27 novembre, 2022

Circa la rigorizzazione del concetto di creazione - Parte Quinta (5/5)

 

 Circa la rigorizzazione del concetto di creazione

Quinta Parte (5/5) 

Osservazioni conclusive

Da quanto abbiamo visto nelle dichiarazioni di Postorino, appare evidente il fondo hegeliano dell’ontologia severiniana, alla quale Postorino si ispira. La differenza con Hegel sta nel fatto che mentre Hegel, senza negare Parmenide, accentua l’elemento eracliteo, più attento alla causa efficiente e all’azione concreta, Severino, senza trascurare Eraclito, accentua il fattore parmenideo, più attento alla causa formale e alla necessità logica.

Ma è evidente che entrambi si fondano su di una concezione non analogica, ma univoco-equivoca dell’essere, che mette assieme Parmenide con Eraclito. Uno potrebbe dire ma come fa, se l’uno sono l’opposto dell’altro? Bisogna scegliere! E invece no: questo è il punto. 

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Per Parmenide il nulla non esiste, perché è convinto che sarebbe contradditorio ammetterne l’esistenza. Per Parmenide tutto è da sempre; non gli viene in mente la possibilità di un ente che abbia cominciato ad esistere nel passato e quindi un ente che sia stato creato dal nulla, perché è fermo all’idea in sé giusta che il nulla non può diventare essere, ma non pensa che possa esistere un essere che faccia sorgere l’essere dal nulla. 


Parmenide non pensò che il provenire dal nulla o il passare di un ente dal non-essere all’essere poteva essere concepito come un cominciare ad esser dopo il non-essere-stato, un giungere all’essere di ciò che prima non esisteva, ad opera di un ente di tale potenza da farlo passare dal nulla o non-essere all’essere. Questa idea non comporta nessuna contraddizione, avendo semplicemente cura di distinguere il prima e il dopo. 

Si tratta di un prima peraltro da intendersi ovviamente non in senso temporale, giacchè non esiste il tempo prima del tempo, ma un prima trascendentale, ossia riguardante l’essere divino creatore. Dio è prima di tutti i secoli ed è Lui, come dice la fede, che ha dato inizio al tempo nel momento in cui ha creato il cielo e la terra.

 

In tal senso Cristo stesso, parlando di Se stesso Si dichiara esistente «prima che il mondo fosse» (Gv 17,5) e «prima della creazione del mondo» (Gv 17,24). Per questo motivo il Prologo giovanneo parla del Logos che era in principio; usa l’imperfetto era perché sottintende che il Logos divino esisteva già all’inizio del tempo e prima dell’inizio del tempo, ab initio temporis, come insegna il Concilio Lateranense IV, il quale interpreta l’«in principio Dio creò» di Gen 1,1 nel senso di «inizio del tempo».



Immagini da Internet:
- Venezia, Basilica di San Marco, Cupola della Genesi

26 novembre, 2022

Circa la rigorizzazione del concetto di creazione - Parte Quarta (4/5)

 Circa la rigorizzazione del concetto di creazione

Quarta Parte (4/5)

Il mondo non esiste da sempre, ma il tempo ha avuto un inizio

Tommaso confuta San Bonaventura, il quale sosteneva che si può dimostrare razionalmente che il mondo non può esistere da sempre. Tommaso fa notare che la dottrina secondo la quale il tempo ha avuto un inizio è di fede, per cui non è conveniente tentare di provarla con argomenti di ragione. Infatti che il mondo abbia avuto un inizio del tempo lo sappiamo solo dalla rivelazione divina, confermata dal Concilio Lateranense IV.

Tommaso fa notare che se é impossibile una serie di cause per sé all’infinito, ma occorre ammettere una causa prima, invece l’esistenza di una catena causale accidentale infinita, sempre mossa da Dio, connessa ad una sola causa di per sé, che può essere Dio stesso, non è razionalmente impossibile e per questo la si potrebbe ammettere come effetto dell’onnipotenza divina. Infatti il concetto essenziale di creazione, di per sé razionalmente dimostrabile, comporta che Dio sia causa dell’essere delle cose e che Egli avvii una catena di cause per sé. 

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Dio causa le cose volontariamente, perché Egli è un Ente personale e non è un semplice principio logico dal quale si traggono conseguenze, come l’essere di Hegel e di Severino, e non è neppure una natura fisica che produce necessariamente gli effetti, come il Dio di Democrito o di Spinoza, è libero di agire da sempre o di iniziare ad agire quando vuole.

