06 febbraio, 2024

Materia e forma dei Sacramenti

 

Materia e forma dei Sacramenti

 

Il Card. Fernandez ha pubblicato il 2 febbraio scorso l’importante  

NOTA GESTIS VERBISQUE SULLA VALIDITÁ DEI SACRAMENTI*.

* https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_doc_20240202_gestis-verbisque_it.html

 

La cosa interessante da notare in questo Documento è il ritorno dei due termini tradizionali materia e forma del Sacramento, dove la materia è un qualche cosa di materiale, per esempio la coppia uomo e donna nel Matrimonio, l’uomo maschio nell’Ordine, l’acqua nel Battesimo, il pane e il vino nell’Eucarestia.

Invece la cosiddetta forma è una formula verbale rituale fissa ed immutabile, che si chiama forma in quanto in filosofia la forma rappresenta un qualche cosa di spirituale o di intenzionale, che dà forma alla materia e normalmente viene espressa nella parola o nel linguaggio.

Questi due termini sono presenti nel Catechismo di San Pio X. Viceversa nell’attuale Catechismo essi sono assenti. Al loro posto troviamo l’aggettivo “essenziale”. A che cosa si riferisce il Catechismo? Evidentemente a quella che è l’essenza o sostanza del Sacramento, sostanza che è stata istituita da Nostro Signore Gesù Cristo, come afferma il Concilio di Trento.

Il termine sostanza deriva indubbiamente dalla filosofia di Aristotele e si riferisce a un composto di due elementi che sono la materia e la forma. In Aristotele questi due elementi hanno un carattere ontologico-cosmologico, così come noi diciamo che una cosa materiale è composta di materia e forma.

Ora, il Sacramento non è una sostanza naturale, ma è un composto artificiale, per cui la Chiesa usa i due termini materia e forma in un senso traslato, come per esempio si parla di materia di studio, dove materia rappresenta un complesso di cose o una cosa materiale o una persona, come per esempio il penitente, il cresimando, il malato, l’acqua, il pane, il vino e l’olio, sulle quali viene pronunciata la formula rituale.

Potremmo chiederci per quale motivo il Documento rimette in auge la distinzione che troviamo nel Catechismo di San Pio X. A mio avviso la risposta da dare è che la distinzione tra materia e forma ci dice con maggior chiarezza qual è l’essenza o sostanza del Sacramento tale da assicurarne la validità, perché, ha notato il Card. Fernandez, purtroppo c’è da constatare che in molti casi certi Sacramenti sono amministrati invalidamente.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 6 febbraio 2024

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CCC Catechismo della Chiesa Cattolica:  

https://www.vatican.va/archive/catechism_it/index_it.htm

Catechismo di San Pio X:

http://www.parrocchiabrugnetto.it/catpiox.htm

 



8 commenti:

  1. Posso capire perché questa volta entrambi i partiti, i modernisti (Grillo) e i passatisti, si siano uniti nel criticare un documento del Papa o dei suoi rappresentanti.
    Molto semplice: di fronte a un documento ambiguo, entrambi i partiti avevano la possibilità di rifiutarlo (i lefebvriani), o di strumentalizzarlo interpretandolo male (i modernisti), ma questa volta, di fronte a un documento che parla chiaro, c'è nessuna opzione possibile: i modernisti si rivelano tali, rifiutandolo, e i lefebvriani, se non trovano la quinta zampa del gatto, come ultima risorsa possono ridere del Papa, come ha fatto la FSSPX, dicendo che di fronte agli abusi, il Papa non ha via d’uscita migliore che ritornare al preconcilio e al Catechismo di San Pio.

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    1. Ha ragione, signor Silvano, i lefebvriani vengono a ridere della Nota del DDF. Sul loro sito ufficiale, citano una frase di Bossuet, dicendo che il Papa, difendendo la causa (il Concilio Vaticano II), quando deplora gli abusi liturgici, non vede che sono effetti di quella causa: "I membri della Curia dovrebbero forse meditare su queste parole: "Dio si beffa degli uomini che deplorano gli effetti di cui adorano le cause", adattata dal vescovo Jacques-Bénigne Bossuet (Storia delle variazioni delle chiese protestanti, libro IV)".

