Il Papa interprete di Cristo

 

Il Papa interprete di Cristo

Cristo ha incaricato Pietro di spiegarci i suoi insegnamenti

 Ne La Nuova bussola quotidiana del 21 gennaio scorso è apparso un articolo di Tommaso Scandroglio dal titolo: Critiche al Papa, come e quando sono lecite.[1] Il tema è di estrema attualità e molto interessante. Ha ragione Scandroglio nel dire che è il punto attorno al quale gira l’attuale conflittualità presente nella Chiesa.

Non direi, come sostiene l’autore, che uno dei due partiti in conflitto, quello dei modernisti, consideri il Papa infallibile in tutto quello che fa e dice. Essi piuttosto interpretano a loro favore parole e fatti del Papa, che spesso si prestano ad un’interpretazione modernista. Ma non hanno nessuno scrupolo ad attaccarlo duramente e ad accusarlo di conservatorismo quando si mostra apertamente testimone della tradizione o lascia intendere la sua opposizione al modernismo. Essi infatti non credono affatto nell’infallibilità pontificia, perché, da buoni modernisti, hanno, della verità, una concezione soggettivista, relativista e storicista.

Il difetto dell’argomentazione di Scandroglio sta nel fatto che non interpreta bene la famosa espressione ex cathedra, quasi riferita alle sole definizioni solenni di nuovi dogmi in circostanze straordinarie. Ma le cose, come dimostro in questo articolo, non stanno affatto così, perché, se fosse vero quello che dice Scandroglio, ne risulterebbe che al di là quelle circostanze rarissime, noi potremmo essere autorizzati ad accusare il Papa di eresia, il che non è assolutamente. Vediamo dunque come stanno le cose andando per ordine.

Cristo nel Vangelo ci dà alcuni insegnamenti che sono molto chiari, come per esempio che se non osserviamo i comandamenti divini non possiamo andare in paradiso o che il nostro parlare dev’essere sì, sì, no, no oppure che non possiamo servire due padroni.

Questi insegnamenti li comprendiamo da soli, senza bisogno che qualcuno ce li spieghi: essi rispondono a un nostro naturale bisogno di giustizia e di onestà.

 Oppure ci dice che dobbiamo amarlo al di sopra di tutto o che Egli esiste in modo assoluto o che ha il potere di risuscitare i morti o che alla fine del mondo verrà ad accogliere in paradiso i buoni e allontanerà da sé i malvagi o che se non mangiamo la sua carne non avremo in noi la vita eterna.

Questi insegnamenti non sono inintelligibili; essi però ci fanno capire che Gesù intende mostrarsi a noi come Dio, come donatore di vita eterna. Il problema è come è possibile che un uomo sia Dio e come chiarire quello che dice. Assurdo sarebbe confondere la natura umana con quella divina o mangiare Dio. Ma non potrebbe essere che una sola persona divina sussista in due nature?

Questi insegnamenti, per la verità, non sono chiari, sembrano assurdi, ma riflettendo ci accorgiamo che non sono impossibili. Sono solo misteriosi, oltrepassano la nostra capacità di comprensione e sentiamo il bisogno che qualcuno ce li spieghi, che ci dica come sono possibili. 

E difatti, come sappiamo, Cristo ha incaricato il Papa, successore di Pietro, di farsi suo interprete, di spiegarci come siano possibili o credibili e che cosa vogliono dire certe sue parole che a noi paiono impossibili o insensate o irragionevoli o scandalose.

Così è avvenuto che per ordine di Gesù a cominciare da Pietro fino ad oggi i Papi o da soli o come presidenti dei Concili ecumenici, ci hanno sempre spiegato come vanno intese quelle date parole di Cristo o certe dottrine di San Paolo o San Giovanni che non sono immediatamente comprensibili, anzi fanno difficoltà o sembrano impossibili  o  suscitano discussioni o si prestano a interpretazioni contradditorie. I Papi ci spiegano qual è la giusta interpretazione ed escludono gli errori.

