I maritainiani nella Chiesa - Sono i cattolici migliori, modello per tutti gli altri

 

I maritainiani nella Chiesa

Sono i cattolici migliori, modello per tutti gli altri

 Un precursore del Concilio Vaticano II

Nella situazione attuale della Chiesa, nella quale un pluralismo in sé buono assume però spesso i caratteri di una molteplicità disunita, confusionaria, libertaria, anarchica, conflittuale e disordinata,  senza norme e senza leggi, senza valori condivisi, una molteplicità di partiti settàri ed estremisti avversi fra loro con accuse ed insulti reciproci, se vogliamo essere buoni cattolici, in piena comunione con la Chiesa e col Papa, non possiamo non chiederci in questa bolgia o caravanserraglio a quale movimento ecclesiale far riferimento o da quale corrente trarre ispirazione, a chi guardare, dove sono gli spiriti pacifici, tranquilli ed imparziali, costruttori di pace e conciliazione, dove trovare un modello di vita e pensiero pienamente, genuinamente ed esemplarmente cattolico, al fine di curare e migliorare il nostro essere cattolico, oggi più che mai falsificato o adulterato da molte proposte che si elidono a vicenda, si dicono, sembrano o sono considerate cattoliche, ma in realtà non lo sono o lo sono solo in parte  o sono mescolate con cose che in realtà sono anticattoliche.

Ebbene, questi cattolici esemplari, luci della Chiesa, costruttori di pace, di unità, di riconciliazione nella verità, maestri di sapienza, esempi di santità. nel sano pluralismo e nel rispetto delle diversità, veri modelli dell’attuazione della riforma conciliare secondo l’interpretazione data dai Papi del postconcilio, né rigidi né lassisti, né indietristi né modernisti, ma saggiamente equilibrati, tali da unire conservazione e rinnovamento, fermezza e duttilità, tradizione e progresso, sono, pur con le inevitabili miserie umane proprie di ogni figlio di Adamo, i maritainiani, ossia tutti coloro che prendono Maritain[1] a maestro e modello di vita cattolica autentica, santa ed integrale, adatta al nostro tempo, ossia adatta a diffondere il Vangelo all’uomo d’oggi, secondo le indicazioni pastorali del Concilio, esplicitate, sviluppate e praticate dai Papi del postconcilio fino al Papa attuale.  

Maritain, infatti, negli ultimi suoi anni, dopo sessant’anni di produzione filosofica e teologica improntata al modo di praticare un discepolato tomista fruttuoso per il nostro tempo, e dopo aver prodotto una vastissima e sapientissima opera di assunzione critica del pensiero moderno alla luce del tomismo,  rivelò più che mai il suo lume profetico con Le paysan de la Garonne già nel 1966, allorchè nell’immediato postconcilio, era partita in grande stile la  sfacciata colossale operazione modernista rahneriana, che nello spazio di pochi decenni, presentandosi falsamente come l’aralda del Concilio, per le insufficienti vigilanza e resistenza opposte dal Papato e dai Vescovi (alla faccia della collegialità episcopale), avrebbe raggiunto l’attuale soffocante posizione di potere nella Chiesa, tale da costituire una forza frenante la vera attuazione della riforma conciliare e causa invece nella Chiesa di divisioni, fratture, discordie, squilibri, sciagure, disordini, apostasie, scismi, degenerazione, involuzione, corruzione, decadenza e dissoluzione.

Maritain, già fornito di più titoli universitari, conobbe San Tommaso già nei primi del secolo scorso dietro proposta della moglie Raissa, la quale a sua volta era stata invitata a conoscere San Tommaso dal grande teologo domenicano Humbert Clérissac. Entusiasmatosi per il pensiero dell’Aquinate, Maritain si pose a studiarlo con sommo impegno, ma non conseguì alcun titolo accademico ecclesiastico. Ciò non gl’impedì, con l’aiuto di buoni maestri Domenicani, come per esempio il Padre Dehau, di acquistare una formazione tomistica di primo livello anche superiore a quella accademica di Domenicani tuttavia non fedeli a San Tommaso.

Fu così che il Maritain si mostrò capace di capire quale nuovo tomismo occorreva realizzare meglio di certi dottissimi Domenicani accademici, come per esempio il Ramirez o il Garrigou-Lagrange, che rimasero fermi a un tomismo chiuso alla modernità e troppo scolastico, superato dalle direttive del Concilio.