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    2. Caro Ross,
      gli abusi liturgici dei quali parla Fernandez ovviamente non sono abusi soltanto relativi alla sostanza dei Sacramenti, dei quali parla il Magistero preconciliare, ma sono anche quelli relativi alla attuale Liturgia riformata, in quanto la applicano in una forma deviata, che non corrisponde alle vere intenzioni della riforma, ma che riflette la loro impostazione modernista.
      Si capisce allora che i filolefevriani non capiscano questo secondo aspetto del richiamo fatto da Fernandez, perché, come è risaputo, essi rifiutano la riforma liturgica del postconcilio e continuano a non riconoscere come il Concilio è all’origine di quel rinnovamento della Chiesa, che, realizzato nel modo giusto, è quello che produce i frutti di bene oggi presenti nella Chiesa.
      Quindi la citazione di Bossuet è fatta del tutto a sproposito.

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    3. Caro Silvano,
      questa volta la Chiesa va incontro alle giuste esigenze dei difensori della Tradizione e in un certo modo anche alle giuste esigenze dei filolefevriani.
      Adesso vedremo se tra di loro ci sono delle persone veramente sincere, e io credo che ce ne siano. Però daranno la prova di esistere se faranno le lodi di questo Documento dottrinalmente molto importante, che dimostra la necessità di ritornare a un certo linguaggio tradizionale, per evitare gli equivoci provocati dal falso rinnovamento dei modernisti.
      Indubbiamente Fernandez ha ripreso i termini materia e forma, usati dal Catechismo di San Pio X. Tuttavia l’idea di tornare alla Liturgia preconciliare è un’idea scismatica, che i filolefevriani non hanno alcun diritto di sostenere per criticare il Documento di Fernandez.
      Al contrario, ciò che la Chiesa chiede a loro è di mantenere la sostanza dei Sacramenti, dove essi mostrano di essere fedeli ai dogmi. Ma ciò non basta per essere in piena comunione con la Chiesa. Essi infatti, come è stato detto loro tante volte, devono saper vedere il valore del Magistero postconciliare fino all’attuale Pontefice, perché in questo Magistero non c’è alcuna contraddizione con quello preconciliare.
      Il ritornare sic et simpliciter alla Liturgia preconciliare non servirebbe affatto a risolvere la crisi morale che stiamo vivendo oggi, perché a tal fine dobbiamo aver fiducia che sia di utilità la Liturgia attuale e il Magistero morale e pastorale postconciliare.

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  2. Caro Ross,
    la documentazione che lei mi fornisce è molto interessante.
    Mi aspettavo una tale reazione da parte dei liturgisti modernisti, per il fatto che il Card. Fernandez colpisce proprio il principio modernistico della Liturgia, intesa come creatività sulla base della mutabilità del dogma, secondo la gnoseologia idealistica di Rahner.
    Rispondo a quanto lei mi riferisce secondo alcuni punti.

    1. “Una fedeltà ecclesiale, che demonizza la creatività su formula e materia, e non vede la domanda di creatività sul resto del linguaggio verbale e su tutti i linguaggi non verbali appare decisamente immorale.”

