I finti devoti di Papa Francesco

 

I finti devoti di Papa Francesco

Si può essere scomunicabili senza essere giuridicamente scomunicati. Si può essere di fatto con le proprie idee e comportamenti fuori della vera comunione col Papa, pur senza essere stati scomunicati ufficialmente. Si può fingere di essere in comunione col Papa, lisciarlo, adularlo, ripetere a pappagallo ogni sua parola, utilizzarlo e strumentalizzarlo, tramare e agire di nascosto senza una sincera comunione col Papa. Sono questi i modernisti e i finti attuatori del Concilio Vaticano II. Sono quelli che si considerano i primi della classe.

Il Papa, dal canto suo, data la situazione di irrimediabile dittatura modernista (il cosiddetto «pensiero unico»), deve fare buon viso a cattivo gioco, non ha la forza o non trova fruttuoso o conveniente scomunicare tutti quelli che a rigor di diritto canonico, meriterebbero di essere scomunicati.

Circa alcuni finti devoti il Papa non è sempre sufficientemente informato sul danno che fanno, altri astutissimi lo ingannano, altri preferisce sopportarli e li tollera per il fatto che, accanto ai loro errori, posseggono buone o anche eccellenti qualità con le quali possono collaborare con lui per il bene della Chiesa, almeno in certi ambiti. Con alcuni è troppo indulgente.

Occorre infatti tenere presente che lo scomunicato o lo scomunicabile non è l’apostata o l’ateo o il bestemmiatore o l’empio o il materialista o il satanista, che vive come una bestia immerso nei vizi o agisce al servizio del diavolo, benché indubbiamente sia sotto il suo influsso, ma ciononostante conserva qualità umane, morali e spirituali che lo rendono atto sotto questo punto di vista a servire ancora la Chiesa.

Per un verso il ribelle, il fariseo e finto devoto fa del danno, ma per altri versi continua a fare del bene, almeno in certi ambiti. Per questo la scomunica è una misura o prassi giuridica della quale il Papa o il Vescovo si avvale in tempi debiti e certe circostanze con molta prudenza e discrezione, calcolando ogni volta di caso in caso se è meglio intervenire o non intervenire su qualcuno che reca danno e quanto alla Chiesa o rifiuta la piena comunione con lei.

A partire dal Concilio Vaticano II abbiamo assistito da una parte alla graduale realizzazione da parte della Chiesa delle riforme avviate dal Concilio e dall’altra al sorgere di due movimenti scismatici antitetici che si sono separati dalla Chiesa in due direzioni opposte: uno, quello dei rahneriani, dando ad intendere di essere l’interprete del progresso ecclesiale promosso dal Concilio; l’altro, quello avviato da Mons. Lefebvre, che credendo di ravvisare in nome della tradizione nelle dottrine conciliari un influsso modernista, si è apertamente opposto al modo col quale i Papi del postconcilio hanno guidato la Chiesa sulla via indicata dal Concilio.

Ora, tanto i rahneriani che i lefevriani portano avanti dei valori cattolici, i primi nella linea del progresso, i secondi, della tradizione; i primi, attenti al mutevole; i secondi, all’immutabile; i primi, attenti alla diversità e al pluralismo; i secondi, all’unità e all’universalità; i primi, attenti ai valori della modernità e della comune umanità; i secondi, ostili nei confronti degli errori della modernità; i primi hanno ampliato gli orizzonti della libertà e della misericordia; i secondi ci ricordano che, benché Dio voglia tutti salvi, di fatto non tutti si salvano;  trovandoci ancora nella condizione della natura decaduta, esistono ancora i castighi divini, sono ancora nostro dovere l’espiazione dei peccati e le pratiche ascetiche; la Chiesa deve all’occasione esercitare il suo potere coercitivo e gli Stati hanno ancora il diritto-dovere di difendere i loro legittimi interessi con l’uso delle forze armate.

Rahneriani e lefevriani mancano di alcuni valori cattolici, per cui essi hanno un concetto carente di Chiesa e di cattolicesimo, non sono in piena comunione con la Chiesa e col Romano Pontefice. Essi cioè sono scismatici di fatto, e quindi in linea di principio scomunicabili, anche se la Chiesa ha dichiarato ciò solo per i lefevriani e non per i rahneriani. Ma questi ultimi abbracciano eresie di carattere gnoseologico, teologico, cristologico, trinitario, sacramentale, escatologico ed ecclesiale già condannate dalla Chiesa.