Il Papa, quando insegna alla Chiesa dalla cattedra di Pietro, ossia quando, a qualunque livello o grado di autorità, ci presenta il dato rivelato, ci media infallibilmente, perché assistito dallo Spirito Santo, la dottrina di Cristo. Ma bisogna notare anche che il magistero del Papa ci viene mediato a sua volta dai vescovi e dai teologi, dogmatici o sistematici e dai biblisti ossia gli esegeti. Costoro, nella misura in cui fanno questa mediazione, sono essi pure infallibili; ma, in quanto esprimono loro interpretazioni della Scrittura o del Magistero, possono sbagliare.

Che differenza c’è tra l’ufficio del vescovo e quello del teologo? Che il vescovo è maestro della fede per tutto il popolo di Dio, dotti e semplici, mentre il teologo è al servizio soprattutto dei dotti mettendo le verità di fede un rapporto con la cultura, la scienza e la filosofia.

Lutero ha sbagliato nel voler sostituire il vescovo e il Papa con il teologo e il biblista, prendendo a pretesto che il semplice fedele possiede lo Spirito Santo per comprendere la Parola di Dio. Ma il fedele possiede lo Spirito di verità solo in quanto si mantiene in comunione col Vescovo e col Papa, guide decisive nella conoscenza della verità cristiana. Se invece il cristiano si sottrae a questa guida, perde l’assistenza dello Spirito, per cui è successo e succede che l’interpretazione della Scrittura, non illuminata dal carisma petrino, perde ed ha perduto in molti casi per i seguaci di Lutero la sua perspicuità, celando il suo vero significato, che in molti casi è stato frainteso e comunque non è colto.

Ma c’è di più. Lungo i secoli i teologi hanno continuamente approfondito sia gli insegnamenti del Signore sia le spiegazioni che ne hanno dato i Papi nei dogmi e in generale nei loro insegnamenti, hanno proposto le loro spiegazioni sottoponendole o non sottoponendole al giudizio dei Papi e costoro o hanno semplicemente permesso la loro diffusione senza pronunciarsi o si sono espressi ora approvando ora rifiutando o confutando.

Un’altra cosa da notare è che fin dai primissimi tempi del cristianesimo ci sono stati teologi o fedeli, i quali hanno accusato i Papi di essersi sbagliati nell’interpretare certe parole del Signore o di aver contraddetto a suoi chiari insegnamenti o a certe interpretazioni fatte da Papi precedenti o di trascurare di trasmettere certi insegnamenti del Signore.

Può un Papa essere eretico?

Una questione che si è posta sin dagli inizi del cristianesimo è stata quella di chiarire se il Papa nell’interpretare o trasmettere le parole di Cristo può sbagliarsi, ingannarsi o ingannare. Da come si esprime Cristo, possiamo dire di no.

Se infatti il Papa si sbagliasse in questa materia, dovremmo dire che Cristo si è sbagliato o ci ha ingannati nell’assicurare a Pietro la sua assistenza. Per questo, quando sembra che il Papa si sbagli, occorre fare un’attenta e benevola verifica e un’adeguata ermeneutica e vedremo che non è così e che ci sbagliamo noi nell’interpretare le parole del Papa, che tutt’al più può esprimersi in modo improprio o equivoco o ambiguo o scorretto.

Ciò che piuttosto i Papi hanno chiarito nella storia del cristianesimo è il fatto che quando come maestri della fede e interpreti o vicari di Cristo, successori di Pietro,  dalla cattedra di Pietro (ex cathedra Petri) insegnano ufficialmente e pubblicamente a tutta la Chiesa ordinariamente o straordinariamente, semplicemente o solennemente, innovativamente o tradizionalmente  le verità di fede, ossia quando insegnano in materia di fede, possono farlo secondo tre gradi di autorità[2]: o definiscono il dato rivelato  - definizione dogmatica o dogma definito -  (1° grado, evento molto raro) o in materia connessa con la fede direttamente (2° grado, evento frequente) o indirettamente (3° grado, evento frequentissimo), sono infallibili, ossia insegnano la parola di Cristo che non passa, ossia una dottrina divina e di fede, sempre e certamente vera, irreformabile, definitiva,  immutabile, non falsificabile e non rivedibile.

