28 febbraio, 2020

Alcune riflessioni sul senso cristiano del castigo

Alcune riflessioni sul senso cristiano del castigo
 
Chi non accoglie le mie parole, ha già chi lo condanna
                                                                                                                                                             Gv 12,48
 
La tesi di Centofanti
 
Sergio Centofanti nel sito Vatican News ha pubblicato il 25 febbraio scorso un articolo dal titolo “Il male nel mondo, colpe, castighi e salvezza di Dio”, dove riporta delle parole del Papa e commenta alcuni passi della Scrittura, cose alle quali ritengo si debbano fare alcune osservazioni.
 
L’articolista riassume il suo assunto in queste parole: «Il Vangelo ci ricorda che Gesù rifiuta la concezione di un Dio che punisce le colpe attraverso i mali e le tragedie che accadono nel mondo. Gesù è venuto per salvare e non per condannare. Ma le vicende negative devono sempre richiamarci all’urgenza della conversione».
 
Ma in realtà le cose non stanno così
 
 Osservo dicendo che in realtà Gesù ci fa presente che il peccato merita il castigo conformemente, del resto, a quel senso naturale di giustizia, che è proprio di ogni uomo onesto, che non vuol fare il furbo sottraendosi alle proprie responsabilità.
 
 
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Dante Alighieri
Il Purgatorio.
Trentino Cultura.

(Immagine da internet)

27 febbraio, 2020

Come comportarsi nelle calamità collettive

Come comportarsi nelle calamità collettive
 
Vi castiga per le vostre ingiustizie,
ma avrà misericordia per tutti voi
Tb 13,5
 
Una natura buona o cattiva?
 
I cristiani, sin dai primi tempi del cristianesimo, proseguendo una tradizione già praticata dal popolo ebraico con l’aiuto dei profeti, hanno sempre mostrato al mondo e all’umanità smarrita dalla sventura o indignata o inebetita per le disgrazie patite o sviata dal peccato, la luce preziosa e il conforto consolante che viene dalla loro fede, anche se su questi punti tanto delicati della vicenda umana la Parola di Dio dev’essere rettamente interpretata per non scandalizzare e causare effetti controproducenti.
Tra le molte sventure che colpiscono l’umanità in questo mondo, oltre a quelle causate dalla malvagità o dalla fragilità o dall’imperizia o dall’insipienza umana, delle quali possiamo comprendere le ragioni o le cause, che in linea di principio si possono evitare o togliere, alle quali in certo modo possiamo rimediare e dalle quali spesso possiamo difenderci, giacché si tratta di cose in nostro potere,  esiste un altro genere di sventure indipendenti da noi e ben più gravi, distruttive, spaventose, imprevedibili, incontrollabili, invincibili ed irreparabili, nonostante le più raffinate misure e cautele che possiamo adottare per difendercene o per impedirle. E queste sono i danni che ci vengono dalle forze della natura. 
 
Noi siamo abituati ad ammirare e a cantare le bellezze e le meraviglie della natura, ad essere grati ad essa per il nutrimento e la protezione che ci dà, per l’utilità dei suoi prodotti e dei suoi frutti, per i benefìci del clima e dell’ambiente, per le risorse del sottosuolo, della terra, dei mari, dei monti, dei fiumi e dell’atmosfera, per i materiali che offre per la nostra arte e per la medicina, per le energie che possiamo usare per la nostra tecnologia. 
 
Ma nessuno può negare che la «madre» natura, insieme a questi benefìci impagabili che ci garantiscono non solo il nostro benessere, ma la nostra stessa esistenza, ci riserva,  poi, a volte, quando meno ce l’aspettiamo, un volto truce e terribile, diremmo crudele, una spaventosa e distruttiva ostilità, una totale indifferenza alla nostra sofferenza, come se a lei noi non interessassimo per niente, cose tutte che ci spingono a formulare alcune angosciate domande: come mai? Perché questo bizzarro alternarsi di bontà e cattiveria? 

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Renzo vede Don Rodrigo - Immagine da internet

26 febbraio, 2020

Supplica alla Beata Vergine Maria del Santo Rosario di Fontanellato

Supplica
alla Beata Vergine Maria del Santo Rosario di Fontanellato
 
O Vergine Maria Santissima, che da quattro secoli Ti sei degnata di renderTi presente fra noi in una bellissima immagine regale, scegliendo come sede una cittadina della pianura padana presso una Comunità di miei Confratelli Figli di San Domenico, tanto a Te devoto, la storia della tua presenza qui è costellata da una serie infinita di testimonianze della tua potente intercessione materna e premurosa misericordia.
Questo Santuario è uno dei mille luoghi dove Tu, sin dall’inizio del cristianesimo, Ti sei compiaciuta di manifestare in un’infinità di modi diversi, a volte miracolosi, alle folle dei credenti nel tuo Figlio, la tua materna missione di guidarci a Lui, pentiti dei peccati, purificati dalla grazia, sostenuti dalla tua forza, difesi dal maligno.
 
