Il monachesimo e il Papa - La comunione ecclesiale del Monte Athos - Seconda Parte (2/2)

 

Il monachesimo e il Papa

La comunione ecclesiale del Monte Athos

 

Seconda Parte (2/2) 

Da un monachesimo dualista a un monachesimo umanista

Un ulteriore fattore presso la Chiesa cattolica di correzione del monachesimo platonico è dato nel sec. XIII dalla teologia della mistica di San Tommaso d’Aquino[1], il quale, pur appartenendo ad un Ordine religioso di vita attiva come quello domenicano, dette ancora più saldo fondamento biblico all’ideale monastico col collegarlo non già all’etica platonica, ma a quella aristotelica, aperta, grazie alla sua base teorica ilemorfista, al dogma della resurrezione del corpo, cosa che è respinta dallo spiritualismo dualista platonico.

Detto questo, però, mi sia lecito esprimere la mia grande ammirazione per la millenaria tradizione del Monte Athos, che per la sua solidità è chiaramente un segno della protezione divina e una testimonianza straordinaria dell’Eterno, dell’Immutabile e dell’Assoluto.

L’Athos infatti è la chiara messa in ridicolo di quelle cristologie oggi in circolazione, che col pretesto dell’Incarnazione fanno della storia un idolo e vorrebbero un Dio incastrato nel mondo.

La Santa Montagna resta comunque un esempio di santità e di fedeltà alla parola di Cristo che non passa, una eminente discepola di Cristo e dei Santi Padri Greci, un patrimonio e un documentario ricchissimo di arte, di storia e di cultura cristiane, una scuola di vita comune, di misericordia e carità fraterne, nonché di teologia mistica, di libertà spirituale, di speranza, di preghiera, di contemplazione e di esercizi ascetici, un esempio attualissimo di ecologia integrale, di accoglienza delle anime in cerca di Dio, un faro di luce taborica, una maestra di spiritualità per tutta la Chiesa.

Grandi maestri della spiritualità atonita sono Dionigi l’Areopagita[2] e Gregorio Palamas[3], entrambi teorici dell’esychìa, il silenzio mistico. Osserviamo però che il silenzio mistico prepara la parola ed è causato dalla parola senza lasciare la parola, il concetto, il logos, senza la pretesa di andare oltre, perché, come insegna San Giovanni, oltre Cristo-Logos non si va.

E neppure ci si deve fermare prima, come crede Palamas, con la sua teoria delle «energie divine». San Giovanni dice infatti «Lo vedremo così com’È» e San Paolo: «faccia a faccia». Il Padre non resta invisibile dietro il Logos (Palamas), e noi non vediamo il Padre senza il Logos (Dionigi), ma vediamo il Padre nel Logos, perché vedremo la Santissima Trinità. Questa è la vera visione beatifica, insegnata da San Tommaso e dogmaticamente riconosciuta da Papa Benedetto XII nel 1336 (Denz.1000)[4].

Palamas rifiuta la visione diretta e immediata dell’Essenza divina, che invece il Papa ammette, perchè, a quanto sembra, Palamas confonde la visione con la grazia: siccome questa è semplice partecipazione della natura divina, crede che anche la visione abbia per oggetto una partecipazione dell’Essenza divina, che sarebbe l’«energia divina». 

Per questo io ho intitolato un mio trattato di teologia mistica[5] non tanto la parola del silenzio, la voix du silence come André Malraux volle chiamare il messaggio delle opere di pittura, ma il silenzio della parola, per indicare il silenzio parlante prodotto dalla parola. Questo è il vero silenzio che parla. Altrimenti non c’è nulla di divino, ma il vuoto e nulla assoluto del non-senso.

Il difetto dell’Athos è quello proprio del tradizionalismo statico e immobilista caratteristico di quegli scismi che comportano bensì la conservazione del punto a cui è arrivata la Chiesa al momento dello scisma, ma insieme col rifiuto del passo avanti che la Chiesa propone perchè ci avviciniamo ulteriormente al Regno di Dio, passo avanti che agli scismatici appare come infedeltà alla tradizione e novità nefasta.