In base a quanto detto dobbiamo aggiungere che il Papa è l’unico cristiano che può peccare contro tutte le virtù, ma non contro la fede, né può perderla, quindi non può essere formalmente eretico, ossia sostenere coscientemente, volontariamente, maliziosamente ed ostinatamente l’eresia presentandola come verità di fede. I casi famosi di Liberio, Onorio[3] e Giovanni XXII[4], che vengono citati per sostenere che di fatto sono esistiti dei Papi eretici. Ma storicamente si dimostra che essi non hanno voluto sostenere ex cathedra il loro errore.

L’ipotesi di S.Roberto Bellarmino del Papa eretico, oggi citata da alcuni,  non va interpretata come se Bellarmino volesse alludere a una possibilità reale, ma si tratta solo della dimostrazione di una consequenzialità logica da un dato e non concesso: se un Papa favorisse l’eresia, è logico che decadrebbe dal suo ufficio. Gli attuali nemici di Papa Francesco negano che egli sia Papa perché a loro dire sarebbe fautore dell’eresia e pretendono di appoggiarsi su San Roberto Bellarmino.

Occorre inoltre distinguere il magistero pontificio dottrinale, teorico-dogmatico o morale, dall’insegnamento pastorale e dalle disposizioni o direttive disciplinari, liturgiche o giuridiche. Il primo è infallibile a tutti e tre i gradi, cioè insegna sempre la verità; nel secondo il Papa può sbagliare per imprudenza o ingiustizia. Su questa materia il Papa può ravvedersi e può essere confutato o corretto.

La prima cosa che il Papa c’insegna è la sana e genuina dottrina di Cristo, sono i dogmi e gli articoli della fede, sono quelle nozioni sacre e divine, chiarite e spiegate dai Papi che lo hanno preceduto, verità eterne da contemplare e da mettere in pratica. Per questo il Papa al magistero fa seguire la pastorale, ossia ci dice che cosa dobbiamo fare per mettere in pratica le verità credute.

Tuttavia, mentre il Papa è infallibile nell’insegnarci la verità dogmatica e morale, può sbagliare o peccare nelle disposizioni contingenti pastorali, ossia nell’applicazione positiva, circostanziata, casuistica, giuridica, liturgica, cerimoniale, disciplinare, prudenziale e particolare del dogma morale o della legge naturale e divina, da lui insegnati infallibilmente in quanto verità di fede.

Aggiungiamo che il fatto che il Papa non possa sbagliare nell’insegnare la dottrina della fede, mentre possa sbagliare nella pastorale o nel governo della Chiesa si riflette nell’autorità degli organismi della Santa Sede e nei dicasteri della Curia romana. Così l’unico dicastero le cui dichiarazioni sono infallibili è il dicastero per la dottrina della fede. Tutti gli altri possono sbagliare.

Bisogna distinguere l’infallibilità pontificia personale da quella sinodale. La prima appartiene al Papa e solo al Papa quando insegna per conto proprio; la seconda appartiene al collegio dei Vescovi col Papa e sotto il Papa nel Concilio.

Anche il fedele è infallibile nel giudicare circa la verità di fede, con la differenza che mentre il semplice fedele, il popolo di Dio non sbaglia nel proclamare il simbolo della fede, l’infallibilità pontificia non è semplicemente apprensiva o cognitiva, ma è magisteriale, ossia il Papa è infallibile anche nell’insegnare la dottrina di Cristo.

In che senso un Papa può commettere un abuso di autorità

Se non è consentita l’ipotesi del Papa eretico, è ammissibile l’ipotesi del Papa che abbia commesso un crimine contro la legge naturale o civile, sempre per il fatto che il Papa è dottrinalmente infallibile ma moralmente peccabile. La storia è ricca di episodi che toccano questo delicato argomento. Su questo punto il Codice ha un canone, il 1404, che deve essere bene interpretato. Dice: «La prima Sede non è giudicata da nessuno».