Tu, nostra Madre e Regina, sei sempre sensibile ai nostri bisogni materiali e spirituali, attenta alle confidenze, alle affettuose effusioni, alle richieste, ai problemi spirituali, alle preghiere, ai voti, alle suppliche, alle invocazioni, ai pianti dei tuoi devoti alla ricerca di Dio, della pace e della felicità, quasi sempre umile gente, spesso provenienti a piedi da lontano dopo aver percorso molti kilometri.
 
Anche oggi più che mai, Madre carissima, provvida e pietosa, siamo ai tuoi piedi, memori di tanti benefìci e tante grazie, per implorare da Te la tua materna assistenza e la tua potente intercessione, preoccupati come siamo per il rapido estendersi nel mondo, nella nostra Italia e dalle nostre stesse parti di un’epidemia influenzale maligna, alla quale pare assai difficile rimediare.
 
 
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 Madonna di Fontanellato (Parma)

22 febbraio, 2020

I gradi di autorità dei documenti pontifici

I gradi di autorità dei documenti pontifici

Comanda che io venga a te sulle acque!
Mt 14,23

Autorità dottrinale e autorità pastorale


Molti, oggi, come sempre, che vogliono essere in comunione col Papa, trovandosi in una situazione di disagio per la difficoltà di interpretare la condotta del Papa, si domandano come discernere nei suoi insegnamenti quelli che sono vincolanti in quanto dottrina di fede e via alla salvezza e quali, invece, per la loro opinabilità o fallibilità, concedono spazio e legittimità alla critica o al dissenso o ad opinioni diverse, senza che ciò comprometta una sincera obbedienza e devozione al Vicario di Cristo. Non vogliono correre il rischio né di svilire il suo Magistero di Successore di Pietro, né quello di assolutizzare sue discutibili opinioni.

Infatti, nella densissima e multiforme predicazione di Papa Francesco, è difficile discernere quali sono i temi veramente importanti o essenziali, e quali sono,  invece,  certi punti secondari, che possono passare in second’ordine o addirittura essere accantonati senza pericolo per la fede o per la morale. 

Il che è come dire che occorre conoscere i gradi di autorità dei suoi insegnamenti e sapere, di volta in volta, il grado d’importanza dei suoi discorsi, per sapere quanto e se tenerne conto. Di ogni parola che esce dalla bocca di Dio bisogna sempre fare il massimo conto. Ma, sebbene il Papa sia l’interprete più autorizzato della Parola di Dio, questo carisma egli lo esprime in mezzo ad un insieme di labili parole umane, delle quali egli solo è il responsabile.

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San Pietro cammina sulle acque.
Ambito veneto.
Olio su tela.
Secolo XVII (1600 - 1699).
Immagine da internet

21 febbraio, 2020

Dio onnipotente e misericordioso

Dio onnipotente e misericordioso
 
Dio onnipotente vi faccia trovare misericordia
 
Gen 43,14
Il vero senso dell’onnipotenza divina
 
Dio è misericordioso perché è onnipotente. La sua misericordia è infinita perché la sua potenza benefica è infinita. Dio non è una specie di Ercole dalle dodici fatiche, potente alla maniera di uno spaccone, o di un campione di sollevamento pesi, che vuol far esibizione della sua forza o di un tiranno o un prepotente che s’impone e vuol dominare con la forza e schiaccia, ma impiega la sua infinita potenza solo nel fare il bene: sollevare i miseri dalla loro miseria, operare meraviglie a favore degli uomini, perdonare i peccatori, arricchire i santi dei suoi doni, suscitare le loro più grandi imprese, vincere le forze delle tenebre e della morte.
 
L’onnipotenza divina è una qualità della volontà divina, fondata sulla sapienza,  regolata, normata, governata, giustificata e mossa da essa. Sorge dall’infinita bontà e perfezione; è infinita potenza di pensiero, di ideazione, di progettazione, di volontà, di inventiva, di libertà, di amore, di giustizia e di misericordia. Non si tratta, quindi, come pensava Guglielmo di Ockham e come crede il Corano, sotto pretesto che Egli è sovrano assoluto, di una potenza cieca, dispotica, arbitraria, irrazionale, inaffidabile e ingiustificabile. 
 
