San Paolo VI e Rahner
Un duello a distanza per la guida della Chiesa
Prima Parte (1/3)
Ammonisci,
rimprovera, esorta
con ogni
magnanimità e dottrina
II Tm 4,2
Perché San Giovanni
XXIII ha voluto il Concilio
Per capire
la situazione della Chiesa di oggi nei suoi problemi e nei suoi valori, nelle
sue sofferenze e nei suoi successi, per liberarla dai suoi mali e offrirle
prospettive luminose, ci è di grande utilità riandare a quel periodo dei primi anni
del postconcilio che sono stati decisivi per la determinazione degli anni presenti.
Al riguardo, ritengo che per comprendere il
significato di quegli anni, sia necessario chiarire, per quanto possibile, il
rapporto fra un Santo Pontefice e un grande teologo, uomo astuto, geniale e
potentissimo quale fu Karl Rahner, dalla produzione teologica quantitativamente
prodigiosa, tanto che difficilmente si comprende – a parte le sue capacità e
metodo di lavoro straordinari - come
possa aver prodotto tanto in uno spazio di anni non certo breve, ma neppure
particolarmente lungo, senza fortissime facilitazioni e senza fortissimi aiuti,
che non sono del tutto chiari. E per far questo conviene iniziare facendo un
passo indietro nel tempo col ricordare quali furono gli intenti di un altro santo
Pontefice, Giovanni XXIII nell’indire il Concilio e quale l’atteggiamento del Santo
Pontefice nei confronti di Rahner.
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Il grande errore dell’età moderna
denunciato da Concilio è stato l’ateismo materialista. Tuttavia il Concilio non
ha pensato di denunciare l’altra pericolosissima insidia, esattamente
corrispettiva a quella dell’ateismo, che è l’idealismo panteista. Ha tenuto
presente Marx, ma non ha considerato Hegel. Per cui non ci ha mostrato che
ateismo e panteismo si corrispondono esattamente, sono le due facce della stessa
medaglia.
Ora l’insidia fondamentale del rahnerismo
sta proprio qui, che Rahner, volendo dare ad intendere di aver capito lui, al
di là dei tomisti, qual è il vero concetto tomista dell’essere, falsifica il
suo pensiero presentando Tommaso come fosse un hegeliano, quando, se c’è un campione
del realismo, questo è proprio Tommaso. Il colpo di mano di Rahner è dunque
formidabile e di una sfrontatezza incredibile.

In realtà il disprezzo o rifiuto della teologia
scolastica è un atteggiamento che risale al Rinascimento e a Lutero, per
esprimere l’ostilità o il rifiuto della teologia tomista in nome di una teologia
basata solo sulla terminologia biblica, soprattutto ebraica, senza tener conto
del fatto che se il vocabolario ebraico è più povero di quello greco, i termini
ebraici sono carichi di molte virtualità semantiche, che alla fine dicono anche
di più di quello che dice il greco o il latino. Per esempio, barà in ebraico
significa fare e creare, mentre la lingua greca che pure ha ktizein e poiein,
non ha un termine specifico per significare creare. Così pure dabar, parola, è in
greco rema, ma è anche concetto, nòesis, ragione, logos, opera, pragma, praxis.
Con tutto ciò i Padri conciliari del nord
Europa fecero bene a spingere i Padri conservatori a realizzare i voti di San Giovanni
XXIII e di San Paolo VI che si usasse un linguaggio non scolastico o
didascalico, come da lezione di scuola e neppure giuridico da legge positiva,
ma biblico, patristico, omiletico o, come si diceva kerigmatico o pastorale.
Immagini da Internet:
- L’incipit del libro della Genesi, e con esso della Bibbia
- Parashat Bereshit. La creazione è un fondamento della fede ebraica