La Chiesa è indulgente e tollerante nei confronti dei rahneriani per il fatto che attualmente essi occupano nella Chiesa posti di potere tali, per cui un’azione disciplinare nei loro confronti appare sconsigliabile e controproducente, per cui conviene alla Chiesa sopportarli, apprezzarne i lati positivi e condurre nei loro confronti una paziente opera di persuasione, tesa a far sì che si rendano conto della corruzione dei costumi, delle divisioni e delle apostasie che causano la messa in pratica delle loro idee, e quindi di non esser loro la punta avanzata della Chiesa, ma lo sono i fedeli che attuano veramente e in pienezza le riforme conciliari intese non nella loro interpretazione modernistica, ma nel senso giusto, indicato dai Papi del postconcilio.

I fedeli che sono pienamente e veramente cattolici, che non insultano il Papa come fosse un eretico, ma che neppure, fingendosi devoti del Papa, disobbediscono al Magistero sostenendo che può sbagliare, quei cattolici che attuano pienamente la comunione con la Chiesa e col Papa nella vera attuazione delle riforme conciliari, sono quelli che attuano il vero e legittimo pluralismo ecclesiale e non quello disordinato e conflittuale dei modernisti rahneriani.

Tale legittimo e costruttivo pluralismo, espressione di vera libertà, effetto dei vari doni dello Spirito Santo, fautore di dialogo fraterno e costruttivo e di reciproca collaborazione, di concordia, di unità e di pace, nel rispetto delle diversità, fatto di sincerità, giustizia e misericordia, avanzando verso il Regno sul solco della tradizione, è quel pluralismo che risulta dalla congiunzione e collaborazione dei due naturali processi comunitari fisiologici del dinamismo ecclesiale, propri della vita, che sono l’atto del conservare-custodire e l’atto del progredire-rinnovare.

Il vivente come tale ha due bisogni fondamentali; conservare la propria identità e far crescere ed espandere la propria esistenza. Nella Chiesa la prima esigenza è soddisfatta dalla tradizione, la seconda dal progresso. Tradizione e progresso devono quindi convergere assieme l’uno verso l’altro per il bene del Tutto.

A ciascun cattolico è data facoltà, a seconda della sua indole, delle sue inclinazioni o di particolari doni o talenti ricevuti da Dio, di scegliere fra l’orientamento progressista e quello tradizionalista. L’importante è intendere questi due valori come li intende la Chiesa; quindi no al tradizionalismo lefevriano, che è immobilismo, rigidezza e indietrismo. No al progressismo rahneriano, che è modernismo, sovversione, eresia, infedeltà, distruzione. Si tratta di unire e non contrapporre l’immutabile al mutevole, l’eterno al temporale, l’umano al divino secondo il mistero dell’Incarnazione.

Possiamo fare tra gli altri possibili, due nomi paradigmatici di due teologi nostri contemporanei, uno progressista e l’altro tradizionalista nel senso autenticamente cattolico: il Maritain e il Servo di Dio Padre Tomas Tyn. Siamo liberi di raccoglierci attorno all’uno o all’altro, come preferiamo, come ci detta la nostra sensibilità.

I maritainiani potranno far presa sui modernisti, perché ne riconoscono i valori. I tyniani potranno far presa sui lefevriani perché ne riconoscono i valori e nel contempo potranno gli uni e gli altri assieme lavorare per la pace e la conciliazione fra lefevriani e rahneriani, tutti nella piena comunione con la Chiesa e col Papa, congiungendo progresso e tradizione, come è giusto e doveroso che sia affinchè la Chiesa viva, funzioni e prosperi secondo la volontà di Cristo.

Bisogna che noi cattolici, che vogliamo realizzare tutto ciò che questo nome santo significa, in sincera comunione fra noi, in spirito di sinodalità, nella piena comunione con Papa Francesco, nella libertà e parresia dei figli di Dio, in ascolto degli impulsi dello Spirito Santo, siamo tyniani o siamo maritainiani, non importa, diamo piena opera nel chiamare a noi e alla piena e sincera comunione con noi e con la Chiesa i fratelli scismatici, siano riconosciuti o non siano  riconosciuti come tali non importa – badiamo ai fatti più che alle forme giuridiche - , siano essi indietristi o modernisti, lefevriani o rahneriani attorno a quell’ unità di fede e di disciplina che può essere assicurata soltanto dalla fedeltà al Magistero vivo della Chiesa, che ancor oggi da otto secoli raccomanda San Tommaso come Dottore Comune della Chiesa, ma San Tommaso nei termini nei quali egli è raccomandato e proposto ad esempio dal Concilio.

