Come ti addomestico l’Apocalisse

 

Come ti addomestico l’Apocalisse

Una lettura buonista per tranquillizzare i buonisti

 La Libreria Editrice Vaticana ha pubblicato l’anno scorso il libretto di un giovane teologo domenicano francese, Adrien Candiard, che ha ottenuto molto successo, dedicato a comprendere il significato dell’Apocalisse nell’attuale situazione della Chiesa e del mondo minacciati, a causa delle guerre in corso, dal rischio di gravissime calamità, quali mai si sono verificate nella  storia dell’umanità.

Candiard presenta il succo del messaggio apocalittico nell’annuncio della prossima venuta gloriosa e trionfante di Cristo, nell’offerta che Dio per mezzo di Cristo fa a tutta l’umanità afflitta da tanti dolori, sventure e peccati, della sua misericordia e del suo amore gratuito e beatificante, la proposta di vivere eternamente con Dio nella pace, nell’amore e nella libertà da fratelli figli di Dio nel Regno del Padre, sempre imminente e venturo fra noi.

Candiard ci presenta il cammino cristiano verso il Regno di Dio annunciato dall’Apocalisse come se fosse un confortevole viaggio turistico in autobus, sapientemente guidato da un buon autista, in questo caso Papa Francesco, verso uno splendido paese a noi ignoto, che però dall’agenzia viaggi, cioè la Bibbia interpretata dalla Chiesa, ci viene presentato nella luce più favorevole e attraente, così da invogliarci a partire, tanto più che il viaggio è gratuito e a spese dell’organizzatore, che è Cristo, ricchissimo proprietario che può permettersi di fare questa eccellente beneficenza.

Candiard dice giustamente che l’accettare o meno questa proposta di Cristo dipende da ciascuno da noi, è una libera scelta, ma non ci dice se tutti accettano o alcuni rifiutano. E in particolare non precisa se l’eventuale rifiuto comporta particolari inconvenienti o svantaggi.

Quello che dice Candiard corrisponde solo in parte all’autentico messaggio dell’Apocalisse. Egli ignora che San Giovanni ci dice che per tutto il corso della storia la proposta cristiana che si esprime nella Chiesa (la «donna») è contrastata da irriducibili forze sataniche. Non parla mai del demonio (il «dragone»), che invece è un attore essenziale del dramma cosmico narrato e prefigurato dall’Apocalisse.

Non accenna per niente al fatto che l’Apocalisse prevede per la fine del mondo la vittoria di Cristo e della Chiesa sulle forze sataniche, delle quali è alleata quella parte dell’umanità che non vuole il Regno di Dio.

Un’altra cosa dell’Apocalisse che sfugge completamente a Candiard[1] è il fatto che egli, pur rendendosi conto benissimo di tutte le calamità naturali, dei problemi ecologici e climatici e dei rischi spaventosi che provengono da guerre che potrebbero distruggere l’umanità,  non riesce affatto a rendersi conto che queste sciagure e questi sconvolgimenti, per quanto a tutta prima appaiano contrari alla bontà divina, sono in realtà – come tutta la Bibbia e non solo l’Apocalisse insegna – o stimoli per i peccatori alla conversione (santità comune) o sono una pedagogia ed una premura divina per una maggiore perfezione (santità eminente) o sono giuste punizioni divine per i nemici di Dio (gli impenitenti) o sono divini avvertimenti che l’umanità è fuori strada e se vuol salvarsi, deve fare penitenza e tornare a Dio.,

A Candiard sfugge completamente la preziosità della sofferenza e del sacrificio degli innocenti che partecipano della sofferenza espiatrice e redentrice dell’Agnello immolato che toglie i peccati del mondo[2].

A che cosa si riduce l’Apocalisse nell’interpretazione di Candiard? Si può raggiungere il Regno di Dio senza la croce? Si può accogliere l’amore gratuito del Padre senza espiare i nostri peccati? Possiamo limitarci a vedere nelle calamità naturali solo l’espressione delle leggi della natura? Ma quand’anche così fosse, Dio non è l’autore della natura?

