Il nazismo esiste ancora
Terza Parte (3/3)
I mostri possono ritornare
Dagli amici mi guardi Dio,
chè dai nemici mi guardo io.
Il problema più grave ed insidioso per la Chiesa di oggi non è quello dei nemici aperti, i nemici dichiarati, che la perseguitano con la violenza e le calunnie, ma è quello dei degli ipocriti e dei farisei, dei falsi cristiani e dei falsi cattolici, dei falsi progressisti che in realtà sono modernisti, dei falsi sostenitori della Tradizione che in realtà sono indietristi, dei falsi cristi, dei falsi profeti e dei falsi veggenti.
La Chiesa nella sua storia ha sempre avuto i principali nemici dall’esterno, che l’hanno perseguitata fisicamente con azioni distruttive aperte a cominciare da dichiarazioni di illegalità, alla proibizione della pratica religiosa, alle sanzioni penali, alla schiavizzazione, alla soppressione di istituti religiosi, fino a giungere alle uccisioni e alle stragi.
La Chiesa ha sempre avuto nemici interni e falsari, cioè gli eretici, i quali però solitamente rifiutarono il titolo di «cattolici», e ci tenevano, sapendo bene che, pur pretendendo di essere migliori cristiani, si opponevano al cattolicesimo. Solo nel sec. XVI gli anglicani pretendevano di essere «cattolici» e nel sec. XIX nacque la setta dei «vecchi cattolici». Ma la pretesa di essere cattolico contro il Papa e la Chiesa fiorì su larga scala col sorgere del modernismo ai tempi di San Pio X e si è rafforzata dopo il Concilio Vaticano II, allorchè sono sorti anche i «cattolici» lefevriani, che hanno preteso di giudicare modernista il Concilio in nome del cattolicesimo. A ben poco è servito che la Chiesa abbia pubblicato il Catechismo della Chiesa Cattolica, perchè mentre i modernisti hanno adottato fin dal 1966 il Catechismo Olandese, i passatisti sono fermi al Catechismo di San Pio X.
In tal modo, con un crescendo di questi ultimi decenni, con la qualifica di «cattolico» vengono coperti gli errori più diversi. Col pretesto del «pluralismo», della «diversità», dell’«ecumenismo» e dell’«inclusività» si considerano cattolici dei soggetti che col cattolicesimo nulla hanno a che vedere. Ma il bello è che sono questi che o contro il Papa o adulando il Papa pretendono di essere i veri cattolici rispettivamente quelli più avanzati o quelli più fedeli alla «tradizione.
Molti meriterebbero di essere scomunicati e di fatto lo sono, anche se non per un effettivo provvedimento giudiziario. Ma l’assenza di tali provvedimenti nei loro confronti, la messa in ridicolo di quei pochi avveduti che denunciano le loro frodi, genera in molti fedeli l’opinione che essi sono cattolici ed anzi da molti sono considerati, per il successo che hanno, grandi teologi, profeti, riformatori, cattolici esemplari, geniali e avanzati, protagonisti del Concilio Vaticano II.
È venuta meno nei pastori e negli educatori, per una forma di rispetto umano o per scarsa avvedutezza o per complicità, quella diligenza, prudenza e discernimento che dovrebbero avere a imitazione dei responsabili della produzione alimentare, delle industrie farmaceutiche e della politica monetaria, i quali giustamente proibiscono o segnalano sanzionando penalmente rispettivamente le frodi alimentari, farmaceutiche e monetarie, senza considerare che frodare il prossimo nella vita spirituale è ben più grave che frodarlo nella vita fisica.
Si predica una falsa Bibbia, una falsa tradizione, una falsa misericordia, una falsa giustizia divina, una falsa libertà, una falsa carità. Si falsificano i misteri della fede a cominciare dalla nozione stessa della fede: il mistero di Dio, della creazione, della Trinità, dell’Incarnazione, della Redenzione, del peccato originale, della Redenzione, della natura umana, della Messa, del sacerdozio, della transustanziazione, dell’Assunzione e Immacolatezza di Maria.
Si pretende di essere cattolici disobbedendo alla Chiesa e al Papa, negando il primato del cristianesimo, la nozione della verità, l’immutabilità dei dogmi, la necessità dei meriti e della Chiesa per ottenere la salvezza, negando la legge naturale, la predestinazione, l’elezione divina, l’esistenza di dannati, l’esistenza del diavolo.
