I quattro Vescovi di Kiev - Seconda Parte (2/2)

 

I quattro Vescovi di Kiev

 

Seconda Parte (2/2) 

Ostacoli da togliere, lacune da riempire, errori da correggere

Prima cosa. Gli ortodossi hanno un concetto imperfetto di Chiesa. Per potersi sottrarre all’obbedienza al Papa come pastore universale della Chiesa il Patriarca di Costantinopoli inventò un concetto di Chiesa che non corrisponde pienamente a ciò che ha inteso Cristo e che San Paolo spiega molto bene.

Infatti gli ortodossi sostengono che non esiste la Chiesa. Questa per loro è una semplice astrazione mentale. Ma esistono le Chiese. Come Ockham, gli ortodossi mancano della percezione dell’universale e vedono come realtà solo il singolo o individuo concreto.  Questa è la realtà.

Riguardo alla loro concezione della Chiesa, sembra inoltre a loro mancare la percezione di una cosa ovvia affermata da Aristotele, secondo la quale una molteplicità di enti o di singoli, per esempio di persone, non forma da sé una comunità o una società, ma occorre qualcuno che col suo comando formi e renda unita la comunità, la custodisca, la difenda e la garantisca. E questo è precisamente il compito del Papa nella Chiesa.

Il primato d’onore senza potere legislativo, canonico, disciplinare e coercitivo non è sufficiente a garantire in una comunità la tutela e la pratica del diritto e della giustizia. E questo gli ortodossi lo sanno benissimo riguardo al Vescovo. Perchè ciò non dovrebbe valere anche per il Papa? Rendere onore al Papa senza obbedirgli non è una presa in giro? Primus inter pares? Va bene, purchè si dia l’obbedienza del suddito al superiore. Se no, cadiamo nel ridicolo.

È vero che essi riconoscono Cristo e lo Spirito come princìpi di unità e di comunione. Ma dimenticano che Cristo ha incaricato Pietro di essere qui sulla terra suo Vicario nell’assicurare e mantenere questa unità nella verità, che non è una semplice unione di Chiese, ma è una sola Chiesa, seppur composta di molti fedeli e molte diocesi.

Cristo non ha detto a Pietro: le mie Chiese, ma la mia Chiesa, il che evidentemente non esclude ma implica l’apostolicità della Chiesa, cioè il fatto che essa risulti e si componga di un insieme di diocesi o Chiese locali, ognuna retta dal proprio Vescovo o Patriarca, ma ovviamente tutte soggette e obbedienti al Papa.

Per questa ignoranza dei nostri fratelli ortodossi del principio metafisico dell’unità della molteplicità e a causa di una concezione dell’ente che coglie solo il concreto e non l’universale, gli ortodossi respingono la nota di «cattolica» (universale) della Chiesa e preferiscono chiamarla «ecumenica», che non dice unità assoluta e indivisibile, ma un insieme e un’unione di molti.

In altre parole, per loro la Chiesa, se di Chiesa vogliamo parlare, non è un’entità ontologica reale, sostanziale, sussistente e personale, seppur mistica e soprannaturale, una, concreta e indivisibile[1], la sposa o il corpo mistico di Cristo, ma un insieme di Chiese collegate fra di loro nella comune obbedienza a Cristo nello Spirito Santo.

I fratelli ortodossi dimenticano che quando Cristo ha ordinato a Pietro di confermare i fratelli nella fede, lo ha reso evidentemente infallibile nell’insegnare alla Chiesa e al mondo le verità di fede, ossia le verità soprannaturali rivelate da Cristo ed infallibile nell’intelligenza e nell’interpretazione di quelle verità.

Michele Cerulario, Patriarca di Costantinopoli, nel 1054 perse evidentemente la fede nell’infallibilità del Papa considerandolo eretico per aver introdotto il Filioque nel Credo e trascinò con sé nella incredulità e nella disobbedienza al Papa e nell’eresia un gran numero di Vescovi orientali. Questa sciagurata separazione da Roma dura ancora dopo mille anni.

E come se ciò non fosse bastato, nel secolo XVI il Patriarcato di Mosca, fino ad allora dipendente da Costantinopoli, si separò anche da Costantinopoli ponendo se stesso al vertice di tutti i cristiani come «terza Roma» non solo al posto del Papa ma anche del Patriarca di Costantinopoli, considerato ormai di rango inferiore rispetto al Patriarca di Mosca.