Per questo possiamo dire che comprendere il vero valore del Concilio equivale a comprendere il vero valore dell’opera e dell’esempio maritainiani. Maritain è stato il teologo che maggiormente ha preparato l’opera del Concilio, anche se a differenza di altri teologi del passato non se ne fece esplicito promotore.

Egli quindi va considerato, dopo l’interpretazione del Concilio data dai Papi del postconcilio, il migliore e più qualificato interprete dell’opera del Concilio. Chi oggi vuol essere sicuro di portare avanti la riforma conciliare secondo la mente dei Papi del postconcilio, deve ispirarsi a Maritain e ai maritainiani.

Maritain realizzò in gran parte ancora prima del Concilio, l’opera che il Concilio ci ordina di compiere, opera non ancora del tutto compiuta, che a tutt’oggi, dopo sessant’anni, si sta attuando faticosamente in mezzo ad inadempienze, retrocessioni, opposizioni aperte o nascoste, involuzioni, resistenze, contrasti, intralci, lentezze, fraintendimenti e falsificazioni dovuti alle trame e manovre di segno opposto ma di uguale effetto dannoso dei rahneriani e dei lefevriani.

Il pregio di Maritain che lo innalza fra tutti i grandi teologi del secolo scorso è stato quello di avere avuto da Dio due grandi doni, che assai raramente si accompagnano in una sola persona: il dono di una straordinaria sapienza animata dalla carità e finalizzata alla carità e il dono di poter lavorare con lucidità fino alla veneranda età di 91 anni per il bene delle anime, della Chiesa e della cultura cattolica.

Grande merito del Maritain è di aver capito che la questione di fondo oggi non è quella della giustizia o della pace o della libertà o del sesso, ma è quella della verità. La verità è ciò che è o ciò che appare? Chi ci dà la verità? Il realismo o l’idealismo?

Oggetto del pensiero è il reale o è lo stesso pensiero? È il pensiero che deve adeguarsi all’essere o è l’essere che si adegua al pensiero? L’essere trascende il pensiero o il pensiero è intrascendibile? Papa Francesco, con lapidaria espressione, sulla scorta del realismo biblico, ci ha ricordato il primato della realtà sull’idea e non viceversa, come credono gli idealisti. Dunque ha ragione San Tommaso e non Hegel. Ha ragione Aristotele e non Cartesio.

Così Maritain si è accorto dell’importanza fondamentale di Cartesio per la nascita della filosofia moderna e quindi per la precisazione del concetto di «filosofia moderna». Maritain infatti non ha alcun dubbio che tutti noi e quindi anche il filosofo, dobbiamo essere moderni. Occorre progredire, senza fermarsi mai. Moderni non vuol dire modernisti.

Ma Cartesio è veramente il fondatore della filosofia moderna o non lo è piuttosto San Tommaso? Maritain coi suoi studi su Cartesio[2] ha dimostrato che il Cartesio fondatore della filosofia moderna è un pregiudizio frutto di un’abile mossa propagandistica – purtroppo imprudentemente accolta dagli stessi storici della filosofia - orchestrata dai cartesiani per accreditare il loro idolo presso la massa degli ingenui o degli interessati. Maritain infatti dimostra che Cartesio non ha affatto fatto progredire la filosofia, ma, al contrario, come notò lo stesso Heidegger, la fa tornare al soggettivismo di Protagora.

E qui troviamo un altro grandissimo merito del Maritain: egli ci avverte che l’insidia oggi più pericolosa e fascinosa non è tanto il realismo materialista ateo occidentale, quanto piuttosto la falsa mistica dell’idealismo panteista atematico orientale[3], alla quale Cartesio apre la porta, ammirata da Spengler, Guénon, Heidegger e Severino e teorizzato dal nichilismo russo del sec. XIX sulla scorta dell’apofatismo buddista e di quello di Dionigi l’Areopagita e Gregorio Palamas.

Maritain, nascendo nel 1882, ha avuto in sorte anche la fortuna di vivere ed operare in un periodo storico di grande fermentazione intellettuale, un periodo agitato e tormentato ma adatto alla elaborazione di un nuovo sistema filosofico e teologico, quale era richiesto stante la problematica in ordine a un progresso del pensiero cattolico in grave difficoltà a causa degli attacchi feroci ricevuti dai suoi nemici o per essere da loro ignorato ed isolato nel contesto generale della cultura di quel tempo.