Una mariologia sublime ma senza femminilità

Si può immaginare la Madonna senza il Papa o contro il Papa? La Madre di Dio senza il Vicario di suo Figlio? Eppure – o fatto straziante! – ciò avviene proprio nell’Ortodossia! Noi Latini sin dagli albori del cristianesimo abbiamo ricevuto dall’Oriente il culto e le prime immagini di Maria. Un’infinità di icone mariane nei secoli passati è giunta da noi dalla Grecia, dalla Macedonia, dalla Bulgaria, dalla Serbia, dalla Romania, dalla Russia.

Nella mia Ravenna, tanto legata all’arte bizantina, sin da ragazzo andavo a venerare un preziosissimo bassorilievo marmoreo della Madonna, la cosiddetta «Madonna greca» gelosamente custodita in un grandioso santuario ravennate.  Come posso non ricordare l’icona della bolognese Madonna di San Luca, nell’inno alla quale si canta la sua provenienza dall’«Oriente mistico»?

Come dunque è stato possibile che proprio quella Chiesa orientale che ha insegnato a noi Europei un tenero culto alla Madre celeste di tutti i cristiani a cominciare dalla Sede di Pietro - pensiamo all’antichissima basilica di Santa Maria Maggiore a Roma -, si sia poi ribellata al Papa ormai da 1000 anni conservando per la Madonna un’intensissima devozione? Come non affidare allora a Lei il compito di condurre i suoi figli ortodossi alla piena comunione col Successore di Pietro, Pastore universale della Chiesa?

Come è avvenuto che noi Latini, ammaestrati dai Greci sul culto a Maria, adesso e da tanti secoli siamo noi Latini con tutta la cattolicità mondiale che esortiamo i nostri fratelli Greci, Ciprioti, Bulgari, Ucraini, Serbi, Georgiani, Rumeni e Russi ad acquisire la più profonda conoscenza della Madre di Dio che ci viene  dal dogma dell’Immacolata del 1854, da quello dell’Assunta del 1950 e dallo splendido c.VIII della Lumen Gentium del Concilio Vaticano II, che ci mostra Maria modello e tipo della Chiesa, modello e ideale della donna?

Non sfiora pertanto la mente i monaci dell’Athos che il loro rifiuto di incontrare donne offenda la sensibilità di Colei che è modello e ideale della donna? Certamente anche nei nostri monasteri esiste la clausura. Ma per quale mai forma di paura della donna dovrebbe essere proibito ad un monaco di incontrare donne, compresi membri della propria famiglia e del parentado?

Armando Santarelli nel suo bel libro sul Monte Athos, La montagna di Dio[6], ci segnala l’equilibrata posizione della Comunità Internazionale nei confronti del Monte Athos: da una parte esso è stato dichiarato dall’UNESCO «patrimonio dell’umanità», ma dall’altra l’UE ha esortato i monaci ad accettare la conversazione con le donne. Nessuno proibisce loro la pratica della castità religiosa. Essa però non si impara alla scuola di Origene, ma di San Tommaso aggiornato dagli insegnamenti di San Giovanni Paolo II.

Il Monte Athos segno di speranza per la pace in Europa

Tra i fedeli della Chiesa il monaco è quello che più di tutti ha un’ampiezza di visione che lo avvicina alla visione che il Papa ha della Chiesa. Come San Paolo e come il Papa il monaco è libero da tutti per farsi tutto a tutti nella speranza di salvare almeno qualcuno (cf I Cor 9,22). Il monaco è il fratello di tutti perché in particolare non lo è di nessuno. Essendo servo di Dio non è schiavo di nessuno, ma è servo di tutti.

Il monaco non ha interessi personali da difendere; il suo unico desiderio è il bene della Chiesa e servirlo nel migliore dei modi. Egli è quindi come il Papa, al di sopra delle parti e vede nei conflitti i torti e le ragioni di ambo le parti con imparzialità, così da trovare i punti di incontro e correggere i difetti di ambo le parti, dissipare equivoci e fraintendimenti, e ottenere così la riconciliazione e la concordia nella pace e nella giustizia. Il monaco è dunque per eccellenza l’uomo, il cristiano della comunione.