O forse che la natura agisce per conto proprio indipendentemente dalla volontà di Dio? Se Dio è solo misericordia e la misericordia è sollievo dalla sofferenza, che misericordia è quella di un Dio che, pur potendo impedire i disastri della natura e degli uomini non lo fa? Allora, non sarà forse che Dio ora fa misericordia ma ora fa anche giustizia? E un Dio che non castiga il peccato non sarà forse un Dio che lo approva? Può Dio perdonare il peccato di chi non lo sconta con la penitenza? Un Dio che assolve tanto la vittima che il suo assassino non fa forse preferenze di persone? Può andare in paradiso chi odia Dio? Dio è ingiusto se vuole che Gli restituiamo ciò che Gli abbiamo rubato? E se la grazia è un dono gratuito, ciò non ci esime dal dovere di fare la nostra parte.

L’Apocalisse come la presenta Candiard può rappresentare bene la simpatica metafora di un bel viaggio di vacanza estiva a prezzi vantaggiosi in un meraviglioso e misterioso paese esotico dove non siamo mai stati, e del quale ci hanno detto meraviglie, ma non vi vediamo la serietà, profondità ed elevatezza di un inconcepibile Amore divino che ha dato per noi ingrati peccatori fino alla sua ultima goccia di sangue per trarci dall’abisso e per donarci gratuitamente  una vita eterna e la gloria dei figli di Dio, mentre meritavamo la condanna eterna come figli del diavolo.

 P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 28 maggio 2024


O forse che la natura agisce per conto proprio indipendentemente dalla volontà di Dio? Se Dio è solo misericordia e la misericordia è sollievo dalla sofferenza, che misericordia è quella di un Dio che, pur potendo impedire i disastri della natura e degli uomini non lo fa? Allora, non sarà forse che Dio ora fa misericordia ma ora fa anche giustizia? E un Dio che non castiga il peccato non sarà forse un Dio che lo approva? Può Dio perdonare il peccato di chi non lo sconta con la penitenza? Un Dio che assolve tanto la vittima che il suo assassino non fa forse preferenze di persone? Può andare in paradiso chi odia Dio? Dio è ingiusto se vuole che Gli restituiamo ciò che Gli abbiamo rubato? E se la grazia è un dono gratuito, ciò non ci esime dal dovere di fare la nostra parte.

Immagine da Internet: Terremoto, Italia



[1] Vedi ciò che dice a p.9 e alle pp.30-32

[2] A chi volesse sapere qual è veramente il senso che il cristianesimo dalle calamità della natura e ai guai che ci sono procurati dagli uomini offro in lettura il mio libro Perchè peccando ho meritato i tuoi castighi. Un teologo davanti al coronavirus, Edizioni Chora Books, Hong Kong 2020.

4 commenti:

