Il mondo è finito o infinito? Riflessioni sul libro di Bolloré e Bonnassies "Dio la scienza le prove" - Prima Parte (1/3)


 

Il mondo è finito o infinito?

Riflessioni sul libro di Bolloré e Bonnassies Dio la scienza le prove[1]

Prima Parte (1/3)

 

Infiniti spazi nel pensier mi fingo

Leopardi

Le sue mani hanno plasmato la terra

Sal 95,5

La fisica quantistica ha riscoperto Dio

Il libro di questi fisici è molto interessante. Esso ha fatto molto piacere a me filosofo e teologo, che fin dalla mia giovinezza mi sono adoperato per sostenere, con la Chiesa cattolica, la dimostrabilità razionale dell’esistenza di Dio. In particolare mi ha fatto molto piacere l’affermazione che la ragione umana, mediante la fisica sperimentale, può dimostrare che Dio ha creato il mondo dal nulla. Il libro ci offre una buona ripresa in chiave di fisica moderna, della dimostrazione dell’esistenza di Dio, che Aristotele dette già nella sua Fisica e nel trattato Il cielo e il mondo.

Sono contento che quest’opera abbia avuto un grande successo di pubblico, segno della capacità degli Autori di saper parlare ai nostri contemporanei su di un tema così arduo come l’esistenza di Dio e del bisogno che sempre esiste nel cuore umano di scoprire il perché e lo scopo dell’universo.

Questa pubblicazione, in un clima culturale come quello di oggi, infetto di materialismo, ateismo e falsi teismi, è una gioia per la Chiesa stessa, la cui missione è appunto quella di mostrare agli uomini che Dio esiste e che in Cristo, come Figlio di Dio, si è incarnato per la salvezza dai loro peccati e per assicurar loro la vita eterna.

Sono rimasto stupito per questa franca affermazione della creazione in un clima come quello di oggi, che registra la diffusione di una concezione idealistica della creazione in campo cattolico, come nei seguaci di Bontadini e di Rahner. Ma il fatto è che non si trovano tra i fisici degli idealisti. Il fisico è necessariamente realista, perché si interessa delle cose sensibili, le quidditates rerum materialium, direbbe San Tommaso e non di pensieri, di pensati o di pensabili, così come del resto l’idealismo non è capace di fondare la fisica sperimentale, perché non cerca il contatto con le cose, ma col pensato, col pensiero e col pensabile.

Infatti se in filosofia, dove la ragione lavora con teorie non verificabili nell’esperienza, l’idealismo può aver buon gioco, nella fisica, che tratta solo di oggetti sperimentabili, l’idealismo non ha possibilità di darla ad intendere. È vero che il fisico rischia il materialismo. Ma quando è onesto, come gli Autori del libro, sa benissimo passare dalla fisica alla metafisica e dalla metafisica alla teologia. D’altra parte chiederemmo troppo al fisico di confutare il falso concetto di creazione degli idealisti. Per questo, non meravigliamoci se tutta la polemica degli Autori è contro il materialismo e non contro il falso Dio dell’idealismo.

Certamente, non è possibile arrivare al concetto di creazione utilizzando solo la fisica sperimentale, ma bisogna passare dalla metafisica, perché l’oggetto della fisica sperimentale sono solo i fenomeni regolati dalle leggi di natura espresse in formule matematiche. Gli Autori non si fermano sull’argomentazione metafisica, della quale però ho visto che hanno rispetto. D’altra parte, il fatto che, partendo dall’esperienza fisica concludono nell’affermazione di Dio creatore, è segno che comunque sono passati dalla metafisica, anche se questo passaggio resta implicito nella loro esposizione. È un po’ come se incontrassimo un amico con i capelli tagliati dopo che l’avevamo visto con i capelli lunghi. Dev’essere stato necessariamente dal barbiere, anche se non lo abbiamo visto entrare nel suo negozio.