E comunione con chi, tra i fratelli, innanzitutto rappresenta Cristo, se non il Papa? Dunque che senso ha un monachesimo cristiano che non sia nella comunione ecclesiale e in comunione col Papa? Che senso ha un monachesimo scismatico, divisivo, settario, irrigidito e chiuso in se stesso, isolato dalla comunione con la Chiesa universale?

Come possono i nostri fratelli ortodossi essere tanto devoti dello Spirito Santo senza comprendere, come hanno fatto fino al 1054, che lo Spirito agisce eminentemente nel Vescovo di Roma per procurare e garantire l’unità, la comunione nella diversità dell’intero gregge di Cristo a lui affidatigli dal buon Pastore?

Forse che San Basilio, il grande teologo dello Spirito Santo e creatore del monachesimo cristiano, al quale giustamente si rifanno i nostri fratelli ortodossi, non fu esempio di fedeltà e comunione col Papa? O forse che i Papi hanno cessato di essere Papi nel 1054? Non ha forse Cristo promesso a Pietro di non abbandonarlo fino alla fine del mondo? Forse che il Primate tra i Vescovi che ha il compito di guidare la Chiesa deve risiedere nella città politicamente più importante?

Che importava se nel 1054 l’importanza politica di Roma era inferiore a quella di Costantinopoli? E che importava se nel 1589 l’importanza politica di Mosca era maggiore di quella di Costantinopoli ormai nelle mani dei Turchi? Dove mai è detto nella Tradizione che il Vescovo di Roma doveva essere sostituito da quello di Costantinopoli e questo a sua volta dal Vescovo di Mosca? Dove è detto nella Tradizione che di Rome non ce n’è una sola ma ce ne sono tre?

Il monaco, da monos che vuol dire solo, uno, è, come il Papa, l’uomo dell’unità e della comunione, il fautore, promotore e difensore dell’unità. Come il Papa, è il fautore dell’ecumenismo e del dialogo della conciliazione. Il monaco è colui che ci ricorda che tutto viene dall’Uno e all’Uno ritorna, che Dio è il Tutto e l’Uno in tutti e tutti sono uno in Lui.

Chi molto ha ricevuto, molto è tenuto a dare. L’alta stima che dobbiamo avere per la Montagna Santa con i suoi 1700 anni di storia ci spinge ad esortare caldamente questa meravigliosa famiglia di monasteri ad impiegare i favolosi tesori di spiritualità e di saggezza cristiana accumulati nel corso in questa storia plurisecolare con tanta fedeltà alla tradizione dei Santi Padri Greci, per contribuire a porre termine alla terribile guerra in atto fra Russia ed Ucraina, due nazioni sorelle, o se vogliamo, da un punto di vista cristiano, rispettivamente figlia e madre, giacchè la Chiesa di Mosca è nata da quella di Kiev nel sec. XIII. Mosca nacque purtroppo in un clima di scisma da Roma.

La famiglia di monasteri atoniti dipende canonicamente dal Patriarcato di Costantinopoli, al quale fanno capo tutte le Chiese che nei secoli passati hanno seguito lo scisma di questo Patriarcato. Tuttavia la Chiesa ortodossa russa vi è rappresentata col monastero di San Panteleimon.

Purtroppo anche nella pace dell’Athos sono giunti gli echi sinistri della guerra in Ucraina, per cui il monastero di Vatopedi emerge fra gli altri nel parteggiare per il Patriarcato di Costantinopoli, legato agli Stati Uniti, all’UE, agli Uniati capeggiati dall’Arcivescovo di Kiev Sviatoslav Shevchuk, nonchè l’Ucraina di Zelensky, mentre i monasteri di Panteleimon e di Esfigmenu parteggiano per i Russi e per il Patriarca di Mosca Cirillo. A Kiev, poi, ci sono tre Patriarchi ortodossi in contrasto fra di loro: il Patriarca Emerito Onofrio, che è per Cirillo e contro Bartolomeo, l’attuale Patriarca in carica Filarete, insieme col Patriarca Epifanio, i quali sono con Bartolomeo contro Cirillo.

