Della stessa sostanza del Padre
Riflessioni sul dogma cristologico di Nicea
per una nuova evangelizzazione
Terza Parte (3/4)
La sorpresa del Concilio di Nicea
Di fatto poi l’espressione resterà nel Simbolo della fede, ma a nessuno nelle attività catechetiche verrà in mente di annunciare che Gesù è omoùsios al Padre, se non per collegarsi al dogma niceno. Ma ci sono altre espressioni per significare la divinità di Cristo, come il chiamarLo Signore o degno di adorazione, oppure si parlerà sempre semplicemente della divinità di Cristo o si dirà che Gesù è Dio, Figlio del Padre.
Omoùsios è un termine intraducibile in altre lingue, perché mentre omos è utilizzabile, per esempio: omogeneo, omologo, omonimo, ecc., non siamo riusciti a coniare un termine che indicasse usios. Dovremmo dire omoùsio, ma il linguaggio dogmatico della Chiesa ha preferito altre due espressioni ben note: o consustanziale (consubstantialis) o della stessa sostanza.
Il supposito appartiene all’ordine ontologico e corrisponde a sostanza; per esempio il soggetto di una data forma, che può essere la materia o degli accidenti o proprietà; un uomo soggetto ad una data malattia o l’esser soggetto ad una autorità. Il subjectum invece appartiene all’ordine logico, per esempio il soggetto di una frase o il soggetto di un discorso.
Se con sostanza intendiamo questo, allora è chiaro che non si può parlare di Dio come sostanza o di sostanza divina, perché Dio non è soggetto di niente, non sta sotto a niente, né possiede accidenti che si aggiungono alla sostanza. Dio non esiste neppure in un soggetto, quasi fosse accidente e proprietà del soggetto, al quale si aggiunge, come nelle visioni immanentistiche, nelle quali Dio è nel mondo o nell’uomo come in soggetto. E neppure è il fondamento del mondo, come la sostanza è il soggetto degli accidenti, ma come preesistente il mondo ab aeterno e creatore del mondo.
È ridicolo ed empio pensare Dio a questo modo, Egli che è l’essere perfettissimo che non si appoggia su nulla, non ha bisogno di nulla e tutto sostiene, Dio, la cui essenza o sostanza non deve essere completata da nulla e non completa nulla di preesistente o presupposto a Lui, mentre tutto completa quello che è fuori di Lui e porta a perfezione ogni creatura.
Infatti l’idea di sostanza implica quella del sussistere, che è l’atto d’essere proprio della sostanza singola: l’esistere in sé e per sé. Si distinguere dall’esistere nella sostanza (esse in) o inerire, che è l’atto d’essere proprio dell’accidente.
Che cosa intende il dogma con l’espressione «sostanza del Padre»? Intende la natura divina del Padre. Quindi Gesù ha la stessa natura divina del Padre. Gesù non ha solo una natura umana come tutti noi, ma ha anche una natura divina. Gesù, come dirà successivamente il dogma di Calcedonia, è una è persona divina, il Figlio, sussistente in due nature unite in forza dell’atto dell’Incarnazione del Verbo. Col Concilio di Nicea appariva che il medesimo Gesù sveva due nature: una natura divina e una natura umana. Come Figlio di Dio appariva non creato, ma generato prima di tutti i secoli. Come figlio di Maria, creato e generato da Maria. Salva la proprietà di ciascuna natura, concorrente in una sola persona (ypostasis) e sussistenza (prosopon).
La persona di Cristo è una sola, la persona del Figlio, ma le nature restano distinte, ciascuna con le sue proprietà e quindi non è che, come credeva Eutiche, ripreso da Hegel, in Cristo Dio diventi uomo e l’uomo diventi Dio. Il diventare Dio è l’ambizione folle dei superbi, degli gnostici, degli egocentrici, dei panteisti e degli atei, idea suggerita alla coppia primigenia dal serpente nell’Eden.
Occorre però fare attenzione che Gesù è Dio non in riferimento a Dio come soggetto o persona o sostanza sussistente, altrimenti verremmo a dire che in Gesù l’uomo è Dio e cadremmo nel panteismo, ma usando la parola «Dio» in riferimento alla pura natura divina a prescindere dalla sussistenza personale come Dio o come persona trinitaria.
