Il mondo potrebbe esistere da sempre?

 

Il mondo potrebbe esistere da sempre?

Da quanto tempo esiste il mondo?

Una delle grandi gioie del nostro spirito è la conoscenza della bellezza dell’universo e della grandezza di Dio suo creatore. La rivelazione divina contenuta nella Bibbia soddisfa ampiamente questo nostro desiderio di conoscenza, anche se, parlandoci di realtà che non comprendiamo o perché superano la nostra comprensione, come la spiritualità divina e gli angeli o perché sono al di sotto della nostra comprensione, come la materia della quale è composto l’universo fisico, ci appaiono come misteri impenetrabili.

Una verità divinamente rivelata concernente il rapporto del mondo con Dio suo creatore è che Dio creando il mondo non lo ha creato da sempre, ma gli ha dato un cominciamento o inizio temporale. Ha creato dal nulla il mondo un certo tempo fa, mondo composto di corpi o sostanze materiali, esistenti nel tempo, e di spiriti o angeli, esistenti nell’eviternità[1].

Dice infatti, come è noto, la Scrittura: «Dio creò in principio il cielo e la terra» (Gen 1,1). E il Concilio Lateranense IV del 1215 spiega: «Dio con la sua onnipotente virtù simultaneamente dall’inizio del tempo creò dal nulla l’una e l’altra creatura, quella spirituale e quella corporale» (Denz.800).

L’inizio delle cose non è solo il fatto del loro cominciare ad essere, non è solo il fatto che sono state create, che hanno ricevuto l’essere, ma con l’essere hanno ricevuto anche la loro temporalità, la loro quantità di tempo, la loro storicità, hanno avuto anche inizio nel tempo e col tempo.

Il tempo stesso ha avuto inizio con esse, giacchè il tempo non è altro che un accidente delle cose, legato al loro divenire. Anche gli spiriti che hanno iniziato ad essere col loro esser stati creati, hanno una loro durata, vivono in una successione di stati e di atti, che si chiama eviternità.

La fisica moderna, sulla base della teoria per la quale l’universo è in espansione a partire da un originario nucleo di materia densissima, composita e concentrata, calcolando la velocità dell’espansione nell’unità di tempo e supponendo una velocità costante, è riuscita a formulare un’ipotesi circa il momento in cui questa espansione è iniziata, dando inizio al tempo, circa 14 miliardi di anni fa, a partire da quel nucleo primitivo contenente l’energia sufficiente a provocare l’espansione.

Secondo la Scrittura Dio in un istante ha creato il cielo, ossia il modo degli spiriti, vale a dire il mondo delle forme sussistenti e la terra, ossia il mondo dei corpi, vale a dire dei composti di materia e forma. L’Autore sacro, infatti, circa la sostanza materiale o terrena, distingue la materia informe (tohu, v.2) e la nuda sostanza (vabohu, v.2) ancor priva della forma e degli accidenti.

Prima della creazione della forma sostanziale con le sue proprietà ed accidenti, la qualità, l’azione, la passione, la quantità, l’ubicazione, il divenire, la successione, la temporalità, la «tenebra» si trova ancora «sulla faccia dell’abisso» (v.2). Ma «lo spirito di Dio» si muoveva sulle acque» (v.2), simbolo della materia prima, la materia informe, detta anche «abisso». Insieme con i corpi Dio crea anche la «luce», la luce dell’intelletto, le creature puramente intellettuali o spirituali, gli angeli.

La Scrittura racconta poi, stando ad una moderna interpretazione possibile, che Dio, dopo aver creato questo nucleo cosmico globale iniziale spazio-temporale, materiale e spirituale ad un tempo, somma di una molteplicità immensa di enti terreni ed angelici, fornisce questo nucleo primigenio di un’immensa forza autoespansiva guidata da Dio stesso provvidente secondo le leggi fisiche da Lui poste nella natura. Ecco allora tutti gli enti dell’universo lanciarsi nello spazio e formare lo spazio cosmico. E l’insieme stupendo e sconfinato dell’universo attuale, tuttora in espansione.

Dio ha dato il via e muove il formidabile e meraviglioso, multiforme processo organizzativo ed espansivo dell’universo mondano-terreno e stellare nello spazio e nel tempo, processo che ad un tempo è evolutivo, perfezionativo, ascensivo, accrescitivo, distintivo, plurificante e moltiplicativo nella successione temporale.

Questo processo è rappresentato e descritto poeticamente e drammaticamente nella Bibbia in una successione di «giorni», che narrano, con maestria metafisica, la comparsa successiva dei gradi dell’essere secondo un moto ascensivo, dal grado più basso, elementare, la sostanza chimica, la «terra» e l’«acqua», salendo poi ai vegetali, agli animali e infine all’uomo, e in tutto ciò troviamo una sorprendente corrispondenza con la moderna teoria dell’evoluzione,  precisando però che l’uomo non è  effetto della semplice evoluzione materiale, ma, nella sua anima spirituale (ruach), è creato immediatamente da Dio, uomo e donna, signore del creato materiale, socio degli angeli, confidente di Dio.