Se il mondo è solo in Dio identico con la sua essenza, il mondo diventa necessario come Dio e non può affatto essere l’effetto di un suo libero volere. Viceversa, si può parlare di libertà dell’atto creativo, solo se si suppone un Dio personale, che abbia la possibilità di scegliere e produrre o non produrre un mondo contingente esterno a lui.

L’immagine biblica di Dio come un artigiano che plasma il mondo, precisando che Dio, a differenza dell’artigiano umano, crea la materia che Egli plasma, è una figura adattissima alla nostra limitata intelligenza, benché inadeguata rispetto alla oggettiva sublimità infinita della cosa indicata, per rappresentarci immaginativamente ed analogicamente l’opera creatrice.

Con la pura e semplice esistenza di Dio, quindi, il tempo non esiste ancora, benchè noi siamo obbligati ad esprimerci con categorie (il prima e il poi) tratte dall’esperienza del tempo. Ma è evidente che, se questo prima lo volessimo intendere in senso temporale, cadremmo in contraddizione.  Si tratta invece di un prima ontologico riferito a Dio stesso, in quanto Primo, come lo chiama l’Apocalisse (1,17), primo come ciò che sta anzitutto, primo come il migliore, ciò che sta al vertice, primo come la causa prima, quindi è un prima divino, primo dall’eternità rispetto al tempo che Dio ha fatto iniziare un certo numero di anni fa nel passato.

Postorino, come Hegel, pone alla base dell’essere, non il divenire aristotelico, che egli intende «togliere», ma il divenire hegeliano. 

Egli vuol togliere il divenire riferito a un mondo fuori di Dio, per portarlo in Dio stesso, all’interno del quale vuol porre il divenire del mondo, pensando così di riscattarlo da quella contraddizione, dalla quale secondo lui il mondo sarebbe afflitto fuori di Dio.  

Immagini da Internet: Michelangelo Buonarroti

25 novembre, 2022

Circa la rigorizzazione del concetto di creazione - Parte Terza (3/5)

 Circa la rigorizzazione del concetto di creazione

Parte Terza (3/5)

Il concetto del nulla

Il concetto del nulla è un concetto originario e spontaneo, non dedotto da precedenti e non acquisito per apprendimento, ma solo partendo dall’esperienza delle cose, come la nozione dell’ente e dell’essere e le altre prime nozioni dell’intelligenza naturale. Ci accorgiamo che certe cose esistono, mentre altre non esistono. Il nulla non è nulla di reale, ma solo un pensiero. In quella camera non c’è nulla. Non ho nulla da dirti. Quando dormo non penso a nulla. Sono frasi di tutti i giorni, comprensibili anche da un bambino.

Eppure il concetto del nulla suscita seri problemi logici e filosofici. Se io so che cosa è il nulla, se posseggo l’idea del nulla, se quando parlo ad un altro, egli capisce che cosa intendo dire e se il mio pensare non può non aver per oggetto un qualcosa di pensabile, ma se il nulla non esiste, come è possibile che io faccia del nulla oggetto del mio pensare e del mio parlare? 

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Nessuno può evitare di parlare del nulla e tutti sappiamo cosa significhi la parola nulla senza che nessuno ce lo abbia mai insegnato. 

Questo vuol dire che ne abbiamo un concetto, se è vero che quando parliamo del nulla, ci intendiamo facilmente («in questa scatola non c’è nulla!»).

Dunque bisogna dire, contro Parmenide, che il nulla in qualche modo esiste, se è vero che è pensabile e ne parliamo e quando parliamo del nulla non parliamo a vanvera, ma sappiamo benissimo che cosa intendiamo dire. Il nulla dunque esiste. 

Ma esiste come? Dove? Questo è il punto da risolvere, che però è già stato risolto dalla logica medioevale. Severino e Postorino pongono il problema come se esso non fosse già stato risolto e tentano di risolverlo, ma senza riuscirvi.

 

I logici medioevali, anche qui preceduti dalla logica aristotelica, ma nel contempo superandola, hanno potuto giustificare l’uso del concetto del nulla con la scoperta dell’ens rationis, un’entità intramentale astratta, che la nostra mente forma appunto per pensare ciò che pur non essendo reale, esiste. 