È facile che oggi sentiamo da qualche cattolico discorsi di questo genere: «Se uno non crede nella transustanziazione o nel Filioque o nell’immutabilità divina o nella distinzione fra anima e corpo o alla distinzione fra natura e persona o fra essere e pensiero o nel dogma della creazione dal nulla o nell’espiazione vicaria di Cristo, che importa, quando magari accoglie gl’immigrati, rispetta la natura, paga gli operai, rispetta le opinioni degli altri, assiste poveri ed ammalati? Non basta questo?». No, rispondo, non basta, perché il peccato si può commettere anche nell’orizzonte del pensiero, nel campo della dottrina, delle idee, nell’intimo della coscienza. Se l’amore del prossimo non è motivato dall’amore di Dio esplicito o implicito, è solo adulazione o strumentalizzazione degli altri.
Nella persona corretta all’esterno, ma nemica di Dio nel cuore, nessuno al di fuori nota alcunché di anormale; tutto sembra a posto; eppure essa può avere l’inferno nel suo cuore, anche se nulla traspare all’esterno. Poi non meravigliamoci se a volte qualcuno inaspettatamente commette qualche gesto inconsulto.
Per questo la Chiesa si preoccupata tanto di condannare eresie ed errori dottrinali. Per questo insiste tanto sul dovere di aderire ai suoi insegnamenti come interprete della Parola d Dio e maestra di verità. Si può non essere nazisti in politica e nelle azioni esterne. Ma se uno è nazista nelle idee, non per questo è a posto davanti a Dio.
Conclusione
In un clima di questo genere, dove, come sempre, occorre approfittare di ogni minimo bene, pur respingendo il male, nel 1933 Papa Pio XI stipulò un Concordato col regime nazista appena inaugurato, ed anzi fu lo stesso Hitler a chiederlo.
Tuttavia, pochi anni dopo, nell’enciclica Mit brennender Sorge del 1937 dovette lamentarsi amaramente per la sua sistematica violazione e denunciare gli errori teologici e filosofici del nazismo, che è l’applicazione nell’ordine politico e statale dell’idealismo hegeliano, con le diramazioni allora in voga del superomismo di Nietzsche e dell’antropocentrismo di Heidegger, che concepiva l’uomo come temporalizzazione dell’essere.
È interessante che proprio nel 1937 a Salisburgo Rahner tenne un ciclo di lezioni successivamente pubblicato nel 1941 sotto il titolo di Uditori della parola[1], dove, sotto colore di trattare di «filosofia della religione», egli esponeva quelle che sarebbero state le basi metafisiche della sua teologia, prese da Hegel con l’affermare che «la prima proposizione della metafisica generale» è che «l’essenza dell’essere è conoscere ed essere conosciuto in un’unità originaria, che noi vogliamo chiamare coscienza o trasparenza («soggettività», «conoscenza») dell’essere di ogni ente» (p.66). Nel 1939 Rahner pubblicava un altro libro, Geist im Welt[2], dove ribadiva la sua interpretazione idealistica della gnoseologia di San Tommaso.
Ora si trattava proprio di quel panteismo idealista che Pio XI aveva condannato come dottrina nazista nella sua enciclica con le seguenti parole: «deificando Chi, con indeterminatezza panteistica, identifica Dio con l’universo, materializzando Dio nel mondo il mondo in Dio».
Nell’orizzonte di questa visione panteistica Hitler giunse in un suo scritto del 1941 a giustificare il suicidio come espressione del radicamento del singolo nella totalità, con tratti che sanno di un grossolano volgarizzamento della panteistica visione schellinghiana della natura cosmica personalizzata o di quella hegeliana dell’universale concreto. Dice Hitler:
«Anche se ti togli la vita, ritorni comunque alla natura, tanto nella sostanza che nello spirito e nell’anima». E in altra occasione: «spirito e anima ritornano certamente in un serbatoio collettivo, come il corpo»[3].
La condanna del panteismo nazista fu ribadita da una Dichiarazione della Congregazione dei Seminari e delle Università del 1938, in occasione della visita di Hitler a Roma con riferimento al seguente enunciato: «esiste esclusivamente il cosmo o l’universo come essere vivente: tutte le cose, compreso l’uomo, non sono altro che forme diverse che si sviluppano nel corso delle epoche dell’universo vivente»[4].
Pochi si sono accorti della parte avuta nella formazione della dottrina del nazismo da personaggi come Lutero, Fichte, Hegel e Nietzsche, Heidegger era convinto che il popolo tedesco è la guida spirituale e filosofica dell’umanità.
