Misericordia e misericordismo. Il nuovo Papa Leone XIV tra il Concilio Vaticano II e il Concilio di Trento.

 

Misericordia e misericordismo

Il nuovo Papa Leone XIV

tra il Concilio Vaticano II e il Concilio di Trento

 Uno dei grandi temi del pontificato di Papa Francesco, come tutti sanno, è stato quello della misericordia. In ciò il Papa non ha fatto che alimentare un’atmosfera spirituale che circola in tutti i documenti del Concilio Vaticano II, che ha fatto comprendere come non mai l’ampiezza della misericordia del Padre per noi peccatori perduti, donataci gratuitamente a rimedio della sciagura del peccato originale.

Occorre però notare d’altra parte che il movimento ecumenico promosso dal Concilio nei confronti dei luterani è stato frainteso da una tendenza modernista che ha portato come risultato anziché l’avvicinarsi dei luterani alla Chiesa cattolica, il cedimento di molti cattolici alle eresie di Lutero, senza per questo voler rinunciare al nome cattolico. Il punto nodale circa il quale occorre dissipare l’equivoco sembra essere il concetto luterano della misericordia divina evidentemente sbagliato perchè sta portando frutti di peccato e non di misericordia.

Papa Leone si trova davanti al compito non facile di affrontare seriamente e risolvere questa complessa e intricata questione della misericordia divina, soprattutto nei rapporti con la giustizia, che ha inquinato la morale cattolica contemporanea e per conseguenza il costume.

I modernisti sono riusciti a presentare un Concilio Vaticano II come correzione del Concilio di Trento, mentre l’operazione giusta da fare per non far fallire l’opera riformatrice del Vaticano II, è quella di mostrare l’attualità e l’utilità della presa di posizione del Tridentino nei confronti di Lutero. Pochi oggi fanno presente che l’assunzione delle proposte riformatrici valide di Lutero non ha dovuto aspettare il Vaticano II, ma iniziò già col Tridentino. Il quale peraltro ci ha la lasciato una magistrale correzione degli errori di Lutero, che purtroppo a tutt’oggi i luterani non hanno del tutto recepito e che i modernisti si rifiutano di accettare arrivando all’audacia di accusare il Tridentino di non aver capito Lutero.

Un compito importante che si prospetta per Papa Leone, al fine di portar pace nella Chiesa divisa fra passatisti e modernisti, sarà quello di far capire che il vero ecumenismo promosso dal Vaticano II, per fermare la diffusione anche tra i cattolici degli errori di Lutero, deve recuperare il riferimento del Tridentino a Lutero. E se è vero che il Tridentino è stato troppo severo, è altrettanto vero che il Vaticano II ha una tendenza buonistica[1], per cui occorre trovare un equilibrio in un pontificato improntato a un progresso nella continuità[2].

San Paolo frainteso da Lutero

Occorre allora che ci fermiamo brevemente su Lutero. L’interesse di fondo della teologia di Lutero, e il dramma della sua vita tormentata, come sappiamo,  fu quello di poter esser certo di essere perdonato e amato da Dio nonostante la sua condizione di peccatore, il desiderio di sperimentare la misericordia di Dio in un contesto psicologico affannato qual era il suo, caratterizzato da una falsa convinzione di non poter agire liberamente e di non potersi liberare dal senso di colpa, così da giungere alla sua famosa dottrina della giustificazione per la quale Dio copre il peccato ma non lo cancella fingendo di non vederlo. Dio dunque concederebbe il perdono e la salvezza al peccatore che continua, non pentito, a peccare e ad avvertire il rimorso per la colpa commessa. 

È la sua dottrina del servo arbitrio, che nasce da una falsa interpretazione del passo dove San Paolo sembra asserire che la sua volontà sia prigioniera del peccato:

«c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio ma il male che non voglio. … Nelle mie membra vedo una legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra» (Rm 7, 22-23).

Da queste parole di San Paolo sembra effettivamente risultare che Paolo sostenga che il peccatore figlio di Adamo ha perduto la libera volontà di fare il bene, come se la sua volontà andasse contro se stessa: nel momento in cui vorrebbe fare il bene, la volontà schiava si determina per il male.

In realtà il discorso di Paolo, preso come suona, è un’assurdità, perché è impossibile che una volontà voglia simultaneamente il bene e il male. Per la verità è questo uno dei passi più infelici del linguaggio paolino, portato ai paradossi, e purtroppo su di un tema di primaria importanza qual è quello della relazione della volontà dell’uomo peccatore col peccato.

Paolo vuol significare semplicemente, come spiegherà il Concilio di Trento, la difficoltà a compiere sempre il bene nell’uomo peccatore, e quindi la debolezza della sua volontà, ma non che l’uomo abbia perduto il libero arbitrio, come falsamente intende Lutero e come gli rimprovererà il Concilio di Trento, il quale dirà che col peccato originale il libero arbitrio non è stato distrutto sì che noi siamo diventati come bestie, ma è stato ferito o indebolito, sì che riusciamo ancora a fare qualche bene, ma con le forze che ci sono rimaste e a causa della spinta della concupiscenza, non riusciamo senza la grazia a compiere tutti gli atti buoni necessari per salvarci.

Quindi quando Paolo chiede a Dio di essere «liberato dal suo corpo votato alla morte»  (v.24), non chiede affatto di essere liberato dalla sua volontà creata Dio – cosa assurda -; non intende affatto chiedere a Dio, come male intende Lutero, di sostituire la sua grazia e la sua volontà alla sua volontà umana insuperabilmente e irreparabilmente maligna e quindi inutilizzabile, ma al contrario chiede di essere liberato dai difetti della sua volontà, dalla tendenza della sua volontà al peccato e di consentirle, con l’aiuto della grazia, di osservare  sempre e perfettamente la legge divina, di compiere tutto il bene che deve compiere sia sul piano naturale che su quello soprannaturale.

Invece Lutero intende la misericordia divina che libera dal peccato come concessione incondizionata della sua grazia, senza che occorra che il peccatore si sforzi con la sua volontà di correggersi e di fare il bene, perché sono sforzi inutili.  L’uomo quindi secondo Lutero è dispensato dall’obbligo impossibile di osservare la legge, gli è concesso di continuare a peccare, nella certezza di salvarsi lo stesso, purchè creda soltanto che Dio lo perdona.

La grazia principio della fede non serve, secondo Lutero, a dar la forza alla nostra volontà di convertirsi e di osservare i comandamenti, ma semplicemente ci garantisce la salvezza la quale coonesta il male che inevitabilmente continuiamo a fare, male che a questo punto diventa cosa normale quindi si trasforma in bene. A Dio non interessa che noi obbediamo ai suoi comandamenti, ci lascia liberi di fare come vogliamo, perché sa che non ce la facciamo; ne siamo dispensati; è sufficiente che crediamo e confidiamo sempre nel suo perdono.