Questo canone va riferito all’autorità dottrinale, nel senso di dire che un Papa non può essere sottoposto ad un processo per eresia, nessuno può giudicare, redarguire, accusare, condannare o correggere un Papa come eretico. Qui il Papa è quell’«uomo spirituale, del quale parla S.Paolo, che giudica tutto senza poter essere giudicato da nessuno» (I Cor 2,15).

Il Papa dev’essere di esempio nel rispetto della legge civile e del diritto internazionale, tanto più considerando che egli è anche il capo dello Stato della Città del Vaticano, che è Stato membro delle Nazioni Unite.

Occorre distinguere Dio legislatore dall’uomo legislatore. È vero che Cristo ha conferito a Pietro il potere delle chiavi, per cui indubbiamente il Papa è il legislatore e il supremo moderatore del diritto canonico. Tuttavia egli è pur sempre un uomo peccabile, tenuto come tutti all’osservanza della legge divina e naturale e quindi soggetto a questa legge. Supposto dunque che la legge canonica applichi la legge di Dio, il Papa dev’essere il primo ad obbedire alla legge canonica che egli stesso ha voluto. Se quindi non la applica, perché non dovrebbe essere giudicato?

D’altra parte, la legge umana, civile o canonica, che è una legge positiva, per essere giusta, dev’essere conforme alla legge naturale e alla divina. Ora bisogna considerare che, mentre il giudice divino, Dio, non può essere ingiusto, il giudice umano, fosse anche il Papa, può peccare contro la giustizia. Il Papa può infrangere quella stessa legge canonica della quale egli dev’essere il custode.

E se compie un delitto contro questa legge, chi lo giudica? Nessuno? Ma ciò è giusto?  Bisogna dunque che il Codice precisi e distingua: un conto è il delitto di eresia e un conto è il delitto contro la legge canonica o la legge civile.

Se il Papa infrange questa legge o per negligenza o per favoritismi o per abuso di autorità o per tirannide, è giusto che sia giudicato. Ma da chi? Da un’apposita corte di giustizia, che può essere ecclesiastica per la disobbedienza alle leggi della Chiesa o può essere una corte civile per la disobbedienza alle leggi dello Stato, si tratti dello Stato della Città del Vaticano, o si tratti delle leggi della convivenza internazionale proprie della comunità internazionale basata sul diritto internazionale fondato sulla Carta dell’ONU, sancito dalla corte di giustizia dell’ONU, del quale il Vaticano è membro. 

Il Papa può sbagliare nella pastorale, ma non nella dottrina

Nel campo delle direttive concernenti la condotta umana e dell’agire cattolico il Papa è infallibile o fallibile a seconda che si tratti rispettivamente di insegnamenti riguardanti i dieci comandamenti, del diritto naturale o la legge naturale o divina, la nuova legge del Vangelo o che si tratti della legislazione canonica, del dialogo ecumenico o interreligioso o con i non-credenti, della normativa liturgica, della disciplina ecclesiastica, del governo della Chiesa, dei concordati o convenzioni con gli Stati, dell’azione pastorale, dell’organizzazione della Curia romana, di interventi nel campo della politica, della ecologia, della scienza o della medicina. In ogni caso è sempre bene obbedire, salvo che ci sia speranza di correggere il Pontefice o che si tratti di disposizioni palesemente ingiuste o che possono arrecare grave danno alla Chiesa o che incontrino insormontabili ostacoli nella propria coscienza di fede.

Esempio famoso ed eccellente di condotta cristiana in questi frangenti è quello di S.Paolo, il quale distingue bene dove occorre obbedire – nel campo del dogma o della fede -  e dove è lecito contestare, criticare o rifiutare – nel campo della pastorale o della disciplina ecclesiale (Gal 2, 2-16).

Occorre inoltre distinguere l’infallibilità o assoluta veracità dottrinale dall’impeccabilità morale. La prima riguarda l’insegnamento ufficiale delle verità  di fede; la seconda, la condotta morale, che attiene sia alla condotta morale personale che all’attività legislativa ecclesiale, alla pratica pastorale e al governo della Chiesa.