Lo scisma del 1054 ha bloccato presso i fratelli ortodossi la comprensione del progresso dogmatico. Per aver rinnegato l’obbedienza al Papa non sono stati più capaci di accettare i dogmi definiti dai Pontefici nei secoli seguenti fino ad oggi. Hanno perso la fede nell’infallibilità pontificia.

Nella Triadologia ortodossa lo Spirito Santo per un verso prevale sul Figlio e per l’altro il Figlio prevale sullo Spirito. Sembra infatti da una parte che il concetto dogmatico scompaia nel silenzio mistico carismatico, con detrimento alla dottrina infallibilmente insegnata dal Papa, mentre dall’altra parte il Figlio soppianta e nega il carisma petrino. Manca l’uguaglianza delle persone.

Infatti gli ortodossi distinguono il Figlio dallo Spirito non in base all’origine, ma ai differenti attributi operativi che appaiono nel Nuovo Testamento, attributi che insinuano questa subordinazione reciproca e non sono sufficienti a garantire la distinzione delle due persone, perché sono attributi divini operativi che di per sé potrebbero essere intercambiabili. Per esempio anche il Figlio in quanto Dio è amore e anche lo Spirito in quanto Dio è sapienza. Invece il dogma della processione dello Spirito dal Figlio determina la distinzione in modo assolutamente chiaro ed inequivocabile.

Come trovare le vie della pace

Mai nella sua storia millenaria il tormentato mondo ortodosso ha conosciuto una crisi così grave come quella presente, caratterizzata da uno scontro così grave tra Cirillo, Patriarca di Mosca, sostenitore di Putin, e Bartolomeo, Patriarca di Costantinopoli, sostenitore di Biden, in una guerra fratricida in Ucraina che vede l’uccisione reciproca di soldati ortodossi, gli uni per Cirillo, gli altri per Bartolomeo.

Si direbbe che questo sia il castigo divino per gli scismi del 1054 e del 1589. Gli ortodossi, con le loro autocefalìe, Chiese nazionali e soggezione al potere politico e reciproche scomuniche non sono mai riusciti ad andare d’accordo fra di loro, e a convocare un unico Concilio per tutti, benché siano rimasti fedeli a Roma fino al 1054 (a parte lo scisma copto del sec. VII) ed abbiano conservato l’importante dottrina della collegialità o sinodalità (sobornost) della Chiesa, l’episcopato e la dogmatica definita fino al VII Concilio Ecumenico.

Come meravigliarsi di essere arrivati a questo punto, se da mille anni respingono colui che per mandato di Cristo ha il compito di insegnare al mondo e a tutta la chiesa la verità del Vangelo e tenere unito il gregge di Cristo? Con quale criterio, con quale giudizio, con quale saggezza respingono tuttora la saggissima disposizione di Cristo di essere fedeli ai suoi Vicari in terra, ai quali pure fino a primo millennio sono rimasti fedeli conservando l’unità fraterna con la Chiesa universale? Si rendono conto adesso per questa sciagurata divisione e per le sue conseguenze nazionali e politiche che siamo sull’orlo della terza guerra mondiale?

C’è indubbiamente da rallegrarsi degli attuali accurati dialoghi in corso fra cattolici ed ortodossi circa la questione dell’infallibilità pontificia e il primato di giurisdizione canonica universale del Romano Pontefice. Ma il nostro timore è che questi nostri amati e stimabili fratelli non caschino, come è purtroppo loro vizio, nei bizantinismi, nelle tergiversazioni, nel tirar fuori tutte le scuse, nei cavilli e nei sofismi, pur di non riconoscere il proprio errore, pur di non rinunciare per orgoglio o per ignoranza allo scisma e tornare ad accogliere la volontà di Cristo chiaramente espressa nei Vangeli e nella Sacra Tradizione apostolica da essi in passato accolta e ora tradita.

Lo scontro militare fra Russia ed Ucraina non è estraneo alla grave questione della mancanza di dialogo ecumenico in Ucraina, effetto di incancreniti dissidi secolari e del non aver applicato le sagge disposizioni del Concilio riguardo all’ecumenismo cattolico-ortodosso.

La contrapposizione oggi un atto fra gli armamenti della NATO e quelli russi costituisce una situazione pericolosissima, alla quale occorre ovviare con la massima urgenza e decisione. Del tutto illusoria è l’idea di entrambe le parti in conflitto di poter vincere la guerra.

Rifornire di armi l’Ucraina vuol dire solo aumentare per reazione la potenza bellica russa nel respingere la difesa ucraina. Bene ha fatto il Papa invitando l’Ucraina ad alzare bandiera bianca. Spera forse l’Ucraina di vincere la Russia? Ma ancor meglio il Papa ha fatto a scongiurare le parti per una cessazione immediata simultanea ed incondizionata delle ostilità.