Solo a queste condizioni possiamo sperare di superare questa situazione di interna conflittualità ecclesiale, mai verificatasi con questa gravità in tutta la storia della Chiesa. Mettiamoci tutti in ascolto dello Spirito con animo sinodale e obbedienza al Papa e troveremo le vie della pace e della concordia.

Padre Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 7 luglio 2024

 

I fedeli che sono pienamente e veramente cattolici, che non insultano il Papa come fosse un eretico, ma che neppure, fingendosi devoti del Papa, disobbediscono al Magistero sostenendo che può sbagliare, quei cattolici che attuano pienamente la comunione con la Chiesa e col Papa nella vera attuazione delle riforme conciliari, sono quelli che attuano il vero e legittimo pluralismo ecclesiale e non quello disordinato e conflittuale dei modernisti rahneriani.

  

Tale legittimo e costruttivo pluralismo, espressione di vera libertà, effetto dei vari doni dello Spirito Santo, fautore di dialogo fraterno e costruttivo e di reciproca collaborazione, di concordia, di unità e di pace, nel rispetto delle diversità, fatto di sincerità, giustizia e misericordia, avanzando verso il Regno sul solco della tradizione, è quel pluralismo che risulta dalla congiunzione e collaborazione dei due naturali processi comunitari fisiologici del dinamismo ecclesiale, propri della vita, che sono l’atto del conservare-custodire e l’atto del progredire-rinnovare.

Possiamo fare tra gli altri possibili, due nomi paradigmatici di due teologi nostri contemporanei, uno progressista e l’altro tradizionalista nel senso autenticamente cattolico: il Maritain e il Servo di Dio Padre Tomas Tyn. Siamo liberi di raccoglierci attorno all’uno o all’altro, come preferiamo, come ci detta la nostra sensibilità. 

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27 commenti:

  1. Che il Papa nelle condizioni in cui si trova la Chiesa (dittatura del modernismo), costretto a far bella figura, si è visto anche durante il pontificato di Benedetto XVI (e naturalmente anche in quelli di san Paolo VI!).
    E mi sembra che questo sia successo al Papa non solo perché deve sopportare i modernisti, ma anche gli indietristi. E mi riferisco ai tempi di Benedetto, quando il Papa doveva sopportare gli indietristi della scomparsa Commissione Ecclesia Dei (non farò nomi). Non mi risulta che Benedetto, con la sua intelligenza ed equilibrio, sia stato d'accordo con tutto ciò che in quegli anni è uscito da quella Commissione e dalla Congregazione del Culto (credo che lo stesso sia accaduto a papa Francesco con il suo precedente prefetto del Culto).
    Sono d'accordo con lei: il Papa fa quello che può, cerca di tirare fuori il meglio da una brutta situazione, o come si suol dire, cercare di giocare bene con la cattiva mano nelle sue carte.

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    1. Caro Pietro,
      condivido le sue considerazioni.
      Secondo me bisognerebbe promuovere il più possibile l’azione congiunta dei maritainiani e tyniani, volta ad avviare un dialogo tra lefevriani e modernisti, al fine di sanare questo doloroso e scandaloso conflitto che si trascina da sessant’anni.

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  2. Posso dire con tutto il rispetto che questo Pontificato non mi piace per niente?

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    1. Caro Alessandro,
      un Pontificato non deve piacere o non piacere come a noi può piacere un gelato o un bicchiere di vino.
      Esso non deve andare incontro ai nostri gusti, ma deve indicarci la via della salvezza, anche se ciò costa al nostro egoismo e anche se il Papa non manca di difetti umani come ogni figlio di Adamo.
      Il suo atteggiamento nei confronti del Papa, prima che essere offensivo per il Papa, è dannoso a lei, perché mi fa capire che lei non sa apprezzare il servizio preziosissimo che il Papa le rende, che è quello del “portinaio”. Egli infatti, come ha voluto Cristo, ha in mano le chiavi del Regno dei Cieli, per cui apre a chi può entrare e chiude a chi non può entrare.