 In tal modo i peccati che inevitabilmente l’uomo continuerà a fare non sono più peccati, se per peccato s’intende azione meritevole di castigo, ma diventano scusati da Dio e considerati come giustizia. Le sofferenze di questa vita non hanno più valore espiativo e riparatore sia pure in unione con Cristo, perchè Egli ha già fatto tutto e noi non abbiamo da aggiungere nulla. Da qui secondo Lutero l’inutilità e anzi l’abominio della Messa.

 Il cristiano così agisce in ordine alla sua salvezza non usando della sua inutile volontà, ma esclusivamente mosso dallo Spirito Santo e fruisce di una libertà somma che non è più quella inesistente della volontà umana, il libero arbitrio che non è libero, ma è la stessa libertà divina, per la quale egli, figlio di Dio, è libero di fare quello che vuole nella certezza di fare la volontà di Dio.

Da questa concezione sbagliata della misericordia e della libertà per la quale Dio diventa complice del peccato e non lo punisce deriva il misericordismo e il liberalismo moderni, che non sono altro che un’estensione all’intera umanità dell’esperienza personale di Lutero e del concetto che egli si era fatto della propria vicenda personale.

In tal modo, mentre Lutero continuava a credere nell’esistenza di dannati riservando a sé e ai suoi seguaci la certezza della salvezza, i misericordisti odierni, credendo di capire ancora meglio nella linea di Lutero la grandezza della misericordia divina, avrebbero considerato contraria alla misericordia divina la giustizia punitiva divina, col risultato di concepire un Dio ingiusto, che approva il peccato e pecca nel lasciarlo impunito.

I guasti del misericordismo

Lutero apre la strada ai moderni misericordisti quando interpretando la giustizia della quale parla S.Paolo in Rm 5 come misericordia, allarga indebitamente questa identificazione che vale solo in quel passo, alla concezione generale della misericordia, con la conseguenza di negare che Dio punisca le colpe, giacchè è chiaro che non spetta alla misericordia, ma alla giustizia l’irrogazione della pena.

In tal modo il misericordismo, col negare che Dio castighi, confonde ciò che Dio ha fatto con ciò che, se avesse voluto, avrebbe potuto effettivamente fare o volere. Infatti, secondo la divina Rivelazione Dio ha voluto non impedire il male di colpa e ha voluto positivamente il male di pena come sanzione del peccato.

Tuttavia, se consideriamo ciò che, se avesse voluto, avrebbe potuto effettivamente fare, dobbiamo dire che Dio avrebbe potuto creare creature personali conducendole a quella stessa gloria che ci procura Cristo senza passare attraverso la caduta del peccato, ma in modo immediato facendo compiere ad esse un atto di piena obbedienza a Dio.

Il misericordismo è nato tra quei cattolici che hanno male interpretato l’ecumenismo con i luterani perché non hanno saputo collegare il Concilio Vaticano II con quanto il Concilio di Trento aveva insegnato per correggere le eresie di Lutero. Il Concilio chiarisce, al riguardo, alcuni concetti: la grazia, il libero arbitrio, la predestinazione, l’elezione, il merito.

Occorre recuperare i valori dimenticati

La predestinazione. Dio, secondo un imperscrutabile disegno della sua misericordia, concepito dall’eternità ed infallibilmente efficace, destina alcuni alla gloria celeste purificandoli dal peccato e muovendo con la grazia il loro libero arbitrio così che per esso il predestinato in grazia si converte dal peccato alla giustizia, osserva i comandamenti, compie opere buone e acquista in Cristo il merito di entrare in paradiso.

Coloro che non sono predestinati sono coloro, i quali, pur avendo ricevuto la chiamata universale alla salvezza e avendo avuto la possibilità concreta di salvarsi perché Dio mette a disposizione di tutti i mezzi della salvezza e tutti vuol salvare, per colpa loro respingono l’offerta divina e per conseguenza sono puniti con la pena eterna.

L’elezione. Secondo quanto Cristo ci rivela, Dio dalla totalità delle creature umane castigata a seguito del peccato originale sceglie un certo numero di persone, che Egli salva conducendole alla vita eterna (Mt 24, 22.31; Lc 18,7). Ma occorre tener presente che anche i salvati o predestinati alla salvezza vanno in paradiso per loro libera scelta. Dunque come stanno le cose? Che Dio sceglie coloro la cui volontà Egli muove a scegliere Dio come loro sommo bene e fine ultimo. Coloro che non sono scelti rifiutano per colpa loro la grazia che Dio offre a loro, senza che in questo rifiuto Dio abbia alcuna parte, a differenza dell’atto di accettazione della grazia, che è atto libero del libero arbitrio, ma causato e mosso da Dio.

La dottrina della predestinazione sembrerebbe favorire il fatalismo[3], per il quale Dio decreterebbe dall’eternità la salvezza di alcuni e la condanna di altri senza tenere alcun conto della scelta degli uomini; il libero arbitrio non svolge alcun ruolo nel destino dell’uomo, per cui, chi è destinato al paradiso può peccare liberamente nella certezza che comunque si salverà, mentre chi è destinato all’inferno, può esser virtuoso quanto vuole, ma va all’inferno.

Questa dottrina non è molto diversa da quella di Lutero. La differenza sta solo nel fatto che si riconosce l’esercizio del libero arbitrio: l’uomo può scegliere tra bene e male. Ma è uguale a quella di Lutero nel negare che il libero arbitrio abbia una parte nell’opera della salvezza dove chi agisce è solo Dio.

Occorre anche evitare una dottrina volontaristica della predestinazione. Bisogna dire che se Dio vuole salvare alcuni e non altri, lo fa in nome della sua sapienza e come atto volontario basato su di essa e in non per la sua semplice volontà a prescindere dalla sapienza. Dio infatti vuole qualcosa perchè è vero bene e non è che qualcosa sia bene semplicemente perché lo vuole Dio. Dire che Dio vuole senza sapienza, osserva San Tommaso, è una bestemmia. Quindi, se Dio sceglie questi e non quelli c’è un perché. Il solo punto è che il perché lo sa solo Lui.

Il merito. Occorre che Papa Leone torni a ricordarci che non possiamo salvarci senza merito. Come dice la Scrittura, non possiamo presentarci davanti a Dio a mani vuote. Se seppelliamo il talento ricevuto anziché farlo fruttare, non potremo ottener salvezza. Noi ci salviamo solo a condizione che abbiamo osservato i divini comandamenti. Per salvarsi non basta la fede, ma occorrono le opere. Il sapere è essenziale, ma è inutile se mancano la prassi e l’amore. L’amore dev’essere un amore reale, non semplicemente pensato. D’altra parte non c’è vera libertà che non sia effetto della verità. La giustizia è effetto dell’obbedienza alla legge, ma supponendo che l’agente fruisca della grazia di Cristo.