Che cosa significa, che importanza ha questo fatto, un dato rivelato, che il tempo ha avuto un inizio e che quindi il mondo non esiste da sempre, ma solo da un certo tempo, tempo che sembra che oggi la fisica possa calcolare almeno approssimativamente, anche se non può stabilire i millenni, i secoli, anni, mesi, giorni ed ora esatti?

Perché Dio ha voluto rivelarci questo fatto mediante la Scrittura?  Se Dio avesse voluto, avrebbe potuto creare un mondo esistente da sempre? Oppure Dio non poteva fare altrimenti? Su questo punto la Rivelazione non ci dice nulla. Che interesse può avere farci questa domanda? Può avere l’interesse di chiarire qual è stata la volontà di Dio sul mondo e come dobbiamo concepire in rapporto al passato il rapporto di Dio col mondo?

Dissenso fra Tommaso e Bonaventura

Su questo punto esiste un contrasto fra San Tommaso e San Bonaventura.  San Tommaso[2] sostiene che noi sappiamo che il mondo ha avuto un inizio nel passato soltanto dalla fede, e che non si può dimostrare che Dio non poteva fare altrimenti. Invece Bonaventura sostiene che Dio non può creare cose esistenti da sempre, perché ciò implica contraddizione[3], si tratti di corpi, come la natura e l’uomo, o si tratti di angeli.

E questo perché? Perché Bonaventura nota che l’esperienza riguardo ai corpi e la metafisica riguardo agli spiriti ci dicono che una creatura non può esistere da sempre e che è impossibile una serie successiva o catena causale retrocedente nel tempo, quantitativamente infinita, causalmente interconnessa, in modo accidentale o necessario, la cui durata retroceda all’infinito.

Meraviglia alquanto questa posizione di Tommaso, considerando il suo indefettibile realismo, attento ai dati dell’esperienza. Qui invece egli si mostra curiosamente essenzialista, sembra non sganciarsi del tutto dall’eternalismo cosmologico di Aristotele, traccia di paganesimo in un filosofo così in armonia con la fede cristiana.

Un numero infinito o una quantità infinita o una durata temporale o eviterna infinita nel passato non si possono dare. Possono essere immaginate come enti matematici, ma non possono darsi nella realtà, perché l’esistere concreto e storico è legato al tempo o all’eviterno, che sono dati alla nostra esperienza e, in ragione della loro limitata esistenza, non possono moltiplicarsi e retrocedere all’infinito.

Gli angeli hanno ricevuto tutti assieme da Dio la loro esistenza eviterna sin all’inizio della creazione e non possono riprodursi o aumentare di numero nel tempo essendo puri spiriti, per cui sono un numero fisso e durano per sempre.

Gli uomini e le cose hanno avuto ed hanno un inizio nel tempo e non possono non averlo avuto; e la loro successione, retrocedendo nel tempo, non può andare all’infinto, perché è impossibile un numero o quantità o successione infiniti di uomini o di cose. Il numero, la successione e la quantità reali, sensibili o intellegibili sono finiti: solo in matematica si può immaginare una quantità o una successione o numero infiniti.

Tommaso giudica invece che Dio, se avesse volto, avrebbe potuto creare un mondo esistente da sempre e che quindi non esistono ragioni cogenti per sostenere il contrario, ma sappiamo che il mondo ha avuto un inizio temporale solo in base alla fede. Bonaventura in questo frangente mostra un senso della realtà, della concretezza, della storia e dell’esistenza che a Tommaso fa difetto.

L’argomento che porta San Tommaso non sembra reggere, perché egli prende in considerazione il fatto che l’essenza degli enti come tale è un universale, indipendente dal tempo, per cui nulla impedirebbe di concepire una quantità o un numero o una successione retrocedenti nel tempo all’infinito o una serie di essenze succedentisi le une alle altre o una catena di cause accidentale in un passato infinito.

Ma Tommaso non si accorge che ragionando su semplici essenze, astraendo dal loro essere sperimentabile, quantitativo, storico e concreto, si esce dall’orizzonte della fisica e si entra in quello degli enti di ragione matematici, oggetto non di intuizione ontologica, ma della semplice immaginazione. Se si astrae dal tempo, non è difficile immaginare un tempo infinito all’indietro, ma allora è solo un tempo immaginato, non reale. Bonaventura ha ragione: il dogma del 1215 non ci rivela una verità, che la ragione non può dimostrare, ma conferma, come il dogma della creazione, ciò che la ragione già da sola può comprendere.

