31 gennaio, 2023

Il Male - Parte Terza (3/5)

 Il Male

Parte Terza (3/5) 

La volontà divina riguardo al male di colpa e di pena.

          Il male si realizza formalmente nel male morale, cioè nel male di colpa e come tale non può essere voluto da Dio. Dio però vuole il bene che precede e che segue un tale male. Il bene precedente il peccato è il bene di natura, anche di una natura che può venir meno, il quale bene è quasi la condizione previa del male di colpa. Dio infatti crea, conserva e muove ogni natura secondo ciò che le è proprio e quindi anche secondo la sua stessa defettibilità. Se non si ammette con San Tommaso una certa autonomia dell’essenza nel suo ordine, difficilmente si può spiegare come il male allo stesso tempo si sottrae e si sottomette alla volontà di Dio. Esso infatti è sottomesso alla volontà divina in quanto ogni realtà esistenzialmente dipende da Dio e la stessa essenza è coinvolta in questa dipendenza, in quanto è intimamente legata, nella realtà concreta in un ente, all’esistenza. 

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-male-parte-terza-35.html

Ogni essenza ha una sua proprietà che Dio rispetta e promuove e quindi un difetto di una natura defettibile, considerato in astratto rispetto alla natura stessa, si sottrae alla causalità divina, ma vi rientra in quanto è concretamente inserito in una realtà ben determinata, che è quella dell’atto umano.

L’atto umano poi, essendo volontario e libero, ha un’autonomia particolare fondata sull’autonomia comune a tutto l’ordine delle essenze, ma allo stesso tempo superiore rispetto ad essa. 

Ancora una volta possiamo constatare come la concezione analogica dell’ente nella sua analisi metafisica contribuisce alla soluzione di un problema di ordine pratico come può essere appunto quello del peccato e del suo posto nel progetto della volontà e della causalità divina. 

Il male della colpa è quindi inserito nel bene di una natura capace di difetto e questo bene è voluto da Dio. Come Dio vuole il bene precedente il peccato, così vuole anche il bene conseguente ad esso.

Immagine da Internet:
- Volti (I bari, Caravaggio)
- Volti (Caravaggio)

30 gennaio, 2023

Il Male - Parte Seconda (2/5)

 Il Male
 
Parte Seconda (2/5) 
 
Male di pena e male di colpa.

Il male in genere può essere causato sia dalla mancanza della forma o di una parte di essa, sia dal difetto nell’operazione o perché quest’ultima non c’è quando deve esserci (omissione) o perché non osserva il modo e l’ordine dovuto (commissione). In un modo del tutto particolare il male riguarda la volontà perché il bene al quale il male si oppone come sua privazione è l’oggetto proprio della volontà intesa come appetito intellettivo. Infatti, tutte le cose si muovono al bene e al fine, ma solo l’agente dotato di volontà si muove al bene secondo un principio intrinseco e secondo la ragione formale del bene non considerando solo la cosa buona, ma ciò per cui essa è buona.

Così il male, considerato nel suo rapporto alla volontà, acquista una dimensione nuova. Anche qui il male consisterà nella mancanza della forma o dell’integrità di una cosa e allora si chiamerà male di pena, oppure nel difetto di un’operazione volontaria e allora si chiamerà male di colpa. La pena infatti ha la proprietà essenziale di essere contraria alla volontà e questo è il difetto della forma o dell’integrità di una cosa. 

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-male-parte-seconda-25.html

Il male si divide in male di natura e nel male di ordine morale. Il primo si verifica negli esseri privi di intelletto, il secondo invece consiste propriamente nel difetto di un soggetto dotato di intelletto e di libera volontà.

L’osservazione di San Tommaso a proposito del male di colpa e del male di pena ci fa capire come la complessa struttura della volontà gli permette di affermare una posizione molto sfumata dell’uomo come agente libero davanti alla causalità efficacissima e determinante di Dio, causa prima che causa ogni bene senza causare la ragione formale del male soprattutto nella sua piena espressione del male morale nella colpa. 