L’ente di ragione, l’esse intentionale, l’esse cognitum, il verbum mentis dei Medioevali nasce dalla riflessione sul Logos divino; non è altro, in fondo, che il mondo del nostro pensiero, delle nostre idee, della nòesis aristotelica, i concetti delle nostre intenzioni. L’errore sarebbe dar corpo, reificare queste astrazioni, ma esse, se tenute con cura solo all’interno della mente e non credere che esistano fuori, per quanto siano oggettive, sono necessarie proprio per pensare alla realtà e distinguere l’essere dal non-essere.



L’errore sarebbe dar corpo, reificare queste astrazioni, ma esse, se tenute con cura solo all’interno della mente e non credere che esistano fuori, per quanto siano oggettive, sono necessarie proprio per pensare alla realtà e distinguere l’essere dal non-essere.

Se infatti io credo di non provenire dal nulla ma solo da Dio, di fluire da Dio o di essere un’apparizione di Dio, vuol dire che considero il mio essere come quello divino, il quale, essendo l’essere assoluto ed eterno, non è stato fatto passare dal nulla all’essere, ma per sua essenza ha l’essere da sé, non lo ha ricevuto da nessuno, ma ce l’ha per conto proprio.

Immagini da Internet:
- Clemente Tafuri, Scugnizzo
- Antonio Manicini, Scugnizzo con il salvadanaio
- Pierre-Auguste Renoir, Coco che gioca

24 novembre, 2022

Circa la rigorizzazione del concetto di creazione - Parte Seconda (2/5)

 Circa la rigorizzazione del concetto di creazione

Parte Seconda (2/5)

La nozione dell’essere non è univoca, ma analogica

Del resto, già Hegel nel dare inizio alla sua Scienza della logica con la sua idea dell’essere come «immediato indeterminato» esplicitamente parte da Parmenide, anticipando l’errore di Postorino o di Severino o di Bontadini, che pretendono di interpretare il divenire alla luce di Parmenide e non di Aristotele.

Hegel però non dimentica neppure Eraclito, anzi va a lui la sua preferenza, perché il vero essere per lui non è l’essere astratto di Parmenide, che è solo il cominciamento dell’essere e del sapere, ma è la sintesi eraclitea di essere e non-essere, lungamente elogiata da Hegel nelle sue Lezioni di storia della filosofia, mentre a Parmenide dedica pochissime pagine, pur dichiarando di rifarsi anche a lui. 

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San Tommaso enuncia in una maniera lapidaria il principio di non-contraddizione: non est affirmare et negare simul, perché ogni ente è quello che è, per cui è impossibile che un ente sia e non sia simultaneamente e sotto lo stesso riguardo: principio di identità. Può esserlo in tempi diversi e sotto aspetti diversi.

Introducendo nel principio la citazione del tempo («simultaneamente»), cosa che Parmenide trascura di fare, tempo, che suppone e comporta il passaggio dell’ente dalla potenza all’atto, Aristotele ha spiegato come il divenire non è contradditorio, ma intellegibile e identitario, fino a concernere il mobile nell’istante presente nel quale è in atto il suo movimento, benché questo istante passi e il successivo non sia ancora giunto.

 
 
 
Severino, togliendo dal principio aristotelico di non-contraddizione la citazione del tempo, che per lui non esiste o è apparire e non essere, e credendo di enunciare il principio in modo più rigoroso e non nichilistico, in realtà, non applicando il principio al diveniente nel tempo, non ci fa capire come sia possibile che nel divenire un ente sia e non sia, per cui, in nome di una falsa concezione del principio d’identità, viene a negare il principio d’identità.
 
 

Postorino si rifiuta di concepire il creare come un produrre, in quanto comporterebbe un far passare l’essere dal non-essere all’essere, cosa che a Postorino sembra contradditoria perchè comporterebbe la affermazione e la negazione dell’essere, senza capire che proprio il passare evita la contraddizione mediante l’introduzione del prima e del poi.

 
Immagini da Internet:
La creazione, Maurits Cornelis Escher
 
 

23 novembre, 2022

Circa la rigorizzazione del concetto di creazione - Parte Prima (1/5)

  Circa la rigorizzazione del concetto di creazione

Parte Prima (1/5)

Un concetto di creazione

 ispirato alla filosofia di Emanuele Severino

Il filosofo Antonino Postorino propone un concetto di creazione che considera più rigoroso di quello del dogma cattolico, che egli chiama «concezione classica»[1], legata a quella tomistica[2], e lo accusa di essere un concetto «dualistico», perché ammette la distinzione fra l’essere necessario e l‘essere contingente e «nichilistico», perché parla di creazione «dal nulla», in quanto il nulla inteso come preesistente all’essere creato non esiste e sarebbe un concetto contradditorio, se ne supponessimo l’esistenza.

