità, indirizzandoci verso il nostro fine che è Dio, si caratterizzano come “buoni”. Quando, al contrario, ce ne allontanano, questi sono atti “cattivi”.
    La dignità morale della persona dipende quindi dal suo agire: l'uomo che fa il bene per raggiungere il suo fine ultimo ha una dignità tanto maggiore quanto più ricerca questo fine. Ma chi si allontana dal suo fine e fa il male cade da questa dignità: se ne spoglia.
    Questo fatto è riconosciuto a livello naturale nelle società: familiare, sociale o politica. Così, il cittadino che fa il bene viene ricompensato in vari modi: può anche essere dato da esempio con distinzioni – citazioni, medaglie, onorificenze. Ma chi fa il male è punito dalla legge. Queste ricompense e punizioni danno al soggetto ciò che ha meritato – nel bene e nel male – e consentono alla società di difendersi da coloro che la minacciano.

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    1. Caro Davide,
      rispondo per punti.

      1.
      Il diritto alla libertà religiosa, secondo il Concilio Vaticano II, è basato sulla Rivelazione e ha effettivamente un fondamento ontologico relativo all’antropologia, che comporta la nozione di persona umana, dotata di intelletto e di volontà, e della dignità della coscienza personale.
      Il suddetto diritto si riferisce all’obbligo dell’autorità civile di non obbligare o di non proibire nel campo della religione le convinzioni dei credenti. Per questo non si tratta affatto di un diritto all’errore, perché l’autorità civile, in materia religiosa, non ha nessuna facoltà di determinare la verità, ma svolge soltanto la funzione di consentire ai cittadini di esprimere le loro opinioni religiose in modo pacifico, senza disturbare l’ordine pubblico, salvo quelle opinioni che, col pretesto della religione, presentino una minaccia nei confronti del bene comune.
      Per quale motivo la Chiesa fa un riferimento alla Rivelazione? Perché si tratta del rispetto della buona fede dei credenti, indipendentemente dalla loro religione. In particolare il riferimento evangelico sono le parole del Signore: “Chi non è contro di voi, è per voi”, come a dire che se qualcuno in buona fede non capisce perché dovrebbe credere in Cristo, il Cristo comunque accoglie la sua buona volontà e costui, senza rendersene conto, è in comunione con Lui.
      Altro punto di riferimento, come base evangelica, per il suddetto diritto, è il capito 25 di Matteo, dove Gesù ringrazia coloro che hanno compiuto opere di misericordia, senza rendersi conto che ciò facendo erano graditi a Lui.
      Per quanto riguarda la regalità di Cristo, Gesù dice a Pilato che il suo regno non è di questo mondo, dove esistono diverse religioni. Il Concilio parte da queste considerazioni e mette in rilievo i punti in comune tra le varie religioni, in particolare il monoteismo. A tutta prima si potrebbe avere l’impressione che il Concilio, approvando le scelte di coscienza dei fedeli delle varie religioni, cada in una specie di indifferentismo, sincretismo e relativismo.
      Per chiarire questa cosa dobbiamo ricordare che il Concilio insegna, con assoluta chiarezza, che Cristo è il Salvatore dell’umanità e tutti, per salvarsi, sono obbligati ad obbedire a Lui. Quindi il diritto alla libertà religiosa suppone il rispetto della buona fede di tutti e suppone che ognuno, anche se non conosce Cristo, può avere comunione con Lui praticando le opere della misericordia, come dice il Beato Pio IX.

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    2. 2.
      Per quanto riguarda la quadruplice distinzione del concetto di dignità, i primi due aspetti sono certamente quelli fondamentali. Gli altri due intendono svolgere l’aspetto sociale, culturale e politico, mentre l’aspetto esistenziale fa riferimento a limitazioni della dignità umana, dovute alla peccaminosità dell’uomo, osservazione che introduce all’elenco di attentati alla dignità umana, che fanno seguito a questa osservazione.
      Quanto al suo intento di chiarire i primi due elementi o aspetti, mi sembra che lei abbia trattato bene l’argomento.
      Io credo comunque che il Card. Fernandez dia per scontato l’antropologia cattolica e la dottrina del Magistero, tanto è vero che le parole “dignità infinita” sono state tratte da un Angelus fatto da San Paolo Giovanni II a Osnabruck nel 1980.

