30 novembre, 2023

Il cattolicesimo corrotto di Gianni Vattimo

 

Il cattolicesimo corrotto di Gianni Vattimo

Sul sito La settimana news del 24 novembre scorso è apparso un articolo di Flavio Lazzarin dal titolo Vattimo, il cristianesimo, la verità. Mi rifaccio a questo articolo per quanto dirò, prendendo alcuni pensieri o tesi di Vattimo riportati dall’Autore.

Desidero tuttavia introdurre quanto dirò su Vattimo con un preambolo al fine di inserire il mio discorso nel giusto contesto, perché Lazzarin comincia col dire che oggi la Chiesa è divisa fra tradizionalisti e conciliaristi. Ora, il quadro completo della situazione della Chiesa oggi non è la semplice opposizione fra tradizionalisti e seguaci del Concilio Vaticano II, ma a questo conflitto bisogna aggiungere una distinzione, che è quella tra veri e falsi interpreti del Concilio, ossia tra i veri cattolici fedeli all’interpretazione che del Concilio danno i Papi del postconcilio, i veri progressisti, e gli pseudocattolici modernisti, sedicenti «progressisti», che interpretano per loro comodo il Concilio in senso modernista.  

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Nessun privato, nessun teologo, nessun Vescovo, nessun gruppo nella Chiesa hanno il diritto e l’autorità di attribuire alle proprie idee la qualifica di cattoliche se non sono approvate dalla Chiesa o indipendentemente da quanto la Chiesa definisce come essere cattolico.

È un sofisma anche ciò che dice Vattimo per escludere l’uso della metafisica: «alla scuola di Francesco e Chiara, la Parola di Dio è sufficiente ad alimentare e sostenere la fede dei discepoli». È vero che non risulta che San Francesco a Santa Chiara abbiano studiato Aristotele: ma ciò non toglie valore a quanto ho detto, perché certamente i due grandi Santi sapevano che Dio è Colui Che È e che ha creato il mondo dal nulla. E senza l’intelligenza metafisica queste cose non si capiscono, senza che sia necessario studiare Aristotele.

Immagine da Internet: Gianni Vattimo

28 novembre, 2023

Ateismo e salvezza - Quarta Parte (4/10)

 

Ateismo e salvezza

Quarta Parte (4/10)

Concetti di Dio imperfetti ma sufficienti

Brahmanesimo

La più antica nozione di Dio e di alta qualità la troviamo nella letteratura vedica a partire dal sec. XIV avanti Cristo, scritta da autori ignoti che asseriscono di trasmettere una tradizione sacra (smrti) ricevuta per rivelazione (sruti).

Questa nozione espressa dalla parola Brahman, ha un duplice orientamento semantico: da una parte induce al teismo e dall’altra suggerisce il panteismo. Quindi nel primo senso si tratta di un concetto salvifico, perché l‘io (jivan) o anima (atman) è distinto da Brahman. Abbiamo allora la visione «duale» (dvaìta) sostenuta da Ramanuja nel sec. XIII, di tendenza realistica favorevole alla Trascendenza.

Viceversa, se l’io o l’anima sono visti come apparenza sensibile e fenomenica di Brahman come Io vero, profondo e assoluto (vedi l’Io trascendentale degli idealisti), abbiamo la visione «non-duale» (advaìta), che potremmo chiamare monistica, della quale abbiamo un parallelo in Occidente in Parmenide.  Questa è l’impostazione di Shamkara nel sec. VIII-IX. 

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Il difetto del Dio islamico dipende dal fatto che esso non è basato su di una nozione analogica dell’essere, quindi del vero, della ragione, del bene e della volontà, ma su di una nozione univoca, che per salvare la pluralità, ammette l’equivocità e la contraddizione. Inoltre l’unità divina è intesa così monisticamente, da escludere la Trinità, perché questa, sempre a causa dell’univocismo e della negazione dell’analogia, appare come negazione dell’unità.

Se qui dunque c’è la pretesa di salvare il principio di non-contraddizione, il musulmano non si fà scrupolo di violarlo quando concepisce un Dio benevolo e violento, sincero e bugiardo, crudele e misericordioso.

