Sulla differenza fra il corpo e lo spirito - Prima Parte (1/6)

 

Sulla differenza fra il corpo e lo spirito

Prima Parte (1/6)

Quanto più si conosce la dignità dello spirito,

             tanto più si conosce la dignità della materia

 

Introduzione

Una questione che ci tocca tutti da vicino

I medioevali non conoscevano gli elementi chimici, le leggi della fisica, della chimica, della meccanica e della biologia, non conoscevano l’utilizzazione dell’energia atomica o elettromagnetica, non conoscevano le radiazioni cosmiche, le galassie o i buchi neri, non conoscevano la neurologia o la fisiologia del cervello; non avevano raggiunto la percezione moderna degli abissi e della trascendenza dell’autocoscienza, della libertà e della soggettività.

Con tutto ciò essi, che ci paiono così ingenui e infantili, ad uno sguardo attento, mostrano di avere una conoscenza distinta, raffinata, sorprendente e per noi oggi difficilmente accessibile, benchè preziosissima, di quella che è la realtà misteriosa della sostanza materiale e spirituale, i visibilia e invisibilia dei quali parla il Simbolo della fede.

È sorprendente per noi oggi vedere, dopo lo stolto rifiuto cartesiano delle forme sostanziali, delle finalità e  delle qualità, dopo la stolta critica empirista della sostanza, dopo i vani trionfi del materialismo, dopo il falso spiritualismo dell’idealismo, dopo la scriteriata polemica di Lutero contro la metafisica, con quale disinvoltura, rigore logico, precisione, abilità e facilità i filosofi medioevali si muovevano fra concetti per noi diventati oscuri, vuoti, ardui, ostici ed incomprensibili,  come quelli di materia prima, forma sostanziale, ente analogo, essenza specifica, anima separata, spirito angelico, qualità spirituale, spirito assoluto, potenzialità di essere, atto d’essere, natura umana, sussistenza personale, sostanza metafisica, accidente ontologico.

Ma il gravissimo problema di oggi, che mette in pericolo la sopravvivenza dell’umanità, è la situazione paradossale e scandalosa, per la quale, mentre in questi ultimi quattro secoli da una parte abbiamo fatto progressi enormi  e meravigliosi nelle scienze sperimentali, nella paleontologia,  nella tecnologia, nel dominio della natura, nei mezzi di trasporto e di comunicazione, nella medicina, nella geriatria, nella psichiatria, nella fisico-matematica e nell’astrofisica, dall’altra parte ci troviamo un un’impressionante e pericolosissima ignoranza (sottovalutazione o sopravvalutazione) circa l’essenza stessa del nostro essere umano, di volta in volta confuso con l’animale o inferiore all’animale o  inteso come  puro spirito, autocoscienza, io puro, potere magico[1], identità di essere e pensiero, esserci dell’essere, apparizione dell’essere, fenomeno e vertice dell’evoluzione, divenire di Dio, coscienza di Dio, passione inutile, ente che viene dal nulla per tornare al nulla, frutto del caso, collezione di elementi chimici,  l’essere assoluto.

Mentre da una parte in Occidente il nostro clima è quello della molteplicità delle scienze, l’interesse per il dominio tecnico della natura, la coscienza della complessità dell’universo, il culto della diversità, vivendo però in continua agitazione e siamo imbrigliati in un’infinità di conflitti e contraddizioni interiori ed esteriori, il soffio che ci viene dall’Oriente, la cui tracce sono nell’idealismo tedesco, nel movimento New Age e nella diffusione dello gnosticismo ed esoterismo massonico, esprime un’esigenza totalmente diversa di unitotalità, dove si vorrebbero superare tutte le differenze di materia e spirito, umanità e divinità, di Dio e mondo, di essere e divenire, di tempo e di eternità, di ideale e reale, di pensiero ed essere.

Lo schema di questa visione della totounità è dato dal moto dell’uscita e del ritorno. Tutto esce dall’Uno e tutto torna all’Uno. Qui Plotino è punto di rifermento essenziale. La concezione dell’essere proviene da Parmenide: tutto è uno. L’uscita e il ritorno è invece lo schema offerto da Proclo. L’Uno che è Spirito emana da sé il finito molteplice e diveniente, che per la sua finitezza è materia, male, sofferenza e peccato. Ora però l’Uno che è bontà non può lasciare a se stessa questa dispersione e deve togliere il male.