Cristo infatti ha incaricato Pietro di confermare i fratelli nella fede, il che suppone che Pietro sia infallibilmente assistito da Cristo così da poter essere sempre fedele al mandato. In questo senso Cristo ha detto: «chi ascolta voi, ascolta me».  Non ha assicurato invece a Pietro la pratica delle virtù cristiane, benché, prima di affidargli la guida del suo gregge, gli abbia chiesto se lo amava più degli altri.

Riguardo agli insegnamenti di un Papa in rapporto alla dottrina e alla persona di Cristo possiamo fare una duplice esperienza. A volte egli ci aiuta a capire i suoi insegnamenti. Altre volte ci accorgiamo che il Papa nei suoi discorsi non sembra riflettere quello che troviamo nel Vangelo o nella Scrittura. Oppure tace su certi insegnamenti di Cristo. Ciò vuol dire che non parla dalla cattedra di Pietro, ossia non esercita il suo magistero dottrinale a nessuno dei tre gradi di autorità che ho elencato, ma esprime solo una sua opinione o sue vedute personali o parla come dottore privato, anche se si tratta di materie di fede.

Facciamo alcuni esempi di insegnamento ex cathedra di primo grado. Innocenzo III al Concilio Lateranense IV definì il dogma della creazione. Definendo nel Concilio di Viennes del 1312 l’anima umana come «forma sostanziale del corpo», Clemente V ha voluto spiegarci qual è la concezione biblica del rapporto dell’anima col corpo. Eugenio IV al Concilio di Firenze del 1442 ci spiega che tra le divine Persone della Santissima Trinità esiste un’«opposizione di relazione», ossia un’opposizione fra relazioni sussistenti, che sono le stesse Persone divine. Leone X al Concilio Lateranense V ci ha spiegato che la vita eterna della quale parla Cristo suppone che l’anima umana sia immortale. Giulio III al Concilio di Trento, definendo il dogma della transustanziazione ci fa capire che cosa intese dire Gesù con le parole «questo è il mio corpo» pronunciate all’ultima cena.

Il Beato Pio IX nel 1854 ci spiegò col dogma dell’Immacolata che Maria fu esente dalla colpa originale. San Pio X nella Pascendi ci ha spiegato che Dio è trascendente e non immanente. Pio XII nel 1950 ci spiegò che l’esser Maria piena di grazia comportò la sua assunzione in cielo anima e corpo al termine della sua vita terrena. San Paolo VI nel Concilio Vaticano II ci spiegò che il diritto alla libertà religiosa è basato sulla Rivelazione. San Giovanni Paolo II chiarì che le parole di Gesù riferite alla futura risurrezione «saranno come angeli» vogliono dire che uomo e donna avranno il proprio dominio spirituale sul proprio corpo. Papa Francesco ci ha spiegato che la concezione biblica della conoscenza comporta il primato della realtà sull’idea e il rifiuto dello gnosticismo e dell’idealismo.

I difetti umani del Papa

nella condotta morale o nel governo della Chiesa

Non si può respingere il Magistero pontificio né in nome della Scrittura, come fece Lutero, né in nome della Tradizione, come fanno i lefevriani, né in nome dei primi sette Concili ecumenici, che fece Michele Cerulario causando nel 1054 lo scisma d’Oriente.

Cristo stesso ha voluto affidare a Pietro la cura del suo gregge, per cui non esistono motivi validi per respingere la guida pastorale di Pietro. Quei cristiani che l’hanno abbandonata dimostrano con la loro storia o di deviazioni dottrinali, come i protestanti o di soggezione al potere politico, come gli ortodossi, quanto danno arreca alla vita cristiana l’assenza della guida di Pietro.

Indubbiamente per l’esercizio conveniente del ministero petrino occorrono sufficienti forze psicofisiche. Le dimissioni di Benedetto XVI, da come si espresse il Papa, sembrerebbero motivate da condizioni del genere. Tuttavia meraviglia e pone interrogativi sul fatto che egli poi in piena lucidità mentale e discreta salute fisica abbia poi continuato a vivere per altri otto anni.