In tal modo, col pretesto che Dio è il nostro Signore e Legislatore, che decide di ciò che è bene e ciò che male, che può fare e ha diritto di fare tutto quello che vuole, senza spiegarcene i motivi e senza dover render conto a noi, è un Dio che ha diritto di imporci la sua volontà, sicchè noi non possiamo conoscere il perché dei voleri divini. Per cui il musulmano confonde l’incomprensibilità e il mistero dei decreti divini con l’idea che Dio possa comandare o render lecito il peccato e proibire o punire la giustizia.

È evidente allora che il musulmano, partendo dal concetto di un Dio dispotico ed arbitrario, che esercita la violenza ed un potere irrazionale, si sente autorizzato a sua volta da una parte a concedersi anche cose illecite e a comportarsi con gli altri con la stessa licenza, violenza e crudeltà con le quali suppone che Dio si comporti con lui.

Se il concetto di Dio è assunto dall’islamico nei termini descritti dal Concilio, rinunciando all’aspetto difettoso denunciato da Benedetto XVI, il concetto può essere salvifico. Lascia sottintendere l’assunzione di tale concetto l’accordo di Abu-Dhabi stipulato da Papa Francesco col Grande Imam del Cairo Ahmad Al-Tayyeb.

Immagini da Internet

25 novembre, 2023

Ateismo e salvezza - Terza Parte (3/10)

 

Ateismo e salvezza

Terza Parte (3/10)

Alcune considerazioni iniziali

I ragionamenti tortuosi allontanano da Dio

Sap 1,1

La distinzione fra atei e teisti non è facile. Ci sono in gioco due cose: che cosa s’intende con la parola Dio e qual è il giusto concetto di Dio. Al riguardo, tenendo conto di ciò, si può dire che ci sono certamente alcuni che sono indubbiamente atei. Ma ci sono anche alcuni che sembrano atei, ma che in realtà non lo sono. Altri sono teisti senz’alcun dubbio. Altri ancora sembrano teisti, ma in realtà sono atei.

 Chi non parla mai di Dio non necessariamente è un ateo, mentre può essere sostanzialmente ateo un religioso o un teologo accademico che hanno sempre il nome di Dio sulla bocca, ma in realtà non ci credono e non obbediscono a Dio. Ma chi parla di Dio, ne ha un giusto concetto? Non è sempre detto. E si può avere un giusto concetto di Dio senza nominarlo?

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Per poter arrivare al vero teismo, ed evitare l’ateismo esplicito o implicito, occorre essere realisti, aderenti alla realtà esterna, e pertanto riconoscere la veracità, benché non infallibile, del senso e dell’intelletto.

La materia è nello spazio-tempo, che sono accidenti della sostanza, quindi causati, mentre solo lo spirito, nella sua immaterialità, è al di sopra dello spazio-tempo e quindi solo lo spirito può essere creatore e dello spirito e della materia.

Nell’interrogarci sull’origine del mondo e delle cose non possiamo fermarci sul piano dell’essenza, del concetto, della causa formale o ideale, ma occorre porre anche e soprattutto il problema della causa efficiente, che riguarda l’essere extramentale e la realtà esterna indipendente da noi e dalle nostre idee, causa che produce l’essere dal nulla, altrimenti finiamo nell’idealismo e nel  panteismo, come è successo a Spinoza, col confondere Dio con l’idea di Dio, o nell’ateismo, come è successo a Marx, col confondere Dio con la materia e con l’uomo.

La causa prima non può essere, come credeva Kant, un’Idea senza essere Realtà, ma dev’essere coincidenza di pensare ed essere. Per essere quello che deve essere, dev’essere il suo stesso pensare e deve pensare il suo stesso essere, che è pensiero: «Pensiero del Pensiero», come dice Aristotele. 

Immagine da Internet: Ritratto da giovane di Karl Marx

21 novembre, 2023

Ateismo e salvezza - Seconda Parte (2/10)

 

Ateismo e salvezza

Seconda Parte (2/10)

Fenomenologia dell’ateismo

 L’ateo, come Prometeo, si sente potente e capace di operar cose divine; dall’ateismo sorge l’impresa empia della magia, attuata non senza il concorso del demonio, maestro di superbia, sempre pronto ad intervenire laddove l’uomo si lascia ingannare dalla superbia. L’ateo è «tracotante» (trans-cogitans) e «trasgressore» (trans-grediens) perché col suo pensare ed agire esce dai giusti limiti regolandosi col suo solo arbitrio.