In altre parole, l’uomo Gesù è Dio non in quanto uomo, ma in quanto persona divina. Non possiede una natura divina in quanto tale natura è soggetto, ma in quanto predicata, secondo il discorso che abbiamo fatto sopra. La natura divina come soggetto è la persona divina, sia come Dio uno che come Dio trino.
Come abbiamo visto sopra, non si predica una persona di un’altra persona, ma si predica un’essenza o natura. Ossia si predica l’universale del singolare o di un universale inferiore, per esempio dell’uomo si predica l’animalità, ma non si predica il singolare di un altro singolare, come abbiamo visto sopra, perché abbiamo bisogno di pensare il singolo nella luce dell’universale astratto.
Distinguere
persona e natura
Il concilio di Nicea distingue in Gesù il possesso di due nature: Gesù è consustanziale a noi nella natura umana e consustanziale al Padre nella natura divina. Noi tuttavia stentiamo a vedere che l’esser uomo e l’esser Dio possano appartenere a un unico soggetto umano qual è Gesù e ci vien fatto di pensare, come a due soggetti differenti. Infatti noi sappiamo che l’uomo ha una natura umana, mentre Dio ha una natura divina. Per questo, una volta che Nicea definì l’omoùsios, nacque la questione di come fosse possibile che Gesù avesse quelle due nature.
Il possesso della natura umana non fa difficoltà. Ma il possesso della natura divina? Gesù è un solo soggetto. Ma anche l’esser uomo e l’esser Dio li pensiamo come soggetti distinti. Allora, come la mettiam? Gesù è un soggetto o sono due soggetti? Avere due nature vuol dire essere due soggetti? Assurdo. Ecco dunque sorgere l’utilizzo del concetto di persona, in greco ypostasis, per esprimere l’unità di Gesù e l’invenzione del termine natura (fysis), come riferimento alle due nature. Gesù è una persona divina, un uomo che possiede due nature: una umana e una divina.
Degno di nota è che il termine greco ypostasis, ipostasi, non corrisponde al latino substantia, come si ricaverebbe dal senso della parola, ma al latino persona, che in greco ha eventualmente pròsopon. In greco invece, ciò che in latino è natura o essenza, è fysis. Tuttavia omoùsios usa il termine usìa nel senso di natura. Noi latini invece traduciamo omoùsios con o della stessa sostanza o consostanziale, intendendo per sostanza la natura. Per questo, potremmo anche dire della stessa natura del Padre.
Non fu difficile intendere Gesù come persona[1]. Fu difficile invece capire che è una persona divina, la persona del Figlio, mentre la sua umanità sussiste solo grazie alla sussistenza del Figlio.
Di Gesù si dice dunque che è una persona divina, la persona del Figlio. ma nel definire chi è Gesù, non si predica una persona. Non si dice che il Figlio è il Padre. Diciamo sì che Gesù è il Figlio di Dio, ma anche qui non definiamo l’umanità di Gesù, bensì intendiamo dire che la persona di Gesù è la persona del Figlio incarnato.
Un conto dunque è la natura o sostanza divina e un conto è la sussistenza (yparxis) della natura o sostanza divina. Quando diciamo che Gesù possiede una natura divina, non ci riferiamo alla natura divina in quanto soggetto sussistente (ypostasis), che non può essere predicato di un soggetto (ypokèimenon).
Ci riferiamo invece alla natura (fysis) divina come semplice essenza (usìa). Infatti la natura divina in quanto sussistente è soggetto o persona che non può essere predicato del soggetto Gesù. Invece, in quanto essenza o natura divina, può effettivamente essere una proprietà del soggetto Gesù, appartenere a Gesù. In tal senso possiamo dire che Gesù è Dio.
Diciamo inoltre che Gesù è persona in quanto Figlio, ma non possiamo dire che sia persona in quanto uomo, per quanto ciò possa sembrare assai strano. Gesù è uomo, ha una natura umana come tutti noi, ma non è una persona umana. Che vuol dire? La cosa in fondo è molto semplice: se Gesù fosse una persona umana, con una sua propria sussistenza, dovremmo ammettere che Gesù è due persone: la persona del Figlio e la persona umana, il che è assurdo. Neppure Nestorio pensava a questo modo, ma credeva che il Verbo, con la sua presenza nell’uomo Gesù sostenesse la persona umana di Cristo. La natura umana di Cristo sussiste valendosi della sussistenza divina del Verbo.