Discorso ben diverso possiamo e dobbiamo fare per quanto riguarda il nostro futuro, così come è programmato dal piano divino della Provvidenza, che mediante Cristo ci rende figli di Dio, viventi per grazia di una vita divina ed eredi alla futura risurrezione del corpo nella vita eterna. Allora sì, nel nuovo cielo e nella nuova terra, si potrà parlare di una storia eterna, di un tempo senza fine e di una durata successiva infinita, senza che però adesso possiamo comprendere come ciò si a possibile, ma affidandone l’esecuzione a Colui che ci ha detto «quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (I Cor,2,9).

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 26 marzo 2024

 

Gli uomini e le cose hanno avuto ed hanno un inizio nel tempo e non possono non averlo avuto; e la loro successione, retrocedendo nel tempo, non può andare all’infinto, perché è impossibile un numero o quantità o successione infiniti di uomini o di cose. Il numero, la successione e la quantità reali, sensibili o intellegibili sono finiti: solo in matematica si può immaginare una quantità o una successione o numero infiniti.

 Il dogma del 1215 non ci rivela una verità, che la ragione non può dimostrare, ma conferma, come il dogma della creazione, ciò che la ragione già da sola può comprendere.

Immagine da Internet: parte del cosmo (Nasa)

[1] È la durata successiva propria delle sostanze spirituali. Vedi San Tommaso, Sum. Theol., I, q.10, a.4. Invece l’eternità, che è una durata istantanea tutta simultaneamente in un istante che non passa, è la durata propria senza inizio e senza fine dell’essere divino.

[2] La posizione di Tommaso è ben illustrata dal Sertillanges in La filosofia di San Tommaso d’Aquino, Edizioni Paoline, Roma 1957, pp.249-259.

[3] Cf E. Gilson, La philosophie de Saint Bonaventure, Librairie philosophique J. Vrin, Paris  1953, pp.154-156.

13 commenti:

  1. Se è possibile nel futuro, è possibile nel passato. Per Dio non esistono cose impossibili.

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    1. Anonimo: rileggi, con pazienza, e capirai gli argomenti. Naturalmente ci sono cose impossibili per Dio: il contraddittorio è impossibile. Altrimenti cadi nel volontarismo e sei con Occam e i musulmani.

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    2. Esatto, Dino, non è contraddittorio. Se fosse contraddittorio, Dio non potrebbe farlo per il futuro. Il compito di San Tommaso è proprio quello di dimostrare che non è illogico, proprio quello di evitare una posizione alla Ockhamiana. Si noti che lo stesso Padre Cavalcoli ammette che Dio, in futuro, sosterrà gli infiniti, non potenziali ma reali. Vale a dire che qui la potenza divina non è limitata (scusate il linguaggio) da un'assurdità che non esiste, perché è possibile. QED
      Il problema di Cavalcoli è che è ossessionato dalla potenza passiva, dalla parte della materia, senza considerare la potenza attiva di Dio, che può fare tutto ciò che non è contraddittorio. Ad esempio, può ridurti a nulla. Lo farà? No, la fede dice di no. Potere? Sì, perché non è contraddittorio. Puoi creare qualcosa che non sia soggetto al tempo? Potere. Fatto? No. Puoi creare una sostanza senza incidenti. Potere. Fatto? Molto probabilmente no.
      Tra la Scilla di Bonaventura, che limita la potenza attiva, con la Cariddi di Ockham, che lo porta a violare il principio di contraddizione, c'è sempre il canale luminoso di San Tommaso, che non sbaglierà nella sua ultima importante opera.

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    3. Cari Anonimo, Dino, Massimo e Alessandro,
      innanzitutto grazie e complimenti per i vostri interventi, che dimostrano un’attenzione alla metafisica, che oggi purtroppo è molto rara.
      Ben volentieri rispondo alle vostre difficoltà e vorrei anche correggere e completare alcune vedute, che mi sembrano sbagliate o incomplete.
      Da come ho capito mi sembra che tutta la discussione ruoti attorno a due questioni: una è quella della onnipotenza divina e l’altra è la differenza tra la creazione della natura e la creazione della grazia.
      Per quanto riguarda la prima questione, l’onnipotenza divina consiste nel poter creare tutto ciò che è creabile. Ma in che consiste il creabile? In ciò che può esistere o non esistere, cioè il contingente.
      Ora, il contradditorio non può esistere. In questo senso si deve dire che Dio non può creare il contradditorio. Davanti a questa affermazione qualcuno potrebbe dire: allora non è onnipotente, ma è limitato al solo non contradditorio.
      A questo punto allora, per dirimere questa questione, dobbiamo distinguere una impossibilità assoluta da una impossibilità relativa ad una causa finita. Quando Gesù dice che nulla è impossibile a Dio, si riferisce a ciò che è assolutamente possibile, vale dire al creabile ossia a ciò che non comporta contraddizione.
      Tuttavia bisogna osservare che esiste una potenza attiva o produttiva propria della causa finita, come potremmo essere noi o un angelo. Le parole di Gesù si riferiscono al nostro potere produttivo e vogliono dire che noi, non essendo onnipotenti, certe cose non le possiamo fare, per cui in questo senso per noi è impossibile fare certe cose, ma si suppone che anche qui non si tratti di cose intrinsecamente impossibili, ossia contradditorie. Si suppone che siano di per sé possibili, quindi possibili a Dio, ma che la loro attuazione sia al di sopra delle nostre forze. In questo senso sono per noi impossibili, mentre sono possibili a Dio. Inoltre è chiaro che il contradditorio non può essere fatto né da noi né da Dio.