L’ateo è l’erede e l’emulo di Adamo che preferisce ascoltare il serpente piuttosto che Dio. Hegel nella sua interpretazione del peccato originale sostiene che il serpente insegna all’uomo come diventare Dio liberandosi dal dominio del Dio creatore il quale proibendo di mangiare dell’albero del bene e del male, gli ha mentito avvertendolo che sarebbe morto.

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Un famoso pretesto per negare l’esistenza di Dio è quello di Epicuro, che Hume riporta in questi termini: «Ha la divinità la volontà di impedire il male, ma non il potere di farlo? Allora è impotente. Ne ha il potere, ma non la volontà? E allora da dove deriva il male?».

Alcuni oggi ritengono che Dio stesso sia debole e sofferente per le sofferenze dell’uomo. Ma è evidente che questo è un concetto indegno di Dio. Altri, influenzati dalle idee di Severino, per il quale tutto è bene così com’è, dicono che la sofferenza è un bene e per questo è un attributo divino. Altri, riprendendo Hegel che si rifà a Spinoza, dicono che ciò che a noi sembra male in realtà è bene.

Sant’Agostino risponde ad Epicuro dicendo che Dio è così buono e così potente, da ricavare dal male un maggior bene, mentre dimostra che l’origine del male non può che addebitarsi alla cattiva volontà della creatura, come è insegnato chiaramente nel libro del Genesi della Sacra Scrittura.

Immagine da Internet: Epicuro


20 novembre, 2023

Il mio appello di cristiano ai fratelli ebrei e musulmani

 

 Il mio appello di cristiano ai fratelli ebrei e musulmani

Ho letto con molta apprensione nel Corriere della Sera del 10 novembre scorso un articolo di Lorenzo Cremonesi nel quale egli traccia un quadro drammatico dello stato d’animo di alcuni Israeliani coinvolti nell’attuale guerra contro i Palestinesi. Quello che mi ha colpito è stato il riferimento fatto da essi a quanto narrato dalla Scrittura circa la conquista della Palestina da parte degli Ebrei, con la cacciata o uccisione delle popolazioni ivi residenti, nella convinzione di adempiere ad un comando di Dio.

Riporto alcune accese dichiarazioni di persone colà residenti, riferite dal giornalista. La loro impostazione fondamentalista mostra quanto importante ed urgente sia l’esegesi storico-critica della Scrittura. Mi vengono in mente le parole di Cristo «avete inteso che fu detto dagli antichi» al c.5 di Matteo. Essi credevano che si trattasse di volontà di Dio, mentre obbedivano ad uno stadio arcaico della coscienza morale, ancora influenzato dalla durezza di cuore conseguente al peccato originale.

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Fratelli ebrei e musulmani, deponete dunque le armi! 

È questa la vera volontà di Dio! 

Gerusalemme è la nostra madre, madre di tutti i popoli.

 

 

E la Palestina è la Terra Santa, terra bagnata dal Sangue di colui Che col suo Sangue ha redento il mondo.


 Immagini da Internet


18 novembre, 2023

Ateismo e salvezza - Prima Parte (1/10)

 

Ateismo e salvezza

Prima Parte (1/10)

Lo stolto pensa: Dio non esiste

Sal 53,2

 

Se non credete che Io Sono,

morirete nei vostri peccati

Gv 8,24

Occorre prendere sul serio la questione dell’ateismo

Scrivo questo saggio perchè faccio mie e parole pronunciate da Benedetto XVI, nella memorabile lettera che egli scrisse ai vescovi il 10 marzo del 2009:

«Il vero problema in questo nostro momento della storia – scriveva quel Papa – è che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini e che con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre di più».

Si potrebbe dire per converso che l’umanità resta umana solo in quanto almeno implicitamente crede in Dio e viceversa diventa disumana nella misura in cui abbandona Dio. È impossibile amare l’uomo se non si ama Dio, così come non si può ottenere l’effetto se non si fa leva sulla causa. Parimenti, se c’è l’effetto, c’è la causa che lo produce: chi ama sincerante il prossimo, dà prova di amare Dio, è egli stesso una prova dell’esistenza di Dio, anche se forse si considera ateo, ma, come è stato detto, «crede di non credere». È quella che un tempo si chiamava «fede implicita».

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L’ateismo, come dice Gian Franco Morra, non è una teoria ma un postulato pratico. Non è un sapere, ma un non voler sapere. Non è una cosa saputa, ma una cosa voluta. 