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  3. Non sembra che si tratti di una questione di sensibilità, di emozioni, ma della fede della Chiesa.
    Quel preteso ottimismo fondato sul progresso e l'evoluzione si dimostrò carente. La Chiesa cercò sempre di tornare alla norma del Vangelo.
    In diverse occasioni la Chiesa ha tentato un dialogo con il mondo, cedendo subdolamente alle sue legittime pretese, e non gli è andato bene. Le più recenti sono state:
    1. Il concordato di Pio VII con Napoleone nel 1801. L'intenzione era indubbiamente buona, che tornasse la restaurazione della gerarchia cattolica in Francia. Il risultato fu pessimo, l'accettazione dei principi rivoluzionari.
    2. Il ralliement.
    3. Gli accordi con il Messico per porre fine alla guerra cristera.
    4. La Ostpolitik. L'intenzione era la stessa. Restaurare la gerarchia della Chiesa dietro la cortina di ferro. A questo fenomeno avvertì il Cardinale Mindszenty che l'unica cosa che sarebbe successa era che avrebbero finito per nominare vescovi i candidati del governo comunista.
    Il mondo, in quanto mondo, rifiuta il messaggio di Cristo. E pretendere di dialogare con quel mondo che nega i principi fondamentali della legge naturale senza annunciare Gesù Cristo non porta a nulla.
    Il mondo accetta di dialogare quando pretende di guadagnare qualcosa. Altrimenti, rifiuta il dialogo.
    L'annuncio di Cristo porta al martirio (nelle sue diversissime forme) o alla conversione.
    Un'altra strada non viene dal Vangelo.

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    1. Caro Romulo,
      rispondo per punti.

      1. Non sembra che si tratti di una questione di sensibilità, di emozioni, ma della fede della Chiesa.
      Quel preteso ottimismo fondato sul progresso e l'evoluzione si dimostrò carente. La Chiesa cercò sempre di tornare alla norma del Vangelo.
      R. Il dovere della Chiesa è da una parte conservare fedelmente il deposito rivelato e dall’altra conoscerlo sempre meglio e progredire nella sua applicazione. Quindi conservazione e progresso, ben lungi dall’opporsi tra di loro, si richiamano a vicenda.
      2. In diverse occasioni la Chiesa ha tentato un dialogo con il mondo, cedendo subdolamente alle sue legittime pretese, e non gli è andato bene.
      R. Sappiamo come nel corso della storia la Chiesa ha trattato con le potenze di questo mondo non sempre con successo, ma a volte anche ricevendo danno. D’altra parte Cristo è venuto per salvare il mondo, il che suppone che ci sia un mondo salvabile. Questo mondo salvabile però deve lasciarsi salvare, perché, se fa resistenza, è chiaro che non si può salvare. Dunque nel corso della storia c’è un mondo che accoglie Cristo e un mondo che si oppone. Esiste anche un mondo che combatte la Chiesa. A proposito di questo mondo, Cristo ci dice: “Fatevi coraggio, io ho vinto il mondo”.
      3. Il mondo, in quanto mondo, rifiuta il messaggio di Cristo. E pretendere di dialogare con quel mondo che nega i principi fondamentali della legge naturale senza annunciare Gesù Cristo non porta a nulla.
      R. Il mondo in quanto tale è buono, in quanto creato da Dio. Il mondo che rifiuta il messaggio di Cristo è quel mondo che è sotto il dominio di satana, che Cristo chiama “principe di questo mondo”. Cristo è venuto per liberare il mondo dal dominio di satana. Sono d’accordo che è impossibile dialogare con un mondo che nega la legge naturale. Tuttavia la legge naturale è scritta nel cuore dell’uomo, per cui dobbiamo avere fiducia che, se essa viene soffocata, essa torna ad emergere e a questo punto è possibile il dialogo.
      4. Il mondo accetta di dialogare quando pretende di guadagnare qualcosa. Altrimenti, rifiuta il dialogo.
      R. Sono d’accordo nel riconoscere che i poteri mondani anticristici accettano il dialogo solo se questo è a suo vantaggio, ma è chiaro che la Chiesa non può accettare questo tipo di dialogo. Essa tuttavia conserva la fiducia di poter dialogare con quel mondo che è aperto alla luce di Cristo.
      5. L'annuncio di Cristo porta al martirio (nelle sue diversissime forme) o alla conversione.
      Un'altra strada non viene dal Vangelo.
      R. Sono d’accordo intendendo per martirio uno speciale dono di Dio, non a tutti concesso. Dovere invece di tutti è la testimonianza per esercitare la quale è sufficiente la grazia ordinaria. Sono d’accordo che la predicazione del Vangelo è finalizzata alla conversione del mondo a Cristo.