L’onnipotenza è proprietà dell’infinita potenza ed efficienza della divina causalità, che ha il potere di suscitare l’essere dal nulla, di compiere miracoli, di perdonare i peccati, di sollevare i miseri dalla loro miseria, di innalzare l’uomo alla condizione di figlio di Dio.
 
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Michelangelo - Dio Creatore  (immagine da internet)

19 febbraio, 2020

I «figli del diavolo» in S.Giovanni

I «figli del diavolo» in S.Giovanni
 
I buoni e i cattivi
 
La predicazione corrente, che ci ricorda la vocazione dell’uomo ad essere figlio di Dio, non può farci dimenticare che il Nuovo Testamento parla anche di «figli del diavolo». Questa distinzione è uno sviluppo cristiano della spontanea distinzione che facciamo sin da fanciulli fra buoni e cattivi. Buono è l’uomo che fa il bene; cattivo è colui che fa il male. Il problema semmai è quello di quali criteri usare per fare la distinzione in linea di principio e nei casi concreti.
 
Come distinguere i buoni dai cattivi? Dai loro frutti, dalle loro opere. Lo dice Cristo stesso (cf Mt 7,17). L’albero buono dà frutti buoni, l’albero cattivo dà frutti cattivi. E se uno compie un atto oggettivamente cattivo, pensando che fosse buono, come facciamo a saperlo? Come facciamo a dirgli: tu hai peccato? Occorre che siamo certi che egli sapeva che ciò che ha fatto era peccato.
 
L’esser buono e l’esser cattivo sono due qualità permanenti nelle persone o un buono può diventare cattivo e viceversa? Il cattivo può convertirsi e diventare buono; e il buono può corrompersi e diventare cattivo. Bontà e malizia dipendono dalla libera volontà. Per questo, sono possibili i suddetti passaggi. Ciò che invece è legato all’indole di ciascuno, resta sempre quello, si tratti di una tendenza alla virtù o al vizio. Un virtuoso in una data virtù può sempre peccare in quella data virtù e viceversa un vizioso in un dato vizio, può compiere un atto buono contro quel vizio.
 
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17 febbraio, 2020

Timore di Dio e paura di Dio

Timore di Dio e paura di Dio

Tutta la sapienza è timore di Dio
Sir 19, 18

Il timor di Dio è virtù preziosissima

L’uomo nella vita presente avverte in sé due impulsi contrari: o la volontà di decidere lui ciò che è bene e ciò che è male o l’impulso ad accettare che sia Dio a dirgli ciò che è bene e ciò che è male. Se si persuade della prima alternativa, prova un senso di sicurezza nel sapere ciò che è bene e ciò che è male, dato che è lui a decidere. Se invece accoglie da Dio questa conoscenza, allora gli sorgono due tipi di timore: ho capito veramente che cosa è bene e che cosa è male? Ho messo o non ho messo in pratica la volontà di Dio? Mi salverò o mi perderò?

Chi ritiene di poter e dover decidere lui in totale autonomia, non ha nessun timore di Dio, perché per lui, ammesso che Dio esista, Dio non ha nessuna parte nel dirgli cosa deve o non deve fare, per cui non ha da temere alcun castigo se disobbedisce, così come non si attende alcun premio se obbedisce.

Invece il timore di Dio è un atteggiamento dell’animo, per il quale il timorato di Dio, avvertendo l’infinita maestà divina legislatrice e giudice e rivendicatrice del bene e del male, prende molto sul serio o in estrema considerazione la volontà di Dio e i giudizi divini e vi fa la massima attenzione, sapendo che dall’obbedire o disobbedire alla sua volontà dipende il suo destino eterno.

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14 febbraio, 2020

Pregi e difetti dell’Esortazione postsinodale

Pregi e difetti dell’Esortazione postsinodale

Pregi

1.Buona è stata l’idea di promuovere una rinnovata e più efficace evangelizzazione dell’Amazzonia.

2. Si prescrive un’evangelizzazione ed una liturgia inculturate, che utilizzino le risorse culturali delle popolazioni indigene.

3. Si condannano i soprusi e i maltrattamenti fatti agli indigeni da agenti o gruppi stranieri.

4. Si condanna l’utilizzazione scriteriata della foresta e delle risorse naturali dell’Amazzonia, a danno delle popolazioni locali.