Al sorgere del partito nazista fondato da Hitler, Heidegger ebbe parole di totale fiducia in Hitler come garante della grandezza della Germania e scorse nel nazismo il concretizzarsi e lo storicizzarsi della sua visione metafisica dell’essere[5] (sein), che egli aveva tratto da Parmenide in sintesi con Eraclito come aveva fatto Hegel, secondo uno sbocco antropologico simile a quello di Hegel, una visione che, a differenza di Hegel che parla di Idea assoluta, egli chiamò Esserci, Dasein, termine già usato da Hegel per designare il concreto umano come singolo e come comunità. La visione heideggeriana dell’essere non è dialettica come quella di Hegel, ma è fenomenologica nella linea di Husserl e tuttavia anche per Heidegger l’essere è temporale e confina col nulla.
Ma Heidegger assume anche dal paganesimo greco il concetto del Destino (Geschick), che è il «progetto» (Entwurf), mediante il quale il singolo e la comunità decidono di poter essere un tutto autentico in base alla precomprensione (Vorverständnis) dell’essere nel Tutto (sein im Ganzen).
Heidegger esprime questi pensieri in Essere e tempo, pubblicato nel 1927. L’opera contiene il quadro di riferimento speculativo che fa da base dottrinale alla concezione nazista dell’uomo, di Dio, della morale e della società. Il partito nazista sarebbe andato al governo con Hitler nel1933, ma era già in formazione sin dai primi degli anni ’20.
Gli intellettuali e il mondo accademico tedeschi non mancarono di rintracciare in questo libro le basi filosofiche del nazismo e per questo l’opera ebbe un enorme successo, tanto che nell’anno 1933 procurò ad Heidegger l’incarico di Rettore dell’Università di Friburgo, dove nel discorso inaugurale ebbe parole di sperticata ammirazione per Hitler[6]. In esso è facile trovare un collegamento con Essere e tempo. Qui infatti troviamo alcuni princìpi che tracciano la visione heideggeriana del singolo e del popolo, chiaramente quello tedesco, come determinazione concreta e storica del Destino:
«Col termine “Destino” designiamo lo storicizzarsi originario dell’Esserci, quale ha luogo nella decisione autentica» - la volontà del Führer - , storicizzarsi in cui l’Esserci, libero per la sua morte, si tramanda per una possibilità ereditata e tuttavia scelta. l’Esserci è esposto ai colpi del Destino solo perché nel fondo del suo essere, è Destino … Se l’Esserci, anticipando la morte, la erige a padrona di sé, allora, libero per essa, si comprende nella ultrapotenza della sua libertà finita e in questa può assumere su di sé l’impotenza dell’abbandono a se stesso e venire in chiaro delle circostanze della situazione aperta. Ma poiché l’Esserci, carico di Destino per il fatto di essere-nel-mondo, esiste sempre e per essenza come con-essere con gli altri, il suo storicizzarsi è un con-storicizzarsi che si costituisce come Destino comune. Con questo termine intendiamo lo storicizzarsi della comunità, del popolo …. Nell’essere assieme in un medesimo mondo e nella decisione per determinate possibilità, i destini sono anticipatamente segnati»[7].
È da notare che qui il Destino è il Tutto del singolo e della comunità, dove la morte del singolo produce - l’«ultrapotenza della libertà finita» -, come già in Hegel, la vita della comunità e la comunità è il Tutto del singolo, il quale, in quanto forza del Destino e guida della comunità, decide del destino della comunità e del singolo.
Pio XI delineò con poche incisive frasi gli errori dell’ideologia nazista. Essi lasciano trasparire un’ascendenza panteistico-idealista:
«Chi, con indeterminatezza panteistica, identifica Dio con l’universo, materializzando Dio nel mondo il mondo in Dio, non appartiene ai veri credenti.
Né è tale chi, seguendo una sedicente concezione precristiana dell’antico germanesimo, pone in luogo del Dio personale il fato tetro e impersonale, rinnegando la sapienza divina e la sua provvidenza, la quale ”con forza e dolcezza domina da un’estremità all’altra del mondo» e tutto dirige a buon fine. Un simile uomo non può pretendere di essere annoverato fra i veri credenti.
Se la razza o il popolo, se lo Stato o una sua determinata forma, se i rappresentanti del potere statale o altri elementi fondamentali della società umana hanno nell’ordine naturale un posto essenziale e degno di rispetto; chi peraltro li distacca da questa scala di valori terreni, elevandoli a suprema norma di tutto, anche dei valori religiosi e, divinizzandoli con culto idolatrico, perverte e falsifica l’ordine da Dio creato e imposto, è lontano dalla vera fede in Dio e da una concezione della vita ad essa conforme.
