Guerra e dignità umana - La questione della liceità del servizio militare - Seconda Parte (2/2)

 

Guerra e dignità umana

La questione della liceità del servizio militare

 

Seconda Parte (2/2)

 

È giustificato combattere per motivi religiosi?

Sorge allora una serie di domande alle quali non è difficile rispondere, una volta che abbiamo compreso che cosa significa il Comandamento Non uccidere. Ci chiediamo dunque: è cosa blasfema condurre un’operazione militare in nome di Dio  per il fatto che Egli comanda di non uccidere? Ha senso, può esser voluto da Dio che io metta a repentaglio la mia vita per uccidere un fratello? La nostra Costituzione parla di «sacro dovere di difendere la Patria». Perché c’è quel «sacro»? Che significa? È evidente il richiamo a Dio, il Sacro per eccellenza.

Si pone la questione, allora, che rapporto c’è tra amore di Dio e del prossimo da una parte e la pratica bellica o doveri militari  dall’altra? Sono doveri davanti a Dio? Le due cose sono conciliabili?  L’amore cristiano per il nemico si concilia col dovere di prendere le armi? E perché e in che senso questo dovrebbe essere un sacro dovere?

Afferma la Dichiarazione:

L’intima relazione che esiste tra fede e dignità umana rende contradittorio che la guerra sia fondata su convinzioni religiose: «coloro che invocano il nome di Dio per giustificare il terrorismo, la violenza e la guerra non seguono la via di Dio: la guerra in nome della religione è una guerra contro la religione stessa».[1]

Occorre fare attenzione a interpretare bene queste parole. È evidente che qui il Documento considera il terrorismo, la violenza e la guerra come attentati alla dignità umana, come peccati di omicidio. Tenendo conto di questo significato negativo della parola «guerra», è logico che non si può far guerra in questo senso appellandosi alla volontà di Dio.

Bisogna però osservare che il Papa ha più volte condannato l’aggressione della Russia all’Ucraina, riconoscendo per il tramite del Cardinale Segretario di Stato la legittimità dell’azione militare difensiva ucraina nel tentativo di far rientrare l’invasione russa. Ora, immaginiamo un soldato ucraino cattolico impegnato in questa guerra difensiva: chi gli impedisce di ritenere che Dio stesso voglia questa difesa della Patria contro un ingiusto aggressore?

Il dramma, per non dire la tragedia qui in atto, è la ripetizione di simili tristi eventi già succeduti nei secoli passati, allorchè cattolici occidentali hanno combattuto contro ortodossi russi. Infatti il Patriarca Cirillo ha detto che l’operazione militare della Russia è addirittura una «guerra santa».

Qui io non discuto il problema se Dio possa o non possa volere una guerra per liberare un popolo o perché si difenda da nemici invasori: la risposta è troppo chiara se consideriamo le narrazioni bibliche. Il problema qui è: chi ha ragione? Il Papa o Cirillo? Dunque, vediamo che il dialogo ecumenico cattolico-ortodosso deve fare ancora molta strada.

Facciamo qualche altra considerazione in tema di rapporto della guerra con la religione. Chiediamoci ancora: perché il linguaggio militare parla di «sacrificio»? Che cosa c’entra la guerra con la religione? Il soldato che sacrifica la propria vita per la salvezza della patria non ha nulla a che vedere con quell’amore più grande, del quale parla Cristo, di colui che dà la vita per i propri amici? È vero, Cristo non ha preso in mano le armi ed avverte che cosa deve aspettarsi chi di spada ferisce. Ma qui Cristo si riferisce alla guerra motivata dall’odio e dalla superbia; non  dice affatto che i regni di questo mondo non abbiano il diritto di difendersi con le armi dai loro nemici.