Per questo il molteplice torna all’Uno e il male scompare. Ma noi qui vediamo l’inadeguatezza della concezione plotiniano-origeniana del male, che non è dato dalla semplice finitezza, ma dalla volontà della creatura di disobbedire a Dio. Per questo, la soppressione del male non sta nel fatto che il finito ritorna all’Infinito identificandosi con lui, ma nella riconciliazione della creatura col Creatore. Teologo simbolo di questa prospettiva di unitotalità o, come si dice, «olistica», è Vladimir Soloviev[2].

Notiamo inoltre che oggi è in circolazione una serie di teorie strampalate o assurde,  mescolanza di idee occidentali con miti orientali, eppur seguìte da folle di discepoli, concernenti la natura dell’uomo o della vita umana o del corpo umano, dalla credenza nella reincarnazione a quella della risurrezione immediata[3] a quella della premorte a quella dell’animale superiore all’uomo a quella della sessualità come esperienza mistica a quella che la parapsicologia[4] consenta all’uomo di tornare indietro nel tempo o di prevedere i futuri liberi  o di muovere le cose col pensiero a quella che l’uomo possa comunicare con i defunti[5] o possa costruire una macchina pensante[6] a quella degli extraterrestri[7] a quella dell’uomo frutto del caso a quella del corpo astrale[8] a quella del viaggio nel tempo a quella del potere creativo a quella del sentirsi Dio a quella dell’essere umano come essere per la morte a quella dell’essere umano che è nulla.

L’enorme circolazione delle idee oggi più che mai possibile, ci consente più che mai di venire a conoscenza della diversità delle concezioni dell’uomo, di Dio, delle culture, delle religioni e delle filosofie. Con ciò ci si rende conto meglio di un tempo come sia possibile che ci sia chi sostiene idee assurde o malsane in buona fede. Da qui il diritto alla libertà religiosa. E questa è certamente una cosa buona.

Di positivo c’è oggi la possibilità non mai esistita in passato, di lasciare o concedere libera circolazione ai valori delle varie culture e religioni. C’è più libertà di esprimere o proporre la verità a proprio modo senza essere obbligati a farlo in un data maniera. Se qualcuno propone qualcosa di nuovo non si grida subito allo scandalo, ma si esamina la cosa per vedere se ha ragione. Tutto ciò è certamente positivo.

Ma accanto a ciò succede che si stia diffondendo in molti la convinzione che non esista una via di salvezza universale obbligatoria per tutti, ma di avere la facoltà di scegliere quella che preferisce. Si tende quindi a credere che non esiste un’unica via di salvezza, non esiste una religione o una filosofia universale; ma si dà un pluralismo insuperabile e per ciò stesso legittimo. Proporre la propria religione come universale e obbligatoria per tutti, come fanno i cristiani e i musulmani, è una violenza fatta a coloro che preferiscono vie diverse. Altri poi ritengono che sia possibile condurre una vita onesta, libera e felice senza alcuna religione ed anzi ignorando o negando l’esistenza di Dio.

Per gli occidentali, pensatori come Cartesio, Kant, Hegel e Marx hanno un valore universale e vanno imposti a tutto il mondo. Per gli Indiani Brahman è la divinità suprema. Le diverse religioni non sono che varie manifestazioni fenomeniche di Brahman.

Per altri Mosè, Gesù Cristo, Platone, Aristotele e Maometto vanno bene per l’Occidente, ma non per l’Oriente, che ha maestri diversi e anche superiori: Confucio, Lao Tse, Budda, Shamkara, Ramanuja.

Ma con la diffusione di queste idee, con questa libera e caotica diffusione degli errori più assurdi e dannosi, in pratica che cosa succede? Che se da una parte abbiamo imparato una certa convivenza pacifica sostenuta da istituzioni giuridiche internazionali, dall’altra la libera circolazione di idee sovversive, distruttrici, atee, materialiste, scettiche, nichiliste e panteiste provoca nei costumi e nel comportamento concreto delle persone e dei gruppi un modo di agire che ci tiene tutti costantemente in bilico sul  baratro e quindi in uno stato continuo di ansietà, spavaldamente ignorato o represso dagli incoscienti e dagli irresponsabili e che solo chi ha fede in Dio può superare consentendogli di operare efficacemente per la giustizia e la pace.