Questo atteggiamento di San Tommaso, il suo senso per l’unità e per la differenza delle cose nell’ambito di una struttura analogica oppure, per usare un termine di B. Lakebrink “analettica”, sarà alla base della sua meravigliosa soluzione dell’incontro tra la libertà umana e la causalità divina, sia nel male che l’uomo fa per “sfuggire” a Dio, sia nel bene che Dio fa per portare a Sé l’uomo smarrito nel peccato e per riabbracciarlo come il Padre che accoglie il suo figlio.

Immagine da Internet: Volti (Maddalena, Caravaggio)

29 gennaio, 2023

Il Male - Parte Prima (1/5)

 Il Male
 
Parte Prima (1/5) 
 

Premessa

Ho ritenuto utile ai lettori pubblicare una piccola parte della bozza inedita di 700 pagine della tesi di dottorato in teologia di Padre Tyn, dedicata ad un’accurata indagine metafisica circa la tremenda questione del male con riferimento alla natura, alle modalità di esecuzione, alla causa ed alle conseguenze del peccato in rapporto al libero arbitrio umano, nel suo aspetto morale e psicologico e come atto voluto dall’uomo e permesso da Dio, atto la cui malizia dipende dalla malizia della volontà umana, ma il cui aspetto fisico ed ontologico dipende dalla mozione della Causa prima, senza che Dio abbia alcuna parte nella colpa del peccato, che è da addebitarsi esclusivamente all’uomo.

Spesso oggi si minimizza la malizia del peccato e l’essenza della colpa riducendole semplicisticamente ed illusoriamente alla categoria della fragilità, della debolezza o dell’involontario o addirittura della semplice «diversità». È la maniera di legittimare il lassismo morale, di far passare il male per bene, di cancellare quel senso di responsabilità e timor di Dio, che stimola la volontà alla conversione dal male al bene e alla correzione della propria cattiva condotta. 

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-male-parte-prima-15.html 


San Tommaso prova che il soggetto del male è un bene partendo dalla concezione del male come di una privazione, che non è una semplice negazione. Se infatti fosse una negazione, allora il semplice non-ente dovrebbe essere un male e ogni cosa sarebbe “cattiva” per il solo fatto di non avere la perfezione di un’altra cosa. 

Il Santo Dottore rivela ancora una volta il suo senso “aristotelico” per il proprium di ogni cosa. Ciascun ente reale è buono nel suo proprio ordine, è buono perché è quel che è e quel che deve essere e non perché è un’altra cosa dotata di un’altra perfezione.

Immagine da Internet: Volti (Narciso, Caravaggio)

28 gennaio, 2023

La logica della doppiezza - Terza Parte (3/3)

 La logica della doppiezza
 
Terza Parte (3/3)

La dialettica al posto della scienza

Aristotele, codificando la dialettica, ha dato uno statuto legale a una situazione di disagio della ragione umana, desiderosa di verità, ma di fatto attratta da due forze contrarie, una che la spinge ad acconsentire al vero e l’altra a rifiutarlo, sicchè non riesce o non vuole trovare la certezza.  Non è sempre questione di cattiva volontà, ma si tratta di una reale debolezza o propensione agli opposti, insita nella stessa ragione.

Lo sbaglio che sarà quello di Hegel, è quello di adagiarsi o rassegnarsi a questa conflittualità, che può offrire un disonesto profitto facendone un assoluto anziché trovare la via per superarla e raggiungere l’identità del vero, che è ciò che è e non può essere e non essere ad un tempo la stessa cosa.

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-logica-della-doppiezza-terza-parte-33.html


La logica del ragionatore sofista non è altro che la logica hegeliana, cioè non fondata sul principio di non-contraddizione, ma sul principio di contraddizione.

Siamo qui nel cuore della logica hegeliana. La contraddizione è la sua molla fondamentale così come la non-contraddizione è l’obbligo fondamentale della logica della sana ragione e quindi della logica cristiana.

Sfidiamo chiunque, anche il più esperto in logica, hegeliano convinto, a spiegarci che cosa Hegel vuol dirci in quelle 15 pagine dedicate alla contraddizione, che sono un susseguirsi vorticoso ed intricato, senza dar respiro, di termini che si rincorrono, si affermano, si negano, si escludono, si includono, si riflettono e si mediano, si pongono e si tolgono. 