Infatti la continuazione del conflitto, a parte i danni gravissimi inferti all’Ucraina, che cosa può produrre se non una escalation della guerra che non sappiamo dove potrà andare a finire? Non siamo più ai tempi delle guerre dell’‘800, ma a quelli dell’era atomica. Occorre dunque un’Europa unita, basata sulle sue comuni radici cristiane, includente la Russia e – secondo il voto di San Giovanni Paolo II - sotto la presidenza e la vigilanza delle Nazioni Unite. Questo dev’essere il risultato concreto ecclesiale, politico e storico dell’ecumenismo cattolico-ortodosso, se non vogliamo portare indefinitamente il can per l’aia.

Aggiungiamo che oggi come non mai, soprattutto alla luce delle direttive conciliari circa le attività ecumeniche, il Papa è chiamato a mettere in atto tutte le risorse umane, diplomatiche e soprannaturali che Cristo gli fornisce per aiutare questi infelici fratelli a ritrovare la verità, la concordia e la pace perdute sino a che si formi un solo gregge sotto un solo Pastore. 

È vero che essi riconoscono Cristo come capo della Chiesa e lo Spirito Santo come fattore dell’unità e della sinodalità; ma ciò non basta: Cristo ha detto a Pietro: «pasci il mio gregge». E questo gli ortodossi se lo sono dimenticato.

Quanto a ciò che potrebbe fare Papa Francesco, mi permetto di offrire modestamente alcuni suggerimenti. Francesco è l’uomo che in tutta l’umanità di oggi ha ricevuto in maggior copia da Cristo l’ufficio, i mezzi e la capacità di insegnare al mondo in nome di Cristo in che consiste la pace di Cristo, di procurare la pace al mondo e di indicare le vie della pace nella soluzione dei conflitti e nell’estinzione delle guerre.

Il modo di ottenere la pace nei confitti suppone altresì il riconoscimento dei torti e delle ragioni di ambo le parti in forza di un giudizio super partes che metta ad un tempo in luce i valori comunemente condivisi dai belligeranti.

Nel caso del conflitto russo-ucraino, quale valore comune più importante di quello delle comuni radici cristiane del popolo russo ed ucraino messe vigorosamente in luce da San Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Euntes in mundum dedicata alla commemorazione del millennio del battesimo nel 988 di San Vladimiro re della Russia di Kiev?

Purtroppo la storia cristiana dell’Ucraina nei secoli seguenti, pur avendo il merito di far nascere nel secolo XIV il patriarcato di Mosca, è andata soggetta a varie traversie, per le quali, dopo il suo inizio sotto la protezione di Roma, essa seguì Costantinopoli nello scisma, mentre nel sec. XVII con San Giosafat i cattolici si affermarono nella parte occidentale della nazione, la parte orientale continuò ad essere ortodossa soggetta al Patriarcato di Mosca, sicchè da allora mai si è avuta pace religiosa e per conseguenza civile in Ucraina fra cattolici ed ortodossi, né l’avvio delle attività ecumeniche promosso dal Concilio ha arrecato alcun beneficio, anzi si sono esasperati i contrasti, fino a che si giunse alla guerra civile del 2014, alla quale nel 2022 ha fatto seguito l’invasione russa.

Il conflitto in Ucraina va al di là dei confini dell’Ucraina e ha tutto l’aspetto di un conflitto fra Occidente ed Oriente. Estremamente doloroso è anche il fatto che tale conflitto si presenti come lo sbocco di un’Europa dalle comuni radici cristiane, la quale, spezzatasi nel sec. XI l’Europa in due parti, esse non solo non sono riuscite a ricomporsi, ma sono giunte ad uno spaventoso livello di conflittualità che fa temere per le sorti stesse dell’umanità.

Credo che una mossa del Santo Padre utile o adatta a favorire la pace fra Russia ed Ucraina potrebbe essere quella di aggiungere alla condanna dell’invasione russa dell’Ucraina col conseguente dovere del ritiro delle truppe russe e il pagamento dei danni di guerra, il riconoscimento che l’Ucraina è un paese da secoli diviso per cause religiose e nazionali fra Occidente ed Oriente, mentre dev’essere compreso l’intento dei Russi di proteggere l’integrità e la libertà dei cittadini ucraini di nazionalità russa  e ortodossi dipendenti dal Patriarcato di Mosca, benché del tutto inaccettabili siano i mezzi con i quali Mosca vuol raggiungere questo scopo.