Ci potremmo chiedere comunque quale tipo di convivenza umana, di ordine e di giustizia sociale, di rispetto reciproco, di fratellanza, di libertà, di uguaglianza, di concordia o di pace fra di noi può sorgere da un guazzabuglio di stoltezze colossali di questo genere.

Dobbiamo dire che è un vero miracolo della provvidenza e della misericordia di Dio se l’umanità ancora a tutt’oggi sopravvive (sia pur sull’orlo del baratro) e non ha messo in pratica il contenuto delle suddette idee. L’ateo e il panteista prosperano solo perchè Dio li conserva in esistenza, ma se dipendesse dalle loro idee, dato che si mettono al posto di Dio, dovrebbero eliminarsi fra di loro, dato che Dio non può ammettere un altro Dio accanto a sé e alla pari di sé.

Due opposti estremismi

Siamo sostanzialmente davanti a due opposti estremismi: o un’umanità abbassata al livello delle bestie sotto le suggestioni della lussuria e della cupidigia o una stima esagerata di se stessi, del proprio pensiero e del potere dell’uomo sotto la spinta della superbia.

Da una parte il rifiuto dell’astratto ed un’enfasi ossessiva sul concreto; dall’altra parte l’idolatria dell’astratto con la pretesa di sostituirlo al concreto. O il rifiuto dell’universale nella dispersione in un’infinita casuale molteplicità o una totalità ed un’unità dove tutto si confonde con tutto.

Da una parte si sostituisce il pensiero con la sensazione e l’emozione. Dall’altra in nome del pensiero si ignora la realtà. Ad alcuni dà ombra lo spirito, ad altri la materia. Alcuni sono attratti dal paradigma dell’animale o del robot, altri da quello dell’angelo, quando proprio non s’identificano con Dio. C’è chi fa sorgere lo spirito dalla materia e c’è chi considera il proprio io come posto dalla propria coscienza. Da una parte c’è chi è schiavo delle cose e dall’altra c’è chi vorrebbe far girare tutto attorno al proprio io.

Il contrasto fra materialismo e spiritualismo corrisponde al contrasto sul piano della gnoseologia al contrasto fra il realismo, che riconosce la realtà delle cose materiali fuori dell’anima o del pensiero (extra animam) e l’idealismo che riduce la materia  a pensiero (in anima)[9].

Entrambi i suddetti orientamenti mentali e dottrinali non riescono a conciliare lo spirito col corpo nell’unità della persona umana. Se distinguono, separano; se tentano di unire confondono. A nulla serve la raccomandazione del Concilio di Calcedonia: le due nature sono distinte, non sono divise, non sono separate, non sono confuse, non mutano l’una nell’altra.

Che una casa o un albero sia fuori della mia anima nello spazio, la cosa è evidente anche per un idealista. Ma quando diciamo che la realtà è fuori dell’anima non ci riferiamo solo alle cose materiali, ma anche alle sostanze spirituali, per esempio gli angeli, Dio o le anime dei defunti.

Qui allora che cosa significa questo esser fuori, se non si fa più questione di distanze spaziali? Dire che Dio è fuori della mia anima significa semplicemente dire che Dio non è la mia anima, che Dio è realmente distinto dalla mia anima.  Tra anima e Dio c’è una distinzione reale nel senso che l’anima non è Dio e viceversa. Lo stesso dicasi della distinzione tra materia e forma o tra corpo e spirito o tra essere e pensiero.

Esiste bensì anche una distinzione di ragione tra concetti distinti attribuibili a una medesima cosa. È chiaro allora che qui i distinti sono immanenti all’anima, si trattasse della distinzione fra il finito e l’infinito.

Nella distinzione specifica il differente è differente per la differenza restando identico il genere. Per esempio l’uomo differisce dall’animale. Per che cosa differisce? Per la differenza specifica, che è la ragione, restando identico il genere animale. Nella differenza numerica un individuo è diverso da un altro nella sua totalità restando medesima la specie. Socrate è diverso da Platone, ma la specie umana alla quale appartengono è la stessa. In questo senso parliamo di uguaglianza umana e di universalità della natura umana.

Per tutti noi e per ogni uomo di buon senso non guasto dall’idea cartesiana che i sensi ci ingannano o da quella di Severino che il divenire è contradditorio e che il tempo non esiste, è evidente che siamo circondati da infinite e diverse cose sensibili in divenire, compreso il nostro corpo.