    Questa accusa è ingiusta.
    Primo, perché lo spazio della creatività resta intatto in quanto essa riguarda gli elementi accidentali del Sacramento, che per loro natura possono mutare a seconda della iniziativa del celebrante o delle esigenze provenienti dai tempi e dai luoghi, nonché dalle esigenze particolari dei fedeli. La distinzione tra il sostanziale (essenziale) e l’accidentale serve per distinguere ciò che nel Sacramento è immutabile, e quindi di Diritto Divino, e ciò che è mutevole o di diritto positivo e quindi di competenza o dell’autorità ecclesiastica oppure del singolo celebrante.
    Secondo, la dualità proposta da Fernandez non è quella di formula e materia, ma di forma e di materia. La formula è solamente la formula verbale, che il ministro pronuncia sulla materia. Invece la forma del Sacramento, in senso proprio, è l’aspetto spirituale o intenzionale, che dà forma al Sacramento come segno sacro, mediatore della grazia santificante.
    Terzo, per quanto riguarda il linguaggio verbale e non verbale occorre distinguere innanzitutto il linguaggio verbale ufficiale da quello spontaneo. Il linguaggio ufficiale è quello della formula sacramentale, che fa parte dell’essenza o sostanza del Sacramento. Questo linguaggio normalmente può essere accompagnato dalla iniziativa dello stesso celebrante, che aggiunge alla celebrazione del Sacramento alcune sue parole esplicative di quello che fa, una spiegazione che può essere fatta anche da un laico. Per quanto invece riguarda il linguaggio non verbale, Fernandez tratta con la dovuta ampiezza di quello gestuale, il quale peraltro va anch’esso regolato, senza tuttavia cadere in quella pignoleria che era un po’ il difetto del cerimoniale preconciliare.
    Quarto, l’accusa di immoralità è gravemente offensiva, come se Fernandez, con questo Documento, avesse compiuto un grave atto di ingiustizia o di imprudenza. Grillo, a tal riguardo, sarebbe tenuto a motivare tale accusa. Diversamente potrebbe a sua volta essere accusato di diffamazione o di insulto all’autorità ecclesiastica, se non allo stesso Sommo Pontefice, e quantomeno alla persona di Fernandez, così da rischiare di andare soggetto a un processo penale.

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  3. 2. “E’ meschino pensare di salvare la tradizione sul piano delle 'formule' e della 'materie'. Senza tener conto che le formule evolvono e che negli ultimi 100 anni abbiamo conosciuto un cambiamento sia della formula della eucaristia, sia della formula della ordinazione, sia della formula del matrimonio.”

    Per quanto riguarda la formula di rito, che esprime la forma del Sacramento, non è affatto vero che le formule siano mutate, perché queste formule hanno un carattere dogmatico e quindi immutabile.
    Se c’è stato un mutamento, tale mutamento non è avvenuto per autorità della Chiesa, ma per l’iniziativa arbitraria di liturgisti e celebranti modernisti, che costituiscono proprio quelle persone nei confronti delle quali il Card. Fernandez rivolge un richiamo severo affinchè si adeguino a quella che è la vera disciplina dei Sacramenti e soprattutto al fine di confezionare (conficere) validamente il Sacramento, in modo da garantire la validità dello stesso Sacramento.
    La posizione di Grillo favorisce un’azione liturgica che produce sacramenti invalidi. Degli effetti di questa azione disgregatrice noi abbiamo oggi ampia conoscenza, alla quale Fernandez fa riferimento appunto nell’intento che venga fermata quanto prima questa azione sacrilega che tende a corrompere quelli che sono i mezzi della grazia, mezzi istituiti da Nostro Signore Gesù Cristo, diffondendo tra i sacerdoti e i fedeli dei concetti sbagliati circa la validità dei Sacramenti.
    I 100 anni, di cui parla Grillo con fierezza, non sono 100 anni di storia del Magistero della Chiesa, ma sono i 100 anni che ricorrono dalla nascita del modernismo, a suo tempo condannato da San Pio X.