Perchè allora non si potrebbe guerreggiare o muover guerra in nome di Dio? Una guerra per motivi religiosi è fanatismo e intolleranza o può essere testimonianza di fede? Lottare per la libertà o per la giustizia non è lottare in nome di Dio? Non ha senso, certo, peccare in nome di Dio. Ma abbiamo già detto e ripetuto che il guerreggiare non è per ciò stesso peccato, ma può essere giusto e doveroso. E se è tale non vuol forse dire che si agisce in nome di Dio e in obbedienza a Dio?

Bisogna dire allora che la guerra legittima è proprio quella fatta per motivi religiosi. Viceversa, la guerra ingiusta è quella fatta contro Dio, per motivi egoistici, di dominio, sopraffazione o sfruttamento del prossimo. Del resto, la vita del cristiano non dev’esser tutta motivata dalla sua fede? Opporsi a chi con la guerra offende la dignità di Dio e dell’uomo, non è forse atto motivato dalla fede? Non è forse atto religioso?

Combattere a prescindere dal nostro amore di Dio, questa sì che è bestemmia ed empietà, questa sì che è guerra sporca, odiosa e perversa! In nome di chi non vogliamo lasciare la patria nelle mani del nemico o gli oppressi nelle mani degli oppressori e perciò combattiamo perché ciò abbia a cessare?

Valori come quelli dell’onore e della virtù militare, del sacrificio di sé per la salvezza o liberazione della patria, l’esistenza di un codice e di un’etica militare sanzionati da un tribunale militare, tutto ciò non ci dice nulla? Non ci dice forse che anche la guerra, pur con i suoi eccessi e crudeltà, può essere un’azione giusta e legittima?

In questo campo della guerra, dove sembrerebbe impossibile l’affermazione di valori morali, dove pare che l’omicidio sua istituzionalizzato e legalizzato, proprio in questa intricata situazione apparentemente refrattaria a qualunque  moralizzazione, proprio qui  la Chiesa madre e maestra della pace, della giustizia  e misericordia nei secoli ha avuto cura  della dignità umana e  di inserire valori di umanità nella guerra senza accontentarsi della facile esortazione a non guerreggiare o a cessare dal conflitto come se bastasse questo a persuadere i combattenti a fare la pace. 

Da qui è nata la possibilità e il dovere del rispetto dei diritti dell’uomo e della dignità umane anche nelle situazioni di conflitti bellici. Senza disapprovare l’uso ragionevole delle armi, la Chiesa, soprattutto nella sua legislazione e nella prassi di tanti Santi Pastori, è riuscita nei secoli a impostare i rapporti fra nemici su di un piano di lealtà e di reciproco rispetto, al di là della barriera costituita dalla loro posizione in schieramenti opposti e nemici. Da qui nel Medioevo nacquero gli Ordini religiosi militari cavallereschi, maestri in questa capacità di conciliare la carità cristiana e l’amore di Dio con la pratica dell’arte bellica.

È interessante peraltro la distinzione che la Costituzione italiana fa tra guerra offensiva e guerra difensiva. Per quanto riguarda la prima, usa il termine «guerra» e dice: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (a.11). Per quanto riguarda la guerra difensiva, non usa il termine «guerra», ma parla di «difesa» (a.52): «la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino». Tuttavia, è chiaro che se noi chiamiamo guerra l’uso della forza militare da parte di uno Stato contro un altro Stato, si può benissimo usare il termine anche per la guerra difensiva.

La cessazione delle guerre per la fondazione di un’umanità giusta, pacifica e concorde esprime un voto che tutti possiamo far nostro. Ma l’idea che sembrano coltivare alcuni che per far cessare le guerre basti la nostra buona volontà o sia sufficiente un’adeguata e ben organizzata campagna politica, è un’idea puramente utopistica, che ignora le misure necessarie alle condizioni della natura umana ferita dal peccato originale, per cui finisce per favorire i prepotenti e gli oppressori. Il fenomeno della guerra è ben più complesso.

