Discese agli inferi
La differenza fra gli inferi e l’inferno
Il destino ultraterreno dell’uomo
nel passaggio dall’Antico al Nuovo Testamento
Ci sono dei teologi che confondono gli inferi con l’inferno. Ma ciò può comportare la conseguenza, come sembra nella teologia di Von Balthasar, che siccome Cristo discendendo agli inferi ha liberato i giusti ivi prigionieri, si affermi che Cristo ha condiviso il peccato dell’uomo peccatore, è sceso all’inferno ed ha salvato tutti dall’eterna dannazione.
Ora il dogma dell’inferno è il frutto di una presa di coscienza operata dalla Chiesa nell’ascolto delle parole di Cristo nel Nuovo Testamento. L’Antico Testamento non conosce ancora la realtà dell’inferno, perché esso è stato istituito da Cristo, come appare evidente per esempio dal suo annuncio del giudizio universale in Mt 25,42.
L’Antico Testamento inculca certo il fatto che Dio nella sua giustizia, premia e giusti e castiga gli ingiusti sia nella vita presente e sia ancor più perfettamente in un’esistenza dell’anima dopo la morte. Egli rende giustizia nell’al di là a coloro che avendo subìto ingiustizia quaggiù non hanno ricevuto giustizia dagli uomini.
Dio allora nell’al di là compensa o ripaga con una pace eterna costoro consolandoli e reintegrandoli nei loro diritti calpestati. Così corrispettivamente, se Dio lascia che in questa vita gli oppressori maltrattino i deboli, si riserva al momento giusto, alla resa dei conti, di punire nell’al di là gli oppressori ed di liberare gli oppressi dalle loro mani per condurli a un’eterna felicità.
Tuttavia l’Antico Testamento, benchè abbia coscienza che le anime dei defunti nell’al di là restano sotto il governo e la provvidenza di Dio, ed ammetta un premio per i buoni e un castigo per i cattivi, gli uni e gli altri vivono con mestizia una vita umbratile in un medesimo luogo, lo sceol, che in italiano traduciamo con «inferi», perché ricorda in qualche modo gli inferi della religione romana, il cosiddetto Ade, dimora ultraterrena dei comuni mortali,mentre solo pochissime anime eroiche o gli imperatori divinizzati salivano sull’Olimpo o sui Campi Elisi.
La vita negli inferi ha ancora l’amaro sapore del castigo del peccato originale e a volte sembra all’uomo dell’Antico Testamento meno consistente e soddisfacente della presente vita nella quale l’anima è unita al corpo e tutto sommato può godere, seppure in mezzo a tanti dolori e sventure, del piacere fisico e di quello spirituale.
Nell’Antico Testamento il salire al cielo presso Dio dopo la morte non è una prospettiva offerta a tutti, ma solo il privilegio di alcune pochissime anime privilegiate, dai doni eccezionali, che vengono rapite in cielo, come Elia ed Eliseo.
L’Antico Testamento conosce gli inferi ma non l’inferno, il quale non è assolutamente, come taluni esegeti credono, una comprensione più chiara di cosa erano gli inferi, ma è tutt’altra cosa dagli inferi, i quali sono soltanto quella che era la condizione dei defunti prima dell’opera redentrice di Cristo.
Che poi essa abbia prodotto effetti salvifici retroattivi, mandando in paradiso i giusti e all’inferno gli empi vissuti prima di Cristo, questo è vero, ma è un altro discorso. Resta sempre il fatto che è Cristo che ha distinto e separato paradiso e inferno, per cui non c’è da meravigliarsi se nell’Antico Testamento troviamo solo gli inferi, che ospitano sia giusti che empi.