      Per quanto riguarda la seconda questione, io sostengo con Aristotele che una quantità numerica o successiva reale, si tratti di una durata temporale o eviterna, se facciamo riferimento alla natura, non può esistere. E in questo senso San Bonaventura ha ragione contro San Tommaso, perché, come ho detto, mi sembra che Tommaso, sulla questione se il mondo può esistere da sempre, cada in un certo essenzialismo astratto, che prescinde indebitamente dal tempo.
      A questo punto, riguardo alla questione che ponete, ossia perché io non ammetto una quantità infinita per il passato, ma l’ammetto per il futuro, il motivo è dato dal fatto che, secondo la fede cristiana, il nostro futuro, secondo il piano divino, non è un futuro solo naturale, per quanto ci appaia misteriosa la resurrezione del corpo, ma è un futuro divinizzato dalla grazia.
      D’altra parte questa resurrezione gloriosa, consentita dalla grazia, che ci è donata e che si aggiunge alla natura, la quale grazia in qualche modo ci divinizza o, come dice San Pietro (2 Pt 1-3), è una partecipazione alla vita divina che comporta in se stessa una partecipazione all’infinità divina.
      Ora bisogna distinguere due tipi di infinità. Esiste una infinità quantitativa di ordine matematico e una infinità ontologica, che è una perfezione divina. Ora, bisogna dire che nello stato di gloria i nostri corpi, pur mantenendo la loro quantità fisica finita, saranno glorificati dalla grazia, la quale comporta una infinità divina.
      Quale potrà essere il risultato della presenza della grazia? Che la durata temporale futura diventerà in qualche modo infinita, grazie all’infinità propria della vita divina.
      Un’ultra domanda che ci possiamo porre è che ne sarà dell’immortalità dell’anima? La sua durata, come ho già spiegato, è l’eviternità, che assomiglia all’eternità divina e quindi partecipa in qualche modo alla durata della eternità divina.
      Un’ultima domanda: che ne sarà delle anime dannate e dei demoni? È chiaro che qui manca la grazia. Che cosa resta? Resta l’eviternità naturale dello spirito.

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  2. Caro padre Cavalcoli: potrebbe spiegare più dettagliatamente perché sarebbe contraddittorio per il passato, ma non per il futuro? Non riesco a capire la differenza. Le sarei molto grato se potesse chiarirmi la cosa.
    Massimo Battaglio

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    1. Cari Anonimo, Dino, Massimo e Alessandro,
      innanzitutto grazie e complimenti per i vostri interventi, che dimostrano un’attenzione alla metafisica, che oggi purtroppo è molto rara.
      Ben volentieri rispondo alle vostre difficoltà e vorrei anche correggere e completare alcune vedute, che mi sembrano sbagliate o incomplete.
      Da come ho capito mi sembra che tutta la discussione ruoti attorno a due questioni: una è quella della onnipotenza divina e l’altra è la differenza tra la creazione della natura e la creazione della grazia.
      Per quanto riguarda la prima questione, l’onnipotenza divina consiste nel poter creare tutto ciò che è creabile. Ma in che consiste il creabile? In ciò che può esistere o non esistere, cioè il contingente.
      Ora, il contradditorio non può esistere. In questo senso si deve dire che Dio non può creare il contradditorio. Davanti a questa affermazione qualcuno potrebbe dire: allora non è onnipotente, ma è limitato al solo non contradditorio.
      A questo punto allora, per dirimere questa questione, dobbiamo distinguere una impossibilità assoluta da una impossibilità relativa ad una causa finita. Quando Gesù dice che nulla è impossibile a Dio, si riferisce a ciò che è assolutamente possibile, vale dire al creabile ossia a ciò che non comporta contraddizione.
      Tuttavia bisogna osservare che esiste una potenza attiva o produttiva propria della causa finita, come potremmo essere noi o un angelo. Le parole di Gesù si riferiscono al nostro potere produttivo e vogliono dire che noi, non essendo onnipotenti, certe cose non le possiamo fare, per cui in questo senso per noi è impossibile fare certe cose, ma si suppone che anche qui non si tratti di cose intrinsecamente impossibili, ossia contradditorie. Si suppone che siano di per sé possibili, quindi possibili a Dio, ma che la loro attuazione sia al di sopra delle nostre forze. In questo senso sono per noi impossibili, mentre sono possibili a Dio. Inoltre è chiaro che il contradditorio non può essere fatto né da noi né da Dio.