5. Opportunamente si ricorda più volte che la natura fa parte della creazione divina.

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13 febbraio, 2020

Che cosa è il soggettivismo

Che cosa è il soggettivismo

Le sue radici storiche e l’intento di fondo

È possibile notare nel magistero pontificio, nei teologi, nei filosofi, nei moralisti, nei pubblicisti e giornalisti cattolici del postconcilio una polemica contro il cosiddetto «soggettivismo», considerato come un errore tipico della modernità. Esso viene descritto come individualismo, egoismo, autoreferenzialità, ideologia, interesse privato, tracotanza, chiusura all’altro, e gli si contrappone come medicina un personalismo relazionale, l’apertura alla verità, il senso del bene comune, il dialogo, l’accoglienza, la reciprocità, la fratellanza universale, la fede, la carità, la misericordia, la concezione cristiana dell’uomo, la comunione ecclesiale, la sinodalità. 

Tutti rimedi certamente buoni, ma che, a mio giudizio, non sono sufficienti a risolvere il problema alla radice, perché non partono da una definizione del fenomeno che lo colga nella sua radice. Così si strappano i rami ma non distrugge la pianta, per cui i rami ricrescono. Non si va abbastanza a fondo. Ci si limita infatti alla denuncia del soggettivismo come comportamento sociale, politico o ecclesiale, come modo di pensare o fenomeno del linguaggio, come esaltazione del proprio io o come criterio di giudizio morale o sociale e non ci si accorge o non si tiene conto del fatto che il soggettivismo come fenomeno comportamentale o di relazione umana o con se stessi, sociale o politico, ha la sua base e la sua origine nella storia del pensiero in una data concezione della conoscenza, della verità, del rapporto pensiero-realtà, della ragione, del linguaggio, del soggetto umano, della conoscenza, dell’io. 

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San Tommaso d'Aquino -Immagine da internet

11 febbraio, 2020

La conversione a Cristo

La conversione a Cristo

Ai confini del mondo si diffonde la loro parola
Sal 19,5

Significato religioso del vocabolo

La parola «conversione» e il verbo annesso «convertirsi» sono molto frequenti nella predicazione cattolica. Assai meno usata è la parola «convertire», anzi potremmo dire che spesso non è vista di buon occhio. Tutti, almeno a parole, conoscono il dovere di convertirsi; ma è disapprovata da alcuni la volontà di convertire gli altri o di stimolare gli altri alla conversione, benché la cosa sia formalmente comandata dal Vangelo, soprattutto se si tratta di esortare gli altri a convertirsi al cattolicesimo.

I termini greci metànoia, metanoèo usati del Nuovo Testamento significano due cose: cambiare pensiero e pentirsi, ossia un mutamento del pensiero e del volere dal peccato alla giustizia, dall’errore alla verità. L’invito evangelico fatto al prossimo di convertirsi è un invito al pentimento dei propri peccati e allo abbandono dei propri errori per ottenere il perdono divino, per giungere alla pienezza della verità posseduta dalla sola Chiesa cattolica.

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Brea Ludovico.
La conversione 
di San Paolo.




Beato Angelico.
San Domenico 
di Guzman.


08 febbraio, 2020

L’antipatia per San Tommaso

L’antipatia per San Tommaso

Lo sbaglio di Lutero e le sue conseguenze

Il culto di tanti Santi della Chiesa cattolica, vissuti anche nei primi secoli, avviene di solito tranquillamente con cerimonie, commemorazioni e gesti rituali ripetitivi e tradizionali, soprattutto a livello popolare. Ogni Santo ha la sua fama indiscussa, il suo proprio messaggio, elargisce grazie alla sua cerchia di devoti più o meno ampia, soddisfatta della propria devozione e delle grazie ricevute. 

Ad ogni ricorrenza della festa del Santo si ripetono sempre gli stessi riti e le stesse cerimonie religiose, che si protraggono nei secoli. C’è chi preferisce questo Santo e c’è chi preferisce quello, ma sempre in un clima di rispetto reciproco, senza problemi e senza contestazioni o al massimo nell’indifferenza degli altri.

Ma a nessun cattolico normale dà fastidio qualche Santo o si scandalizza o è urtato dalle sue idee o dal culto che gli viene tributato, soprattutto se la Chiesa periodicamente ne tesse le lodi e lo raccomanda come esempio e come maestro. Questa sorte invece è toccata nei secoli a S.Tommaso d’Aquino ad opera di molti e soprattutto di Lutero e dei suoi seguaci fino ai nostri giorni. 

Tommaso, a differenza di tanti altri Santi popolari, che lasciano tutti tranquilli e contenti, come un S.Antonio di Padova o un S.Biagio o un S.Nicola o una S.Rita o un S.Francesco o un S.Gennaro, non è un distributore di grazie e favori materiali, salvo che non si tratti di quelli più preziosi, che riguardano l’intellectus fidei, dove il Dottore Angelico è largo di protezione, conforto e guida. 