Non si possono escludere in un Papa anziano la presenza di lapsus psichici che gli tolgono in parte o in toto la responsabilità di quello che dice. Un rischio di equivoci per un Papa è l’eccedere nel parlare soprattutto a braccio in sedi o modalità non adatte, come per esempio battute di spirito, esternazioni improvvisate o estemporanee, scritti letterari, telefonate, twitter, interviste a giornalisti o in aero. Ovviamente tutto ciò non gli è proibito, ma allora il Papa dovrebbe far capire chiaramente che non intende impegnare il suo Magistero petrino, ma solo intrattenersi piacevolmente ed amabilmente senza veste ufficiale.

La rarità degli incontri con la gente e dei viaggi, la sobrietà nel parlare, l’amore per l’ufficialità,  l’astenersi dal prendere  posizioni personali e dalle esternazioni improvvisate possono dare l’impressione di frenare una maggiore efficacia evangelizzatrice, ma in realtà hanno sempre consentito alla gente, credenti e non credenti di riconoscere meglio nei Papi del passato lo specifico insostituibile del carisma petrino, al di là delle peculiarità più o meno discutibili della personalità umana del Papa.

Il mostrarsi fratello tra i fratelli, la semplicità e cordialità del portamento, la calda condivisione di universali sentimenti umani, soprattutto dei poveri e dei sofferenti, è certamente testimonianza preziosa in un Papa, purchè però ciò non metta in ombra la manifestazione della sua specifica e insostituibile pastoralità, che è quella che sommamente fra tutte rappresenta la pastoralità del buon Pastore Gesù Cristo. 

Il timore di apparire altero o altezzoso o dominatore, cosa certamente comprensibile in un Papa, non dovrebbe impedirgli l’uso di quei mezzi, espedienti, gesti, simboli o atteggiamenti che possono servire per suscitare nei fedeli quell’amore rispettoso e reverenziale alla sua persona e alle sue parole che favorisce l’attenzione e la docilità alla sua guida paterna sul sentiero della vita spirituale e li dispone alla percezione del trascendente.

La verità cristiana infallibilmente indicataci dal Papa ci indica la via della composizione dei conflitti, della riconciliazione e della concordia nella diversità e nella pace. Se il Papa stenta a svolgere il suo compito di fautore di unità, giudice super partes e di mediatore tra gli opposti estremismi degli indietristi e dei modernisti, la dottrina di Cristo che infallibilmente ci trasmette è sufficiente per illuminarci il cammino e farci vedere la meta.

Il Magistero infallibile del Papa circa la grandezza della misericordia di Dio e il nostro dovere di essere misericordiosi basta a correggere un certo misericordismo e buonismo, che potrebbe offuscare le esigenze della giustizia e aprire al lassismo col dar spazio proprio a quell’ingiustizia che si vorrebbe evitare.

Il primato di Cristo su tutte le potenze mondane e il dovere dell’evangelizzazione che il Papa infallibilmente ci indica, ci illuminano sufficientemente per farci superare e relativizzare un’enfasi eccessiva sul valore della pluralità delle religioni, che, se non ben intesa, potrebbe condurre al relativismo e all’indifferentismo.

La certezza della verità che ci comunica un Papa, la sua capacità di mostrarci Cristo producono per conseguenza la certezza di camminare sul sentiero della salvezza e della beatitudine. L’infallibilità del suo Magistero si traduce, al di là dei suoi difetti umani e della fallibilità di certe indicazioni o disposizioni pastorali o disciplinari, nell’infallibilità della sua guida verso il Regno di Dio.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 27 aprile 2024


Il Beato Pio IX nel 1854 ci spiegò col dogma dell’Immacolata che Maria fu esente dalla colpa originale. San Pio X nella Pascendi ci ha spiegato che Dio è trascendente e non immanente. Pio XII nel 1950 ci spiegò che l’esser Maria piena di grazia comportò la sua assunzione in cielo anima e corpo al termine della sua vita terrena. San Paolo VI nel Concilio Vaticano II ci spiegò che il diritto alla libertà religiosa è basato sulla Rivelazione. San Giovanni Paolo II chiarì che le parole di Gesù riferite alla futura risurrezione «saranno come angeli» vogliono dire che uomo e donna avranno il proprio dominio spirituale sul proprio corpo. Papa Francesco ci ha spiegato che la concezione biblica della conoscenza comporta il primato della realtà sull’idea e il rifiuto dello gnosticismo e dell’idealismo.