Ecco subito un punto importante, al quale forse molti non pensano: l’ateo sa che Dio esiste, ma non vuole pensarci perché vuole fare la sua volontà e non quella di Dio. 

Simone de Beauvoir diceva: «so benissimo che Dio esiste. Il mio ateismo è che a Dio non ci voglio pensare». Questo non è solo l’ateismo della de Beauvoir, ma ogni ateismo.

Nessuno ignora in buona fede che Dio esiste come io posso ignorare quante sono le isole dell’arcipelago filippino. Sicchè nessuno al momento della morte può presentarsi a Dio dicendo: «Scusami, o Dio, ma non sapevo che Tu esistevi. Non sapevo che peccando offendevo Te. Ti prego allora di non incolparmi dei miei peccati!».

Immagine da Internet: Simone de Beauvoir

13 novembre, 2023

Cristo ha affidato alla Chiesa la interpretazione della Sacra Scrittura

 

Cristo ha affidato alla Chiesa

la interpretazione della Sacra Scrittura

Il piano della divina rivelazione

L’interpretazione della Sacra Scrittura è l’attività della mente umana con la quale essa mostra, spiega e chiarisce il senso di quanto la Scrittura insegna e racconta circa quanto Dio ha detto e fatto per la salvezza dell’uomo e per rivelargli il mistero della sua propria essenza.

La cosa tipica della Bibbia, che la distingue da tutte le altre opere letterarie dell’umanità, anche di carattere religioso, è che nel caso della Bibbia ci troviamo davanti a un complesso di dottrine che non nascono dalla pura ragione o dal semplice ingegno umano, ma da una fonte di verità ben superiore, che è Dio stesso, per cui la ragione non può chiedere alla Bibbia che le si dimostri razionalmente le sue tesi, ma deve porsi in fiducioso ascolto della verità, anche se essa supera le capacità della ragione.

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Lo Spirito Santo muove la Chiesa nel corso della storia, servendosi dell’opera degli esegeti e dei teologi, ad una sempre migliore interpretazione della Scrittura e ad uno sviluppo e migliore conoscenza del dato rivelato, nella fedeltà e nell’esplicitazione progressiva dei contenuti della Sacra Tradizione.

È questo il progresso dogmatico, che non cambia affatto il senso dei dogmi, come credono erroneamente i modernisti, ma al contrario lo capisce sempre meglio.

Restano così sempre per tutto il corso della storia, nonostante i chiarimenti definitivi continuamente fatti grazie al Magistero dei Papi, molti altri testi biblici e proposizioni che ancora rimangono oscuri e richiedono spiegazione. Su di essi si affatica la ricerca degli esegeti, i quali propongono una soluzione. Se essa è giusta, la Chiesa l’approva e viene dogmatizzata.


Accanto e successivamente al lavoro degli esegeti c’è quello perfettivo dei teologi, i quali, partendo dal dogma, dalla ragione e da una buona esegesi, approfondiscono il senso e i contenuti delle verità di fede mediante l’uso della filosofia e delle scienze, e seguendo un ordine sistematico, mostrano come le verità di fede si colleghino tra di loro in una meravigliosa armonia, tutte attorno al dogma del Dio Trino. 


Immagini da Internet:
- San Girolamo, Cesare Dandini, Galleria degli Uffizi, Firenze
- Il Rotolo di Isaia, esposto nel Museo della Bibbia a Gerusalemme


 

Video: https://www.youtube.com/watch?v=PLH55E27c8I

12 novembre, 2023

Trattato sugli Atti umani - P. Tomas Tyn - Lezione 4 (2/2)

  Trattato sugli Atti umani

P. Tomas Tyn

Lezione 4 (Parte 2/2)

P.Tomas Tyn, OP - Corso “Atti Umani” - AA.1986-1987 - Lezione n. 14 (A-B)

Bologna, 17 febbraio 1987

http://www.arpato.org/corso_attiumani.htm

 

… sempre il nostro agire umano oppure se qualcos’altro al di là dell’atto umano potesse essere anche oggetto di una scelta.

Ora, riguardo all’intenzione, lì SanTommaso parte, diciamo così, da una analogia tra l’atto di intenzione e l’atto di scelta. L’atto dell’intenzione è per eccellenza l’atto della volontà riguardante il fine, mentre l’atto di scelta è per eccellenza l’atto della volontà riguardante i mezzi.