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  4. Caro padre Cavalcoli,
    mi fa piacere vedere che lei sei interessato alla reazione furiosa del neomodernista Grillo. I suoi chiarimenti sono puntuali (anche se li leggerò con più calma). Ora mi limiterò a segnalare alcune testimonianze della reazione lefebvriana alla nota del DDF. Le prendo da quanto pubblicato sul loro sito ufficiale:
    https://fsspx.news/it/news/il-dicastero-la-dottrina-della-fede-pubblica-una-nota-sui-sacramenti-42324
    L'articolo dei lefebvriani comincia facendo riferimento al fatto che l'eventuale invalidità dei sacramenti amministrati solleva il problema della loro ripetizione. A questo proposito, mi viene in mente la notizia di pochi giorni fa, relativa alla riconsacrazione di Mons. Viganò effettuata da Mons. Williamson. I lefebvriani dicono: "Da ciò sono nate molte difficoltà: la necessità di trovare persone per ripetere il battesimo o la cresima invalidi, o anche per battezzare e poi ordinare sacerdoti il ​​cui battesimo era invalido, con conseguente nullità dei sacramenti da loro amministrati – eccetto il battesimo".
    Poi, il comunicato ufficiale dei lefebvriani non perde occasione per criticare una delle nuove dottrine del Concilio: la Chiesa sacramento di salvezza. Dicono: "...pur facendo riferimento alla nozione di Chiesa come sacramento avanzata dal Concilio Vaticano II, che potrebbe essere seriamente messa in discussione..."
    Inoltre, pur riconoscendo l'esattezza della teologia sacramentale presentata, la critica lefebvriana non tace: "Il testo, nonostante questa esatta teologia, mantiene una fonte di deviazioni che vuole sradicare".
    Così, ignorando il legittimo spazio di creatività delle comunità celebranti, secondo le proprie idiosincrasie (sempre nell'ambito dell'accidentale e non dell'essenziale del sacramento), i lefebvriani approfittano dell'occasione per propagare il loro attacco alla riforma liturgica del Concilio come una “rivoluzione”. Non è altro che il ripetuto rigorismo farisaico di chi non riesce a distinguere tradizione liturgica e tradizioni: "Fu la riforma liturgica, una vera rivoluzione, a soffiare un vento di anarchia nella celebrazione dei sacramenti. Il fatto – assolutamente senza precedenti – che in circa dieci anni i riti di tutti i sacramenti siano stati riformati più o meno profondamente non può che dare l'impressione di una mobilità di questi elementi fondamentali del nostro culto.
    Così, nella Messa, le modifiche introdotte e poi moltiplicate sono state innumerevoli: alla fine degli anni '70 erano state approvate più di dieci "preghiere eucaristiche", dalle quattro originarie a quella autorizzata "per circostanze particolari", passando per quelle per la messa dei bambini e le innumerevoli variazioni nei vari paesi.
    Così, in pochi anni, il rito latino, che aveva sempre avuto un solo canone, che aveva alimentato per tanti secoli il culto e la meditazione del clero e dei fedeli, si è improvvisamente rivestito di una decina di preghiere eucaristiche diffuse – ad eccezione del primo – della concezione liturgica del tempo. Concezione che presto sarebbe diventata datata, per ammissione anche dei più entusiasti".
    E il testo lefebvriano termina ripercorrendo una serie di interventi della Santa Sede negli ultimi decenni contro gli abusi liturgici, senza risultati apparentemente positivi, e si chiude con una frase ironica, richiamante Bossuet, che è quella che ho citato al signor Silvano.
    Conclusione: questa nota di Fernández non ha lasciato contenti né i modernisti né i lefebvriani.

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    1. Caro Ross,
      le difficoltà sollevate dai lefevriani sono effettivamente reali. Ciò vuol dire che si impone un compito delicato teso a individuare i casi circa i quali occorre intervenire. Ciò però non li autorizza a prendere pretesto da queste difficoltà per insistere nella loro critica scismatica nei confronti della riforma liturgica.
      Si potrebbe dire che questa Nota mette in luce la differenza tra chi, nello zelo per la Liturgia, è sincero da chi non è sincero, perché Fernandez accontenta sia i modernisti e sia i lefevriani in quanto hanno di positivo. Quello che giustamente chiede a loro è di essere in sincera comunione con la Chiesa, sotto due aspetti diversi corrispondenti alla diversità dei due partiti opposti.

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