Tuttavia Tommaso spesso è un Santo che disturba, suscita polemiche, è segno di contraddizione anche all’interno della Chiesa cattolica ed oggi più che mai. Come mai? Cerchiamo di vedere il perché di questo fatto e come riparare a questo guaio.


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S. Tommaso d’Aquino
dottore a Parigi
“ritrovato” nel dipinto in Santa Maria Novella


Immagini da intenet

05 febbraio, 2020

La dialettica hegeliana come apologia della doppiezza

La dialettica hegeliana come apologia della doppiezza

Tu maledici l’uomo di doppia lingua
        Sir 28,13
                        Se una casa è divisa in se stessa,
                        quella casa non può reggersi
Mc 3,25
Origine della dialettica hegeliana

La dialettica hegeliana è talmente nota, che basterà qui esordire ricordando l’essenziale. Essa nasce in Hegel nell’orizzonte della sua impostazione idealistico-panteista, che conduce alle estreme conseguenze l’idealismo nato da Cartesio attraverso Kant, Fichte e Schelling. In Hegel questo filone di pensiero si congiunge con la temperie del romanticismo tedesco come revival della tipica sintesi di certezza ed angoscia caratteristica dell’anima luterana. 

Entrambi questi filoni convergono verso una spiritualità fondata su di un assoluto egocentrismo, per il quale Dio non è più il Tu davanti al soggetto, ma è l’Io radice del soggetto. Sulla base di questo presupposto, Hegel, alla ricerca di un accordo fra i due filoni, l’uno razionalista, l’altro emotivo, giunse alla elaborazione della sua caratteristica «dialettica», che fu un novum nella storia della filosofia, destinata ad avere un enorme successo – si pensi solo all’uso che ne fece Marx – fino ai nostri giorni con l’improntare largamente di sé il modo di pensare e di esprimersi nel linguaggio dell’attuale cultura relativistica dominante.

In genere, la dialettica è un processo logico-linguistico, che avviene tra due opposti: colui che afferma e colui che nega. Ma a quale scopo? Per cercare la verità, s’intende. Senonchè però di per sé la dialettica, che è uno scambio o un confronto di pareri o di opinioni, un dialogo tra due disputanti, non dà la verità, ma solo l’opinione. 

Alla fine della discussione, infatti, la cui durata è stabilita in anticipo, come una gara sportiva,  i due contendenti tornano ad avere le stesse idee che avevano alla partenza. Nessuno dei due ha imparato dall’altro, tanto da dover cambiare idea. Ma allora a che cosa serve? Ad avvinarsi alla verità, la quale, con la ripresa del dialogo, può essere comunemente raggiunta. 

Lo schema fondamentale della dialettica, che è l’arte del dialogo, comporta tre tappe o momenti: apre il confronto uno dei dialoganti con una sua tesi affermativa. Segue la negazione della tesi, ossia l’antitesi, ad opera dell’altro dialogante. Conclude, per il momento, il primo, negando la negazione. Ma restano in piedi le due opposte tesi, perché si suppone che il negante non sia soddisfatto degli argomenti dell’affermante, che sono solo probabili, non dimostrativi. La conclusione dialettica, quindi, può essere rimessa in discussione in un successivo dialogo o confronto.

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Immagine da internet - I vestiti nuovi dell'imperatore / Il re nudo

02 febbraio, 2020

Nota in preparazione alla recezione del prossimo documento post-sinodale del Santo Padre

Nota
in preparazione alla recezione
del prossimo documento post-sinodale del Santo Padre

Nell’attesa della pubblicazione del documento, ho ritenuto bene fermarmi su di un punto importante, circa il quale siamo in attesa di un’eventuale decisione di Papa Francesco e cioè quello se ammetterà o non ammetterà al sacerdozio uomini sposati. Espongo ciò che sto per dire in una serie di punti:

1.   La legge del celibato ecclesiastico non discende necessariamente dall’essenza del sacramento dell’Ordine o in altre parole la pratica del celibato non entra nella sostanza del sacramento così come lo ha voluto ed istituito Nostro Signore Gesù Cristo.

2.   La  legge del celibato ecclesiastico, quindi, non è una legge divina, ma una legge canonica o norma della Chiesa, basata sul potere giurisdizionale conferito da Cristo a Pietro, il cosiddetto «potere delle chiavi», che comporta la facoltà e il dovere di regolare la pastorale e la disciplina della confezione e dell’amministrazione dei sacramenti a seconda dei tempi e dei luoghi.

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