Gli Autori vogliono sostanzialmente riabilitare il teismo aristotelico e biblico contro il materialismo ateo. La loro tesi di fondo è che la fisica del secolo scorso e di quello attuale ha fatto scoperte epocali tali da assestare un colpo mortale e definitivo alla tesi materialista dell’eternità, della infinità e della totale materialità del mondo, negando l’esistenza o quanto meno la trascendenza di una realtà immateriale e spirituale, soprattutto se questa (Dio) fosse concepita come fuori del mondo e causa del mondo.

Gli Autori, anche se non lo dicono e giustificano esplicitamente, utilizzano implicitamente tre princìpi metafisici indispensabili alla dimostrazione di Dio creatore: primo, la nozione analogica di causalità efficiente o produttiva od operativa; secondo, il principio secondo cui il finito è causato dall’infinito; terzo, il principio secondo cui lo spirito è superiore alla materia.

Gli Autori dimostrano altresì che non è possibile ammettere, come avviene nel teilhardismo, uno spirito che emerge dalla materia, un Dio come vertice, livello supremo e «punto omega» del mondo, ma bisogna ammettere un Dio spirituale, esistente da sé prima del mondo, indipendente dal mondo, superiore al mondo e creatore del mondo dal nulla e dello stesso processo evolutivo che nel passato è per gradi ascendenti salito dall’iniziale materia non vivente alla materia vivente fino all’uomo.

Domandiamo troppo?

La domanda di fondo di partenza è questa: il mondo è finito o è infinito? Ed inoltre: l’universo è limitato o illimitato? Esiste da sempre o ha avuto un inizio? E se ha avuto un inizio, che cosa c’era prima? Se ha avuto un inizio, chi lo ha fatto iniziare? È iniziato da solo? E perché è iniziato in quel momento e non in un altro?

L‘ateo dice che il mondo è infinito, illimitato, autosufficiente ed eterno. Non c’ è niente prima, al di là e al di sopra. Non c’è da chiedersi perché esiste. Esiste e basta. Noi conosciamo un’infinitesima parte dell’universo, accontentiamoci di scoprire le cause dei singoli fenomeni. È folle ed inutile presunzione pretendere di sapere qual è la causa del mondo nella sua globalità. Ma poi, ammesso e non concesso che potessimo saperlo, di quale utilità sarebbe?

Ebbene, no, ci dicono gli Autori del libro. L’ateo sbaglia. Non ragiona correttamente, non fa vera scienza, ma ideologia. Non consente alla ragione di andare fino in fondo, ma la blocca a metà strada. Gli atei sono dei frustrati mentali. Sono rimasti indietro nel cammino della scienza. Chiudono gli occhi alle scoperte moderne.

La fisica moderna ci dà un concetto del mondo e dimostra che il mondo è finito. Ora solo l’infinito è assoluto ed esiste da sé. Il finito è relativo e il suo essere è causato. Dunque bisogna ammettere la sua causa efficiente o produttiva sufficiente, causa che, come tale non può che essere il vero assoluto ed infinito, causa creatrice del mondo. Ora, questo ente supremo, assoluto ed infinito che ha creato il mondo dal nulla è Dio.

La fisica moderna ritiene che il mondo abbia avuto un inizio[2] in un passato misurabile e che crede di poter misurare: all’incirca 14 miliardi di anni fa. Gli Autori del libro deducono che se il mondo è iniziato, ha cominciato ad esistere, è stato iniziato o ha iniziato ad essere, ha ricevuto un inizio; non può essere iniziato da sé dal nulla, non può essersi tratto da sé dal nulla, perché ciò sarebbe confondere l’essere col nulla. Ora, ciò che comincia ad essere, passa dal non-essere all’essere. E dunque il mondo è stato creato da Dio.

Chi dunque ha dato inizio al mondo facendolo esistere? Dio. E perché Dio sia la ragione sufficiente dell’esistenza del mondo; occorre che Dio stesso non abbia iniziato ad essere, ma sia un ente senza inizio, un ente che non ha bisogno di iniziare perchè è già tutto, l’assoluta perfezione, è l’infinito.