Infatti Papa Leone XIII alla fine dell’’800 si era fatto sì vigoroso promotore di una rinascita del tomismo, che dava animo ai teologi cattolici  per essere luci del mondo e sale della terra; ma  il Papa, secondo un uso seguìto dai Papi precedenti,  non metteva in luce e non suggeriva punti di contatto col pensiero non-cattolico o anticattolico contemporaneo, che potessero fare da base per un dialogo con quel pensiero, una base comune  dalla quale il tomista potesse partire per operare una cernita alla luce della dottrina dell’Aquinate, nell’enorme massa delle filosofie e teologie contemporanee, di quanto poteva essere assunto nella sintesi tomista e quanto doveva essere scartato, come sbagliato e dannoso.

Maritain si trovò inoltre a vivere un clima intellettuale cattolico agitato dall’istanza in sé giusta dei modernisti di smetterla con un atteggiamento di globale condanna del pensiero moderno, comprendendo che in esso, per quanto anticattolico, irrazionale o addirittura disumano, si celavano importanti valori o istanze che dovevano essere integrati nella teologia tradizionale per arricchirla di nuovi contenuti atti a condurre la Chiesa ad una migliore conoscenza della verità salvifica.

L’anima di Maritain fin da giovane fu alimentata da due fiamme: un bisogno di verità e quindi di onestà intellettuale e un profondo desiderio di servire il prossimo nella conquista della verità. Si tratta sostanzialmente dell’ideale domenicano contemplata aliis tradere delineato da San Tommaso. Maritain è stato domenicano nello spirito, se non nell’abito[4].

Non fu terziario domenicano non certo per disprezzo del laicato domenicano, ché anzi Maritain è fulgido esempio di laico domenicano, ma solo per avere quella libertà ed ampiezza di movimento che era richiesta dalla sua eccezionale ricchissima personalità.

Avvertita a 89 anni la vocazione religiosa e desideroso di un svita semplice, umile nascosta, non per questo raffreddò la sua spiritualità tomista, ma la mise a frutto tra i Piccoli fratelli di Charles de Foucauld, tra i quali fu accolto.

Maritain comunque tuttavia prese chiara coscienza della sua vocazione tomista solo dopo una gravissima crisi intellettuale e morale passata assieme a quella che sarebbe stata la sua fedelissima sposa Raissa, alla quale sarebbe stato legatissimo così da formare esemplarmente «una sola carne» giusta la parola del Vangelo.

Incontratisi alla Sorbona ai corsi di Bergson, Jacques e Raissa, confusamente bisognosi di assoluto ma bloccati nel clima di sfrenato soggettivismo e di arida miopìa intellettuale di quel tempo, completamente disgustati ma incapaci di venirne fuori, avevano addirittura meditato il suicidio se Dio non avesse concesso loro un primo barlume di verità nella filosofia di Bergson, il quale aprì il loro spirito alla speranza della verità, ma sempre con un’impronta soggettivistica, dalla quale furono veramente liberati nell’incontro col Padre Réginald Garrigou-Lagrange, egli pure frequentante i corsi di Bergson. Essi così scoprirono San Tommaso e la loro vocazione fu definitivamente chiarita.

Da quel momento Maritain, avendo compreso chiaramente la via da percorrere e la missione affidatagli da Dio, si mise con Raissa a totale disposizione dell’impulso dello Spirito Santo per il compimento della sua straordinaria missione di filosofo e teologo tomista per il bene e la riforma della Chiesa e la crescita della santità sul cammino della verità evangelica. Così la coppia Maritain[5] passò tutta la vita in una fedelissima e fecondissima esecuzione di quella straordinaria vocazione che Dio aveva assegnato loro.

Un frutto cospicuo di tale santo sodalizio furono i circoli tomistici di Meudon[6], che periodicamente per vent’anni tra le due guerre videro, sotto la guida del Padre Garrigou-Lagrange, il radunarsi dei rappresentanti del fior fiore dei più diversi rami della la cultura francese del tempo, tutti interessati a trattare di come applicare i princìpi del tomismo ai problemi del tempo, in un dialogo fecondissimo fra cattolici e non-cattolici e con l’operarsi di numerose conversioni al cattolicesimo.