Credere di poter evitare la guerra risolvendo le controversie solo col dialogo è una pura utopia ed anche pericolosa, perché l’unico risultato è l’abbandonare gli oppressi nelle mani di loro oppressori, è la legittimazione delle situazioni ingiuste, la tolleranza dell’invasione di una nazione pacifica o delle pretese degli Stati imperialistici.

La Chiesa sa benissimo che finchè siamo su questa terra, per quanti sforzi facciamo per vivere in pace, ci saranno sempre i bellicosi dai quali occorre difendersi con la forza. La Chiesa pertanto ha avuto il merito di ispirare un codice militare, che regola doveri etici dei militari: usare umanità nei confronti dei prigionieri, astenersi da rappresaglie, vendette, dall’uso di armi eccessivamente distruttive e dal colpire le popolazioni civili, pietà per i vinti, rispetto per la dignità umana del nemico, evitare di combattere mossi dall’odio, imposizione di condizioni ragionevoli per la resa del nemico sconfitto. 

È conforme alla dignità umana, è vero amore per la pace, è dar prova di disponibilità e coraggio, di senso del dovere, di gratitudine alla patria, sottrarsi al suo appello quando essa è in pericolo o è oppressa dallo straniero o è invasa dal nemico? O quando connazionali oppressi dallo straniero chiedono aiuto?

Bisogna che tutti gli Stati del mondo si assoggettino alla guida dell’ONU.

Oggi l’umanità è giunta ad un’ora decisiva della sua storia, quale mai fino ad adesso le era stato dato di incontrare: c’è in gioco la sua stessa sopravvivenza seriamente minacciata dal rischio di un conflitto atomico. Essa è dunque posta davanti ad una decisione, senza la quale essa finirà inevitabilmente entro poco tempo, se gli animi non mutano direzione, per sopprimersi con le sue stesse mani.

La situazione attuale è pericolosissima perché il mondo è diviso sostanzialmente in due blocchi contrapposti dotati di armamenti nucleari, due mondi spirituali e culturali fatti di per sé per completarsi a vicenda, ma che purtroppo mostrano preoccupanti segni di incomprensione reciproca: l’Occidente, con a capo gli Stati Uniti, l’America del Sud, l’Australia e l’Europa occidentale, e l’Oriente, con a capo la Russia e l’Europa orientale, affiancate dall’Oriente asiatico. L’Africa è contesa tra i due blocchi.

Grave errore di Emanuele Severino è quello di credere che il cristianesimo sia espressione dell’Occidente nichilista contro l’Oriente patria dell’essere, mentre invece in realtà il cristianesimo è dottrina divina universale, sorgente di salvezza per l’intera umanità, vita divina che vivifica e abbraccia in sé i due mondi e li affratella in unità e nella reciproca complementarità.

Altro grave errore circa questo problema dell’unificazione politica del mondo, è quello della massoneria, la quale non è priva di meriti circa la fissazione del catalogo dei diritti dell’uomo. Essa però con atteggiamento gnostico e razionalista, derivante dal’illuminismo settecentesco e dall’etica kantiana, presume di conoscere ed indicare la via della felicità perpetua dell’uomo, nel possesso di un sapere razionale pratico universale e pubblico, capace di congiungere in unità le religioni, racchiuse nell’orizzonte del relativo, del privato e dell’opinabile, nonché fattori di divisioni e discordie tra gli uomini.

Con simile atteggiamento la massoneria, se da una parte può riconoscere il diritto alla libertà religiosa, dall’altra il suo ritenersi guida suprema dell’umanità nel progresso verso la felicità dimostra un atteggiamento di arroganza, che ci lascia sospettare che il suo proclamato rispetto per la libertà religiosa, copra una nascosta volontà di distruzione della religione in nome della scienza e della ragione.

Da che parte sta il mondo islamico? Esso trae origine da un messaggio, quello di Maometto, che sostituisce l’ideale profetico a quello della figliolanza divina, giudicata una pretesa empia e ed idolatrica.  Supera l’ebraismo apprezzando la figura di Gesù, ma non raggiunge il cristianesimo lasciando Gesù al livello di un semplice profeta e giudicando pertanto idolatrica la teologia trinitaria.