Immagine da Internet: Papa Francesco I

[1] Tommaso Scandroglio, Critiche al Papa, come e quando sono lecite, La Nuova Bussola Quotidiana, 20 gennaio 2024 - https://lanuovabq.it/it/critiche-al-papa-come-e-quando-sono-lecite

[2] Questa chiarificazione si trova nella Nota dottrinale della CDF alla Lettera Apostolica Ad tuendam fidem di San Giovanni Paolo II del 1998.

[3] J.V.De Groot, Summa apologetica de Ecclesia catholica ad mentem Thomae Aquinatis, Ratisbonae 1906, pp.626-634.

[4] Andrea Vaccaro, l dogma del paradiso, Edizioni PUL, Roma 2005.

10 commenti:

  1. Penso che avere una opinione sopra il modo di operare del vescovo di Roma attuale papa F1 (il modo in cui pone / dispone continue bolle motu proprio, proclami da airbus ecc. ecc.) sia più che legittimo per noi fedeli in Cristo) ; giudicare invece sia altra cosa, spettante al giudice (…) che emette poi la sentenza assoluzione oppure condanna : ma di cosa cincischiamo a fare ? Preghiamo, ci penserà Dio !

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    1. Caro Anonimo,
      lei tocca un argomento molto delicato e molto interessante.
      Riguardo al problema di come giudicare l’operato di un Papa, dobbiamo intenderci sulla parola giudicare. Il giudicare, in un senso generale, non è altro che un atto della ragione naturale, che come tale è consentito a ciascuno di noi.
      L’importante è che compiamo questo atto con giustizia, prudenza, carità e modestia. La cosa invece che oggi mi sembra degna di molta considerazione è la questione, da sempre dibattuta, se possa esistere la Corte di Giustizia ecclesiale che possa giudicare in maniera giudiziaria l’operato di un Papa in riferimento alla legge canonica e alla legge civile.
      Nel mio articolo ho chiarito che il Papa, per quanto riguarda l’osservanza delle leggi civile e canoniche, non è impeccabile. Ciò comporta, soprattutto se consideriamo la storia del passato, il fatto che purtroppo sono state commesse molte ingiustizie.
      Oggi la Chiesa sottolinea i diritti e i doveri del Popolo di Dio e la collegialità episcopale. Il pericolo del conciliarismo non c’è.

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  2. Non da ora , non da questo papato, bensì da sempre, dentro la Santa Ecclesia si annidano i vogatori contro essa stessa : aspettiamo che il cadavere (di forma immateriale) del nemico (satana) passi per la sponda del nostro fiume di preghiere: F1, l’ultimo strumento ? Gesu’ Nostro, confidiamo e speriamo in Voi !

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    1. Caro Anonimo,
      Cristo ci ha dato Pietro come maestro della fede e guida verso la salvezza. Di ogni Papa si potrebbe dire ciò che Cristo ha detto di se stesso: “Beati coloro che non si scandalizzano di me”. Infelici noi se, al di là dei difetti umani, che si trovano anche nei Papi più santi, non scorgiamo la luce di Cristo. Anche il Papa è un nostro fratello nei confronti del quale vale il dovere della correzione fraterna, purchè non abbiamo la presunzione di conoscere il Vangelo meglio di lui.
      Il Papa ci è di guida nel riconoscere le insidie del demonio. Nessun Papa finora, come Papa Francesco, ci ha tanto illuminato su questo punto.
      La mira principale di satana è proprio quella di metterci il Papa in cattiva luce allo scopo di abbandonare la sua guida.