L’uomo dell’Antico Testamento non ha ancora quella chiarezza di visione nei confronti di Dio che è l’apporto dell’insegnamento di Cristo, che fa capire all’umanità che la separazione dell’anima dal corpo al momento della morte non comporta un proseguimento illanguidito e fantasmatico dell’esistenza presente, ma al contrario, come già aveva intuìto Platone e si ricava dagli stessi passi migliori della Scrittura, comporta l’esperienza beatificante dell’anima che nella piena coscienza di se stessa finalmente è libera dai lacci delle passioni e della materia e con occhio limpido può vedere faccia a faccia quel Dio che già nel corso accidentato della vita mortale l’ha guidata tra le ombre, le oscurità, i dubbi, le cadute, le incertezze, gli scrupoli, in contrasto con se stessa e ribelle a Dio, disturbata da quella materia corporale, che Dio aveva creato per il bene del nostro spirito, come parte della nostra persona, ma che purtroppo noi peccando ce la siamo resa nemica.
Nell’Antico Testamento la prospettiva della resurrezione gloriosa del corpo è appena intravista tra le ombre degli inferi. Invece nel Nuovo Testamento Cristo ce la pone in piena luce come conseguenza della visione beatifica in cielo alla fine del mondo.
Occorre allora dire che l’identificazione fatta dai suddetti teologi degli inferi con l’inferno non corrisponde assolutamente alla rivelazione cristiana, la quale distingue nettamente inferi da inferno. La fede ci dice infatti che Cristo discese bensì agli inferi, fece propria Lui innocente per salvarci la pena degli inferi, ma che invece all’inferno discendono solo i dannati e pensare che vi sia disceso Cristo, credendo che Cristo per salvarci abbia fatta propria la pena dell’inferno, è un’orribile bestemmia che fa di Cristo un peccatore maledetto da Dio, mentre Egli innocentissimo da ogni peccato ci ha salvati non assumendo i nostri peccati, ma le pene dei peccati.
Gli inferi erano un luogo di pena ultraterreno, nel quale andavano le anime dei defunti, giusti ed ingiusti, per conseguenza del peccato originale. Dio infatti, a seguito del peccato di Adamo, punì l’intera umanità discesa da lui ed infetta dalla colpa originale.
Quando Egli infatti nell’Eden minacciò ad Adamo ed Eva la morte nel caso avessero disobbedito al comando di non mangiare del frutto dell’albero, Dio col termine «morte» si riferiva non solo alla morte fisica, ma anche a quella «morte», ossia a quel castigo che avrebbe colpito nell’al di là dopo la morte fisica l’intera umanità nata dalla coppia primitiva.
Cristo ha abolito gli inferi
ed ha istituito il paradiso e l’inferno
Ora col dogma della discesa di Cristo agli inferi, la fede cristiana ci insegna che Cristo, immediatamente dopo la sua morte, nel triduo durante il quale il suo corpo era nel sepolcro, con la sua anima discese negli inferi e lì liberò tutti quei giusti, anzitutto gli antichi Padri del popolo ebraico, i quali, confidando nella promessa fatta da Dio ad Eva dopo il peccato di mandare un Salvatore, attendevano appunto tale Salvatore.
Cristo, scendendo negli inferi, liberò dunque Adamo ed Eva e tutti i giusti precedentemente morti, a qualunque popolo appartenessero, che però avevano sperato nella salvezza da parte di Dio. Coloro invece che in vita avevano praticato l’ingiustizia, ebbero confermata ed anzi accresciuta la pena per il fatto che non avendo sperato in un Salvatore, alla sua venuta negli inferi Lo respinsero.
Da qui l’aumento della loro pena da quella degli inferi a quella dell’inferno, giacchè fu evidentemente meno grave respingere la speranza in un Salvatore futuro che non la venuta del Salvatore presente. Mentre cioè gli inferi erano la pena per non aver sperato in un Salvatore, l’inferno è la pena per coloro che hanno rifiutato Cristo.
Il che vuol dire che l’inferno in quanto pena per coloro che rifiutano l’opera salvifica compiuta da Cristo iniziò precisamente con la risurrezione di Cristo. In altre parole, Cristo, risorgendo da morte, abolì il carcere degli inferi e lo sostituì con l’inferno per coloro che non avevano atteso un Salvatore, mentre liberando da quel carcere i giusti, li condusse in paradiso.