Sono 60 anni che frequento il pensiero di Hegel, conosco hegeliani e antihegeliani, ma non mi è mai capitato di leggere qualcuno che si sia addentrato in quella «selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!», come dice il divino Poeta.   

 

Se il principio di non contraddizione prescrive di non contraddire al vero e di non contraddirsi, la logica della contraddizione si basa sul contraddire e sul contraddirsi. Il contraddirsi, ossia l’incoerenza e contradditorietà del ragionare nascono dall’opposizione del giudizio nei confronti della verità; la ragione nega ciò che è vero, e dà per vero ciò che è falso. È il principio della menzogna. Doveroso invece nella logica della non-contraddizione è contraddire al falso, mostrando la ragione per la quale il falso è falso.

 
Immagini da Internet:
- La Verità che scaccia la Frode e fa smascherare da un genio la Calunnia, Pelagio Palagi, Bologna
- Dante si smarrisce nella selva, Gustave Doré
- Un Sentiero Alberato in Autunno, Hans Andersen Brendekilde 
 

27 gennaio, 2023

La logica della doppiezza - Seconda Parte (2/3)

 
 La logica della doppiezza
 
Seconda Parte (2/3)

Il principio della logica perversa

La ragione è la facoltà di concepire e di parlare. Infatti in greco logos significa sia ragione che concetto e parola. La ragione forma il concetto di una cosa o il giudizio su di una cosa, ed esprime questo concetto o giudizio nel linguaggio, nella parola, cioè dice o afferma qualcosa. L’atto iniziale della ragione che intende esprimere e comunicare ciò che ha concepito o giudicato, è il dire, l’affermazione (fasis, dictio), è una posizione o tesi (positio, adfirmatio, thesis). Ciò che la ragione originariamente afferma è che la cosa è così in base al fatto che essa è effettivamente così. Dice essere quello che è, dice sì al sì. Dice le cose come sono. Riconosce nel giudizio come stanno le cose. In ciò la ragione manifesta la virtù della sincerità e della veridicità. Per conseguenza, nega che le cose non stiano come effettivamente stanno. Dice non essere ciò che non è, dice no al no.

All’affermazione dell’essere segue la negazione del non-essere. Questo principio fu scoperto da Parmenide. Non si deve dire contro ciò che è. È biasimevole non dire le cose come sono. Dire essere quello che è e non-essere quello che è il peccato di menzogna. Questo è il contraddire

Continua a leggere:

 https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-logica-della-doppiezza-seconda-parte.html


L’etica biblica mette assieme in modo apparentemente contradditorio uno straordinario spirito di conciliazione fra forze nemiche con l’affermazione di un’opposizione radicale ed assoluta tra l’essere e il non-essere, dalla quale deriva l’opposizione fra il vero e il falso, il bene e il male.

L’etica biblica fa obbligo di cercare con ogni mezzo lecito l’accordo e la pace fra due contendenti, mentre per converso proibisce tassativamente qualunque unione o sintesi fra l’essere e il non-essere, il vero e il falso, il sì e il no, il bene e il male.

Il contradditorio e il falso riguardano il pensiero, il giudizio, la logica. L’assurdo o impossibile riguardano la realtà, l’essere. Essi conseguono alla negazione del principio di identità, per il quale è impossibile che un ente sia e non sia simultaneamente una data cosa sotto il medesimo aspetto. L’assurdo suppone la confusione fra l’essere e il non-essere.

Essi tuttavia, se si escludono a vicenda sul piano della realtà, possono coesistere nel campo del pensiero e della logica, ossia dell’ente di ragione, per il fatto che il nulla è concepito sul modello dell’essere, per cui nell’orizzonte del pensiero il nulla appare come essere accanto all’essere reale pensato. Hegel sostiene l’unità dell’essere col nulla perché confonde l’essere reale con l’ente di ragione e riduce la metafisica alla logica.