D’altra parte, quando diciamo che Gesù ha due nature non è che dividiamo Gesù in due soggetti, perché questa dualità, come ho detto, non va intesa come dualità di soggetti, ma di semplici essenze. Ora, il predicare due essenze distinte del medesimo soggetto non divide o sdoppia affatto il soggetto, perché le essenze restano solo essenze e lasciano la sussistenza e la personalità al solo soggetto. Così possiamo dire che Cristo è una sola persona divina in due nature.
Così quando diciamo che Gesù è Dio non è che predichiamo la divinità o la natura divina della natura umana, ma prendiamo la natura divina come tale, ossia come essenza e la predichiamo del soggetto umano Gesù.
Infatti del soggetto si predica qualcosa, ma di un soggetto non si può predicare un altro soggetto: il soggetto non può essere predicato. Il soggetto è ciò di cui si parla, ma non può essere il parlato ossia il predicato, perchè è singolo, mentre il predicato dev’essere un universale. Io posso dire che Pietro è uomo, cioè che possiede la natura umana, che è un universale, ma non che Pietro è Paolo, che è un singolare.
Padre e Figlio sono due persone della medesima natura divina. Cristo è una persona divina consostanziale al Padre nella divinità, consustanziale a noi nell’umanità.
Intendere nella Trinità il Padre e il Figlio come due persone non è stato difficile, dal momento che abbiamo sempre sotto gli occhi l’esperienza quotidiana dell’esistenza del padre e del figlio nella natura umana. Tuttavia ben presto la Chiesa si é accorta che non poteva concepire la persona del Padre celeste e del Figlio divino allo stesso modo col quale concepiamo nei loro rapporti le persone umane.
Il Concilio di Nicea si ferma sulla natura divina di Cristo, ma non affronta quello della sua persona nel suo rapporto col Padre. Questo sarà il compito di Calcedonia, che introdurrà due termini fondamentali: ypostasis, persona e prosopon, sussistenza.
La persona di Cristo è una, ma con due nature (fysis): quella umana e quella divina. Padre e Figlio sono due, sono distinti come persone. Ma dal punto di vista della natura divina il Figlio è consostanziale al Padre, della stessa sostanza o natura del Padre, omoùsios al Padre. Da notare che i Greci hanno assunto il termine ypostasis per indicare la persona. Invece, per noi Latini, subsistentia, che corrisponde alla parola ypostasis, è la natura. I Greci significano la natura con fysis e con usìa. Per noi Latini l’usia è anche essenza.
La Chiesa a Calcedonia chiarì che, dato per evidente che Gesù è una persona, per poter capire in che senso Egli è persona, occorreva formare un concetto di persona in modo diverso da come noi ci consideriamo persone. Il principio della loro distinzione tra le Persone divine, infatti, non è la loro natura individuale come in noi, anche se la stessa è la natura specifica, perchè nella Trinità la natura individuale è la natura divina, che è la stessa in tutte e tre, ma la relazione d’origine: il Figlio si distingue dal Padre in quanto procedente o, come si esprime Gesù, «uscito» ovvero generato dal Padre. Questi si distingue dal Figlio in quanto genera il Figlio. Lo Spirito si distingue dal Figlio in quanto lo Spirito non procede solo dal Padre, ma anche dal Figlio[2].
Per noi persone umane la distinzione tra le persone la facciamo in base alle differenze fra le nature individuali di ciascuno, per cui qui ogni natura individuale, che è anche persona, ha una sua volontà ed è diversa da quella di un’altra. Invece, nella Trinità, la natura divina è una di numero per tutte tre le Persone. Da qui la conseguenza che anche la volontà è identica, una di numero per tutte e tre le Persone.
Non è che Cristo obbedisca al Padre con la sua volontà divina, che è numericamente la stessa del Padre, ma obbedisce con la volontà umana. E l’agire delle tre Persone è identico per il fatto che le tre Persone operano ed esercitano identicamente la volontà e l’agire della natura divina, che è la stessa nelle tre Persone. In tal senso Cristo dice «Il Padre mio opera sempre e anch’io opero» (Gv 5,17). Però questa volontà divina è infallibilmente e impeccabilmente praticata dalla perfetta obbedienza della volontà umana di Cristo.