      Per quanto riguarda la seconda questione, io sostengo con Aristotele che una quantità numerica o successiva reale, si tratti di una durata temporale o eviterna, se facciamo riferimento alla natura, non può esistere. E in questo senso San Bonaventura ha ragione contro San Tommaso, perché, come ho detto, mi sembra che Tommaso, sulla questione se il mondo può esistere da sempre, cada in un certo essenzialismo astratto, che prescinde indebitamente dal tempo.
      A questo punto, riguardo alla questione che ponete, ossia perché io non ammetto una quantità infinita per il passato, ma l’ammetto per il futuro, il motivo è dato dal fatto che, secondo la fede cristiana, il nostro futuro, secondo il piano divino, non è un futuro solo naturale, per quanto ci appaia misteriosa la resurrezione del corpo, ma è un futuro divinizzato dalla grazia.
      D’altra parte questa resurrezione gloriosa, consentita dalla grazia, che ci è donata e che si aggiunge alla natura, la quale grazia in qualche modo ci divinizza o, come dice San Pietro (2 Pt 1-3), è una partecipazione alla vita divina che comporta in se stessa una partecipazione all’infinità divina.
      Ora bisogna distinguere due tipi di infinità. Esiste una infinità quantitativa di ordine matematico e una infinità ontologica, che è una perfezione divina. Ora, bisogna dire che nello stato di gloria i nostri corpi, pur mantenendo la loro quantità fisica finita, saranno glorificati dalla grazia, la quale comporta una infinità divina.
      Quale potrà essere il risultato della presenza della grazia? Che la durata temporale futura diventerà in qualche modo infinita, grazie all’infinità propria della vita divina.
      Un’ultra domanda che ci possiamo porre è che ne sarà dell’immortalità dell’anima? La sua durata, come ho già spiegato, è l’eviternità, che assomiglia all’eternità divina e quindi partecipa in qualche modo alla durata della eternità divina.
      Un’ultima domanda: che ne sarà delle anime dannate e dei demoni? È chiaro che qui manca la grazia. Che cosa resta? Resta l’eviternità naturale dello spirito.

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  3. Perché a Dio nulla è impossibile (Lc 1,37).
    Disse loro: Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio (Lc 18,27).
    E Gesù, guardandoli, disse loro: Agli uomini questo è impossibile; ma a Dio tutto è possibile (Mt 19,26).
    Io sono il Signore, Dio di tutta l'umanità. C'è qualcosa di impossibile per me? (Ger 32:27).
    Allora Gesù, guardandoli, disse: Agli uomini è impossibile, a Dio no; perché tutto è possibile a Dio (Mc 10,27).
    Ah, Signore mio Dio! Tu, con la tua grande forza e il tuo braccio potente, hai fatto i cieli e la terra. Per te non c'è nulla di impossibile (Ger 32,17).
    Gesù disse loro: A causa della vostra poca fede; Poiché in verità ti dico: se hai fede quanto un granello di senape, dirai a questo monte: Spostati da qui a là, e si sposterà; e nulla vi sarà impossibile (Mt 17,20).

    Come vengono spiegati questi testi? Esiste qualcosa di impossibile a Dio?