In sostanza gli ortodossi ucraini sono divisi fra l’obbedienza a Cirillo Patriarca di Mosca e quella a Bartolomeo, Patriarca di Costantinopoli, appoggiato dagli Americani e dall’Unione Europea. Il Papa, come è noto, è giustamente contro l’invasione russa, benché abbia parlato di guerra fratricida. Ci sarebbe da augurarsi che riuscisse a fare opera di pace servendosi di Shevchuk.

Queste sono le circostanze nelle quali si dà prova di vero dialogo ecumenico. ll Concilio ha avviato le attività ecumeniche in previsione di eventi come questi. È comodo ma non produce nulla un tranquillo dialogo ecumenico dove tutti restano delle idee di prima. Il vero dialogo ecumenico è quello che fa cessare le stragi e i bombardamenti toccando le coscienze davanti a Dio.

I fedeli di Onofrio sono favorevoli all’invasione russa, che considerano liberazione di Russi residenti in Ucraina; i fedeli di Filarete ed Epifanio invece sono contrari, perché considerano l’invasione russa un atto di imperialismo. Chi ha ragione?

Cirillo ha perso molti fedeli in Ucraina per aver appoggiato l’invasione russa, che ha chiamato addirittura «guerra santa». L’Arcivescovo cattolico (uniate) di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, condanna l’invasione russa. Ma cosa fa per la pace?

Non c’è dubbio che lo Spirito Santo è presente ed operante al Monte Athos, anche se il demonio gli contende il terreno palmo a palmo. Del resto i monaci, discepoli dei Padri del deserto, lo sanno bene. Occorre solo che non si godano da soli le loro immense ricchezze, devono aprire i loro immensi granai per distribuirli alle folle affamate. Gli dèi, come dice Heidegger, sono fuggìti. Ebbene, essi possono e devono farli tornare. Una spiritualità che non convinca le coscienze a deporre le armi, a che cosa serve?

Osservando questo conflitto intricato, che sembra scendere alle radici dello spirito dell’essenza dell’Europa, e dove troviamo profonde incancrenite contraddizioni e divisioni interne all’Ucraina, riflesso di uno scontro fra Occidente ed Oriente, è forte il sospetto che Stati Uniti e Russia, al di delle dichiarazioni ufficiali, vogliano estendere all’Ucraina la loro egemonia, anziché occuparsi premurosamente assieme del bene e della concordia interna di questa infelice Nazione, che non ha mai conosciuto né un’unità nazionale né un’unità religiosa.

Sa di interferenza innaturale la presenza occidentale in Ucraina, storicamente legata alla Russia per esser stata la madre del suo cristianesimo. Sconvolge e scandalizza la crudeltà e distruttività dell’invasione russa, che ha il sapore amarissimo di una figlia che strazia la madre.   

Per le Chiese orientali separate da Roma è giunta l’ora della verità. O affrontiamo i temi di fondo o è la fine per tutti. Se il papato è un’istituzione coreografica o ci tocca tutti da vicino è giunta l’ora di deciderlo una volta per tutte.

Se i nostri fratelli ortodossi riflettono, dovrebbero rendersi conto che i nodi si stanno riducendo al pettine. A che cosa è servita la boria della seconda e della terza Roma? Quali vantaggi ha dato il separarsi dall’unica ed eterna Roma? A che cosa è servito aggiungerne altre due, quando andava benissimo la prima? Forse che Cristo non sa organizzare la sua comunità?

È vero, non è che a casa nostra regni la concordia e la pace. Tutt’altro. Il pensiero unico imposto dai modernisti è sorgente continua di continui conflitti perché da una parte i buoni fedeli, che confrontano le loro sparate con la Scrittura, la Tradizione e il Magistero della Chiesa, si accorgono di essere buggerati e non vogliono mettere a rischio la propria anima per le bestemmie o le sconcezze giornaliere di un gruppo di potere che vuol dominare nella Chiesa e tiene il Papa con le mani legate[7]. E dall’altra aumenta il numero degli esasperati o degli esaltati indietristi, passatisti, catastrofisti, sedevacantisti, lefevriani, cionciani, viganoiani, minutelliani, che vorrebbero cancellare il Concilio con tutto il magistero pontificio che ne è seguìto.

