Progressismo e modernismo
Il vero progresso è un passaggio dal bene al meglio
non dal bene al male
A partire dagli anni del postconcilio si è diffuso nella Chiesa l’uso di distinguere in essa due correnti o tendenze contrapposte: i cosiddetti «conservatori» e i cosiddetti «progressisti». Gli inventori di questa distinzione sono stati in modo speciale, anche se non solo, coloro che abusivamente hanno chiamato se stessi progressisti, considerandosi interpreti, protagonisti e fautori del progresso dottrinale, morale ed ecclesiale promosso dal Concilio, araldi delle aperture, dei cambiamenti, delle riforme e delle novità introdotti dal Concilio.
Come ha potuto verificarsi questa truffa da parte dei modernisti? Come ha potuto risorgere con rinnovata seduzione quel modernismo che sembrava esser stato sconfitto da San Pio X? Il fatto è che la Pascendi fu sì certamente un’efficace condanna degli errori modernisti, ma Pio X non pensò di accogliere la giusta tesi modernista secondo la quale era giunto il tempo che la Chiesa assumesse i valori del pensiero moderno senza limitarsi a condannare gli errori. Anzi i modernisti pensavano che era la Chiesa che doveva correggere certi suoi giudizi dottrinali sulla modernità. E in ciò erano certamente loro a sbagliare, benché nessuno nega che la Chiesa nei secoli passati abbia commesso errori nel campo della pastorale.
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Ricordo che quando insegnavo teologia a Bologna alcuni miei colleghi in vista giudicarono il mio insegnamento come «inutile, non evolutivo e troppo polemico». Ed infatti dal loro punto di vista era vero: inutile, perché ricordavo valori dimenticati, non evolutivo, perché non seguivo Teilhard de Chardin e rifiutavo l’evoluzionismo dogmatico, e troppo polemico, perchè smascheravo gli errori del modernismo: un giudizio tipicamente modernista.
Un trucco dei modernisti ancor oggi è quello di respingere, ritenendole superate, le categorie metafisiche delle quali fanno uso il dogma e la dottrina della Chiesa, sotto pretesto della necessità certamente indiscutibile di rinnovare il linguaggio teologico e di usare termini e concetti comprensibili dagli uomini d’oggi.Cielo e terra passano; la parola di Dio non passa. I dogmi, le formule, gli articoli e i concetti di fede non cambiano di significato, ma mantengono sempre lo stesso significato per tutto il corso della storia, benché possano essere espressi meglio con termini diversi e sempre meglio chiariti, approfonditi, esplicitati e spiegati.
Non sempre il nuovo è buono. L’aggiornamento è un dovere, per non perdere i contatti col presente. Tra le cose o idee nuove o moderne occorre operare un discernimento e dare una valutazione alla luce della sana, fondata e viva tradizione, dei dogmi della fede e della sana ragione.
Immagine da Internet: Ascensione di Gesù con Apostoli, Chiesa San Frediano, Lucca
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