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    1. Cari Anonimo, Dino, Massimo e Alessandro,
      innanzitutto grazie e complimenti per i vostri interventi, che dimostrano un’attenzione alla metafisica, che oggi purtroppo è molto rara.
      Ben volentieri rispondo alle vostre difficoltà e vorrei anche correggere e completare alcune vedute, che mi sembrano sbagliate o incomplete.
      Da come ho capito mi sembra che tutta la discussione ruoti attorno a due questioni: una è quella della onnipotenza divina e l’altra è la differenza tra la creazione della natura e la creazione della grazia.
      Per quanto riguarda la prima questione, l’onnipotenza divina consiste nel poter creare tutto ciò che è creabile. Ma in che consiste il creabile? In ciò che può esistere o non esistere, cioè il contingente.
      Ora, il contradditorio non può esistere. In questo senso si deve dire che Dio non può creare il contradditorio. Davanti a questa affermazione qualcuno potrebbe dire: allora non è onnipotente, ma è limitato al solo non contradditorio.
      A questo punto allora, per dirimere questa questione, dobbiamo distinguere una impossibilità assoluta da una impossibilità relativa ad una causa finita. Quando Gesù dice che nulla è impossibile a Dio, si riferisce a ciò che è assolutamente possibile, vale dire al creabile ossia a ciò che non comporta contraddizione.
      Tuttavia bisogna osservare che esiste una potenza attiva o produttiva propria della causa finita, come potremmo essere noi o un angelo. Le parole di Gesù si riferiscono al nostro potere produttivo e vogliono dire che noi, non essendo onnipotenti, certe cose non le possiamo fare, per cui in questo senso per noi è impossibile fare certe cose, ma si suppone che anche qui non si tratti di cose intrinsecamente impossibili, ossia contradditorie. Si suppone che siano di per sé possibili, quindi possibili a Dio, ma che la loro attuazione sia al di sopra delle nostre forze. In questo senso sono per noi impossibili, mentre sono possibili a Dio. Inoltre è chiaro che il contradditorio non può essere fatto né da noi né da Dio.

      Per quanto riguarda la seconda questione, io sostengo con Aristotele che una quantità numerica o successiva reale, si tratti di una durata temporale o eviterna, se facciamo riferimento alla natura, non può esistere. E in questo senso San Bonaventura ha ragione contro San Tommaso, perché, come ho detto, mi sembra che Tommaso, sulla questione se il mondo può esistere da sempre, cada in un certo essenzialismo astratto, che prescinde indebitamente dal tempo.
      A questo punto, riguardo alla questione che ponete, ossia perché io non ammetto una quantità infinita per il passato, ma l’ammetto per il futuro, il motivo è dato dal fatto che, secondo la fede cristiana, il nostro futuro, secondo il piano divino, non è un futuro solo naturale, per quanto ci appaia misteriosa la resurrezione del corpo, ma è un futuro divinizzato dalla grazia.
      D’altra parte questa resurrezione gloriosa, consentita dalla grazia, che ci è donata e che si aggiunge alla natura, la quale grazia in qualche modo ci divinizza o, come dice San Pietro (2 Pt 1-3), è una partecipazione alla vita divina che comporta in se stessa una partecipazione all’infinità divina.
      Ora bisogna distinguere due tipi di infinità. Esiste una infinità quantitativa di ordine matematico e una infinità ontologica, che è una perfezione divina. Ora, bisogna dire che nello stato di gloria i nostri corpi, pur mantenendo la loro quantità fisica finita, saranno glorificati dalla grazia, la quale comporta una infinità divina.
      Quale potrà essere il risultato della presenza della grazia? Che la durata temporale futura diventerà in qualche modo infinita, grazie all’infinità propria della vita divina.
      Un’ultra domanda che ci possiamo porre è che ne sarà dell’immortalità dell’anima? La sua durata, come ho già spiegato, è l’eviternità, che assomiglia all’eternità divina e quindi partecipa in qualche modo alla durata della eternità divina.
      Un’ultima domanda: che ne sarà delle anime dannate e dei demoni? È chiaro che qui manca la grazia. Che cosa resta? Resta l’eviternità naturale dello spirito.

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  4. Il mondo non può essere stato creato “ab aeterno” perché implica una quantità numerica infinita in atto, il che implica contraddizione logica e impossibilità metafisica, dato che a detta ipotetica quantità infinita si potrebbe sempre aggiungere un'ulteriore unità. Questa impossibilità, invece, non appare nel futuro, poiché si tratta di un "tempo infinito" inteso non come una quantità numerica infinita in atto, ma come una successione indefinita di istanti, che non comporta alcuna contraddizione, né a livello logico né a livello metafisico. Per concepire quest'ultima è sufficiente l'uso naturale della ragione, non sono richiesti i dati rivelati.