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  8. 3. Come il Vaticano II e la Dignitas infinita squilibria la dignità umana
    Non si tratta ovviamente di negare la dignità ontologica, tutt'altro. Essa corrisponde alla dignità fondamentale dell'uomo e indica in particolare l'intangibilità della vita umana innocente. Il bambino nel grembo materno, il bambino prima dell'età della discrezione, l'uomo privo di ragione, tutti possiedono questa dignità che esclude ogni attacco.
    D'altra parte, per tutti gli altri, per tutti coloro che sono capaci di azione morale, è la dignità morale a diventare primaria, soprattutto agli occhi della società. Perché come è possibile punire una persona dotata di una dignità inalienabile e inviolabile? Non può essere che dal punto di vista di questa dignità morale, che la Dichiarazione riconosce al n. 7.
    Ma la nuova dottrina, introducendo uno squilibrio tra i due aspetti della dignità umana, limita l’autorità nelle sue prerogative destinate a proteggere la società e la Chiesa. Così la terza parte sulla “dignità, base dei diritti e dei doveri umani” si concentra sulla dignità ontologica, utilizzando molto parzialmente la dignità morale, senza nemmeno nominarla.
    Ciò è caratterizzato da un'errata enfasi sul livello oggettivo (dignità ontologica) trascurando così il livello soggettivo (dignità morale). Ciò si manifesta innanzitutto con la dottrina della libertà religiosa che non consente all'autorità politica cattolica di difendere adeguatamente la fede.
    Ciò si manifesta ulteriormente con un cambiamento radicale per quanto riguarda la pena di morte che rientra nell'autorità della Città (lo Stato). Mentre la dottrina cattolica ha sempre accettato e giustificato la pena capitale, ora si afferma che non è più così. Sempre in nome di questa inviolabile dignità ontologica e ignorando l'indegnità morale del colpevole, divenuto un pericolo per la società e i suoi membri.

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    1. 3.
      Caro Davide,
      per quanto riguarda il rapporto tra dignità ontologica e dignità morale, la prima comporta la coesistenza nella persona umana della vita spirituale e della vita fisica. La seconda consiste nel rispetto, da parte della persona, della legge morale.
      Per quanto riguarda la pena di morte, la svolta che c’è stata con Papa Francesco, è che, mentre prima lo Stato, per la difesa del bene comune, si riteneva in diritto di sopprimere la dignità ontologica, costituita anche dalla vita fisica del criminale, adesso Papa Francesco presenta la pena di morte come un’offesa alla dignità ontologica della persona. Ho comunque già risposto su questo argomento a un precedente Lettore.
      Dobbiamo ricordare che il Magistero della Chiesa Cattolica, soprattutto dal Concilio Vaticano II, intende offrire a tutta l’umanità, cioè all’intera famiglia umana, la ricchezza sapienziale della Chiesa e quindi usa un linguaggio che può essere recepito da tutti gli uomini.

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  9. 4. Dignità infinita? Va notato, tra l'altro, l'aggravamento di questa dottrina con l'uso del termine “infinito” associato alla dignità ontologica, che non è più nemmeno una deviazione, ma un’aberrazione. Solo Dio è infinito. Anche gli angeli, questi puri spiriti, non hanno dignità infinita.
    Dal punto di vista della natura umana, una sola possiede questa dignità infinita: la santa umanità di Cristo unita ipostaticamente al Verbo divino. È possibile aggiungere, in un certo senso, i santi del Cielo che godono della visione beatifica, perché sono associati in questo modo alla dignità stessa di Dio.