Se Israele è tra Occidente ed Oriente, presagio dell’universalità del cristianesimo, l’islamismo è esso pure in mezzo fra Occidente ed Oriente, ma non è riuscito a raggiungere l’universalità del cristianesimo: è rimasto chiuso nei confini mediorientali dei popoli arabi, con propaggini nel sud Europa, sud Asia e Africa del Nord.

Quale decisione prendere in questa situazione che rischia di degenerare di momento in momento? Non certo quella di proibire le guerre. Sarebbe un’idea puramente utopistica ed irrealizzabile. Bisogna invece che la comunità internazionale si accordi in sede ONU per abolire l’uso delle armi atomiche di alta potenza e mantenere quello delle armi tradizionali di bassa potenza. Bisogna che tutti gli Stati del mondo affidino alle forze armate dell’ONU la difesa dell’ordine pubblico internazionale, riservandosi un corpo di polizia per il mantenimento dell’ordine interno.

Il Concilio si era già accorto che nel presente stato di natura decaduta, nel quale esistono ancora l’egoismo, la superbia, l’avarizia, l’empietà, l’ingiustizia, la prepotenza, l’odio e la violenza credere di risolvere le controversie tra Stati e popoli col semplice dialogo, sentenze giuridiche, la diplomazia e la persuasione razionalmente argomentata, sarebbe pura utopia che si ritorcerebbe proprio a danno dei deboli, dei poveri e degli oppressi. Il Concilio dice che

«dobbiamo con ogni impegno sforzarci per preparare quel tempo, nel quale, mediante l’accordo delle nazioni, si potrà interdire del tutto qualsiasi ricorso alla guerra. Questo naturalmente esige che venga istituita un’autorità pubblica universale da tutti riconosciuta, la quale sia dotata di efficace potere per garantire a tutti i popoli sicurezza, osservanza della giustizia e rispetto dei diritti. Ma prima che questa auspicabile autorità possa essere costituita, è necessario che le attuali supreme istanze internazionali si dedichino con tutto l’impegno alla ricerca dei mezzi più idonei a procurare la sicurezza comune»[2].

È interessante come il Concilio fa eco, riprende e sviluppa il dettato della nostra Costituzione, laddove essa dichiara che l’Italia

«consente, in condizioni di parità con altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo» (a.11).

Un’organizzazione di questo tipo, che aspira ad un’unità statuale federativa è l’Unione europea, alla costruzione della quale a partire dalla fondazione nel 1951 ad opera dei francesi Monnet e Schuman, dell’italiano De Gasperi e del tedesco Adenauer l’organizzazione si è progressivamente rafforzata ed allargata con l’ingresso di sempre nuovi Stati membri fino a raggiungere oggi il numero di 32 ed è connessa con la NATO, che è un’alleanza militare dell’Unione Europea con gli Stati Uniti.

Un problema oggi di attualità, nello sforzo degli Stati di costruire una comunità internazionale in piena regola, è quello dell’unità politica dell’Europa, già unita fino al 1054 nella comune fede cattolica, e poi afflitta dallo scisma di Costantinopoli fino ai nostri giorni, ed ulteriormente aggravatosi nel 1589 con la formazione del Patriarcato di Mosca, autoproclamatosi, come si sa, «Terza Roma».

La piena edificazione dell’Europa richiede, come più volte fece notare S.Giovanni Paolo II l’unione dell’Europa occidentale con quella orientale, cosa che richiede un ridimensionamento delle forze NATO in concomitanza e collaborazione con quelle militari russe, in modo tale esse desistano dal loro fronteggiarsi, cosa che costituisce un gravissimo pericolo per la pace del mondo, per cui il fervido auspicio che dobbiamo formulare è che esse addivengano ad un accordo di reciproco rispetto, orientando il loro potenziale militare al mantenimento dell’ordine europeo interno, così come ogni Stato degii Stati Uniti ha cura del mantenimento e della custodia della sua pace interna per mezzo di un adeguato corpo di polizia. Naturalmente questa operazione dovrà avvenire sotto l’egida dell’ONU.