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    1. Cari Anonimo, Dino, Massimo e Alessandro,
      innanzitutto grazie e complimenti per i vostri interventi, che dimostrano un’attenzione alla metafisica, che oggi purtroppo è molto rara.
      Ben volentieri rispondo alle vostre difficoltà e vorrei anche correggere e completare alcune vedute, che mi sembrano sbagliate o incomplete.
      Da come ho capito mi sembra che tutta la discussione ruoti attorno a due questioni: una è quella della onnipotenza divina e l’altra è la differenza tra la creazione della natura e la creazione della grazia.
      Per quanto riguarda la prima questione, l’onnipotenza divina consiste nel poter creare tutto ciò che è creabile. Ma in che consiste il creabile? In ciò che può esistere o non esistere, cioè il contingente.
      Ora, il contradditorio non può esistere. In questo senso si deve dire che Dio non può creare il contradditorio. Davanti a questa affermazione qualcuno potrebbe dire: allora non è onnipotente, ma è limitato al solo non contradditorio.
      A questo punto allora, per dirimere questa questione, dobbiamo distinguere una impossibilità assoluta da una impossibilità relativa ad una causa finita. Quando Gesù dice che nulla è impossibile a Dio, si riferisce a ciò che è assolutamente possibile, vale dire al creabile ossia a ciò che non comporta contraddizione.
      Tuttavia bisogna osservare che esiste una potenza attiva o produttiva propria della causa finita, come potremmo essere noi o un angelo. Le parole di Gesù si riferiscono al nostro potere produttivo e vogliono dire che noi, non essendo onnipotenti, certe cose non le possiamo fare, per cui in questo senso per noi è impossibile fare certe cose, ma si suppone che anche qui non si tratti di cose intrinsecamente impossibili, ossia contradditorie. Si suppone che siano di per sé possibili, quindi possibili a Dio, ma che la loro attuazione sia al di sopra delle nostre forze. In questo senso sono per noi impossibili, mentre sono possibili a Dio. Inoltre è chiaro che il contradditorio non può essere fatto né da noi né da Dio.

      Per quanto riguarda la seconda questione, io sostengo con Aristotele che una quantità numerica o successiva reale, si tratti di una durata temporale o eviterna, se facciamo riferimento alla natura, non può esistere. E in questo senso San Bonaventura ha ragione contro San Tommaso, perché, come ho detto, mi sembra che Tommaso, sulla questione se il mondo può esistere da sempre, cada in un certo essenzialismo astratto, che prescinde indebitamente dal tempo.
      A questo punto, riguardo alla questione che ponete, ossia perché io non ammetto una quantità infinita per il passato, ma l’ammetto per il futuro, il motivo è dato dal fatto che, secondo la fede cristiana, il nostro futuro, secondo il piano divino, non è un futuro solo naturale, per quanto ci appaia misteriosa la resurrezione del corpo, ma è un futuro divinizzato dalla grazia.
      D’altra parte questa resurrezione gloriosa, consentita dalla grazia, che ci è donata e che si aggiunge alla natura, la quale grazia in qualche modo ci divinizza o, come dice San Pietro (2 Pt 1-3), è una partecipazione alla vita divina che comporta in se stessa una partecipazione all’infinità divina.
      Ora bisogna distinguere due tipi di infinità. Esiste una infinità quantitativa di ordine matematico e una infinità ontologica, che è una perfezione divina. Ora, bisogna dire che nello stato di gloria i nostri corpi, pur mantenendo la loro quantità fisica finita, saranno glorificati dalla grazia, la quale comporta una infinità divina.
      Quale potrà essere il risultato della presenza della grazia? Che la durata temporale futura diventerà in qualche modo infinita, grazie all’infinità propria della vita divina.
      Un’ultra domanda che ci possiamo porre è che ne sarà dell’immortalità dell’anima? La sua durata, come ho già spiegato, è l’eviternità, che assomiglia all’eternità divina e quindi partecipa in qualche modo alla durata della eternità divina.
      Un’ultima domanda: che ne sarà delle anime dannate e dei demoni? È chiaro che qui manca la grazia. Che cosa resta? Resta l’eviternità naturale dello spirito.

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  5. Di suo non occorre ricorrere alla grazia per accettare l'immortalità dell'anima, che è la stessa cosa che dire l'infinità per il futuro, quindi tutte le speculazioni che tentano di ricorrere alla grazia come deus ex machina per distinguere l'infinito futuro dal passato non hanno fondamento (come si vede negli spiriti dannati e nei demoni, come lei sottolinea sorprendentemente, sparandosi un piede). Ignoriamo inoltre quando Dio opera in forma soprannaturale o naturale, poiché entrambi li chiamiamo così, livelli dell'essere non si separano necessariamente, ma si distinguono. Sussiste dunque il principio di San Tommaso; non è contraddittorio un mondo senza inizio. Dio avrebbe potuto farlo, anche se non l'ha fatto. QED.