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  4. Caro Padre, visto che parla di scomunica, le chiedo per favore: se una persona che assiste alla messa, frequenta i sacramenti, prega il rosario, ma nega che il papa lo sia, rimane ipso facto scomunicato? Molte Grazie.

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    1. Caro Giovanni,
      la questione della scomunica è in sé stessa una questione giuridica, ossia è la dichiarazione ufficiale che un dato fedele, per la sua mancata comunione con la Chiesa, così come la si può giudicare in foro esterno, non appartiene più ai confini visibili della Chiesa.
      La scomunica entra quindi in gioco quando un fedele disobbedisce al Papa nella sua funzione di Pastore Universale della Chiesa.
      Per quanto riguarda il caso che lei mi propone, se è scomunicato uno che disobbedisce al Papa, a maggior ragione sarà scomunicato chi non riconosce la legittimità dell’autorità del Papa regnante.
      Il fatto di frequentare la Messa, in sé è una cosa buona. Però se un fedele partecipasse alla Messa celebrata da un sacerdote scomunicato ufficialmente, per esempio Minutella o Viganò, darebbe prova di disprezzare l’atto di scomunica, per cui, dal punto di vista morale aggraverebbe la sua situazione e cadrebbe nella scomunica a sua volta.
      Nel caso invece che il fedele vada alla Messa di un sacerdote in comunione con Papa Francesco, però lui personalmente ritiene che Francesco non sia Papa, allora è scomunicato lata sententia.
      I fedeli che si trovano in questa situazione, per tornare in comunione con Papa Francesco e quindi con la Chiesa, devono pentirsi di questo scisma e riconoscere l’autorità del Papa, con la conseguenza di impegnarsi ad obbedire con fedeltà al Vicario di Cristo.

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    2. Grazie per la sua risposta Padre. Capisco che il fedele deve pentirsi e ritornare alla comunione con la Chiesa. Ma questa situazione se si prolunga nel tempo diciamo dall'inizio del pontificato di papa Francesco fino ad oggi con una fervente predicazione e convinzione inflessibile di quel fatto arrivando a compatire chi non accetta quella "realtà" che solo loro vedono. Cosa succede allo stato dell'anima in questa situazione? Si può continuare con la ricezione dei sacramenti ignorando ciò che accade con la Chiesa o deve essere riparato immediatamente per essere un grave reato? Che Dio lo benedica.

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    3. Caro Giovanni,
      lei mi pone una domanda come se si trattasse di un fenomeno di tipo fisico con sue caratteristiche proprie, conoscendo le quali è possibile avviare una terapia. Ora, invece, i fenomeni dello spirito nascono dal libero arbitrio, per cui non si danno comportamenti fissi, ma il comportamento varia da persona a persona.
      Che cosa si può fare? Non si può dare una risposta che valga per tutti i casi, ma bisogna seguire caso per caso. Tutto quello che si può dire in linea di principio è che si possono verificare due possibilità: o lo scismatico è in buona fede o è in mala fede.
      Ma gli scismatici in buona fede, che non si rendono conto della loro situazione, difficilmente accettano la correzione. Se invece lo scismatico ha la possibilità di rendersi conto del suo peccato, allora è bene tentare di persuaderlo a correggersi e a rientrare in seno alla Chiesa.

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  5. "Bisogna che noi cattolici, che vogliamo realizzare tutto ciò che questo nome santo significa, in sincera comunione fra noi, in spirito di sinodalità..."

    La sinodalità non si capisce che cos'è. Sembra un altro nome per il conciliarismo.

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    1. Caro Anonimo,
      la sinodalità è una attitudine di tutti i fedeli, come Popolo di Dio, a camminare insieme, sotto la guida del Papa e in ascolto delle mozioni dello Spirito Santo, sulla base del comune Battesimo, della comune Fede e della Carità reciproca.
      Si tratta di un ideale stupendo che al lato pratico purtroppo è spesso disatteso a causa dei nostri peccati e per le insidie del demonio che vuol dividerci tra di noi e spezzare l’unione fraterna, disobbedendo eventualmente al Successore di Pietro.
      Il conciliarismo è cosa ben diversa. Esso è una eresia già condannata più volte dalla Chiesa, perché sarebbe la pretesa di una superiorità del Concilio nei confronti del Papa, quando invece spetta al Papa convocare, autorizzare e presiedere ai Concili Ecumenici, affinchè i loro Decreti possano avere valore per la Chiesa Universale.