Inoltre il Santo Padre, in linea con l’orientamento di San Giovanni Paolo II, potrebbe promuovere o favorire un’Ucraina libera, indipendente e religiosamente pacificata come possibile luogo di sperimentazione ed attuazione del dialogo cattolico-ortodosso più avanzato, modello in questo campo per tutta la Chiesa cattolica e le Chiese dell’Ortodossia.

Al Concilio di Efeso, in Oriente fu proclamato il dogma della divina maternità di Maria e da allora fino ad oggi i nostri fratelli orientali prima cattolici adesso orientali sono rimasti fedelissimi al culto di Maria.

Al Monte Athos l’unica figura femminile ammessa è Maria. Quante icone mariane lungo i secoli dall’Oriente sono giunte in Occidente! Tanto più stringe il cuore il pensiero che i nostri fratelli ortodossi hanno abbandonato la sacra e salutare obbedienza al Vicario del Figlio di Maria! Come è stato possibile? Maria Regina della Pace!

Maria a Fatima si mostrò maternamente preoccupata per le sorti della Russia e previde la sua conversione. Effettivamente, col crollo del regime sovietico abbiamo assistito a una rinascita della religione in Russia. Lo stesso Putin è cristiano ed è in buoni rapporti col Patriarca. Ma possiamo dire che Maria sia soddisfatta di questa conversione? La Russia si è veramente e totalmente convertita come desiderava Maria? Che cosa le manca ancora?

P. Giovanni Cavalcoli 

Fontanellato, 19 giugno 2024

Patriarca Kirill

Michele Cerulario, Patriarca di Costantinopoli, nel 1054 perse evidentemente la fede nell’infallibilità del Papa considerandolo eretico per aver introdotto il Filioque nel Credo e trascinò con sé nella incredulità e nella disobbedienza al Papa e nell’eresia un gran numero di Vescovi orientali. Questa sciagurata separazione da Roma dura ancora dopo mille anni.

Patriarca Bartolomeo
 

 E come se ciò non fosse bastato, nel secolo XVI il Patriarcato di Mosca, fino ad allora dipendente da Costantinopoli, si separò anche da Costantinopoli ponendo se stesso al vertice di tutti i cristiani come «terza Roma» non solo al posto del Papa ma anche del Patriarca di Costantinopoli, considerato ormai di rango inferiore rispetto al Patriarca di Mosca.

 Mai nella sua storia millenaria il tormentato mondo ortodosso ha conosciuto una crisi così grave come quella presente, caratterizzata da uno scontro così grave tra Cirillo, Patriarca di Mosca, sostenitore di Putin, e Bartolomeo, Patriarca di Costantinopoli, sostenitore di Biden, in una guerra fratricida in Ucraina che vede l’uccisione reciproca di soldati ortodossi, gli uni per Cirillo, gli altri per Bartolomeo.

Papa Francesco
Nel caso del conflitto russo-ucraino, quale valore comune più importante di quello delle comuni radici cristiane del popolo russo ed ucraino messe vigorosamente in luce da San Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Euntes in mundum dedicata alla commemorazione del millennio del battesimo nel 988 di San Vladimiro re della Russia di Kiev?
 
 
Immagini da Internet

[1] Vedi J.Maritain, De l’Église du Christ. La personne de l’Église et son personnel, Desclée de Brouwer, Bruges 1970.

2 commenti:

  1. Bisognerebbe sapere qual era il desiderio di Maria. Le bastava che il popolo russo fosse ortodosso?
    Cioè, voleva che si convertissero dall'ateismo alla fede in generale o abbracciassero la fede cattolica?

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    1. Caro Anonimo,
      qual era l’auspicio della Madonna a Fatima? La conversione della Russia.
      Ora, con lo scioglimento dell’Unione Sovietica certamente il Popolo russo è tornato alle sue tradizioni cristiane.
      Però, la Madonna può essere soddisfatta? È vero che il Popolo russo è devotissimo della Madonna. C’è una cosa però che adesso manca. Si è dimenticato che Maria è la Madre di Colui il cui Vicario governa la Chiesa da Roma.
      Dunque, la Russia ha fatto un bel passo, ma manca quello conclusivo, auspicato dal decreto Unitatis Redintegratio del Concilio Vaticano II, ossia quello di arrivare alla piena comunione con la Chiesa Cattolica Romana, superando lo scisma del 1054 di Costantinopoli, e quello del 1589 di Mosca dalla stessa Costantinopoli.

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