Fine Terza Parte (3/4)
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 11 aprile 2025
Ciò che sorprende di più ancor oggi è l’idea che i Padri ebbero, per esprimere la divinità di Cristo, di accantonare l’uso pur così alla mano del termine «divinità» (theòtes), che sarà usato dal Concilio di Calcedonia, e di evitare addirittura le espressioni di San Paolo «en morfè Theù yparcon», sussistendo in forma di Dio (Fil 2,6) ed «einai isa Theù» (ibid.), essere uguale a Dio, preferendo ricorrere ad un neologismo, un’espressione di loro conio, assolutamente inaudita, homoùsios, per designare la divinità di Cristo. Infatti si tratta di una parola composta, dove il primo termine, omos, che vuol dire «lo stesso», «il medesimo», «identico». Ma il secondo termine usios non esisteva nel vocabolario greco.
Noi traduciamo omoùsios con «consostanziale» o «della stessa sostanza». Potremmo dire che Dio è pura sostanza sussistente, come ipsum Esse subsistens. Dio non è sostanza atta a sussistere, come la creatura, che potrebbe anche non sussistere e perire o non essere, ma sostanza sussistente per essenza. In Lui l’essere non si aggiunge come nella creatura all’essenza quasi fosse un accidente, ma Egli esiste o sussiste per essenza e quindi necessariamente, esiste non solo in sé e per sé, ma anche da sé e a sé.
Che cosa intende il dogma con l’espressione «sostanza del Padre»? Intende la natura divina del Padre. Quindi Gesù ha la stessa natura divina del Padre. La persona di Cristo è una sola, la persona del Figlio, ma le nature restano distinte, ciascuna con le sue proprietà e quindi non è che, come credeva Eutiche, ripreso da Hegel, in Cristo Dio diventi uomo e l’uomo diventi Dio.
Il concilio di Nicea distingue in Gesù il possesso di due nature: Gesù è consustanziale a noi nella natura umana e consustanziale al Padre nella natura divina. Non fu difficile intendere Gesù come persona. Fu difficile invece capire che è una persona divina, la persona del Figlio, mentre la sua umanità sussiste solo grazie alla sussistenza del Figlio. Diciamo inoltre che Gesù è persona in quanto Figlio, ma non possiamo dire che sia persona in quanto uomo, per quanto ciò possa sembrare assai strano. Gesù è uomo, ha una natura umana come tutti noi, ma non è una persona umana.
Immagini da Internet:
- Resurrezione di Cristo, Bartolomeo di Fruosino
[1] Sul problema metafisico della persona, vedi Umberto Degl’Innocenti, Il problema della persona nel pensiero di S.Tommaso, Libreria Editrice della Pontificia Università Lateranense, Roma 1967.
[2] È questo l’argomento col quale S.Tommaso dimostra che lo Spirito procede dal Figlio: vedi Sum.Theol., I, q.36, a.2.
Da "buongiorno" , "buonasera" e "buon pranzo" all' Ave Maria..Padre ma ci pensa? Non dovrà più fare i salti mortali per giustificare il non senso
RispondiEliminaCaro Angheran, la sua osservazione è molto fine e mi trova d’accordo.
EliminaFin dall’inizio mi sembra essere un Papa più religioso. Tuttavia adesso stiamo attenti a non contrapporlo col precedente. Come pubblicherò sul mio blog, io credo che Papa Leone XIV sposterà la direzione della Chiesa dalla sinistra al centro e credo sia cosa buona. E tuttavia sono certo che si manterrà sulla linea del rinnovamento conciliare.
Non vorrei che adesso fosse strumentalizzato dai passatisti. Mi auguro invece che, avendo parlato di pace, egli riesca a costruire pace nel mondo, ma innanzitutto all’interno della Chiesa, che da troppo tempo è divisa tra passatisti e modernisti.
Inoltre, essendo un canonista e il linguaggio dei canonisti essendo preciso ed univoco, penso che non sentiremo più certe frasi di Papa Francesco non sempre chiare e a volte ambigue.