Nella dialettica non si giunge a una conclusione unica condivisa da entrambi i dialoganti, ma ognuno resta della propria idea perché a ognuno dei due pare di avere ragione, restando attaccato alla propria opinione, benché non sia capace di dimostrare all’altro che ha ragione.



Immagini da Internet:

- La pace e la fertilità legano le frecce di guerra, Abraham Janssens
- Gesù tra i dottori (particolare), Giovanni Antonio Burrini
- Due studiosi che discutono, Rembrandt Harmensz van Rijn

26 gennaio, 2023

La logica della doppiezza - Prima Parte (1/3)

  La logica della doppiezza
 
Prima Parte (1/3)

Il confronto con i sofisti è ancora attuale

È diffuso oggi il pregiudizio che noi possiamo far uso della nostra ragione come ci pare e piace, senza essere legati a particolari obblighi o regole di logica o morale: l’importante è aver ragione noi e sconfiggere l’avversario, importante è che gli altri bevano quello che diamo loro da bere, non importa con quale mezzo.

È un continuo disprezzo del sano ragionare, un giocare sull’equivoco, navigare nell’ambiguità, uno spudorato contraddirsi, puntare sulle apparenze, sgusciare alle obiezioni, fuggire l’evidenza, dialogare a vuoto, tacere pur di non riconoscere d’aver sbagliato, far tacere le voci critiche, dar spazio ai ciarlatani, promuovere gli imbonitori. 

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-logica-della-doppiezza-prima-parte-13.html

Aristotele notò la possibilità razionale di formare ipotesi, le quali devono essere controllate, vagliate e verificate mediante un confronto dialogico, finché, auspicabilmente la verità non appare. A quel punto lì cessa il processo dialettico ed appare il sapere che può essere dimostrato con prove sicure riallacciandosi al principio di identità e non-contraddizione.

Aristotele, inoltre, si accorse che esiste una dialettica sana e produttiva, che fa avvicinare alla verità, ed esiste una dialettica sofistica e disonesta, che blocca l’apertura al vero e impiglia i dialoganti nelle apparenze soggettive scambiate per verità. È questa la logica hegeliana.

Invece, come dimostrò Aristotele, nella scienza, nel vero sapere, si parte da una verità oggettiva evidente ed indiscutibile, di senso o di ragione, comunemente accolta e, osservando le regole del ragionare, è possibile che a un certo punto entrambi i dialoganti giungano alla comune e certa conoscenza e dimostrazione della verità.

Nel campo del reale la ragione formula pertanto il principio di identità, che possiamo svolgere nelle seguenti osservazioni: è impossibile che un dato ente sia e non sia simultaneamente e sotto il medesimo aspetto. 

Ogni ente ha una sua identità ed è identificabile per questa identità. Ogni ente è un ente determinato e non altro. I contrari non possono realizzarsi assieme simultaneamente, ma solo successivamente. Inverno ed estate non possono verificarsi simultaneamente, ma solo successivamente. 

Ogni diveniente, in ogni momento del suo divenire, ha una sua identità, e non può non essere ciò che è, nel momento in cui è, mentre non è più ciò che è stato e non è ancora ciò che sarà. 

Immagini da Internet:
- Deposizione, di Daniele da Volterra (Pietro e Giovanni, particolare)
- Gruppo di matematici e astronomi, Scuola di Atene, di Raffaello
- le 4 stagioni

25 gennaio, 2023

Il principio dello Spirito Santo - Per la pace in Ucraina

 

Il principio dello Spirito Santo

Per la pace in Ucraina

I nodi si riducono al pettine

Il Padre, da cui procedono il Figlio e lo Spirito Santo, è il principio dell’unità della Trinità

Lo Spirito Santo, procedente dal Padre e dal Figlio, è il principio dell’unità della Chiesa

La Chiesa è composta dal pastore e dal gregge. Il primato del Romano Pontefice dipende dallo Spirito che procede dal Figlio. Lo Spirito che procede dal Padre è il principio dell’opera del Figlio.

L’obbedienza al Romano Pontefice è motivata dalla fede che lo Spirito Santo procede dal Figlio.