Ciò significa che esiste un duplice piano di meriti: un conto è il merito semplicemente umano, per il quale, in forza di una nostra opera, meritiamo presso gli uomini e dagli uomini, e un conto è il merito soprannaturale, partecipazione ai meriti di Cristo, merito per il quale sostenuti dalla grazia meritiamo presso Dio e da Dio un aumento della grazia e lo stesso paradiso.

Questo secondo tipo di merito, come dice il Concilio di Trento al seguito di Sant’Agostino, è esso stesso dono di grazia ed effetto della predestinazione. Credere di poter meritare col semplice merito umano la grazia è eresia pelagiana, ma credere di meritarla dopo aver ricevuto la grazia, è verità di fede. Esiste quindi una grazia preveniente che causa il merito ed esiste una grazia conseguente che è quella che otteniamo meritando in grazia.

Tutto ciò non esclude affatto il primato e la gratuità della grazia, ossia il fatto che l’iniziativa dell’opera salvifica spetta alla grazia, che è così chiamata preveniente, ma il Concilio di Trento precisa contro Lutero che il consenso del libero arbitrio è necessario nell’opera della nostra giustificazione, perchè a tale opera Dio vuole che collaboriamo con la grazia. Per questo la nostra salvezza da parte nostra è da noi meritata e premio delle nostre opere, ma da parte di Dio è gratuita.

Libertà e libero arbitrio. Occorre recuperare il vero concetto della libertà umana, che in Lutero prima e nell’idealismo tedesco poi assume dimensioni spropositate venendo assimilata all’assolutezza della libertà divina. Come è noto Lutero esagera nel sottolineare la corruzione del libero arbitrio e il suo assoggettamento al peccato e alla passione.

Gli tornava comodo perché così si risparmiava il faticoso lavoro ascetico di autodominio ed autocorrezione. Solo che procedendo in questo modo non possiamo ottenere quel dominio dello Spirito sulla carne e quella conciliazione della carne con lo Spirito, che è lo scopo della vita cristiana.

Il pessimismo luterano riguardo all’impotenza del libero arbitrio, oltre che favorire una condotta lassista, sembrerebbe favorire una condotta quietista, come quella promossa da Molinos nel sec. XVII, per cui colpisce il fatto che egli nella sua attività riformatrice dispiegò un’attività intensissima e molteplice che ha del prodigioso, si assoggettò a fatiche immani, mostrò una volontà fortissima e capace di operare scelte importanti e addirittura storiche.

Come si spiega tutto questo? Con la convinzione che Lutero aveva di essere uno strumento dello Spirito Santo e che quindi tutto ciò che diceva, faceva e decideva era voluto dallo Spirito. La domanda che però sorge in noi è se nella diffusione delle sue eresie, nella sua ribellione al Papa, nella sua opera di devastazione della Chiesa agiva veramente lo Spirito Santo o forse un altro spirito non proprio santo.

Un compito per Papa Leone

La riforma conciliare ha certamente portato buoni frutti, che sono stati promossi dai Papi del postconcilio fino a Francesco, ma, come è noto, essa è stata anche in parte disattesa e deformata dall’interpretazione che ne hanno dato i modernisti, in quanto essi l’hanno contrapposta all’opera del Concilio tridentino, in ciò commettendo un grave errore, che sta all’origine dei mali della Chiesa attuale. Invece di contrapporre bisognava congiungere. Invece di trovare una rottura, occorreva mettere in luce la continuità, come diceva Benedetto XVI.

Come riferimento per un giudizio più maturo su Lutero il Papa potrebbe prendere come base di partenza la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione tra la Chiesa cattolica e la federazione Luterana Mondiale del 3 ottobre 1999 a cura del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

Da essa risulta la correzione di alcuni errori di Lutero come quello della doppia predestinazione, del paragone del Papa con l’anticristo, della negazione del libero arbitrio, della coesistenza della grazia col peccato mortale, del rifiuto delle buone opere. Tuttavia, manca ancora il riconoscimento della necessità del merito per ottenere la salvezza, della necessità della penitenza, della distinzione fra peccato e concupiscenza, del valore dei sacramenti, dei dogmi mariani, dell’armonia della fede con la ragione e della natura con la grazia.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 10 maggio 2025 

 

Papa Leone si trova davanti al compito non facile di affrontare seriamente e risolvere questa complessa e intricata questione della misericordia divina, soprattutto nei rapporti con la giustizia, che ha inquinato la morale cattolica contemporanea e per conseguenza il costume. 

Immagine da Internet: https://www.vatican.va/content/leo-xiv/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2025/5/16/corpo-diplomatico.html



[1] Vedi il mio opuscolo L’eresia del buonismo. Il buonismo e i suoi rimedi, Edizioni Chorabooks, Hong Kong 2017.

[2] Vedi il mio libro Progresso nella continuità. La questione del Concilio Vaticano II e del post-concilio, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2011.

[3] Vedi la raccolta di scritti di vari Autori, tra cui il sottoscritto, curata da Francesco Baccilieri, Fatalisti allo sbaraglio. Come orientarsi con la propria e l’altrui sorte. Edizioni Le Comete Franco Angeli, Milano 2012.

32 commenti:

  1. "Un compito importante che si prospetta per Papa Leone, al fine di portar pace nella Chiesa divisa fra passatisti e modernisti, ..."

    No, Padre Cavalcoli. La Chiesa non è divisa tra passatisti e modernisti. La Chiesa, nella sua stragrande maggioranza, quasi nella sua totalità, è fedele al Papa e al Magistero del Concilio Vaticano II e dei Papi postconciliari. Mentre coloro che sono divisi sono i passatisti e i Modernisti, che sono due minoranze di ribelli, entrambi.

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    1. Caro Anonimo,
      io ho una lunga esperienza di sacerdote e di teologo, mi sono sempre tenuto aggiornato sulla situazione della Chiesa, mi sono dedicato molto al ministero sacerdotale e all’insegnamento della teologia. Come Domenicano ho sempre vissuto intensamente le vicende del mio Ordine. Ho anche lavorato in Segreteria di Stato dal 1982 al 1990.
      La mia impressione oggi come oggi è che i passatisti sono molto pochi, invece oggi nella Chiesa trovo che sia molto diffusa tra fedeli, sacerdoti, teologi, moralisti e vescovi, una tendenza che se non è chiaramente ereticale è molto vicina all’eresia.
      D’altra parte convengo con lei che c’è tutta un’area di cattolici che sono perfettamente normali ed alieni da estremismi. Ma quello che mi pare di constatare è che questi cattolici sono continuamente oggetto della propaganda di quei due partiti.
      Per quanto riguarda il Papato, esso certo resta il punto di riferimento per questi cattolici. Tuttavia secondo me il nuovo Papa dovrebbe accentuare una pastorale che possa aiutare sia i cattolici normali a resistere alle insidie che vengono dagli estremisti e sia ad aiutare questi estremisti ad assumere posizioni che li tengano lontani dall’eresia.