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  6. Per i loro frutti saranno riconosciuti.
    I pontificati successivi al Concilio Vaticano II non hanno saputo superare la crisi. Non hanno saputo correggere gli errori. Passarono la vita a cercare gli aspetti positivi degli eretici e abbandonarono i loro figli fedeli.
    Abbiamo visto tutti i poveri parroci lottare contro la comunione in mano perché era un abuso e poi dover sottomettersi perché, per una votazione di determinate proporzioni della conferenza episcopale, la Chiesa lo autorizzava. E siamo arrivati alla follia di essere obbligatori durante il covid.
    E come quello, molti esempi.
    La passiamo pregando per il Papa perché i vescovi non gli obbediscono. Questo è stato il discorso dell'Opus Dei, dell'Istituto Cristo Re e altri simili.
    E ora con la scusa del discernimento abbiamo Amoris laetitia e Fiducia supplicans.
    Se oggi chiediamo a qualsiasi fedele aspetti fondamentali del catechismo, li ignora. E su molti aspetti del progressismo la risposta è che si tratta di una questione di tempo, perché oggi è permesso ciò che una volta era peccato, come la comunione di persone che vivono in adulterio o le benedizioni di gay e di coniugi. E per quanto si spieghi che ognuno è benedetto separatamente, la gente vede che si tratta di un matrimonio in chiesa di seconda classe.

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    1. Caro Giuseppe,
      circa l’elenco di mali che oggi affliggono la Chiesa, su alcune cose potrei essere d’accordo, su altre avrei da discutere.
      Chi conosce i miei scritti ha modo di chiarire il mio pensiero.
      Per quanto riguarda il suo giudizio sui Papi del postconcilio, tenga presente che due sono stati canonizzati. Per questo posso riconoscere che non sono riusciti a frenare il modernismo, ma non posso accettare quello che mi sembra un tono di accusa nelle sue parole.
      In altre parole, il modernismo effettivamente esiste, ma dall’epoca di San Paolo VI fino ad oggi il fenomeno del modernismo si è talmente sviluppato che anche i santi non sono stati in grado di fermarlo. Altrimenti dovremmo accusare Gesù Cristo di trascuratezza o di debolezza per il fatto che non è riuscito a convertire i Farisei. Un santo può fare del bene anche accettando la croce.
      Sono quarant’anni che io vado dicendo che i Papi del postconcilio sono Papi crocifissi, a differenza dei Papi medievali, che presentavano Cristo trionfante. I Papi di oggi, che testimonianza danno? Quella stessa di Cristo. La croce sembra una sconfitta, ma lei, da buon cristiano, sa che invece è la via della vittoria.

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    2. Certo, sono Papi crocifissi, come dovrebbero essere tutti i cristiani.
      Tutti i Papi hanno avuto dispiaceri e fallimenti umani. Basta leggere la storia della Chiesa.
      L'esempio di Cristo e dei farisei è molto importante. Ma chiariamo che non rimprovero ai Papi di non aver convertito il mondo, ma in ciò che la Chiesa non ha fatto bene in alcuni aspetti del governo. Non si può rimproverare a Papa Francesco le bestemmie dei Giochi Olimpici, ma oso esprimere il mio dispiacere nel vedere la Pachamama nella Basilica di San Pietro.
      Non dubito della santità e della rettitudine dei papi, ma a volte sembra che per mantenere una pretesa unità, si mette a rischio il vero annuncio lasciando che in nome della Chiesa si insegnino dottrine contrarie alla Rivelazione.
      L'unità è richiesta da Cristo e non può essere minimizzata. Ma questa unità deve essere autentica e non fittizia.
      Naturalmente spetta al Papa giudicare queste situazioni prudenziali e loro hanno la visione più ampia del bene della Chiesa e l'assistenza dello Spirito Santo per guidarla. Tuttavia, anche se vi chiamiamo Santità, i Papi sono umani.