Non fu altro che un profetico precorrimento di quanto il Concilio Vaticano II molti decenni dopo avrebbe proposto agli intellettuali cattolici, filosofi e teologi per la formazione di una nuova cristianità capace di convertire il mondo a Dio e tale da saper assumere criticamente, alla luce evangelica di San Tommaso, i valori della modernità e far crescere il numero dei figli di Dio eredi della vita eterna.

In tal modo Maritain sventava la manovra modernista tesa a giudicare il Vangelo alla luce del soggettivismo moderno col discernere il valido del pensiero moderno alla luce del Vangelo. Il compito non era quello di subordinare i valori del Vangelo all’orizzonte della modernità, ma era quello di ammodernare la vita cattolica ed ecclesiale assumendo criticamente i valori della modernità e scartando quanto è contrario al Vangelo.

L’antimodernismo maritainiano non è il rifiuto in blocco, fondamentalista e indiscriminato, della modernità, per restare fermi o tornare al medioevo o alla controriforma, ma è un sapientissimo e prudentissimo lavoro di vaglio e di discernimento nell’abbondantissima produzione moderna, per prendere il buono e a scartare il cattivo.

Un grande pregio del tomismo maritainiano, perfettamente conforme alle indicazioni del Concilio e al metodo moderno della pastorale e dell’evangelizzazione inculturata, è l’abilità con la quale Maritain fa opera divulgativa del tomismo e sa rendere accessibile al cattolico e non-cattolico di bassa cultura ed inesperto o ignaro del linguaggio scolastico, le nozioni metafisiche, morali, antropologiche o teologiche di San Tommaso, senza tradire o falsare in nulla la loro genuinità, diversamente da certi sedicenti tomisti che le inquinano  con le idee di Heidegger, Kant, Hegel, Gentile, Severino o Bontadini.

Precursore del tomismo postconciliare

Così Maritain salutò certo con favore la severa condanna del modernismo ad opera di San Pio X, tanto che scrisse un libro, Antimoderno[7], che già dal solo titolo mostra con quanto rispetto e fedeltà Maritain riconosce la validità e la necessità della condanna piana.

Tuttavia già da questo testo appare il modo maritainiano di concepire e praticare il discepolato e la testimonianza tomista: quel modo e quel metodo che cinquant’anni dopo sarebbe stato fatto proprio dal Concilio Vaticano II: un tomismo che non si limita ad individuare e a condannare gli errori del pensiero moderno, ma ne assume anche i valori integrandoli nel tomismo.

Viceversa l’atteggiamento di San Pio X era uguale a quello di Leone XIII, e anche quello di Pio XI con l’enciclica del 1923 Studiorum Ducem mantiene questo atteggiamento. Nel 1930 Maritain pubblicò un importante libro, Le Docteur Angélique[8], dove si diffonde a dimostrare quanto, come e perchè San Tommaso non solo conserva perfettamente la sua attualità di «Dottore comune della Chiesa», ma appare come l’«Apostolo dei tempi moderni»

E anche la promozione del tomismo fatta da Pio XII non sarà diversa.  Sotto questo pontificato però Maritain fu accusato presso il Papa di tendenza modernista, fraintendendo la grandiosa opera di tomismo progressista che egli stava compiendo, ma il grande Pontefice, che nell’Humani Generis ribadiva la condanna del modernismo e propugnava il tomismo antimodernista dei Papi precedenti, da santo qual era, difese il Maritain dalle calunnie, lo accolse come Ambasciatore di Francia presso la Santa Sede e gli rivolse personalmente  queste parole di lode e di conforto:

 

«Noi apprezziamo e salutiamo in Vostra Eccellenza un uomo, che, facendo apertamente professione della sua fede cattolica e del suo culto per la filosofia del Dottore Comune, mette le sue eminenti doti al servizio dei grandi princìpi dottrinali e morali che, soprattutto un questo tempo di universale disordine, la Chiesa non cessa di insegnare al mondo»[9].

 

Raccomandato da alcuni recenti Santi Pontefici

Ben nota è l’ammirazione straordinaria che ebbe per Maritain San Paolo VI, che lo considerava suo «maestro» e al quale consegno il «Messaggio per gli intellettuali» a conclusione del Concilio. Il fatto che Maritain non sia stato perito del Concilio non significa nulla. Come riferisce Philippe Chenaux[10], in un interessante racconto dei rapporti fra Maritain e il santo Pontefice, Paolo VI consultò Maritain in un momento difficilissimo dei lavori conciliari del novembre 1964 e ne ebbe una luce decisiva. A Maritain affidò la redazione dello stupendo Credo del Popolo di Dio, formulazione parafrasata del Simbolo della fede.