    5. Gravi violazioni della dignità umana. La quarta parte affronta “alcune delle numerose e gravi violazioni della dignità umana nel mondo contemporaneo” (n°34): povertà, guerra, migranti, tratta di esseri umani, abusi sessuali, violenza contro le donne, aborto, maternità surrogata, eutanasia e suicidio assistito , lo scarto delle persone disabili, la teoria del genere, il cambiamento di sesso e infine la violenza digitale.
    Tutti questi argomenti sono certamente importanti ed è bello vedere ripetute certe condanne, così come leggere argomenti che possono essere utilizzati dai difensori della dottrina cattolica. Resta tuttavia sconcertante constatare il ripetuto appello all'autorità della Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo (nn. 2, 23, 56 e 63), e pensare che solo questa può ispirare agli uomini un vero rispetto per la dignità umana.
    È dimenticare per l’ennesima volta che solo la virtù è capace di ispirarci a fare il bene, e che solo la Chiesa ha la capacità di indirizzarci rettamente su questa strada. E anche se qualche bene naturale può essere realizzato in una Città senza Dio, il bene della società non può essere realizzato senza il Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo.

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    1. 4.
      Ho già toccato questo punto, cioè le parole “dignità infinita”, nel mio articolo ed inoltre in una risposta a un precedente Lettore.
      Se per infinito intendiamo assolutamente perfetto, senza limiti, pienezza totale dell’essere, incausato, è chiaro che solo Dio è infinito. Tuttavia il concetto di infinito si può usare in un senso analogico, per cui non è proibito parlare di una infinità creata, che si può concepire come una immagine e somiglianza della natura divina o anche come una partecipazione alla natura divina, che è la grazia.
      Inoltre, nel mio articolo ho parlato anche di una infinità intenzionale, che si può concepire come l’inclinazione del pensiero e della volontà dell’uomo verso Dio. Sant’Agostino parla di “mens capax Dei”.
      Questa inclinazione consente di pensare a Dio e di amarlo. Perché ciò possa avvenire, occorre ammettere che almeno intenzionalmente anche il pensiero umano possa essere infinito. Occorre però precisare che la natura umana è finita, perché è una creatura di Dio, e quindi nel senso che Dio ne determina i caratteri specifici ed individuali. Da qui i contenuti specifici della legge morale, per cui l’uomo è moralmente vincolato da precisi obblighi morali e quindi da limiti deontologici, che non può trasgredire o travalicare, senza peccare.
      In altre parole, l’uomo può conoscere e pensare Dio, che è infinito. Per questo San Tommaso afferma “anima est quodammodo omnia”. Certamente non possiamo essere Dio, ma intenzionalmente possiamo conoscere ed amare Dio, che è infinito. È questa l’infinita dignità, della quale parla Fernandez.

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    2. 5.
      Il riferimento alla Dichiarazione dell’ONU intende essere l’approvazione di contenuti, che hanno una corrispondenza nella dottrina cattolica del diritto naturale e della legge naturale. Infatti non è difficile vedere in questa Dichiarazione l’influsso della tradizionale dottrina cattolica, basata sul Vangelo.
      Se è vero che manca il riferimento a Dio, tuttavia esso è implicito nei valori dei contenuti stessi, i quali come tali non possono che rimandare al Creatore, come a loro fondamento e loro Ordinatore.
      Per questo non è assolutamente il caso di parlare di società atea a proposito della Dichiarazione, considerando come ho detto la rettitudine dei valori umani, promossi dalla detta Dichiarazione.
      Resta fuori discussione che la guida dell’uomo verso la giustizia e il retto ordinamento dell’umana società, spetta supremamente alla Chiesa Cattolica. Per questo l’approvazione della Dichiarazione da parte della Chiesa lascia completamente intatto il suddetto primato del Cristianesimo nella organizzazione della società internazionale.
      Non c’ dubbio che Nostro Signore Gesù Cristo abbia ricevuto dal Padre ogni potere in cielo e in terra. Gesù Cristo è certamente il Re dell’universo, ma è innanzitutto Re del Regno di Dio o dei cieli, mentre i regni di questa terra sono di diritto governati dall’autorità umana, la quale a sua volta dipende da Cristo Re, non nel senso che Cristo sia capo politico dei regni della terra, ma nel senso che uno Stato ha il suo diritto di esistere nella misura in cui si fonda su quel diritto naturale, che è il riflesso razionale del diritto divino, che è espressione del Verbo del Padre.
      Un discorso particolare va fatto per il Popolo d’Israele. Secondo la volontà di Dio, Cristo, figlio di Davide, è re d’Israele, anche se lo Stato d’Israele ha una sua ragion d’essere, come attuazione umana della regalità di Cristo.

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