Quello che invece oggi a molti fa difficoltà o su cui dubitano o non interessa sono cose come la religione, la questione di Dio, l’essenza e il valore dello spirito, l’esistenza di valori morali universali ed assoluti.  Si parla bensì di coscienza, di libertà, di dialogo, di amore, di misericordia, di giustizia, di comunione, di pace. A quei pochi ai quali interessa la filosofia e la teologia, fa poi ripugnanza la metafisica, il che è come dire mettere le favole al posto della sapienza.

La Sacra Scrittura ci parla di un Dio invisibile e puro spirito, di anime, di angeli, di cielo, delle cose di lassù, di grazia divina, di vita eterna, di paradiso e di inferno, ma molti la interpretano come se fosse un testo di politica, di ecologia o  di culinaria o di sessuologia.

Altri, che si considerano i pochissimi intelligenti, immensamente al di sopra della massa enorme degli ignoranti, infatuati come Narciso del proprio io, credono di possedere lo stesso sguardo di Dio che li conduce a prender coscienza di essere l’Uno-Tutto, ossia il Pensiero ovvero l’Eterno.

Si considerano rivelazioni o apparizioni empiriche e temporanee della «Soggettività» come Autocoscienza dell’essere identico al pensiero. Molti, ammirati di tale straordinaria sapienza, si sforzano di interpretare i detti del sapiente senza avere pretesa di eguagliarlo e tuttavia con la segreta sottile convinzione di essere anche loro un’apparizione della Soggettività.

Per tutti c’è in gioco la nozione della verità. Ci si crogiola nel dubbio per poi imporre agli altri le proprie idee. O si dà per certo ciò che è discutibile o si dubita di ciò che è certo. Da una parte ci si oppone all’evidenza, dall’altra si dà per evidente ciò che è da dimostrare. Dal pensiero o si chiede troppo e allora si diventa dogmatici e assolutisti. O si chiede troppo poco e allora si diventa doppi ed opportunisti.

Materialismo e idealismo

Idealismo e materialismo sono due atteggiamenti dello spirito contrari alle vere esigenze dell’intelligenza umana. Eppure ci affascinano e ci seducono. L’idealismo è una teoria del tutto contraria al buon senso e all’evidenza[10], riflette un atteggiamento mentale del tutto innaturale, chiuso in se stesso; il suo errore è evidente. Eppure quanti spiriti pur sensibili alle esigenze dello spirito affascina e acceca!

L’idealismo ci mostra quanto la superbia può accecare anche grandi filosofi. Come è possibile confondere il reale con l’ideale? Il pensiero con l’essere? Ridurre la materia a spirito? Quello che penso io con la totalità dell’essere? Eppure ciò viene teorizzato da un’intera letteratura filosofica di successo operante da secoli per non dire da millenni. Basti pensare che l’idealismo indiano ci conduce a 14 secoli prima di Cristo.

Ma il materialismo attira folle ben più numerose. In fondo non è facile capire che cosa è lo spirito. L’idealista sa che cosa è lo spirito. Il guaio è che non si lascia guidare da uno Spirito santo, ma da uno spirito perverso. Viceversa il materialista, come dice S.Paolo, è «l’uomo carnale (psychikòs), che non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito» (I Cor 2,14).

Il materialista, per restare nel linguaggio di San Paolo, per non fare la fatica di elevarsi alle cose dello spirito, che del resto gli sono odiose, si lascia immergere nei piaceri della carne. L’idealista ascolta il demonio; il materialista, gli stimoli della concupiscenza. Dobbiamo mostrare ad entrambi la vera via della felicità; agli idealisti bisogna insegnare l’umiltà; ai materialisti bisogna dire: «non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Ai primi occorre ricordare le opere della misericordia corporale; ai secondi, quelle della misericordia spirituale.

L’opposizione fra idealismo e materialismo, come vedremo, non comporta una vera alternativa tra due concezioni della realtà che si escludono a vicenda, ma comporta un’unica confusa concezione del reale, per la quale lo spirituale è inteso in modo materiale e la materia si dissolve nello spirito, sicchè spirito e materia costituiscono l’andata e il ritorno senza sosta fra due termini del medesimo tutto (il «divenire» o la «storia» o l’«evoluzione» o l’«Intero»), così come nella medesima Romagna si può andare su è giù tra Forlì a Ravenna.