I materialisti, osservano gli Autori, credevano che questo essere senza inizio appartenesse al mondo. Ma la fisica oggi ha scoperto che il mondo ha avuto un inizio, ha iniziato ad esistere; è stato iniziato. E dunque s’impone la questione di sapere chi lo ha iniziato, chi gli ha dato inizio, chi lo ha fatto iniziare. Come mai esiste quando avrebbe potuto non esistere?

Il libro, come si conviene alla scienza fisica sperimentale, considera il mondo nel tempo e nello spazio. Gli Autori pertanto si pongono esplicitamente o implicitamente i seguenti quesiti: nella conoscenza del mondo la scienza progredisce ed avanza senza fermarsi mai nella conoscenza del sempre più piccolo e del sempre più grande, del sempre più passato e nel sempre più futuro o potrà un giorno dire: ecco ho trovato il confine, qui c’è il termine; ecco un più piccolo non c’è, un più grande non c’è, un più lontano non c’è?  

Così le domande che gli Autori si pongono sono: il mondo esiste da sempre o ha avuto un inizio? È statico o è in espansione? Le sue dimensioni sono limitate o illimitate? Possiede dei confini o è sconfinato? Durerà per sempre o finirà? Esiste solo la materia o anche lo spirito? È creato da Dio o esiste da solo? È effetto di una mente e di una volontà o esiste per forza propria? Avrebbe potuto non esistere o esiste necessariamente? È finito o è infinito? È causato o è incausato? È Dio esso stesso?

La domanda più importante è quella alla quale risponde il titolo stesso del libro: esiste un Dio creatore del mondo? E la risposta è: sì, perchè la scienza dimostra oggi che il mondo ha avuto un certo tempo fa un inizio quantitativo incredibilmente modesto ma ricco di inimmaginabili, innumerevoli, immense, sconfinate e smisurate virtualità, energie e potenzialità: si sta espandendo a grande velocità, ma è destinato in futuro a perire per l’esaurimento delle sue energie. La scienza lo vede oggi come un braciere acceso tempo fa, nel quale il fuoco sta divampando, ma, essendo il combustibile di quantità finita, quando il fuoco avrà finito di bruciarlo, il fuoco si spegnerà e resteranno le ceneri.

Tra tutte queste domande affascinanti ne ho sceltao una, che peraltro è connessa con tutte le altre. È la domanda che fa da titolo all’articolo. Perché proprio questa domanda e non altre? Perché vorrei illustrare, al riguardo la controversia tra San Tommaso e San Bonaventura, che forse pochi conoscono, ma che appare estremamente attuale, anche se essi discutevano ovviamente su di un materiale sperimentale estremamente più arretrato rispetto a quello del quale disponiamo oggi. Ma vedremo come i termini del problema sono gli stessi e come anche noi oggi dobbiamo scegliere fra la posizione di Tommaso e quella di Bonaventura.

Dobbiamo tuttavia, in forma di premessa, tenere presenti i limiti del nostro sapere e l’opportunità del nostro domandare, sia nel campo della fisica che nel campo della metafisica. È cosa del tutto naturale per noi il desiderio di conoscere le cause delle cose, siano esse materiali o siano spirituali. Ed è pertanto naturale indagare ed avanzare continuamente nel sapere. È naturale il bisogno di  cercare, di trovare, di avere e dare prove sicure di ciò che ci pare di scoprire o di dover dire, il bisogno di verificare se quello che ci par di aver trovato è proprio così o ci siamo sbagliati. Tuttavia sia in fisica che in metafisica noi lavoriamo in un orizzonte o ambito di realtà nel quale sentiamo di muoverci a nostro agio, riusciamo a dare delle risposte, una realtà proporzionata alla nostra esperienza e ragione che riusciamo a capire, spiegare, descrivere, comprendere o immaginare.

Che cosa c’è fuori di casa nostra?