Il gregge non può essere unito senza il pastore. Il pastore va in cerca delle pecore che si sono separate dal gregge per farle tornare all’ovile. 

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-principio-dello-spirito-santo-per-la.html


 

 



Foto da Internet:

L’incontro tra Athénagoras e Paolo VI nel 1964

 

24 gennaio, 2023

Bontadini e il divenire

 
 Bontadini e il divenire

Ben volentieri rispondo ad un interessante intervento, che mi dà l’occasione di riprendere l’importante tematica bontadiniana circa il grave problema della natura del divenire e del modo di considerarlo come una prova dell’esistenza di Dio.

Cf. La creazione divina secondo Gustavo Bontadini - Seconda Parte (2/5)

https://padrecavalcoli.blogspot.com/2023/01/la-creazione-divina-secondo-gustavo_10.html

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-creazione-divina-secondo-gustavo_10.html

Egregio prof. Cavalcoli,
quantunque io non sia un filosofo, non mi pare che Bontadini abbia completamente torto. Il divenire, se assolutizzato, è contraddittorio.
Infatti, il divenire è sempre concernente qualcosa; il nulla non è.
Il divenire è passaggio di questo qualcosa dal non essere in una certa maniera all'essere in quella certa maniera: dalla privazione all'acquisizione di una certa maniera di essere.
 
Continua a leggere:
 

22 gennaio, 2023

La creazione - Conferenza di P. Tomas Tyn, OP

   La creazione
Conferenza di P. Tomas Tyn, OP
 
Bologna, 24 novembre 1988 - Presso Istituto Tincani o altrove
Cf:
- http://www.arpato.org/creazione.htm (n.14)
- http://www.arpato.org/testi/lezioni_tincani/14_La_Creazione_24_nov_1988.pdf
- https://youtu.be/vCG_EdJwtgk (audio)
Registrazione degli audio a cura di Amelia Monesi e/o Altri
Registrazione e/o custodia degli audio a cura di P. Giovanni Cavalcoli (Bologna)

Ci sono due tipi di causalità formale. Uno è la causalità formale estrinseca, la quale consiste in una forma esterna ad un soggetto, la quale, dall’esterno, dà forma a quel soggetto. Accanto alla causalità formale estrinseca, notate bene, che c'è una causalità formale intrinseca che consiste nel fatto che ogni cosa, ogni realtà, ha una sua interiore struttura.

Cosa meravigliosa, cosa difficilissima da esplorare. La scienza ci prova, ma rimane sempre a metà strada. perché non si riesce mai ad afferrare fino in fondo qual è la logica, la razionalità e la struttura precisa, secondo la quale è costruita una determinata realtà. Stentiamo a capirlo riguardo alle cose materiali, riguardo allo stesso atomo; pensate a tutta la fisica delle cosiddette particelle subatomiche, cioè tutte quelle particelle minime, delle quali appunto si compone lo stesso atomo.

Continua a leggere: 

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-creazione-conferenza-di-p-tomas-tyn.html

Affinché le cose possano esistere è necessario che siano già definite, ordinate in se stesse, nella loro essenza. Solo un’essenza ordinata è suscettibile di emergere dal nulla; il disordine come disordine non è suscettibile di essere.

Persino il disordine, per esistere, dev'essere un disordine solamente parziale; un disordine totale è il perfetto nulla. Allora ogni cosa possiede una sua determinata forma o struttura intrinseca. Questa forma o struttura intrinseca alle cose si dice appunto causa formale o anche essenza delle cose.


E tutte queste forme o essenze insite nelle cose singole danno ordine e struttura; pensate poi nei viventi: quanto più complicata è la causa formale di un vivente. Se è cosa già difficilissima capire la struttura di un atomo, quanto più difficile è capire la struttura di una cellula.

Attraverso l'ingegneria genetica noi riusciamo a manipolarla; ma a capirla fino in fondo, no. Non ci siamo ancora arrivati. Perciò, questa struttura insita nelle cose è determinante per l'essere delle cose stesse. In virtù di questa struttura, la cosa è tale e non tal’altra. Per esempio, è cellula di una pianta e non di un animale per quelle sue determinate caratteristiche formali.