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  2. Gentile Padre,
    La sottopongo un quesito che concerne proprio l'arcano della predestinazione a cui lei ha dedicato parte di questo post.
    Lei dice testualmente: "Coloro che non sono predestinati sono coloro, i quali, pur avendo ricevuto la chiamata universale alla salvezza e avendo avuto la possibilità concreta di salvarsi perché Dio mette a disposizione di tutti i mezzi della salvezza e tutti vuol salvare, per colpa loro respingono l’offerta divina e per conseguenza sono puniti con la pena eterna." Quel che lei definisce "ricev[ere] la chiamata universale alla salvezza" coincide con quanto in teologia si indica col termine di "grazia prima", ovvero "quella che sta all'origine della conversione"? Ora, il CCC (n° 2010) conferma la dottrina classica secondo la quale questa prima grazia non può in alcun modo essere meritata e deriva interamente dalla benevolenza divina. Se lei nel dire che i reprobi hanno comunque ricevuto la chiamata alla santità intende riferirsi alla grazia prima, allora significa che la grazia prima è data a tutti gli uomini, che la fanno poi fruttificare o meno secondo che la loro libertà cooperi o meno con essa. Ma dire questo implicherebbe che Dio concede a tutti indistintamente la grazia prima. In tal caso però mi pare che la verità della predestinazione venga in qualche modo svuotata di significato. Se Dio muove tutti alla conversione, allora a priori la predestinazione alla salvezza è universale, e l'unica variante è costituita dalla libertà. Ma affermare ciò è una forma (per lo meno larvata) di pelagianesimo. Quindi la mia domanda è la seguente: la predestinazione consiste in una causalità efficiente alla salvezza oppure coincide con la semplice prescienza che Iddio ha dei nostri futuri liberi e dell'uso che faremo del libero arbitrio? E se è vera la prima delle due opzioni, ovvero se la predestinazione implica una causalità efficiente che spinge un dato uomo alla giustizia, possiamo affermare che essa non è offerta a tutti, ma solo a coloro che infallibilmente la faranno fruttificare?
    Mi spiace se sono stato poco chiaro. Spero riuscirà comunque a cogliere quanto intendevo dire. Grazie del suo tempo.

    Suo in Cristo

    Pietro

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    1. Caro Pietro, (1)
      la chiamata universale alla salvezza io la farei coincidere con quella che lei chiama “grazia prima” e che io chiamerei con la teologia scolastica “grazia preveniente”, che corrisponde a quell’amore del quale parla San Giovanni, che è l’amore col quale Dio ci ha amati per primi quando eravamo ancora peccatori, quella grazia che è all’origine della conversione ed è il principio della giustificazione.
      Senza dubbio questa grazia non è meritata, sennò cadremmo del pelagianesimo.

      La grazia preveniente è offerta a tutti. I Domenicani, con Padre Bañez, la chiamano “grazia sufficiente”. I Gesuiti, con Padre Molina, la chiamano “grazia oblata”. C’è però una differenza, che la grazia sufficiente, come dice la parola, è sufficiente per la salvezza. Invece la “grazia oblata” è una semplice proposta che viene da Dio.
      A questo punto allora nasce il problema del rapporto tra l’azione divina, ovvero la grazia, e l’azione umana, ovvero il libero arbitrio. Il fatto che la grazia preveniente sia data a tutti non impedisce che alcuni si dannino, perché la rifiutano. Tuttavia la salvezza o la dannazione non dipendono esclusivamente dal nostro libero arbitrio o più precisamente la salvezza comporta un atto del nostro libero arbitrio mosso dalla grazia preveniente, che conduce la nostra volontà dalla malizia alla bontà e la pone in stato di grazia, ossia la grazia santificante, fruendo della quale noi possiamo acquistare in Cristo dei meriti soprannaturali, che ci ottengono il paradiso.
      Viceversa l’atto del rifiuto della grazia dipende soltanto da noi e quella grazia che era sufficiente per la salvezza viene distrutta, in modo tale che la salvezza diventa impossibile, ma solo per colpa nostra, perché Dio in questo atto della nostra volontà non c’entra.
      Invece la posizione di Molina è diversa. Per lui, come ho detto, la “grazia oblata” è una semplice offerta o proposta. Dio, grazie alla cosiddetta “scienza media” prevede se noi accetteremo o rifiuteremo, per cui Egli dà la cosiddetta “grazia collata” a coloro che accettano e la rifiuta a coloro che la rifiutano.
      Ora però questa maniera di ragionare, che potrebbe valersi della metafora biblica dell’Alleanza o del rapporto evangelico padrone-lavoratore, si pone su di un piano umano tale per cui noi potremmo fraintendere il nostro rapporto con Dio, che non è un rapporto alla pari come tra uomo e uomo. Ricordiamo infatti che Dio è il nostro Creatore, per cui gli atti del nostro libero arbitrio sono creati ontologicamente da Lui, anche quelli cattivi, però non in quanto cattivi, ma in quanto atti in senso ontologico.
      Quindi la teoria di Molina, per la quale Dio dà la grazia se l’uomo l’accetta, dà l’impressione che il conferimento della grazia dipenda dal fatto che l’uomo l’accetta. Ora, un simile modo di pensare sembra ridurre la grazia preveniente a una semplice proposta da parte di Dio, come avviene tra noi uomini. Ma ho già detto che è Lui a creare e a muovere la nostra volontà, per cui, come dice il Padre Bañez, la grazia sufficiente diventa efficace non perché l’uomo l’accetta, ma l’accetta perché è efficace.
      Certamente nella concezione domenicana sembra che l’uomo non sia più libero. Ma questa è solo una parvenza, perché in realtà nella concezione di Bañez, la libertà è totalmente salvata proprio in quanto creata da Dio. Diversamente non saremmo più davanti a una libertà creata, ma ad una libertà assoluta qual è quella propria ed esclusivamente di Dio.