Nella nostra vita, nel nostro pensare, discutere, cercare, trovare, dimostrare e rispondere disponiamo di nostri mezzi e metodi abituali per noi agevoli, disponiamo di un ambiente nostro familiare, dove non abbiamo eccessive difficoltà, dove ci troviamo davanti ad oggetti che riusciamo a dominare, controllare, verificare, utilizzare, disporre e organizzare a nostra volontà, pienamente comprensibili. Ma ci accorgiamo che se allarghiamo o innalziamo lo sguardo sul reale arriviamo ad un limite per cui ci accorgiamo che, nonostante il nostro continuo avanzare nel sapere, c’è sempre dell’altro, c’è un oltre, c’è un al di là, che supera la nostra capacità di comprensione, per cui non sappiamo più dar risposte alle nostre domande.

La questione della finitezza o non finitezza del mondo è una di queste. Possiamo porla; possiamo raggiungere qualche certezza. Ma su molti punti la nostra mente si perde, non riesce più a dominare e a tener stretto l’oggetto e deve rinunciare a sapere. Sa che c’è del reale, ma questo reale le sfugge, resta al di là senza poter entrare nel nostro pensiero e senza che il nostro intelletto riesca a raggiungerlo; è troppo ampio per la sua capienza, per cui resta ignoto. Può conoscerlo solo Colui che lo ha creato.

Possiamo innalzarci dalla fisica alla metafisica. Possiamo scoprire lo spirito al di là della materia, la vita al di là del non vivente, il biologico al di là del chimico, il sensitivo al di là del vegetativo, l’intellettuale al di là del sensitivo. Possiamo accorgerci che il mondo è finito e causato. Possiamo dimostrare che Dio esiste ed ha creato il mondo. Ma su altri enigmi di questo universo e soprattutto su chi è Dio, dobbiamo arrestarci umilmente davanti al mistero. 

Fine Prima Parte (1/3)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 4 novembre 2024


Certamente, non è possibile arrivare al concetto di creazione utilizzando solo la fisica sperimentale, ma bisogna passare dalla metafisica, perché l’oggetto della fisica sperimentale sono solo i fenomeni regolati dalle leggi di natura espresse in formule matematiche. Gli Autori non si fermano sull’argomentazione metafisica, della quale però ho visto che hanno rispetto. D’altra parte, il fatto che, partendo dall’esperienza fisica concludono nell’affermazione di Dio creatore, è segno che comunque sono passati dalla metafisica, anche se questo passaggio resta implicito nella loro esposizione. È un po’ come se incontrassimo un amico con i capelli tagliati dopo che l’avevamo visto con i capelli lunghi. Dev’essere stato necessariamente dal barbiere, anche se non lo abbiamo visto entrare nel suo negozio.

Immagine da Internet

[1] Edizioni Sonda, Milano 2024.

[2] Cf di Massimo Cacciari, Dell’inizio, Edizioni Adelphi, Milano 1990.

5 commenti:

  1. Caro Padre,
    Io ho letto il libro qualche mese fa appena quando era appena uscito. L’ho voluto leggere anche perché ho una forte formazione scientifica e ho sempre sostenuto che più la scienza avanza nella comprensione del mondo e più evidente diventa la mano di Dio. Come restare indifferenti alla precisione delle costanti universali, che se si discostassero di frazioni infinitesimali dal loro valore, l’universo non potrebbe esistere. Come restare indifferenti dal passaggio dalla non via alla vita, fenomeno non ancora spiegato e forse inspiegabile dal punto di vista materiale. Nel libro si calcola la probabilità che la più semplice cellula conosciuta si formi per caso e il risultato è un'incredibile 1 diviso un 1 seguito da 300 zeri, un numero che non possiamo neanche comprendere, questo numero manda all'arie le tesi degli scienziati materialisti, ahimé la maggioranza, che pensano di poter spiegare la vita partendo da un presunto "brodo primordiale" che per caso ha generato la vita. Sono contento che anche lei ne parli nella sua rubrica, è un libro che andrebbe letto da tutti, soprattutto dai non credenti, che per natura sono resistenti al ragionamento metafisico, qui troverebbero un esposizione, che come dice Lei, implicitamente implica la metafisica, ma che porta argomenti che i non credenti, se onesti, non possono non capire.
    Prego per Lei,
    Giuseppe