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  3. Alla mia destra la Fede, alla mia sinistra Bergoglio, di fronte a me il mondo, alle mie spalle satana

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    1. Caro Anonimo,
      io direi piuttosto che con la destra e la sinistra noi, sotto la guida di Papa Francesco, combattiamo la buona battaglia della fede, con la quale possiamo sconfiggere, come dice San Paolo (Ef 6) i dardi infuocati del maligno.

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  4. Dopo Lund con i francobolli VATICANI celebrativi e la pacciamammona con la moneta VATICANA da 10 euro raffigurante la dea PAGANA madre natura, dopo tradizione custodes e fiducia supplicanes , siamo con San Michele a combattere : VADE RETRO ! Non ci arrenderemo al demonio, mai ! MAI ! E ricordatevi di rispettare i Martiri ! Cari preti s e n z a F e d e , noi OBBEDIAMO SOLO A DIO.

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    1. Caro Anonimo,
      nel mio articolo ho già messo in chiaro quali sono le materie circa le quali noi possiamo esprimere critiche, riserve ed osservazioni, fino al punto che è possibile con i dovuti modi e nelle dovute circostanze svolgere nei confronti del Santo Padre una correzione fraterna e costruttiva, sull’esempio di quanto San Paolo fece con San Pietro.
      Tuttavia ho precisato bene che questa materia non tocca assolutamente il magistero dottrinale del Papa a tutti e tre i gradi autorità, quindi non solo l’ex cathedra, che si riferisce al I grado, ma anche al II e al III, nei quali pure il Papa insegna la dottrina di Cristo.
      Quindi la invito ad abbassare i toni e a tenere presenti le norme di condotta che come buoni cattolici dobbiamo tenere nei confronti del Sommo Pontefice.

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  5. E’ facile “fare” i cattolici , molto più difficile esserlo; veda , caro Padre (con la P maiuscola, tanto la stimo in cuore e perciò La contatto): solo Jesus Christus seppe tacere nella Passione sul golgota: e’ un comportamento cui non riesco a conformarmi , mi adiro, combatto, alzo i toni, ma lo sto facendo per tutti, come fece Egli: sto commettendo allora un peccato ? Mi dica Lei e se del caso, mi corregga. Un certo Papa famoso moderno disse: se sbaglio mi corriggerete, al contrario F1 … !!! LJC

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    1. Caro LJC,
      il Libro del Qohelet 3,7 dice “c’è un tempo per tacere e un tempo per parlare”. In Gesù troviamo entrambi questi comportamenti: a volte egli lancia delle invettive contro i farisei oppure rimprovera gli apostoli o si adira contro i suoi nemici; a volte tace, non solo durante il processo, ma per esempio anche nell’episodio dell’adultera.
      Come regolarsi? San Tommaso fa notare che l’ira di per sé è una passione creata da Dio, che serve come tale per affermare con forza una nostra posizione o difenderci da un nemico. Il problema è che, nello stato di natura decaduta, noi facciamo fatica a moderare questa passione.
      Ora, Gesù in questo campo naturalmente ci è di esempio. Per questo San Tommaso parla di una giusta ira, che possiamo riscontrare anche nei profeti e nei santi. Il problema è quando farne uso. Bisogna che calcoliamo in anticipo quello che potrà essere il risultato del nostro intervento. L’ira va usata quando prevediamo che possa servire a creare nel nostro nemico un sano timore oppure a correggerlo.
      Ci possono essere dei casi, come per esempio quello di San Giovanni Battista, per cui una giusta ira provoca nella persona, alla quale ci si è rivolti, una reazione così violenta per cui il soggetto viene condotto al martirio. Ci potremmo chiedere: ma Giovanni non prevedeva la reazione di Erode? Non immaginava che Erode non avrebbe accettato il suo rimprovero? Giovanni è considerato martire della fede per avere messo in gioco la sua vita, pur di sostenere la verità.
      E’ bene invece ricorrere al silenzio quando sappiamo già in anticipo che qualunque cosa diciamo, anche la più ragionevole, verrebbe interpretata a nostro danno.

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