L’accusa di nichilismo nasce dalla tesi di Severino, che Postorino fa sua, secondo la quale il divenire e il nulla sono concetti contradditori e come tali nichilistici, essendo il nichilismo quella concezione per la quale l’essere è il non-essere ovvero l’essere non è ovvero l’essere non esiste; definizione giusta, ma male applicata, come vedremo. Ora, il concetto del nulla entra nella formula «creazione dal nulla», la quale, se non diventa proprio falsa, può e dev’essere quanto meno «rigorizzata» per purificarla da ogni ombra di nichilismo.

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Occorre far presente che la creatura non proviene da Dio come l’acqua proviene dalla sorgente, o il raggio di sole proviene dal sole o il calore proviene dal fuoco. L’essere finito non emana dall’essere infinito e non è neppure una finitizzazione dell’infinito. 


Non è così che la fede e una sana metafisica o la teologia naturale concepiscono la creazione.

L’uomo è sì creato a somiglianza di Dio, ma non è un essere divino.


 

 

 


Immagini da Internet:
- La creazione dell'uomo, Michelangelo
- La creazione dell'uomo, Maurits Cornelis Escher

22 novembre, 2022

Pensieri di Padre Tomas Tyn, OP - Seconda Parte

   Pensieri di Padre Tomas Tyn, OP 

Seconda Parte 

Ogni essere finito tramite la sua finitezza mi dice: guarda che non sono io che mi sono posto nell’essere, né io possiedo da sempre l’essere. C’è stato Qualcuno che mi ha dato l’essere.

Quindi, ogni ente finito testimonia dell’ente infinito che gli ha dato l’essere.

Però nel contempo, l’essere dell’ente finito non si riduce al suo essere dipendente. Cioè l’essere di ogni entità creata è un essere proprio a quella entità creata. Non è un semplice dipendere, è un essere tale cosa. Non è un puro essere dipendente.

(P. Tomas Tyn, OP - La causa prima, p.10)

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Quando Dio santifica l’uomo non è Dio che cambia, ma è l’uomo che è innalzato alla partecipazione divina.

Così anche nell’unione ipostatica, che è il modello di ogni unione con Dio.

Cristo è il modello della santità proprio per questo, perché ogni santità consiste nell’essere uniti con Dio: da Dio deriva ogni santità.

Dio è il Santo per essenza; quindi ogni santità consiste nell’unione della creatura razionale con Dio.

13 novembre, 2022

Pensieri di Padre Tomas Tyn, OP - Prima Parte

 Pensieri di Padre Tomas Tyn, OP

Prima Parte 

Se ci sono gli spiriti angelici, come la filosofia ci dice che è molto probabile che ci siano e la fede ci dice che certamente ci sono, se ci sono anche loro, in questo senso fanno parte del mondo. E quindi il mondo non è l’insieme di cose materiali, ma è l’insieme di realtà finite.

(P.Tomas Tyn, OP - La causa prima, p.4)

Ogni realtà, in quanto è, è stata già amata dal Signore. Vedete come è universale l’amore di Dio. 

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Fontanellato, 13 novembre 2022

 

Il Signore ama tutto, per esempio anche i vermiciattoli. Insomma, il Signore, effettivamente ama tutto ciò che esiste. 

La teologia della creazione corrisponde a una profondissima filosofia dell’essere. È come se la Sacra Scrittura ci avesse obbligati ad abbandonare i nostri meschini finiti schemi umani di essenza, per varcare il limite dell’essenza e contemplare, al di là di ogni data essenza finita, l’essere infinito, il fatto di esistere.

E questo è l’unico vero esistenzialismo. Non quelle cose, che sono spacciate sotto quel nome al giorno di oggi, come per esempio in Sartre e in altri. Quindi l’unico vero esistenzialismo è quello che dice: l’atto di essere è al di là di ogni essenza, ma nel contempo tale da dare l’emergenza dal nulla ad ogni essenza che esiste.

E questo legame tra l’essenza finita ed essere infinito, a cui l’essenza non ha diritto, questo legame che si chiama creazione, è oggetto di libera e sovrana volontà di Dio. Quindi, Iddio pone nell’essere quello che Egli vuole. Però questo è un effetto della sua bontà infinita.