Eppure, chiediamoci seriamente: fra tutte le autorità  mondiali, qual è quella che, come Papa Francesco,  pur con tutte le sue gaffes, le sue discutibili esternazioni, apparenti eresie e apparente appoggio agli Americani contro la Russia, attira maggiormente  l’attenzione, il rispetto, le speranze,  la concordia di tutti, mentre placa le ansietà di tutti, di quest’uomo ottantaseienne infaticabile, dolorante e in carrozzella, dal riso bonario, dalla battuta facile, e dallo sguardo severo quando è in gioco l’essenziale? Dunque, fratelli, che cosa aspettate? Venite! C’è posto per tutti!

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 31 maggio 2024

Si può immaginare la Madonna senza il Papa o contro il Papa? La Madre di Dio senza il Vicario di suo Figlio? Eppure – o fatto straziante! – ciò avviene proprio nell’Ortodossia! Noi Latini sin dagli albori del cristianesimo abbiamo ricevuto dall’Oriente il culto e le prime immagini di Maria. Un’infinità di icone mariane nei secoli passati è giunta da noi dalla Grecia, dalla Macedonia, dalla Bulgaria, dalla Serbia, dalla Romania, dalla Russia.

Come dunque è stato possibile che proprio quella Chiesa orientale che ha insegnato a noi Europei un tenero culto alla Madre celeste di tutti i cristiani a cominciare dalla Sede di Pietro - pensiamo all’antichissima basilica di Santa Maria Maggiore a Roma -, si sia poi ribellata al Papa ormai da 1000 anni conservando per la Madonna un’intensissima devozione? Come non affidare allora a Lei il compito di condurre i suoi figli ortodossi alla piena comunione col Successore di Pietro, Pastore universale della Chiesa?

Come è avvenuto che noi Latini, ammaestrati dai Greci sul culto a Maria, adesso e da tanti secoli siamo noi Latini con tutta la cattolicità mondiale che esortiamo i nostri fratelli Greci, Ciprioti, Bulgari, Ucraini, Serbi, Georgiani, Rumeni e Russi ad acquisire la più profonda conoscenza della Madre di Dio che ci viene  dal dogma dell’Immacolata del 1854, da quello dell’Assunta del 1950 e dallo splendido c.VIII della Lumen Gentium del Concilio Vaticano II, che ci mostra Maria modello e tipo della Chiesa, modello e ideale della donna?


Chiediamoci seriamente: fra tutte le autorità  mondiali, qual è quella che, come Papa Francesco,  pur con tutte le sue gaffes, le sue discutibili esternazioni, apparenti eresie e apparente appoggio agli Americani contro la Russia, attira maggiormente  l’attenzione, il rispetto, le speranze,  la concordia di tutti, mentre placa le ansietà di tutti, di quest’uomo ottantaseienne infaticabile, dolorante e in carrozzella, dal riso bonario, dalla battuta facile, e dallo sguardo severo quando è in gioco l’essenziale? Dunque, fratelli, che cosa aspettate? Venite! C’è posto per tutti!

Immagini da Internet:
- l’icona della Trojeručica (Madre di Dio con Tre Mani)
- Papa Francesco I 
 

[1] Vedi Jean-Pierre Torrell, Tommaso d’Aquino maestro spirituale, Città Nuova, Roma 1998.

[2] Vedi di Dionigi: Mistica teologia e Epistole I-V, ESC-ESD, Bologna 2011.

[3] Vedi di Palamas, Luce del Tabor. Difesa dei santi esicasti, Edizioni ESD-ESC, Bologna 2022.

[4] Vedi Andrea Vaccaro, Il dogma del paradiso, Pontificia Università Lateranense, Roma 2005.

[5] Il silenzio della parola. Le mistiche a confronto, Edizioni ESD, Bologna 2002. Per quanto riguarda la concezione orientale, vedi V. Lossky, La teologia mistica della Chiesa d’Oriente, Edizioni EDB, Bologna 2013.

[6] Rubbettino Editore 2009.

[7] È di grande attualità l’opera di misericordia del Catechismo di S.Pio X: «sopportare pazientemente le persone moleste».

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