Ora, come nell’intenzione il fine inteso o è una cosa realizzata tramite un’azione, oggetto di un’azione o è un’azione addirittura come tale, così anche nell’ordine dei mezzi la scelta non può avere per oggetto se non un’azione umana o una cosa da realizzare tramite un’azione. 

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/trattato-sugli-atti-umani-p-tomas-tyn_12.html

 

Abbiamo visto che nella scelta interviene sempre l’atto umano o direttamente, perchè si sceglie di agire o di non agire, o se si sceglie qualche altra cosa, la si sceglie sempre come oggetto di un atto umano, di un agire umano, per esempio, il treno per arrivare in una città.

Sempre si tratta o dell’atto umano o dell’oggetto dell’atto umano. Ora, l’agire, il nostro agire, dipende sempre da noi; quindi ci è sempre possibile. In tal senso ovviamente, trattandosi nell’ambito della scelta, dell’ambito dell’agibile, possiamo dire che ciò che è oggetto di scelta è sempre possibile all’uomo.

Qui importante è l’argomento del motivo della scelta. Infatti il motivo della scelta sta nel fatto che un mezzo appare come adatto per il conseguimento del fine. Noi scegliamo, fermiamo, se volete, un giudizio pratico-pratico che ci presenta un mezzo per il fine. Noi lo scegliamo, perchè il mezzo che il giudizio ci presenta ci appare come un mezzo adatto al fine, come un mezzo che conduce al fine. 


 

 

La scelta si orienta secondo un fine possibile orientando a esso dei mezzi adatti, non solo al fine come tale, ma anche al fine precisamente in quanto possibile da conseguire. 

E quindi ovviamente la scelta dispone a un fine possibile e a dei mezzi altrettanto possibili. 

 

Immagini da Internet

 

11 novembre, 2023

Trattato sugli Atti umani - P. Tomas Tyn - Lezione 4 (1/2)

 

  Trattato sugli Atti umani

P. Tomas Tyn

Lezione 4 (Parte 1/2)

P.Tomas Tyn, OP - Corso “Atti Umani” - AA.1986-1987 - Lezione n. 14 (A-B)

Bologna, 17 febbraio 1987

http://www.arpato.org/corso_attiumani.htm

Adesso riprendiamo i nostri lavori nella faticosa metà dell’Anno Accademico. L’altra volta ci siamo lasciati con il trattato sull’atto umano. Ne studieremo purtroppo soltanto alcune parti, non potremo studiare tutto quello che S. Tommaso scrive nella I-II, Primae Secundae. Lo raccomando tuttavia alla vostra benevola attenzione, si capisce, Quindi ne potremo fare solo alcune parti più significative.

Ho scelto anzitutto la questione 13, che tratta della scelta, per poi passare alla questione 16 e 17 che trattano rispettivamente dell’uso e dell’imperium, del comando della ragion pratica. Perchè ho fatto questa electio, questa scelta? Ebbene, proprio perchè nella scelta, nell’atto della scelta si verifica, come voi ben sapete, quel fenomeno straordinario, fondante tutto l’ordine morale, che si chiama libertà. È nella scelta che appare appunto la libertà del nostro volere.   

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Nell’eseguire l’operazione, c’è un’avvertenza intellettiva, e non solo intellettiva, si può dire sommariamente conoscitiva, anche sensitiva, che l’opera è stata compiuta.

A questa avvertenza, diciamo così, a questa buona notizia che l’opera è stata bene eseguita, segue ovviamente il gaudium, la fruitio, dalla parte della volontà. E così tutto si compie in gloria, come si dice. Ossia, l’atto umano finisce con una certa gioia, gaudium. Notate l’ottimismo di San Tommaso. Secondo l’Aquinate l’agire è fonte, è fonte di gioia, dovrebbe essere appunto fonte di una certa delectatio.

La moralità dell’atto umano è costituita da questa sua parte, che è il giudizio pratico-pratico, è l’atto di scelta che lo immobilizza, che lo fissa.