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    2. Caro Pietro, (2)
      Dio muove tutti alla conversione, ma esistono due tipi di mozione divina. C’è una mozione non frustrabile e c’è una mozione frustrabile. Qui siamo davanti al mistero della predestinazione o elezione divina. Se la mozione non è frustrabile abbiamo una grazia efficace, che è quella che Molina chiama “grazia collata”. Se la mozione è frustrabile abbiamo la “grazia sufficiente”, che corrisponde alla “grazia oblata”.
      La Rivelazione ci dice, come ci spiega Sant’Agostino, che Dio dall’insieme dell’umanità peccatrice e perduta trae alcuni ai quali dona la grazia della salvezza. Questo fatto misterioso è un effetto della misericordia divina, perché a rigor di giustizia avremmo dovuto essere perduti tutti negli inferi.
      Dio invece, nella sua misericordia, ci ha donato Cristo, grazie al quale noi possiamo essere liberati dalla nostra miseria, causata dal peccato originale, e possiamo raggiungere una condizione di vita, quella dei figli di Dio, superiore a quella della quale avremmo goduto secondo il progetto dell’eden.
      In questa visuale di misericordia, l’attuale Catechismo ci suggerisce che la salvezza giunge anche ai bambini non nati.
      La predestinazione alla salvezza coincide con una causalità efficiente, che corrisponde a quella che Bañez chiama “grazia efficace”. La teoria della prescienza divina è quella di Molina, che, come ho detto, ha un carattere troppo umano e non salva abbastanza la trascendenza divina.
      La predestinazione è una causalità efficiente, ma non meccanicistica, perché siamo sempre nell’orizzonte della libertà, libertà divina e libertà umana. Questa causalità si riferisce soltanto a coloro che Dio sceglie per salvarli. È la grazia sufficiente che è offerta a tutti. E se la grazia efficace riguarda coloro che si salvano, Dio non la dà agli eletti che l’accettano – questa è la posizione di Molina -, ma questi eletti l’accettano perché sono mossi dalla grazia efficace. Viceversa, coloro che non accettano la grazia, non accettano la grazia sufficiente per la salvezza. Allora, in tal caso, Dio non dà la grazia efficace, per la quale l’uomo si salva effettivamente.
      In altre parole Dio dà la grazia efficace a coloro che Egli salva e dà solo la grazia sufficiente a coloro che non si salvano. In questo senso Dio dà la grazia a tutti e con tutto ciò non tutti si salvano, perché alcuni la rifiutano per colpa loro.
      In conclusione la predestinazione divina è solo per la salvezza.

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    4. Gentilissimo Padre,

      Anzitutto la ringrazio moltissimo per il tempo speso a rispondermi e per la grande dottrina e precisione della sua risposta. Non volevo addentrarmi nella polemica de auxiliis, ma mi pare ormai inevitabile nell'orizzonte della nostra conversazione. La prego di aiutarmi, poiché si tratta di un problema alquanto angoscioso: come si può affermare che sia salvo il libero arbitrio (inteso come la possibilità reale di dire "sì" o "no" alla grazia sufficiente) se il "sì", che è l'unica risposta possibile in ordine alla salvezza, è causato infrustrabilmente dalla grazia efficace ? Di solito si risolve dicendo che il "no" è tutto dell'uomo e non ha una sua causalità in Dio (salvo il fatto che, come lei dice, tutti gli atti umani sono creati ontologicamente da Dio), mentre il "sì" è opera della grazia. Ma mi pare che la conseguenza logica di questi presupposti sia che il "no" sarà veramente demeritorio, in quanto effetto della volontà dell'uomo, mentre il "sì" sarà solo fittiziamente meritorio, perché in definitiva è causato efficacemente da Dio. In tutto ciò, non vedo come non si debba considerare l'opzione "domenicana" (i.e. quella di Bañez) come sfociante de facto nella doppia predestinazione (di sapore luterano e giansenista) già condannata dalla Chiesa, laddove la posizione di Molina salva in pieno la libertà e non rischia di cadere nel pelagianesimo nella misura in cui non sopprime la necessità della grazia, subordinandone però l'efficacia alla risposta dell'uomo.
      Le faccio un'ultima domanda: la Chiesa ha mai dogmatizzato in merito alla disputa de auxiliis? Ch'io sappia, con la soppressione nel 1606 della Congregazione de Auxiliis divinae gratiae, Paolo V rifiutò di attribuire alle opere di Molina la nota di eresia e permise che il dibattito in merito continuasse liberamente. Non conosco però gli esiti della disputa. Suppongo oggi nessuno o quasi se ne occupi più, visto il decentramento degli interessi ecclesiali su assi ben più... concreti.

      La ringrazio e le assicuro la mia preghiera.

      Pietro

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    5. Caro Pietro, (1)
      dobbiamo affermare che, quando Dio vuole un effetto, questo effetto si produce. Ora l’atto buono del libero arbitrio è un effetto della causalità divina. Per questo quando Dio vuole un atto buono del libero arbitrio, si produce infallibilmente.
      Lei si domanda: allora, non è frustabile? No, perché è voluto da Dio con la grazia efficace. Che cosa succede invece quando noi disobbediamo a Dio? Egli ci dona la grazia sufficiente, ma in questo caso noi di nostra iniziativa lasciamo cadere la proposta divina e impediamo alla grazia di agire.
      Quando agisce la grazia efficace, il libero arbitrio non può dire di no, non perché sia costretto, ma perché la grazia agisce efficacemente, cioè causa l’atto che in se stesso è libero e le due volontà, umana e divina, si incontrano nell’operare il bene: l’una è la causa dell’altra.
      Quando Dio dà la grazia sufficiente, questo non significa necessariamente che l’uomo dica di no, perché, in quanto la grazia è sufficiente, può dire anche di sì. Perché allora, se c’è solo la grazia sufficiente, l’uomo può dire di no? Perché la grazia sufficiente non è ancora la grazia efficace. Cioè Dio causa l’atto, che in se stesso è libero, ma le due volontà, umana e divina, in questo caso non si incontrano nell’operare il bene, per cui l’uomo cade nel peccato.
      Un’altra da tenere presente è la distinzione nella causalità divina tra il causare in senso ontologico e il causare in senso morale. Dal punto di vista ontologico, anche quello del demonio, è causato da Dio, in quanto Creatore. Invece dal punto di vista morale, l’atto buono trova in Dio la sua causa prima e l’atto umano è causa seconda; mentre quando l’atto è cattivo l’iniziativa è solo nostra.