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    1. Caro Anonimo,
      rispondo per punti.
      Io non sostengo affatto che l’immortalità dell’anima dipende dalla grazia, ma sostengo che è una proprietà essenziale dell’anima, tanto è vero che è immortale anche l’anima dei dannati, che pure non sono in grazia.
      La rivelazione cristiana ci dice che, mentre, per quanto riguarda il passato, Dio ha creato un mondo esistente da un tempo finito, cioè che il mondo e quindi il tempo hanno avuto un inizio, per quanto riguarda il futuro, grazie alla venuta di Cristo, il Padre celeste ha preparato per noi un destino di gloria eterna, che consiste nella prospettiva di una vita eterna come pienezza di grazia, la quale in un certo modo ci rende simili a Dio.
      Siamo quindi in un certo modo infinitizzati, cosa che non riguarda l’umanità precedente al peccato originale. Da qui viene che questa infinitizzazione riguarda la durata futura, per cui è possibile concepire un tempo futuro infinito, cosa irrealizzabile prima della venuta di Cristo.
      È vero che la coppia primitiva, se non avesse peccato, sarebbe vissuta per sempre. Ma questa perennità sarebbe stata solo terrena, cioè di questo mondo. Invece la perennità futura comporta come ho detto una infinità che dipende dalla vita gloriosa di grazia, che è stato l’apporto che ci viene da Gesù Cristo. Occorre però osservare che, essendo questo un mistero di fede, trascende la nostra comprensione razionale, la quale non sa concepire una quantità infinita, perché la quantità reale che constatiamo in questa vita è solo la quantità finita.
      Una volta che Dio ha dato inizio alla creazione, la sua potenza di conservazione può garantire una durata infinita alla creazione stessa.
      Teniamo presente la triplice distinzione di San Tommaso: 1) l’eternità non ha né inizio né fine, e questo è Dio; 2) il tempo ha inizio e fine, e questa è la sostanza materiale; 3) l’eviternità ha un inizio e non ha fine, e questa è l’anima spirituale e l’angelo.
      Per quanto riguarda la distinzione tra natura e grazia, dobbiamo distinguere due cose. Un conto è la distinzione riguardante l’essenza della natura e l’essenza della grazia (soprannaturale). E questa distinzione è chiara in base alla rivelazione. E un conto è sapere se siamo in grazia. Qui non abbiamo nessuna rivelazione, ma possiamo formare una congettura considerando alcuni fatti spirituali, come per esempio il fatto che ci dilettiamo delle cose del Signore, o che la coscienza di essere liberi da colpa.
      Per natura qui intendo tutto il mondo delle creature, materiali e spirituali, visibilia et invisibilia. Si tratta della famiglia degli enti del mondo fisico, degli uomini e degli angeli. Qui abbiamo diversi gradi di essere, che corrispondono ai vali gradi delle essenze delle creature. Dio dà l’essere alle essenze create, in proporzione al grado di ciascuna, così che ogni creatura passa dalla possibilità alla esistenza reale.
      La grazia invece è una partecipazione alla natura divina, come dice San Pietro e confermano i dogmi cattolici. Essa è un accidente dall’anima umana, per quanto riguarda la sua esistenza. Invece, per quanto riguarda la sua essenza è divina. Tuttavia bisogna tenere presente che, benchè la grazia sia di essenza divina, tuttavia in noi creature è creata. Tanto è vero che col peccato la annulliamo e la possiamo recuperare solo per dono da parte di Dio, che perdona.
      Per quanto riguarda i livelli dell’essere, Dio dona l’essere a ogni creatura, secondo la sua essenza, e questa partecipazione all’essere divino, che è l’essere per essenza, da parte delle creature è un essere creato e non divino. Tutto ciò che esiste, in quanto creato, ha un inizio temporale e non è eterno, perché l’eternità è una proprietà esclusivamente divina. L’ente creato è ciò che sussiste in una essenza in atto d’essere, mentre Dio è l’essere di per sé sussistente.

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    2. Per quanto riguarda la separabilità della natura dalla grazia, bisogna dire che sono separabili inquantochè col peccato la natura umana può perdere la grazia, restando come natura umana.
      Per quanto riguarda la tesi tomistica della possibilità di un mondo esistente da sempre, gli argomenti che lei porta non sono pertinenti, per cui vale sempre la critica di San Bonaventura.

      Riguardo alla sua affermazione: “Sussiste dunque il principio di San Tommaso; non è contraddittorio un mondo senza inizio. Dio avrebbe potuto farlo, anche se non l'ha fatto”. Osservo che lei non riporta il vero pensiero di San Tommaso. Cioè non è vero che San Tommaso sostiene che, se Dio avesse voluto, avrebbe potuto creare un mondo senza inizio, ma Tommaso sostiene che Dio avrebbe potuto creare un mondo esistente da sempre ovvero da un tempo infinito.
      Anche se io ho usato l’espressione ab aeterno, io adesso la ritengo non esatta, anche se usata dai tomisti. Infatti, non è qui il caso di parlare di eternità, perché solo Dio è eterno. Se noi parliamo di un “ab aeterno” diamo l’impressione di confondere Dio col mondo. Quindi, se vogliamo usare il linguaggio di Tommaso, egli non usa affatto l’espressione “ab aeterno”, ma “da sempre”, dove il sempre significa un tempo infinito, cioè senza inizio temporale, il che però comporta l’inizio ontologico.
      L’inizio ontologico è necessario, altrimenti non ci sarebbe l’atto creativo, perché l’atto creativo consiste proprio nel dare inizio ontologico alla creatura.

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