Così Cristo vittorioso sulla morte e sul peccato, salendo al cielo e scendendo agli inferi, dette inizio ad un tempo sia il paradiso che all’inferno. Giusti e empi non stavano più assieme negli inferi, ma Cristo separò per sempre gli uni dagli altri in due luoghi differenti: i giusti da allora in avanti al momento della morte sarebbero andati a vedere faccia e faccia in cielo per sempre il Volto del Padre, mentre chi lo ha rifiutato sarebbe andato lontano da Dio in un luogo di pena maggiore di quella degli inferi, perché conseguenza di una colpa più grave, ossia quella di aver rifiutato la salvezza presente, piuttosto che di quella di aver rifiutato di sperare in una salvezza futura.
Mentre cioè gli inferi ospitavano i giusti e ingiusti assieme soggetti ad una medesima pena, Cristo con la sua opera salvifica dette inizio al paradiso riservato ai soli giusti e caratterizzato dalla visione beatifica di Dio, e l’inferno come carcere degli empi che hanno rifiutato di assoggettarsi a Dio.
Dunque gli inferi non esistono più mentre esiste l’inferno. Tutti i giusti che stavano negli inferi da Adamo a Cristo, non solo tra gli Ebrei, ma tra tutti i popoli della terra, furono liberati da Cristo alla sua discesa agli inferi ed ora godono della visione beatifica in cielo in eterno insieme con tutti i giusti che via via si succederanno fino alla fine del mondo, sia che vadano in paradiso immediatamente, sia che passino attraverso il purgatorio.
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 20 febbraio 2025
L’Antico
Testamento conosce gli inferi ma non l’inferno, il quale non è assolutamente, come
taluni esegeti credono, una comprensione più chiara di cosa erano gli inferi, ma
è tutt’altra cosa dagli inferi, i quali sono soltanto quella che era la condizione
dei defunti prima dell’opera redentrice di Cristo.
Mentre cioè gli inferi ospitavano i giusti e ingiusti assieme soggetti ad una medesima pena, Cristo con la sua opera salvifica dette inizio al paradiso riservato ai soli giusti e caratterizzato dalla visione beatifica di Dio, e l’inferno come carcere degli empi che hanno rifiutato di assoggettarsi a Dio.
Gli inferi non esistono più mentre esiste l’inferno.
Tutti i giusti che stavano negli inferi da Adamo a Cristo, non solo tra gli Ebrei, ma tra tutti i popoli della terra, furono liberati da Cristo alla sua discesa agli inferi ed ora godono della visione beatifica in cielo in eterno insieme con tutti i giusti che via via si succederanno fino alla fine del mondo, sia che vadano in paradiso immediatamente, sia che passino attraverso il purgatorio
Immagini da Internet:
- Resurrezione e discesa agli Inferi, Maestro Fiammingo, fine '500
- La discesa agli Inferi di Enea, Pittore del XVIII secolo
Un grazie: p. Cavalcoli in poche righe di lettura ho imparato la differenza tra inferi e inferno; Le rivolgo una domanda / considerazione : perche' questo concetto "inferos" non viene spiegato, magari durante una delle tante omelie? E' una definizione importantissima e comprenderne la valenza rispetto a "inferno" dispiega parecchio; per un cattolico mi pare primario come e quanto saper recitare il Credo a memoria.
RispondiEliminaRilevo che in merito i sacerdoti si astengono (in stragrande maggioranza) dallo spiegare: si adeguano presto al mondano, piuttosto che alla loro vera missione di catechisti pastori; nel mentre, pregando anche per i preti vescovi e piu' in alto ancora (...) ,
noi fedeli, abbiamo pure il diritto/dovere di denunciare e spronare , o no ? Grazie ancora per la cortese risposta e LJC !
Caro Franco, l’articolo l’ho fatto apposta appunto perché so bene che il confronto tra gli inferi e l’inferno non viene mai fatto. Eppure, come lei si è accorto, è molto importante, perché sia gli inferi che l’inferno sono due dati di fede.
Elimina