La medesima stima per Maritain la mostrò in più di un’occasione San Giovanni Paolo II, con l’inviare una lettera personale d’encomio di sei pagine a Giuseppe Lazzati Rettore dell’Università Cattolica di Milano in occasione di un convegno su Maritain organizzato colà nel novembre del 1982[11]. Da menzionare inoltre la citazione di Maritain come modello di teologo insieme con altri nell’enciclica Fides et ratio.

La suddetta lettera si presenta come un unicum nella tradizione del Magistero pontificio, abituato certo a commemorare e raccomandare alla Chiesa grandi Santi, Padri e Dottori della Chiesa, ma non certo teologi in generale e tanto meno contemporanei.

Fa eccezione la raccomandazione della dottrina di San Tommaso, in uso ormai da otto secoli, che ha coinvolto più di 80 Papi fino a giungere a quella recentemente fatta dall’attuale Pontefice in occasione del VIII centenario della morte di San Tommaso. San Giovanni Paolo II non dedicò speciali documenti a favore dell’Aquinate, ma raccomandando Maritain è evidente il riferimento alla dottrina di San Tommaso.

Papa Benedetto XVI non ci ha mai raccomandato esplicitamente Maritain; eppure come non riconoscere il suo spirito e il suo stile nel come e quanto da Prefetto della CDF ha avuto un o zelo santo per la purezza della dottrina, mentre da Papa ha avuto somma cura della sapienza, della liturgia, della mitezza, della carità, dell’evangelizzazione, del dialogo ecumenico?

Anche il Papa attuale non ci ha mai parlato di Maritain; eppure come non rintracciare la spiritualità maritainiana nel suo senso della fratellanza umana, nella sua spinta innovatrice e riformatrice, nel ripudio della mondanità, del clericalismo e del potere, nell’amore per i poveri nel suo accogliente abbraccio di tutto ciò che è sanamente umano, nell’annuncio della parola del Vangelo, nell’ascolto dello Spirito, nella sete dell’unione con Cristo?

Osteggiato da modernisti e passatisti

Le posizioni nei confronti di Maritain all’interno del mondo cattolico corrispondono a quelle nei confronti del Concilio Vaticano II. Maritain è stato osteggiato, sottovalutato, incompreso o ignorato da coloro che non hanno saputo come lui preparare l’avvento del Concilio o che ne hanno frainteso il senso o che si sono opposti al Concilio, anche se tra costoro sono da annoverare dei tomisti, come fu il Padre Messineo de La civiltà cattolica degli anni ’50, il Meinvielle[12], il Del Noce o il Card. Siri[13] e il Card. Pizzardo e i lefevriani.

Si sono opposti a Maritain due gruppi di tomisti: quelli passatisti, che sono rimasti fermi al modo preconciliare di essere tomisti e i modernisti, che hanno mescolato Tommaso o con Hegel o con Kant o con Severino o con Heidegger o con Bontadini. Sono maritainiani tutti i tomisti che seguono San Tommaso secondo le prescrizioni del Vaticano II, perché essi stessi sono gli autori di quelle prescrizioni e le hanno precorse realizzando prima del Concilio quello stesso tomismo che sarebbe stato prescritto dal Concilio.

C’è da notare inoltre con dispiacere che nella rassegna che gli storici cattolici ci offrono dei grandi teologi del postconcilio, come per esempio il Mondin[14], il Gibellini[15] o Vander Gucht-Vorgrimler[16] Maritain o non compare o non ha affatto il posto che si merita come esemplare precorritore e realizzatore fra tutti del progresso teologico voluto dal Concilio.

Questo dimostra come i modernisti si sono costruiti una loro storiografia ad usum delphini per incensare se stessi, ma la vera storia è quella che inesorabilmente col passar del tempo fa emergere la verità e sfata le menzogne.

È pertanto evidente in questi storici di partito l’ingenuo o interessato atteggiamento reverenziale nei confronti dei teologi protestanti tedeschi e dei loro imitatori modernisti; il che lascia capire che questi storici cattolici si sono venduti al potere e si sono lasciati ingannare da un’interpretazione modernista del progresso teologico promosso dal Concilio.