Modello di questa iniziativa di migliore organizzazione della comunità internazionale, può essere il modo come sono nati gli Stati Uniti d’America, ossia l’accordo fra le tredici ex-colonie inglesi di federarsi in un’unica entità statale superiore, affidando al governo federale l’uso delle forze armate per intervenire in caso di conflitti fra due o più Stati, lasciando ad ogni singolo Stato un corpo armato per gli interventi relativi all’ordine interno. Così nello Stato federale, quelli che prima erano Stati sovrani, perdono la loro sovranità per assoggettarsi al governo federale.

Se uno Stato è aggredito da un altro o vuol riprendersi territori ingiustamente occupati da un altro Stato (vedi per esempio la guerra israelo-palestinese), gli sarà concesso come legittima difesa privata, ma sotto il controllo dell’ONU pronto ad intervenire col suo servizio d’ordine per imporre la pace nel caso che chi ha ragione non riuscisse con la forza ad ottenere il rispetto dei suoi diritti.  

La guerra è l’occasione nella quale l’uomo può dar mostra e prova di un alto grado di virtù e di dignità morale nell’affrontare coraggiosamente i nemici di Dio e della Patria in combattimento e nel lasciarsi uccidere dai nemici di Dio e della Patria come testimone della sua fede, senza fuggire davanti a loro.

Ma la guerra è anche indubbiamente purtroppo sempre anche occasione per recare le più gravi offese alla dignità umana decadendo dalla propria dignità di uomini e di figli di Dio col compiere le più turpi azioni, nelle stragi, nelle ruberie, nella violazione delle donne, nello sfogo della più bestiale crudeltà, nell’opprimere la povera gente, nel profanare i luoghi sacri, nell’ammazzare senza pietà e senza ragione.

Secondo la Scrittura ogni guerra nella vita presente presenta già per quanto imperfettamente lo schema apocalittico della lotta dei giusti contro gli empi. Ora la differenza è che adesso chi ha ragione, ha anche dei torti e chi ha torto, ha anche delle ragioni. Invece la battaglia finale prevista dall’Apocalisse è quella condotta dai giusti sotto la guida di Cristo contro gli empi sotto la guida di Satana, che sarà sconfitto con tutti gli empi mentre i giusti trionferanno in cielo al canto eterno della vittoria.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 13 aprile 2024

Qui io non discuto il problema se Dio possa o non possa volere una guerra per liberare un popolo o perché si difenda da nemici invasori: la risposta è troppo chiara se consideriamo le narrazioni bibliche. Il problema qui è: chi ha ragione? Il Papa o Cirillo? Dunque, vediamo che il dialogo ecumenico cattolico-ortodosso deve fare ancora molta strada.

La Chiesa sa benissimo che finchè siamo su questa terra, per quanti sforzi facciamo per vivere in pace, ci saranno sempre i bellicosi dai quali occorre difendersi con la forza. La Chiesa pertanto ha avuto il merito di ispirare un codice militare, che regola doveri etici dei militari: usare umanità nei confronti dei prigionieri, astenersi da rappresaglie, vendette, dall’uso di armi eccessivamente distruttive e dal colpire le popolazioni civili, pietà per i vinti, rispetto per la dignità umana del nemico, evitare di combattere mossi dall’odio, imposizione di condizioni ragionevoli per la resa del nemico sconfitto. 

La guerra è l’occasione nella quale l’uomo può dar mostra e prova di un alto grado di virtù e di dignità morale. Ma la guerra è anche indubbiamente purtroppo sempre anche occasione per recare le più gravi offese alla dignità umana.

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