Ora notate bene che quelle forme o essenze che sono insite nelle singole cose e danno struttura e ordine e definizione alle cose, ovviamente sono state pensate da tutta l'eternità dalla mente creatrice. Dio, prima di far emergere, per così dire, questa o quella cosa dal suo nulla, dandole l'essere, ha preconcepito nella sua mente divina le possibilità di essere, cioè le singole essenze o le singole strutture d’ordine che potrebbero esserci.

 Immagini da Internet

21 gennaio, 2023

Lettera aperta a Bontadini circa la questione del dualismo

 Lettera aperta a Bontadini

circa la questione del dualismo

Caro Bontadini,

tu hai polemizzato a lungo contro il realismo, ossia contro quella concezione del pensare che sostiene:

1.    che da una parte ci siamo noi col nostro pensare e dall’altra ci sono le cose che pensiamo;

2.    che il reale esiste prima che lo pensiamo;

3.    che il reale è esterno al nostro pensiero, trascendente rispetto al nostro pensiero e presupposto al nostro pensiero e non è per se stesso da noi pensato, ma è pensabile prima che lo pensiamo;

4.    che il pensare è relativo all’essere, ma l’essere non è relativo al pensare;

5.    che l’essere non è estraneo al pensiero, ma distinto, proporzionato e assimilabile dal pensiero;

6.    che il pensare è trasceso dall’essere;

7.    che l’essere non coincide con l’essere pensato;

8.    che l’essere è esterno al pensiero e

9.    che il pensare raggiunge e coglie l’essere esterno senza uscire da se stesso, ma nel proprio intimo mediante il concetto.

Tu invece hai negato tutte queste cose e hai dichiarato essere pregiudizio e mera immaginazione la convinzione che «ci sia da una parte l’essere e dall’altra il pensiero, come due sfere o due ordini a sé». Ti chiedi poi «come le leggi d’un ordine – quello del pensiero – possano valere per l’altro, quello dell’essere (che è poi quello che conta di più), chi le metterà d’accordo?»; affermi poi che tale accordo è impossibile; aggiungi che in tale visione «il pensiero è stato messo in quarantena» e che «dovrebbe venire l’essere, lui a dirci che è d’accordo col pensiero»; «se l’essere ci parla, questo essere è sempre pensiero».

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/lettera-aperta-bontadini-circa-la.html

Tu hai dichiarato essere pregiudizio e mera immaginazione la convinzione che «ci sia da una parte l’essere e dall’altra il pensiero, come due sfere o due ordini a sé». Ti chiedi poi «come le leggi d’un ordine – quello del pensiero – possano valere per l’altro, quello dell’essere (che è poi quello che conta di più), chi le metterà d’accordo?».

Ma, caro Bontadini, innanzitutto è perfettamente vero che c’è da una parte l’essere e dall’altra il pensiero, come due sfere o due ordini a sé. La distinzione fra l’ente reale e l’ente ideale o di ragione, fra il pensiero e l’essere, fra l’ens reale e l’esse intentionale è già stata scoperta una volta per tutte da Aristotele.

La questione dell’esistenza di Dio concerne il fondamento della realtà fisica che ci circonda, percepibile dai sensi, della quale avvertiamo la contingenza e il divenire, e per questo poniamo una Causa prima necessaria ed immobile, che è Dio. Ma questa prova, in conformità con la Scrittura (Sap 13,5 e Rm 1,20) l’ha già prodotta San Tommaso d’Aquino.

È già abbastanza rigorosa e di più non potrebbe essere.


Tu, invece, caro Bontadini, hai voluto assumere il concetto parmenideo dell’essere, credendo che fosse migliore di quello tomistico, ed invece è panteistico e non dà spazio all’ente contingente, oltre ad essere un concetto idealistico dell’essere come essere pensato. 

Quindi è successo che tu hai voluto accantonare il principio di causalità interpretando il problema dell’esistenza di Dio come se si trattasse di sciogliere una contraddizione, di mostrare, cioè, che il divenire sarebbe contradditorio se Dio non esistesse. In tal modo sei rimasto nell’orizzonte della logica, mentre il problema tocca la fisica e la metafisica.