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    6. Caro Pietro, (2)
      Qui bisogna chiarire che cos’è il merito. Il merito è una qualità dell’atto libero, per la quale ad esso è dovuto o un premio o un castigo.
      Come ho già detto, l’atto libero è causato da Dio. L’atto che merita il premio è causato da Dio in modo tale che Dio è causa del merito. L’atto che merita il castigo è causato da Dio, ma in modo tale che il demerito dipende solo dall’uomo.
      Da qui consegue che, mentre facciamo il bene, Dio è il motore di quello che facciamo, quando pecchiamo in un certo qual modo ci sostituiamo a Dio, cioè il nostro atto non viene più da Dio, ma solo da noi stessi e in un certo modo diventiamo “creatori” del nostro stesso atto, in quanto ne siamo la causa morale. Nel fare il male noi non poniamo dell’essere, ma del non-essere, perché il male è una privazione di essere. Il peccato è come spegnere la luce o chiudere il rubinetto dell’acqua.
      Per quanto riguarda la doppia predestinazione, bisogna dire che la predestinazione all’inferno supporrebbe che Dio sia la causa del nostro peccato, ma abbiamo detto che la causa dei nostri peccati siamo soltanto noi e Dio non c’entra niente.
      Per quanto riguarda Molina, è vero che riconosce la necessità della grazia, ma, nel momento in cui sostiene la scienza media, lascia al nostro libero arbitrio troppo potere, come se l’atto meritorio, oltre che dipendere da noi, non dipendesse innanzitutto da Dio.
      Come mai il Papa non ha condannato Molina? Per una forma di delicatezza. Ma il Papa si è spiegato molto bene quando ha presentato San Tommaso come Dottore Comune e, come si sa, la teoria di Bañez non è altro che la spiegazione di quanto San Tommaso aveva già detto.

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  3. Eccellente padre, la lettura di questa sua chiarissima disamina sopra misericordia e misericordismo nel rapporto tra i due ultimi concilii mi ha rallegrato non poco in quanto mi ci sono immediatamente e totalmente confermato. Grazie.
    Al Sig. anomimo delle 22:50 giorno 18 c.m. desidererei puntualizzare il mio parere estraneo al suo: quelli che questo anonimo etichetta come passatisti non sono dei "ribelli" bensi' dei semplicissimi uomini di Fede e di Preghiera che
    Credono e che intendono la forma liturgica debba essere portatrice di aumento della qualita' e conseguentemente di aumento di sostanza: la sostanza che noi tutti dobbiamo al Padre.
    I moderni invece, sono in realta' i superficiali: quelli che entrano in chiesa con le mani in tasca, non si inginocchiano alla consacrazione, chiacchierano in Chiesa, applaudono il defunto ai funerali, a volte recitano il nuovo padrenostro prendendosi per mano come si trattasse di un girotondo, pregano alla beduina, si scavalcano di banco per le volgari strette di mano e sorrisoni con pacche sulle spalle al distraente nonché' falso segno della pace, si accostano alla comunione cantando, prendono la particola con le mani, la masticano come gomma americana, tornano dalla Comunione e si mettono seduti senza meditazione alcuna, scappano via a razzo a fine messa guardando l'orologio: sono facili al cambiamento, seguono le mode, ma proprio per questo si possono restaurare in fretta. Questi sono la maggioranza nei praticanti; un' altra maggioranza molto ma molto ma molto piu' cospicua di umanita' sta fuori dalle Chiese, fuori
    del tutto, fuori da Dio. Sig. anonimo, non esistono gli estremisti, si tratta solo di stili interpretativi diversi, vedra', vedremo insieme, che questo Papa Nuovo ce la fara' a riempire le chiese, anche per mezzo della restaurazione dei modi di partecipare: molto lavoro spettera'
    poi a tutto il resto della piramide: vescovi e sacerdoti dovranno eseguire gli ordini dati:
    e sara' un trionfo nel nome di Yaesus Christus. La Chiesa sara' ancora e sempre una, santa, cattolica e apostolica.
    Di estremo c'e' solo Dio, infatti Egli non e' un politicante da compromesso:
    o con me, o contro di me.

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    1. Caro Fedele,
      le sue osservazioni riguardo il comportamento di molti fedeli alla Messa, le condivido e fanno dispiacere anche a me. Tuttavia ricordiamoci che la Comunione nella mano è ufficialmente consentita, mettersi in ginocchio nel prendere la Comunione non è obbligatorio, stringersi la mano nel recitare il Padre Nostro non comporta niente di male, scambiarsi un segno di pace è una possibilità prevista dal rituale. Il nuovo Padre Nostro è stato approvato dal Papa.
      Sulle altre osservazioni sono d’accordo con lei: è vero che non si rispettano i momenti di silenzio, a volte c’è una allegria che sconfina con la sguaiatezza. Dopo la Santa Messa sarebbe bene fermarsi per un po’ di meditazione.
      Detto questo mi sembra che la sua opposizione alle recenti novità liturgiche introdotte dalla Chiesa la pongano effettivamente e oggettivamente su di una linea che sembra attaccata a un passato, che è finito. Il vero modello di cattolico è quindi quello che, nel rispetto della Tradizione, assume tuttavia le sane novità introdotte dalla riforma conciliare. Nel contempo, sempre al fine di vivere un cattolicesimo normale ed equilibrato, è bene non solo assumere i lati positivi dei passatisti, ma anche assumere in modo critico i lati buoni dei modernisti, pur condannando i loro errori.

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    2. Fedele: Sono l'anonimo di cui parli.
      Effettivamente, me l'hai confermato: tutto mi fa sospettare che tu sia un ribelle passatista o indietrista filolefebvriano.

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    3. Per il Sig. Anonimo: lei mi tratta come fossi il demonio (il ribelle antico): non sta in piedi, ma tant'e';
      pero', invece di sospettare sopra di me,
      potrebbe gettare lei un ponte e farmi entrare nella sua chiesa vera e corretta, spiegandomi come fa a tirare avanti nonostante le palesi contraddizioni di forma che inficiano massivamente la Sostanza Divina ?

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    4. P.S. se non riesce a costruire il ponte, significa che "l'estremista" e' lei,
      non io.

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    5. Caro Fedele,
      il suo intervento mi dimostra che lei può avere anche ragione, ma le faccio presente che chi vuole comunicare con il mio blog deve evidentemente innanzitutto rivolgersi a me. Tuttavia con questo non voglio escludere del tutto che qualche Lettore discuta con un altro.
      A questo riguardo tuttavia lei dovrebbe capire che nella discussione che ho avuto con l’Anonimo ci siamo limitati ad osservare che nella Chiesa esiste un contrasto tra passatisti e modernisti. Lei non è stato affatto citato in questa discussione. Quindi per quale motivo si sente offeso?

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    6. il 23.5.2025 ore 15:55 un Sig. anonimo mi da' del "tu" (a che pro?) per bollarmi come "ribelle passatista" , ecco dove sono stato citato.
      Invece di controbattere dovevo tacere;
      cosi' ho anche infranto una delle regole non scritte di questo spazio che Ella gestisce e mi scuso e ritirandomi in buon ordine, porgo un cordiale saluto. LJC

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    7. Caro Fedele,
      la ringrazio per il suo chiarimento. Mi dispiace che lei si sia sentito ferito da quell’intervento. Nessuno le impediva di difendersi. In questi casi però bisogna fare attenzione ad evitare polemiche inutili.
      Ad ogni modo prendo atto della sua scelta.