La fama di Maritain non è certamente paragonabile a quella dei grandi tromboni che dominano la scena grazie a una sapiente propaganda e la loro presa sulle folle dei mediocri, dei conformisti, degli orecchianti, dei comodini e dei tiepidi.

E tuttavia Maritain ha un grande seguito presso coloro che prendono il cristianesimo sul serio ed hanno veramente sete di Dio. Così esistono sparse per il mondo associazioni maritainiane[17], si danno numerosi convegni di studio[18], pubblicazioni su di lui, centri di studio e di formazione maritainiani, imitazione della santità di Maritain[19].

La pluralità di interessi dei teologi oggi più famosi non è paragonabile alla grandiosità dell’impresa maritainiana, che spazia in tutte le discipline filosofiche e teologiche con contributi originali e innovativi, dalla metafisica alla logica alla gnoseologia ai gradi del sapere, alla filosofia morale, all’antropologia, all’etica sociale, all’ecumenismo, all’estetica, dalla filosofia dell’arte, dell’educazione, della storia, alla cristologia, all’angelologia, all’escatologia, alla ecclesiologia, alla mariologia, alla liturgia e alla mistica.

Ai maritainiani spetta dunque il compito in collaborazione col Papa di pacificare gli animi di molti oggi esacerbati, di sostenere i vacillanti, di avvicinare tra di loro i lontani, di illuminare i disorientati, di consolare gli afflitti, di tranquillizzare gli scandalizzati, di moderare gli spocchiosi, di confutare gli erranti, di favorire il dialogo fra passatisti e modernisti, di rintracciare i valori presenti nei due partiti in conflitto ed unirli assieme, come è la loro naturale vocazione, di favorire la mutua comprensione, la correzione fraterna, la riconciliazione e un sano pluralismo nella legittima libertà, di sostenere il Papa nella buona battaglia, con critiche costruttive, proposte accettabili e spirito di collaborazione.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 24 giugno 2024

Il pregio di Maritain che lo innalza fra tutti i grandi teologi del secolo scorso è stato quello di avere avuto da Dio due grandi doni, che assai raramente si accompagnano in una sola persona: il dono di una straordinaria sapienza animata dalla carità e finalizzata alla carità e il dono di poter lavorare con lucidità fino alla veneranda età di 91 anni per il bene delle anime, della Chiesa e della cultura cattolica.

Grande merito del Maritain è di aver capito che la questione di fondo oggi non è quella della giustizia o della pace o della libertà o del sesso, ma è quella della verità. La verità è ciò che è o ciò che appare? Chi ci dà la verità? Il realismo o l’idealismo?

Oggetto del pensiero è il reale o è lo stesso pensiero? È il pensiero che deve adeguarsi all’essere o è l’essere che si adegua al pensiero? L’essere trascende il pensiero o il pensiero è intrascendibile? Papa Francesco, con lapidaria espressione, sulla scorta del realismo biblico, ci ha ricordato il primato della realtà sull’idea e non viceversa, come credono gli idealisti. Dunque ha ragione San Tommaso e non Hegel. Ha ragione Aristotele e non Cartesio.

L’anima di Maritain fin da giovane fu alimentata da due fiamme: un bisogno di verità e quindi di onestà intellettuale e un profondo desiderio di servire il prossimo nella conquista della verità. Si tratta sostanzialmente dell’ideale domenicano contemplata aliis tradere delineato da San Tommaso. Maritain è stato domenicano nello spirito, se non nell’abito.

Immagine da Internet



[1] Alcuni studi su Maritain: Gianfranco Morra, Jacques Maritain, Editrice Forum, Forlì 1967; Henri Bars, La politique selon Maritain, Les Éditions Ouvriéres, Paris 1961; Piero Viotto, Maritain. Editrice La Scuola, Brescia 1968; Vittorio Possenti, Una filosofia per la transizione. Metafisica, persona e politica in J. Maritain, Editrice Massimo 1984; Giancarlo Galeazzi, Società persona educazione in Jacques Maritain, Editrice Massimo, Milano 1979; L’ultimo Maritain, a cura di Antonio Pavan, in Humanitas, ago.-set.1972; Mauro Grosso, Alla ricerca della verità. La filosofia cristiana in É. Gilson e J. Maritain, Città Nuova Editrice, Roma 2006; Attualità di Jacques Maritain, in Divus Thomas,7, gen-apr.1994.; Maritain filosofo della democrazia in Civitas, mar.-apr.1991; Francesco Oliva, I diritti umani in Jacques Maritain, Editoriale Progetto 2000, Cosenza 2003; Città di vita, nov.-dic.2014; set.-ott.2017; nov.-dic.2017; lug.-ago.2023.