È questo il punto misterioso. Cioè quello che possiamo sapere, è questa duplice priorità: da un lato la priorità dell’intelletto sulla volontà

 

Il primato spetta all’intelletto, che presenta l’oggetto. Da quel lato c’è il primato del giudizio pratico-pratico, che è già emesso. Però non è ancora immobile. Quello che lo fa diventare in qualche modo l’unico criterio di tutta l’azione che seguirà, è appunto la immobilizzazione derivante dalla scelta. E sotto questo aspetto è la scelta che predomina sul giudizio.

Vi dissi proprio a ragion veduta, che il giudizio pratico-pratico non presenta più una pluralità di mezzi, ma presenta un solo mezzo concreto. Però, prima della immobilizzazione della scelta, il giudizio pratico-pratico prevalente può essere quello, ma non è l’unico, ma ha accanto a sé tanti altri possibili giudizi pratico-pratici.

Faccio sempre il mio solito ridicolo esempio di un viaggio da compiere.

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07 novembre, 2023

Il Papa sprona i teologi

 

Il Papa sprona i teologi

Un documento stimolante ed incoraggiante

Il 1° novembre scorso il Santo Padre ha emanato il un Motu proprio Ad theologiam promovendam, col quale conferma, riforma, incoraggia e dà nuovo incremento alle attività del Pontificia Accademia Teologica, un organismo culturale della Santa Sede, che raccoglie da tutta la Chiesa un ristretto gruppo di teologi che si sono segnalati per la loro competenza e fedeltà alla Chiesa nelle varie discipline della scienza teologica.

Il documento del Santo Padre è segnato e guidato dalla categoria della novità e quindi dal rimando allo Spirito Santo, che nel battesimo ci ha fatti rinascere con Cristo e ci ha resi nuove creature ad immagine di Cristo. È tuttora in atto e non ancora compiuta quella svolta epocale, che fu inaugurata 60 anni fa dal Concilio Vaticano II col chiudere definitivamente un precedente tempo della Chiesa nel quale troppo si era insistito sulla severità e non abbastanza sulla misericordia.

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Il Papa presenta giustamente la teologia come sapere critico. Questa affermazione meritava un ampio sviluppo. Il teologo è chiamato a conoscere la tematica teologica dibattuta nel suo tempo, deve fare un vaglio delle diverse e contrastanti opinioni, discernere quanto è utile al progresso della teologia e al bene delle anime e quanto invece è dannoso e induce alla disobbedienza alle leggi divine o allontana da Dio o crea nemici di Dio.

02 novembre, 2023

Che cosa voleva essere il fascismo? - Terza Parte (3/3)

 

Che cosa voleva essere il fascismo?

Terza Parte (3/3)

Come spiegare il successo di Mussolini

Non è difficile spiegare il perché della tragica ed ingloriosa fine di Mussolini. Quello che ci crea difficoltà è come spiegare il suo successo, il fanatismo di cui fu circondato, la dabbenaggine con la quale ci si lasciò ingannare dalle sue idee, dal suo nazionalismo esasperato, dalla sua concezione hegeliana dello Stato, dal suo spirito sostanzialmente anticristiano, dai suoi programmi imperialistici del tutto anacronistici e  dalla disponibilità ad affrontare una guerra insieme con la Germania nazista contro le potenze democratiche europee e potenze gigantesche come gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica. Come abbiamo potuto commettere una simile follia? Sulla base di quali idee? Con quali mezzi? Con quali metodi? Ne ho parlato in questo articolo. 

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Oggi come oggi noi cattolici dobbiamo saper convivere con gli atei insieme con i quali noi Italiani abbiamo fatto la nostra Costituzione nel 1946 dopo il crollo del fascismo. Eppure, come abbiamo visto, molte delle sue idee sono ancora in circolazione e sono al fundo dell’attuale modernismo, oltre che del lefevrismo e aspettano un nuovo Mussolini che le metta in pratica. 

 

Oggi è interessante notare come i marxisti, pur sostenendo un totalitarismo ateo, si considerano democratici e accusano noi cattolici postconciliari di autoritarismo se non di fascismo. A loro vanno bene i cattolici modernisti, mezzi marxisti e falsificatori del Concilio. I più vicini ai fascisti sono i lefevriani, ancora attaccati alla religione di Stato e chiusi al dialogo con i marxisti. Eppure, come ho dimostrato, i marxisti hanno con i fascisti un padre comune, padre di ogni totalitarismo di destra e di sinistra: Giorgio Guglielmo Federico Hegel.

Immagine da Internet