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  4. Caro Pierpaolo,
    le sue constatazioni mi trovano d’accordo, solo che lei faccia una verifica riguardo a quello che vado scrivendo ormai da molti anni. Mi limito a qualche parola di commento. Una esposizione efficacissima di come la misericordia divina si accompagni con la giustizia è il Salmo 135, nel quale Israele si ferma a lungo a lodare la misericordia di Dio. Ma che cosa comporta questa misericordia? La giustizia con la quale ha castigato i suoi nemici.
    C’è inoltre da osservare che la ripugnanza a parlare dell’inferno, della predestinazione, dell’elezione e del merito, può essere motivata non soltanto dal desiderio di poter peccare liberamente senza essere puniti, ma anche da una carenza in campo metafisico, nel senso che si è perso di vista il rapporto tra la volontà divina, come causa degli atti umani, e si concepisce la volontà umana come fosse alla pari o al posto della volontà divina.
    È chiaro che questo presupposto metafisico porta come conseguenza la falsificazione della libertà umana e per conseguenza la realtà del peccato, la giustizia della sua punizione, e la vera grandezza della misericordia divina, che converte la volontà umana dal peccato alla giustizia e dona all’uomo il merito in ordine all’acquisto della salvezza.

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  5. Con il Corpo ed il Sangue del Signore non si scherza: chi lo fa da ignorante, cibandosi con le mani, perche' qualche neo recente regolamento gli ha fatto credere che sia possibile farlo come regola, non come eccezione motivata, o perche' "cosi' fan tutti" sara' salvato; gli altri che insistono con le mani, pur sapendo chi hanno davanti, la pagheranno cara; e peggio mille volte per i preti che insegnano questi comportamenti anche prima, ai bambini alla prima comunione. Lei mangia con le mani ?
    Lei crede che l'Eucarestia CONSISTA nel Corpo e Sangue di Gesu' Cristo o no ? Ho la sensazione che molti non si rendano conto di questo: pensi che un amico di un mio conoscente mi riferi' che lui, pur non credendo, si presenta a volte a Messa alla Comunione perche' "E' UNA TRADIZIONE" ;
    questo disgraziato ovviamente utilizza le mani, ma, se fosse di moda, userebbe pure i piedi, perché' no i piedi?
    Poveri pastori deviati e povere pecore ignoranti.

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    1. Caro Fedele,
      le faccio presente anzitutto che la regolamentazione dell’amministrazione dei sacramenti è di competenza della autorità ecclesiastica. Se lei guarda nell’introduzione al Messale Romano, al n. 161, lei vedrà che è facoltà del fedele scegliere se ricevere l’Eucarestia nella mano o in bocca.
      Quindi la sua polemica contro la Comunione nella mano ha valore solo in quanto alcuni fedeli, a quanto sembra, non si comportano in questa circostanza con la dovuta devozione. Però tenga presente che questo rischio c’è anche per chi l’assume in bocca.
      Altro discorso, e molto importante, è la domanda che si fa lei: quanti fedeli credono nella transustanziazione? Su questo punto grande è la mia preoccupazione, perché si è diffusa l’eresia di Lutero, secondo la quale l’Ostia Consacrata non è il Corpo di Cristo, ma è un pane che resta pane e Cristo è in questo pane.
      Ora Cristo, in quanto Dio creatore e conservatore di tutte le cose, è presente in qualunque porzione di pane in ogni tempo e in ogni luogo. In questo senso Cristo è presente anche nel negozio del fornaio, ma non per questo abbiamo l’Eucarestia.
      Per quanto riguarda il rito della Comunione, si ricordi che Gesù nell’Ultima Cena ha offerto il suo Corpo dicendo: “Prendete e mangiate”. Ora, questo “prendete” significa evidentemente “prendere nella mano” e conseguentemente portare in bocca ciò che si è preso con la mano.
      Con tutto ciò resta rispettabile e comprensibile l’uso del sacerdote di mettere in bocca al fedele la Santa Comunione. Che significato ha queto gesto? Vuole rappresentare il fatto che il Pane Eucaristico non è un pane comune a nostra disposizione, che noi utilizziamo in quanto semplice nutrimento naturale, ma il Pane Eucaristico è Gesù Stesso, che ci viene donato dal sacerdote, ministro di Cristo. Per questo, nel caso dell’Eucarestia la rinuncia all’uso della mano vuol significare il fatto che questo cibo divino non è tanto qualche cosa che noi prendiamo di nostra iniziativa, ma è un dono che ci viene dato dall’Alto.
      Un’altra considerazione, che riguarda l’atto del mangiare. Alcuni ritengono di dovere inghiottire l’Ostia senza masticarla, quasicchè facendo così si offenda il Corpo del Signore. Bisogna invece ricordare che noi mastichiamo gli accidenti del pane, per cui quel mangiare che Gesù riferisce al suo Corpo, non è un mangiare fisico, come ho detto nel mio articolo, ma, come ha detto Sant’Agostino, è un mangiare spirituale.

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  6. PS. : cosa ci azzecchi il C.V. secondo con la Comunione in mano io non l'ho capito, sono due articoli non comunicanti, sia nel merito, sia nel tempo: ovvero aggiungo: mi spiega perche' , secondo lei, la mia opposizione alle recenti novita' liturgiche mi pone su "una linea che sembra attaccata ad un passato che: e' finito" ? Non mi e' chiaro questo,
    scusi sa, ma il parroco che mi preparo' alla mia prima comunione ricordo come fosse ora mi/ci insegno' e ordino' cosi':
    1- la Particola va' presa sulla lingua lievemente protesa.
    2- la testa sta rivolta verso alto.
    3- la Particola va' deglutita nel piu' breve tempo
    possibile.
    4- la Particola non va' masticata in bocca!
    5- la Particola accidentalmente caduta in terra va' raccolta UNICAMENTE a cura e MANI del Sacerdote !
    Queste poche cose mi ricordo con cognizione perfetta e consideri che ai tempi della mia giovinezza si stava in balaustra: ma, anche queste sono state smantellate e buttate in discarica, cose del passato, finite, come dice lei:
    allo stesso modo vedremo buttare pure la
    Particola : anch'essa diventera' passata? Finita?
    Se tutti continuassimo a non crederla il Corpo di Cristo, trattandola come una patatina pai, probabilmente si', ma c'e' chi non molla e poi e' giunto direttamente dalla Provvidenza un nuovo grande papa che non permettera' la chiusura delle Chiese per la prossima pandemia.