Rivolgete, Venerabili Fratelli, l’attenzione all’abuso crescente, che si manifesta in parole e per iscritto, di adoperare il tre volte santo nome di Dio quale etichetta vuota di senso per un prodotto più o meno arbitrario di ricerca o aspirazione umana, e adoperatevi che tale aberrazione incontri tra i vostri fedeli la vigile ripulsa che merita. Il nostro Dio è il Dio personale, trascendente, onnipotente, infinitamente perfetto, uno nella trinità delle persone e trino nell’unità della essenza divina, creatore dell’universo, signore, re e ultimo fine della storia del mondo, il quale non ammette né può ammettere altre divinità accanto a sé.
Questo Dio ha dato i suoi comandamenti in maniera sovrana: comandamenti indipendenti da tempo e spazio, da regione e razza. Come il sole di Dio splende indistintamente su tutto il genere umano, così la sua legge non conosce privilegi né eccezioni. Governanti e governati, coronati e non coronati, grandi e piccoli, ricchi e poveri dipendono ugualmente dalla sua parola. Dalla totalità dei suoi diritti di Creatore promana essenzialmente la sua esigenza ad un’ubbidienza assoluta da parte degli individui e di qualsiasi società. E tale esigenza all’ubbidienza si estende a tutte le sfere della vita, nelle quali le questioni morali richiedono l’accordo con la legge divina e con ciò stesso l’armonizzazione dei mutevoli ordinamenti umani col complesso degli immutabili ordinamenti divini».
Queste parole del grande Pontefice sono oggi sempre attuali. Se i Tedeschi non son riusciti ad imporsi con le armi, oggi riescono a sedurre le coscienze col loro tenacissimo lavoro, con la loro abilità dialettica, con l’impiego di immensi mezzi finanziari, con un’organizzazione universitaria poderosa e una efficientissima attività editoriale,
Cerchiamo piuttosto di conoscere le vere qualità del popolo tedesco, richiamiamolo alle sue migliori tradizioni, mettiamo in luce, come ho fatto sopra, i doni che Dio gli ha dato, in modo tale che insieme con noi, in fraterna collaborazione, senza complessi di superiorità e soprattutto senza volersi mettere al di sopra degli insegnamenti di Cristo e della Chiesa, lavoriamo fraternamente assieme, in una reciproca collaborazione, per il progresso della filosofia e della teologia, per l’aumento della santità della Chiesa e per l’avvento del Regno di Dio.
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 18 dicembre 2024
Troppo facilmente certi cattolici credono che la normalità della vita cristiana si esaurisca nelle opere esterne, nella regolarità delle azioni esterne, nell’assenza di delitti o atti criminosi esterni. Invece non danno importanza a ciò che avviene o si compie nei cuori e nelle menti, nel mondo del pensiero, della coscienza, delle dottrine e delle idee.
A conclusione del mio articolo, voglio dire che al di là del profondo contrasto che abbiamo visto fra nazismo e cristianesimo, nulla ci impedisce di chiederci: è possibile un confronto fra dottrina cristiana e dottrina nazista? Ciò è qualcosa di simile al confronto fra realismo e idealismo, fra teismo e panteismo, fra totalitarismo e democrazia, fra egocentrismo e teocentrismo, fra volontà di obbedienza e volontà di potenza, fra servizio a un solo padrone e servizio a due padroni, tra chi vuole la vita libera dalla morte e chi la vuole con la morte, tra chi vuole solo il vero e chi lo vuole col falso, tra chi vuole solo il bene chi lo vuole misto al male.
È evidente come dall’idealismo si può ricavare anche il materialismo e come il panteismo vada di braccetto con l’ateismo. Se infatti l’essere si distingue in essere spirituale ed essere materiale e se il pensiero coincide con l’essere, non avremo solo la riduzione della materia a pensiero (Berkeley), ma anche la riduzione del pensiero a materia (Locke). E se Dio è il mondo (Hegel), e quindi tutto è Dio, sarà vero anche che il mondo è Dio (Spinoza) e quindi non occorre un creatore del mondo.
Siamo grati alla cultura tedesca per l’esempio che ci dà di serietà e di laboriosità, per il servizio che ci rende in tanti campi del sapere e dell’agire, gli stimoli che offre alla ricerca e al progresso culturale, ma è anche nostro dovere essere vigilanti e non lasciaci ingannare dal luccichìo di una falsa libertà o di una illusoria sapienza. Guardiamoci dai falsi cristi e dai falsi profeti.
- Biblioteca Trinity College Dublin
- Biblioteca Vaticano
[1] Edizioni Borla, Roma 1977
[2] Tradotto in italiano col titolo Spirito nel mondo e pubblicato nel 1989 dall’Editrice Vita e Pensiero di Milano.
[3] Citato da Agnoli, pp.277-278.
[4] Citato da Agnoli a p.209.
[5] Vedi più avanti a p.23.
[7] Essere e tempo, Edizioni Longanesi&C., Milano 1976, pp.460-461.
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