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    1. Caro Giuseppe,
      il tema che lei propone mi spinge a trovare un nesso ancora più stretto tra il racconto biblico e la teoria del Big Bang. Lei pone il problema dell’origine della vita. Ora sappiamo come la vita è un grado di essere superiore al non vivente. Per spiegare questo fatto ci vuole una causa proporzionata. Dobbiamo pensare ad una causa capace di edurre la forma dalla materia. Ora questa causa non può essere che Dio, Creatore della forma e della materia, perché nessuna causa seconda è capace di compiere un’azione di questo genere. Infatti solo Dio opera direttamente sulla materia prima.
      L’intervento creatore ci vuole anche quando compare l’uomo, perché compare l’anima spirituale, la quale può venire all’esistenza soltanto grazie ad un atto creatore.
      Il racconto biblico dei sette giorni, come sappiamo, è di carattere mitologico e simbolico, perché esso in realtà rappresenta i gradi dell’essere. Ciò ci porta a dire che noi possiamo concepire l’atto col quale Dio ha creato l’universo (corpi e spiriti) come un unico atto, il quale in un istante ha creato tutti i corpi e tutti gli spiriti angelici.
      A questo punto potremmo trovare una sorprendente coincidenza col Big Bang, il quale prevede un nucleo originario compatto e denso, carico di intensissima e fortissima energia, la quale si lancia nello spazio e nel tempo in tutte le direzioni causando l’espansione e l’evoluzione dell’universo.
      Possiamo chiederci a questo punto, a livello metafisico e di filosofia della natura, che cosa fa e che cosa ha fatto Dio nei confronti della materia e delle forme.
      Riprendendo quello che ho detto nel mio articolo, credo che si possa dire che Dio ha creato subito fin dall’inizio tutta la materia prima, la quale quindi non può aumentare.
      Diverso invece è il discorso da fare riguardo alle forme. Qui abbiamo due tipi di forme: le forme materiali e le forme spirituali. Le forme spirituali sono le anime umane e gli angeli, che sono creati direttamente da Dio. Gli angeli sono stati creati subito fin dall’inizio e non possono aumentare, essendo forme pure; invece le anime umane, essendo forme sostanziali del corpo umano, aumentano nel corso della storia.
      Le forme materiali sono quelle non viventi ossia quelle chimiche (principio dell’energia fisica); quelle viventi, ossia quelle vegetative (piante) e quelle sensitive (animali).
      Queste forme materiali vengono edotte da Dio dalla materia prima lungo tutto il corso dell’evoluzione, servendosi delle cause seconde. La causa seconda è la creatura, la quale ha una sua propria azione, che viene mossa dalla causa prima, che è Dio.
      Da questa eduzione, compiuta da Dio, dobbiamo escludere l’origine dell’anima umana, la quale invece viene creata immediatamente da Dio. La conclusione di tutto questo discorso sarebbe che la comparsa delle varie forme materiali lungo il corso dell’evoluzione non proviene dal caso, ma è effetto dell’azione divina, che si serve delle cause seconde.
      La ringrazio per le preghiere e le ricambio volentieri.

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  2. Caro padre Cavalcoli,
    prendendo l'immagine del mondo come un braciere acceso, in cui il fuoco si sta diffondendo, fino a consumarlo tutto, poiché la sua energia è finita, questo potrebbe dare ragione alle teorie climatiche sul riscaldamento globale? In tal caso, il riscaldamento sarebbe irreversibile e l'uomo potrebbe solo ritardare l'esaurimento dell'energia?

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    1. Caro Dino,
      io sono un teologo e filosofo, non sono un climatologo. È bene che lei rivolga la sua domanda a uno specialista in materia. Io, parlando di energia, mi riferivo a quella che è l’attività dell’ente fisico come tale, cioè nel senso della filosofia della natura, ma non entro nel campo della fisica sperimentale e quindi nella climatologia.
      Io ho trattato della azione ontologica dell’ente fisico e non di quella fenomenica, nell’orizzonte della quale esiste quella particolare energia fisica che ha dato origine al riscaldamento globale.

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    2. Grazie, caro Padre, e ora credo di capire bene la differenza di ambiti, il filosofico e lo scienziato sperimentale. Grazie.

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