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    1. Caro Fedele,
      i ricordi della sua fanciullezza sono anche i miei. Quando io parlavo di un passato, che è passato, non intendevo riferirmi a cose delle quali non abbia un caro ricordo. E le dirò anche che l’attuale autorità ecclesiastica non proibisce di tornare a queste pratiche, che possono essere legate anche alla Messa VO.
      Tuttavia, detto questo, il buon cattolico che sa che spetta alla Chiesa regolare le pratiche liturgiche e non spetta alla sua iniziativa, accoglie con fiducia, anche se a volte gli costa, le novità nel campo della liturgia, anche perché riflettendo è possibile constatare la loro effettiva utilità per quelli che sono i bisogni spirituali del nostro tempo.
      Per quanto riguarda la questione della conservazione dell’Eucarestia dopo la Santa Messa, lei segnala un rischio gravissimo di sacrilegio, che può essere dato dal fatto che certi sacerdoti non si curano di purificare sufficientemente la patena. Questo gesto sacrilego dipende sempre dall’eresia luterana, perché secondo Lutero, Cristo è presente solo durante il rito, cessato il quale ciò che resta delle offerte è un puro pane, del quale si può fare l’uso che si vuole. Invece, come lei sa bene, Gesù Eucaristico viene conservato nel tabernacolo, come oggetto di adorazione.

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  7. Per quanto riguarda il rito della Comunione, Gesu' Cristo stesso, nell'ultima cena, disse:
    ACCIPITE ! ovvero : RICEVETE ! e NON "PRENDETE" (come falsamente tradotto, il quale imperativo, porta ad intendere "con le mani").
    Avanti cosi' che facciamo la fine di bergoglio e dei protestanti.

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    1. Caro Fedele,
      effettivamente il verbo greco lambano, del testo originale, può voler dire o ricevere o prendere ed effettivamente in greco prendere si dice anche pairno. So bene che nella Vulgata abbiamo accipite, che vuol dire ricevete. Tuttavia la traduzione della CEI dice prendete, perché lambano vuol dire anche prendere.
      Io penso che da buoni cattolici dobbiamo accettare la traduzione della CEI, dove è chiaro che il verbo prendere si riferisce alle mani e non alla bocca. Tuttavia qui si tratta di una semplice traduzione, ma io direi che la questione è risolta se consideriamo che nei Sinottici Gesù prima dà il pane spezzato agli apostoli e poi lo consacra. E quindi non possiamo dire che dà la Comunione agli apostoli. D’altra parte, se Gesù dà agli apostoli il pane, è chiaro che questo pane gli apostoli lo avranno tenuto o in mano o nel piatto. Solo a questo punto Gesù consacra il pane e il vino.

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    2. Mi e' stato riferito che la cei abbia emesso versioni dei sacri testi con parti tradotte in modo sbagliato (ad arte, non per errore);
      ho pagato di persona la mancanza di accesso all'Eucarestia quando la cei ordino' di chiudere le chiese mentre i supermercati pullulavano di clienti al tempo del covid; inoltre mi risulta che la comunione in mano debba essere una eccezione e non la norma;
      preferisco essere considerato un cattolico non buono, a questa cei io non credo, credo solo in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. E pensare che alla cei conferisco anche l'otto per mille, proprio non li meriterebbero.

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    3. Caro Fedele,
      certamente anche le traduzioni ufficiali non sono infallibili; tuttavia c’è una presunzione di autorevolezza. Infatti è ben comprensibile che l'autorità ecclesiastica presieda alle traduzioni della Scrittura.
      Per quanto riguarda la Comunione o in bocca o in mano non stia ad ascoltare le voci che girano, ma le ho già detto di andare a guardare il numero 161 dell’Introduzione al Messale Romano, dove si parla di libera scelta.
      Per quanto riguarda il contributo economico alla CEI, il buon cattolico fa un atto di fiducia.

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    4. sono quindici anni circa che studio il comportamento degli organi e dei meccanismi della Chiesa moderna a cominciare dal capo (papa) fino all'ultimo catechista laico declinandoli in competenze, motivazioni, aspetti tecnici, approccio alla Fede, alla preghiera; molto devo ancora scoprire; fino ad oggi ho constatato mancanze gravissime a livello dottrinale e conoscitivo (storia, filosofia, lingue antiche morte, latino, e lettere sopratutto): queste ignoranze moltiplicano ignoranze: mi chiedo: chi conduce le pecore sa il suo mestiere,
      o fa il mestiere ??? Ma quale fiducia ! alla cei sono dei ...

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    5. Caro Fedele,
      ho l’impressione che lei parli della situazione della Chiesa come farebbe il sindaco di una città che si accorge che l’amministrazione cittadina è giunta allo sfascio. Io vorrei chiederle cortesemente: lei è un cattolico?
      Se lei si ritiene cattolico, come si permette di avere questo tono di critica obiettivamente arrogante e presuntuosa? Non si rende conto che la Chiesa è guidata dai Successori degli Apostoli e dal Successore di Pietro? Non lo sa che questi nostri Pastori sono strumenti, per quanto fallibili, dello Spirito Santo? Certo, anche lei può ascoltare lo Spirito Santo nell’esprimere i suoi giudizi, ma sembra che lei voglia sostituirsi ai nostri Pastori. Pensa forse di guidare lei la Chiesa meglio del Papa?
      Lei di fatto non ragiona come un cattolico, ma come un non credente.

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    6. Ha ragione, io provengo dal mondo della competizione: la competizione non per sopraffare, bensi' per sopravvivere; una vita; quindi, mal tollero l'ambiguita' e sopra di tutto non tollero i trucchi e men che meno le menzogne in genere, anche quelle dei preti, dei vescovi e dei papi e delle traduzioni falsificate;
      se per essere un cattolico, devo sottostare a questi modi di gestire la missione da parte degli ecclesiastici, mi autoescludo da solo, ma, dalla Fede in Dio, nessuno mi separera'. Anche lei dalla parte cieca, non immaginavo; ma ci sono anche sacerdoti diversi, grazie a Dio.
      Adesso La ringrazio comunque per i buoni insegnamenti e LJC, vado a pregare per il nuovo papa e anche per quello defunto, per tutti.

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    7. Grazie e concordo in toto, Ella capira' che nel metodo ho ecceduto in termini, ma, nel merito, la mia azione e' stata dettata solo per amore della Chiesa, pastori e pecore, tutti insieme, per migliorare, nella prospettiva della Salvezza, per tutti e non per odio o avversione, giammai ! Non ho secondi fini occulti destabilizzanti, LJC

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  8. Per quanto riguarda invece la questione della conservazione dell'Eucarestia dopo la Santa Messa, Le faccio notare che io non ho segnalato nulla, semplicemente perche' non e' mio compito lo "stoccaggio" , mi passi il termine cantieristico, delle Particole e nulla sapevo sopra questo argomento e nulla avevo quindi (e tuttora ho) da sindacare. Grazie per la Sua disponibilità', cortesia e pazienza; ah,
    mi risponda se ce la fa e mi spieghi mi raccomando sopra la quaestio "ACCIPITE"
    di cui al precedente mio intervento , ci tengo molto, sappia, perche' in caso di mio errore mi guardero' bene da insegnare sbagliato a terzi fedeli prigionieri.

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