[2] Tre riformatori.  Lutero Cartesio Rousseau, Morcelliana, Brescia 1964; Le songe de Descartes, Buchet-Chastel, Paris 1932.

[3] Già l’antica Roma pagana si era accorta della pericolosità e della sconcezza della misteriosofia e dei culti orgiastici provenienti dall’Oriente. Il suo politeismo materialista le impedì invece di riconoscere la validità del monoteismo ebraico-cristiano.

[4] Per questo presento il suo pensiero come eminente esempio di teologia domenicana nel mio libro Teologi in bianco e nero. Il contributo della scuola domenicana alla storia della teologia, Edizioni Piemme 2000.

[5] Vedi Jean-Luc Barré, Jacques et Raissa Maritain. Da intellettuali anarchici a testimoni di Dio, Edizioni Paoline, Milano 2000.

[6] Ne parla Raissa un I grandi amici, Vita e Pensiero, Milano 1975 ed anche Jacques in Ricordi e appunti, Morcelliana, Brescia, 1973.

[7] Col sottotitolo però significativo: Rinascita del tomismo e libertà intellettuale, Edizioni Logos, Roma 1979.

[8] Desclée de Brouwer, Paris.

[9] Dai Discorsi di Pio XII, VII, 1945-1946, p.50, Edizioni Paoline, Roma 1960.

[10] Paul VI e Maritain. Les rapports du «montinianisme» et du «maritainisme», Edizioni Studium, Roma 1994.

[11] Pubblicata in Jacques Maritain oggi a cura di Vittorio Possenti, Vita e Pensiero, Milano 1983.

[12] Vedi Julio Meinvielle, Il cedimento dei cattolici al liberalismo, Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma 2010.

[13] Vedi Getsemani. Riflessioni sul movimento teologico contemporaneo, Edizioni della Fraternità della Santissima Vergine Maria, Roma 1980. Troviamo qui un’ottima critica a Rahner, ma purtroppo un grave fraintendimento del pensiero di Maritain.

[14] Vedi Le cristologie moderne, Edizioni Paoline, Roma 1979.

[15] Vedi La teologia del XX secolo, Queriniana, Brescia 1993.

[16] Vedi Bilancio della teologia del XX secolo, Città Nuova Editrice, Roma 1972.

[17] Vedi per esempio l’Institut international «J.Maritain» di Ancona.

[18] Jacques Maritain e la società contemporanea a cura di Roberto Papini, Editrice Massimo, Milano 1978; Storia e cristianesimo in Jacques Maritain, a cura di Vittorio Possenti, Editrice Massimo, Milano 1979.

[19] Vedi Nora Possenti Ghiglia, I tre Maritain. La presenza di Vera nel mondo di Jacques e Raissa, Ancora Editrice, Milano 2000.

1 commento:

  1. Caro Padre Cavalcoli,
    ho apprezzato la lettura di questo bellissimo e giustificato tributo a Jacques Maritain (e a Raissa, ovviamente, come non potrebbe essere altrimenti, in un esemplare matrimonio cristiano).
    Lei dice, verso la fine del suo scritto, che Maritain non ha oggi la fama che hanno altri teologi adulati dai tromboni della propaganda modernista. Ma mi chiedo che valore ha la fama in questo mondo, se essa non è fondata sulla verità e sul bene?
    Certo, è deplorevole che all'interno della Chiesa Maritain non abbia ancora il posto che merita, e non venga diffuso il suo pensiero a livello accademico e negli istituti di formazione cattolici, come dovrebbe essere.
    Mi chiedo se in questo disinteresse per Maritain, o questa emarginazione che oggi soffre il suo pensiero, non ci sarà forse qualche "clericalismo", e lo dico nel senso che forse oggi a livello di clero e di teologi sacerdoti non si è ancora assunto debitamente il diritto che hanno i laici anche ad essere teologi.
    O può sembrare che Maritain sia più guardò come un filosofo che come un teologo? Infatti, nei miei studi, le citazioni a Maritain erano abbondanti negli anni di filosofia, ma praticamente inesistenti nei miei anni di studio di teologia.
    Ad ogni modo, ripeto: congratulazioni per questo meritato tributo a Maritain.

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