La vera opposizione in campo gnoseologico, come vedremo, si ha tra idealismo e realismo spiritualista. Il realismo materialista marxista è falso perchè ignora che anche lo spirito è oggetto del sapere. Ma anche gli idealisti come Schelling che vorrebbero mettere assieme realismo ed idealismo o trovare un punto di vista superiore, finiscono per vanificare idealisticamente il realismo. Sbagliano anche coloro come Maréchal e Bontadini, che vorrebbero ricavare il realismo («filosofia classica») partendo dall’idealismo («filosofia moderna»). Restano idealisti.

Notò molto bene il Gilson quando disse che chi parte idealista idealista resta. Il topo che si mette in trappola, dopo non riesce più ad uscir fuori. Se tagliamo i ponti con la realtà, il ponte non riusciamo più a ricostruirlo. Se vogliamo avere contatto col reale, facciamolo subito, evitando di metterlo in dubbio e allora esso non ci sfuggirà. E non saremo tentati di costruirci una pseudo-realtà per conto nostro.

Infine sbagliano coloro che credono che nella controversia tra idealisti e realisti sia impossibile sapere chi ha ragione o che credono, come Fichte, che tra realismo e idealismo non vi sia niente in comune.

Ma questo è falso perché sia realisti che idealisti, per sostenere di aver ragione, non possono non sostenere che il loro giudizio si adegua al reale, mentre dal punto di vista contenutistico sia il realista che l’idealista ammette la possibilità dell’identificazione del pensiero con l’essere.

La questione della differenza fra corpo e spirito mette in campo anche la dibattuta differenza culturale fra Occidente ed Oriente. A tal riguardo è nota la tesi del misticismo orientale e dello scientismo occidentale. Oriente e Occidente si completano vicendevolmente. Tuttavia il cristianesimo è nato in Occidente.

Il che vuol dire che è in Israele e in seguito a Roma che è sorta la «luce per illuminare le genti» (Lc 2,32). L’Oriente che sembra raggiungere il vertice della spiritualità sconfinando nell’ineffabile, in realtà manca di quella vera spiritualità umana che è sintesi tra materia e spirito, anima e corpo, sensi e intelletto, volontà e passioni, Dio e mondo, che viene dall’Occidente a tutto il mondo dalla Chiesa cattolica. L’Occidente tende al politeismo, l’Oriente, al monismo. In Occidente il mondo è Dio; in Oriente è l’apparire di Dio. La verità ci viene da Cristo: il mondo è creato da Dio.

Il materialista crede di proporre una felicità corporea superiore a quella programmata dall’etica cristiana, col suo primato dello spirito sul corpo e non sa invece quanto è miserabile la sua prospettiva carnale rispetto all’ideale proposto dal cristianesimo. Infatti la fede cristiana consente esperienze edeniche e pregustazioni della futura risurrezione, delle quali il materialista non ha la più pallida idea. Non sa che è proprio mediante l’ascesi cristiana e in particolare la pratica dei consigli evangelici che il cristiano raggiunge su questa terra una felicità corporea oltre che spirituale ben superiore a quella che il materialista crede di raggiungere col suo ateismo.

Naturalmente occorre un’etica equilibrata come quella tomista e non uno spiritualismo dualista di stampo platonico od origeniano. Quanto all’idealista trascendentale, che si crede l’apparizione sensibile dell’Assoluto, in realtà il suo Assoluto non è che l’assolutizzazione fantastica del suo miserabile io empirico avvolto e travolto dalle contingenze e l’effimero della quotidianità.

Fine Prima Parte (1/6)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 20 maggio 2024



Notiamo che oggi è in circolazione una serie di teorie strampalate o assurde,  mescolanza di idee occidentali con miti orientali, eppur seguìte da folle di discepoli, concernenti la natura dell’uomo o della vita umana o del corpo umano, dalla credenza nella reincarnazione a quella della risurrezione immediata a quella della premorte a quella dell’animale superiore all’uomo a quella della sessualità come esperienza mistica a quella che la parapsicologia consenta all’uomo di tornare indietro nel tempo o di prevedere i futuri liberi  o di muovere le cose col pensiero a quella che l’uomo possa comunicare con i defunti o possa costruire una macchina pensante a quella degli extraterrestri a quella dell’uomo frutto del caso a quella del corpo astrale a quella del viaggio nel tempo a quella del potere creativo a quella del sentirsi Dio a quella dell’essere umano come essere per la morte a quella dell’essere umano che è nulla.