  1. Caro padre Cavalcoli,
    Veramente il buonismo oggi è un vero problema nella Chiesa. Prima a livello del clero, e poi, di conseguenza, a livello del popolo fedele laico.
    Conosco l'argomento dai suoi vari articoli, dove ha trattato questo problema in profondità (i suoi libri sull'argomento non li ho letti).
    Ma non ho mai incontrato personalmente il problema, fino ad ora.
    È stato due mesi fa, durante una celebrazione comunitaria della penitenza nella mia parrocchia, alla quale hanno partecipato diversi sacerdoti di parrocchie vicine, come confessori. Sono di confessione frequente, ma ho voluto rinnegare il mio atteggiamento penitenziale durante la scorsa Settimana Santa. Ho confessato i miei peccati da circa un mese, e alla fine della mia confessione, ho espresso, come generalmente espresso, il mio pentimento per i peccati passati della mia vita (senza fare alcuna confessione generale, qualcosa di cui i giovani sacerdoti si attaccano o lo percepiscono bene nel penitente!), e osai dire che mi pentivo "di non aver fatto abbastanza penitenza dei miei peccati passati", a proposito di correggerlo in futuro.
    Il sacerdote, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, non appena sentì la parola "penitenza", sembrò saltare dalla sua sedia!.
    "E chi gli ha detto una cosa del genere? Da dove hai preso che devi fare penitenza per i tuoi peccati passati? Li ha confessati, ha fatto la penitenza che gli ha indicato il suo confessore. È fatta. Tutto è fatto. D'ora in poi non ha che da vivere grato della misericordia di Dio, e bla, bla, bla..."
    Ovviamente, con la fila di penitenti che desideravano confessarsi, non mi sono incoraggiato a contrastare il sacerdote, facendogli vedere che dimenticava il Catechismo della Chiesa Cattolica, in tutti i luoghi dove parla della necessità di continuare a fare penitenza. E suppongo che neanche passasse per la testa del sacerdote (un giovane sacerdote di appena due anni fa di ordinato) la distinzione tra male di colpa e male di pena, questo secondo che giustifica il nostro permanente atteggiamento penitenziale...
    Non era il momento di discutere di queste cose...
    È un problema nella Chiesa!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Dino,
      questa questione della penitenza è uno dei problemi più seri che oggi incontriamo nella vita ecclesiale. È in fondo l’idea di Lutero, il quale diceva che la penitenza non occorre, perché lo smettere di peccare è già una penitenza. Manca cioè la consapevolezza che il peccato procura un danno a noi stessi o agli altri o ci allontana da Dio, in modo tale che queste conseguenze incresciose devono essere eliminate.
      Ora, la penitenza consiste appunto nel fatto di togliere queste conseguenze incresciose. La Scrittura paragona inoltre il peccato ad un debito, che dobbiamo pagare. È vero che chi ci ottiene la remissione dei nostri debiti è Cristo, ma noi siamo comunque chiamati a fare la nostra parte.
      Per questo il Vangelo stesso ci comanda di pentirci e di fare opere di penitenza. Quindi, secondo la fede cristiana, la liberazione dalla colpa comporta lo sconto di una pena, che ha una funzione purificatrice tale da rimettere il peccatore in uno stato di innocenza, che gli consente di riprendere il normale rapporto con Dio e con il prossimo.

      Elimina
    2. Mi scusi, Padre, lei mi dice: "secondo la fede cristiana, la liberazione dalla colpa comporta lo sconto di una pena, che ha una funzione purificatrice tale da rimettere il peccatore in uno stato di innocenza, che gli consente di riprendere il normale rapporto con Dio e con il prossimo".
      Allora, questo vuol dire che essendo assolti da colpa per il sacramento della Penitenza, siamo poi dispensati dal fare opere di penitenza nella nostra vita quotidiana?

      Elimina
    3. Caro Dino,
      bisogna distinguere la colpa dalla pena.
      Quando ci confessiamo, le colpe vengono cancellate, ma resta una pena da scontare o un’opera riparatrice da fare. Queste sono le opere della penitenza, con le quali rimediamo al male che abbiamo fatto o nei confronti di Dio o nei confronti del prossimo.
      Bisogna fare una distinzione tra la confessione del peccato mortale e quella del peccato veniale. Quando confessiamo il primo, è cancellata sia la colpa e sia la pena eterna, che sarebbe l’inferno. Tuttavia, data la gravità del peccato mortale, normalmente occorrono anche qui opere di penitenza.
      Le cose vanno diversamente per i peccati veniali. Questi peccati ce li possiamo togliere anche senza confessarci, ma resta una pena temporale da scontare. Se ciò avviene nella vita presente, al momento della morte andiamo subito in paradiso. Se invece resta ancora della pena da scontare, questo avviene in purgatorio. A meno che qualche anima buona non ottenga per noi una indulgenza, la quale o può diminuire la pena o può toglierla dal tutto.

      Elimina

I commenti che mancano del dovuto rispetto verso la Chiesa e le persone, saranno rimossi.