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    3. Caro Giuseppe,
      che un Papa nel governo della Chiesa, nella sua condotta morale o nell’azione pastorale, possa mancare di giustizia, di carità o di prudenza non solo è una possibilità, legata al fatto che anch’egli risente delle conseguenze del peccato originale, ma è anche un dato di fatto, la cui esistenza e gravità va certamente verificata con un retto criterio, ma tuttavia si tratta di cosa innegabile.
      In questo senso può essere utile e doveroso richiamarlo, avvertirlo, consigliarlo e, se possibile, correggerlo. Il tutto va fatto con spirito di collaborazione, accompagnando alla critica proposte concrete di miglioramento. Questa è l’opera che hanno sempre fatto i grandi veri riformatori, come Santa Caterina da Siena, San Pier Damiani, San Bernardo e il Savonarola. Gli stessi San Francesco, San Domenico e Sant’Ignazio sono stati grandi riformatori.
      Da condannare invece è quel falso spirito riformatore, come per esempio quello di Lutero o degli attuali modernisti, i quali non riformano, ma deformano, non propongono un miglior bene, ma un falso avanzamento che in realtà è sovversione, oppure un ritorno a un passato, che deve restare passato.

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  7. Mi sembra che lei abbia una concezione molto rudimentale e infantile del carisma petrino, mi ricorda chi crede nei supereroi dei fumetti. La sedia di Pietro richiede la condotta di Pietro.

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    1. Caro Gennaro,
      la mia posizione concernente l’autorità dottrinale del Papa integra l’insegnamento del Vaticano I, il quale si limita a porre soltanto il I grado dell’infallibilità pontificia, concernente la definizione solenne di un nuovo dogma.
      Ma, affinchè lei possa comprendere con maggior chiarezza il valore del Magistero pontificio, dovrebbe leggere la Lettera Apostolica Ad Tuendam Fidem di San Giovanni Paolo II, del 1998, dove sono presentati anche altri due gradi inferiori, nei quali il Papa insegna la verità di fede.
      L’ultramontanismo, l’infantilismo e la magia sono quindi accuse stolte, che mi fanno capire che lei non ha letto il Documento Pontificio.
      La invito pertanto a leggere e a meditare questo Documento: https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_1998_professio-fidei_it.html

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  8. In altre parole, il carisma dell'infallibilità non è magia. Non è una protezione automatica. Opera solo in certe condizioni, strettamente fissate dal Concilio Vaticano I. Il suo è ultramontanismo, felicemente superato.

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    1. Caro Gennaro,
      la mia posizione concernente l’autorità dottrinale del Papa integra l’insegnamento del Vaticano I, il quale si limita a porre soltanto il I grado dell’infallibilità pontificia, concernente la definizione solenne di un nuovo dogma.
      Ma, affinchè lei possa comprendere con maggior chiarezza il valore del Magistero pontificio, dovrebbe leggere la Lettera Apostolica Ad Tuendam Fidem di San Giovanni Paolo II, del 1998, dove sono presentati anche altri due gradi inferiori, nei quali il Papa insegna la verità di fede.
      L’ultramontanismo, l’infantilismo e la magia sono quindi accuse stolte, che mi fanno capire che lei non ha letto il Documento Pontificio.
      La invito pertanto a leggere e a meditare questo Documento: https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_1998_professio-fidei_it.html

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    2. Padre Giovanni, gli unici che interpretano così il magistero oggi sono i sedevacantisti, per questo non credono che Bergoglio sia papa. È perfettamente possibile che scivoli nel magistero errori, come è già avvenuto, come l'inclusione nell'AAS dell'approvazione da parte di Francesco alla lettera dei vescovi argentini su Amoris Laetitiae.
      Ho studiato l'ad tuendam a fondo, e non dice quello che lei dici. Lei ha una grande capacità di chiudere sempre un occhio. Attento a non dire che è un'ottusa.

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    3. Caro Gennaro, la mia interpretazione dell’Ad Tuendam Fidem non è affatto a favore dei sedevacantisti, perché essi, come i lefevriani e come lei, credono che il Papa non sbagli solo quando definisce solennemente un nuovo dogma. Come le ho già detto, il Vaticano I si riferisce solamente a questo grado massimo di autorità, e credono che ai livelli inferiori il Papa possa sbagliare onde avere modo di respingere il Magistero del Concilio e quello dei Papi del postconcilio, col pretesto che in questo Magistero non esiste alcuna definizione solenne. Ma questa scappatoia non funziona, perché, se lei legge bene l’Ad Tuendam Fidem, vedrà che essa dice che il Papa non sbaglia anche ai due livelli inferiori.
      Per quanto riguarda la sentenza di Papa Francesco nei riguardi dei vescovi argentini, non si tratta di dottrina, ma di pastorale. E lei dovrebbe sapere che nel campo della pastorale un Papa può cambiare quello che ha fatto un altro Papa. In tal modo Papa Francesco dà il permesso, in alcuni casi, della Comunione ai divorziati risposati, mentre San Giovanni Paolo II la proibiva.