Ma con la diffusione di queste idee, con questa libera e caotica diffusione degli errori più assurdi e dannosi, in pratica che cosa succede? Che se da una parte abbiamo imparato una certa convivenza pacifica sostenuta da istituzioni giuridiche internazionali, dall’altra la libera circolazione di idee sovversive, distruttrici, atee, materialiste, scettiche, nichiliste e panteiste provoca nei costumi e nel comportamento concreto delle persone e dei gruppi un modo di agire che ci tiene tutti costantemente in bilico sul  baratro e quindi in uno stato continuo di ansietà, spavaldamente ignorato o represso dagli incoscienti e dagli irresponsabili e che solo chi ha fede in Dio può superare consentendogli di operare efficacemente per la giustizia e la pace.
 
 Immagini da Internet:
- La Croce della gioia (https://www.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2024/5/26/santissima-trinita.html)
 

[1] Julius Evola ha mostrato le radici idealistiche a loro volta provenienti dalla Kabbala della concezione idealistica dell’uomo nel suo libro Saggio sull’idealismo magico, Edizioni Mediterranee, Roma 2006.

[2] San Giovanni Paolo II ha raccomandato il pensiero di questo grande teologo russo nell’enciclica Fideset ratio. 

[3] Per es. Karl Rahner.

[4] La parapsicologia studia fenomeni e poteri umani straordinari che non sono spiegabili con le comuni leggi della psicologia, ma dipendono da qualità straordinarie di alcuni rari o rarissimi individui eccezionalmente dotati. Nonostante l’abbondantissima fenomenologia accumulata in questi ultimi due secoli, la scienza non è finora riuscita a capire quali sono le leggi, i princìpi e fattori psicologici di questi fenomeni e poteri.

[5] La pratica spiritistica o medianica, a suo tempo condannata dalla Chiesa. Non c’entra con la parapsicologia, ma è una forma di collaborazione consapevole o inconsapevole col demonio al fine di ottenere informazioni o poteri, i quali oltrepassano i limiti naturali della conoscenza umana. Sullo spiritismo, vedi gli studi del Padre François Dermine.

[6] L’idea che l’uomo possa costruire una statua parlante, il cosiddetto Golem, è già presente nella Kabbala.

[7] Esistono addirittura teologi cattolici che credono a una possibilità del genere. Ho confutato le loro idee in miei precedenti articoli.

[8] Vedi l’antroposofia di Rudolph Steiner.

[9] Una buona difesa del realismo si trova nell’opera collettiva Il realismo, a cura di Francesco Olgiati, Edizioni Vita e Pensiero, Milano 1936. Buona esposizione del realismo e buona critica all’idealismo è stata fatta dal Maritain in Les degrés du sovoir. Viceversa, ci si può render conto dell’insufficienza degli argomenti degli idealisti contro il realismo leggendo libri come Il mito del realismo, di Armando Carlini, Sansoni Editore, Firenze 1936 o come Studi sull’idealismo di Gustavo Bontadini, Vita e Pensiero, Milano 1995. Importante è la critica del Padre Mariano Cordovani, del Padre Angelo Zacchi e del Padre Emilio Chiocchetti all’idealismo di Giovanni Gentile.

[10] Husserl riconosce che il realismo corrisponde all’«atteggiamento naturale», ma se vogliamo far filosofia, dobbiamo ascoltare la sua «fenomenologia». Tutti gli idealisti si rendono conto di andare contro il senso comune. Eppure sono convinti (?) di essere loro a possedere la verità e di fare la vera filosofia. Il realista è un povero ingenuo, fermo ancora al medioevo, che manca di senso critico e vive tra le illusioni. Oppure ci sono gli idealisti che fanno ora gli idealisti ora i realisti, come un attore di teatro che dovesse recitare due parti a seconda delle circostanze.

3 commenti:

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  2. Caro Padre Cavalcoli,

    Interessante e saluberrima riflessione. Posso chiederLe a cosa è dovuta precisamente la scelta di aggiungere la fotografia della c.d. "Croce della Gioia" elevata di fronte a S. Pietro per la c.d. giornata dei bambini?

    Suo nel Cuore Immacolato di Maria,

    Pietro

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    1. Caro Pietro,
      la foto della “Croce della gioia” è stata messa per il fatto che in essa sono rappresentate in forma simbolica sia le realtà corporali, per esempio fiori ed animali, che quelle puramente spirituali, come gli angeli rappresentati sotto la forma dei pesci volanti o della libellula.

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