Immagini da Internet:
- Il Prof. Gustavo Bontadini intervistato da Padre Aldo Bergamaschi
- Stampa, Honoré Daumier
- Mario che legge, Ezechiele Acerbi

20 gennaio, 2023

La confusione fra il divenire e l’apparire

 La confusione fra il divenire e l’apparire

La sofistica di Emanuele Severino

In un articolo apparso su Il Corriere della Sera del 14 agosto 1980 dal titolo «Oltre la cenere» Emanuele Severino espose la sua famosa teoria secondo la quale quello che a noi appare un divenire, ossia il succedersi della generazione e della corruzione delle cose, sarebbe in realtà il loro apparire e lo scomparire. Severino presenta, per la verità, il divenire in modo tendenzioso, come venire dal nulla e andare nel nulla, così da avere buon gioco nel negarlo. 

Ma il fatto è che Severino confonde il divenire, generazione e corruzione, con il comparire di ciò che c’è già ed è eterno, e con lo scomparire di ciò che continua ad esistere ed è eterno. Tutto è eterno, il contingente, il caduco, il corruttibile non esistono. La morte, quindi, non è un finire, un non esser più, ma è un semplice scomparire: la morte non appare più. Ma Severino non percepisce che la morte mette in gioco l’essere, che è un essere mutevole e contingente e non un semplice scomparire di un essere eterno e necessario. 

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-confusione-fra-il-divenire-e.html

 

 

Il richiamo di Severino all’essere, all’unità, alla totalità, al principio di non-contraddizione, all’eterno, all’immutabile, al necessario è indubbiamente opportuno nell’attuale panorama infetto di evoluzionismo, relativismo, doppiogiochismo, storicismo, 

 

ma il suo disprezzo altero per l’umiltà del divenire e del contingente, finisce per subire la vendetta di questi ultimi reclamanti i propri diritti conculcati col rischio che l’incorruttibile Robespierre della metafisica finisca a sua svolta sotto la ghigliottina di quel divenire e quella contraddizione, che ha voluto eliminare in modo assolutista e contradditorio.

Immagini da Internet

 

19 gennaio, 2023

La Chiesa che nasce dal caos

  La Chiesa che nasce dal caos

Chi edifica la Chiesa? Siamo noi o è Cristo?

Padre Antonio Spadaro in un articolo su La civiltà cattolica del 17.XII.2022-7.I.2023 intitolato Crisi e futuro della Chiesa afferma che

«il ritmo della Chiesa non è quello della sinfonia, ma piuttosto quello che evocavamo all’inizio come ritmo del ragionamento che stiamo sviluppando: quello della jam session di un concerto jazz. Questo genere vede confluire tradizioni musicali disparate ed è caratterizzato dall’improvvisazione e dalla poliritmia. Espressione caratteristica sono le riunioni di musicisti che si ritrovano per una performance senza aver nulla di preordinato, improvvisando su griglie di accordi e temi conosciuti.  Queste sono situazioni «geniali», dove la sfida consiste proprio nel dare una forma non preordinata a partire da un caos di suoni» (p.532).

Da queste parole si comprende che Spadaro non ha un’idea giusta di che cosa è la Chiesa, la quale non sorge dal confluire casuale di iniziative contrastanti desiderose di esternarsi così da formare un aggregato conflittuale e disarmonico vada come vada, purchè ognuna sia libera di esprimersi senza preoccuparsi di armonizzare con le altre, nelle comune fiducia che da questo confluire casuale e disordinato sorge d’impulso una forma geniale, non preordinata, non originariamente concepita, ideata e voluta, ma spontanea e preterintenzionale, che sarebbe la Chiesa.

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-chiesa-che-nasce-dal-caos.html



 
La Chiesa ha una sua ben precisa identità, una precisa inconfondibile fisionomia, che le proibisce di svicolare a destra o a sinistra.  Come è dunque possibile considerare «tentazione» il bisogno di onestà intellettuale? il bisogno di mantenere la propria identità di cattolici? 
 
Immagine da Internet