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    4. Vedo che lei cade ripetutamente in una fallacia notevole: "noi" non diciamo che il Papa non sbaglia solo quando definisce solennemente un nuovo dogma, diciamo che è infallibile solo (cioè, non può sbagliare) quando parla ex catedra. In effetti, questo dogma dell'infallibilità è stato definito dal Concilio Vaticano I.
      Ud. estende l'infallibilità ad altre materie, sulla base di un documento di valore ineguale, che lo stesso autore Ratzinger ha definito non autorevole: "È vero che questo testo, nel suo insieme, è stato elaborato dalla Congregazione, proposto nelle sue varie fasi in presenza del Cardinale e infine approvato da lui. Ha ricevuto anche l'approvazione del Santo Padre. Ma si è convenuto che questo testo non dovrebbe avere una propria condizione vincolante, ma sarebbe offerto solo come un aiuto per l'interpretazione e, non doveva pertanto essere pubblicato sotto forma di documento autorevole, di autorita propria (...). Nessuno deve sentirsi limitato autoritariamente da questo testo".

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    5. Caro Gennaro,
      l’espressione latina ex-cathedra, significa semplicemente “dalla cattedra di Pietro”, cioè si riferisce all’ufficio del Papa come Successore di Pietro e quindi come Maestro della Fede.
      Quindi, dato che, come ho detto, il Papa insegna la verità a tutti e tre i livelli di autorità, indicati dall’Ad Tuendam Fidem, si può dire che insegna ex-cathedra a tutti e tre i livelli. Un discorso analogo si deve fare per la qualifica “infallibile”. Che cosa significa? Significa semplicemente che ciò che insegna il Papa, come Maestro della Fede, è sempre vero, non può mutare e non può essere smentito.
      Ora, l’Ad Tuendam Fidem insegna che questo insegnamento del Papa è sempre vero a tutti e tre i livelli, per cui non è infallibile solo al primo, ma anche agli altri due. https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_1998_professio-fidei_it.html
      Il card. Ratzinger non dice che il Papa può sbagliare ai due livelli inferiori, ma determina con precisione l’autorità della Nota dottrinale della CDF, la quale vincola la coscienza cattolica, distinguendo la propria autorità da quella del Papa, benchè parli a nome del Papa.
      Dobbiamo dunque ritenere che l’insegnamento della CDF non può essere sbagliato, dato che partecipa della autorità del Papa.

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    6. Mi scusi, ma in questo le chiedo di aprire i due occhi: Ratzinger dice testualmente che "Ma si è convenuto che questo testo non dovrebbe avere una propria condizione vincolante, ma sarebbe offerto solo come un aiuto per l'interpretazione e, di conseguenza, non doveva essere pubblicato sotto forma di un documento autorevole (...). NESSUNO SI È SENTITO LIMITATO AUTOREVOLMENTE SU QUESTO TESTO"
      Se non capisci questo, non puoi continuare a parlare.
      Quanto alla sua interpretazione dell'infallibilità papale, non è quella della maggioranza degli autori né degli stessi padri del Concilio Vaticano I.

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    7. Gennaro: dica quello che ha detto Ratzinger in quell'intervista di cui lei parla, il fatto è che la Nota dottrinale della CDF alla Lettera apostolica Ad Tuendam Fidem, è vincolante per noi cattolici.

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    8. Caro Gennaro,
      ammesso che la citazione sia autentica, dato che lei non cita la fonte e tali parole non si riscontrato nei documenti ufficiali, da come Ratzinger si esprime, con una certa imprudenza, probabilmente davanti a un giornalista, capisco che ha espresso un’opinione puramente personale, che reca danno all’autorevolezza della CDF. Quindi è il caso di non tenere in conto queste parole.
      Invece è meglio fare riferimento al testo autentico della Nota Dottrinale:
      https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_1998_professio-fidei_it.html

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