30 gennaio, 2025

Guido Mattiussi e Joseph Maréchal - Due Gesuiti in contrasto fra di loro su Kant alle origini del modernismo - Terza Parte (3/3)

 

Guido Mattiussi e Joseph Maréchal

Due Gesuiti in contrasto fra di loro su Kant

alle origini del modernismo

 Terza Parte (3/3)

 

La dottrina kantiana della conoscenza

può conciliarsi con quella di San Tommaso?

Negli anni seguenti alla pubblicazione dell’enciclica nella Compagnia di Gesù apparvero due dotti Gesuiti, prima il Padre Guido Mattiussi e successivamente il Padre Joseph Maréchal, i quali, accortisi che l’enciclica Pascendi era sostanzialmente una messa in guardia contro gli errori di Kant, che col pretesto dell’ammodernamento della teologia, erano penetrati fra i cattolici, assunsero due atteggiamenti opposti: Mattiussi dette giustificazione degli errori kantiani condannati dall’enciclica, mettendo in luce l’agnosticismo di Kant dovuto al suo fenomenismo e principio del suo immanentismo, per cui lo contrappose  a San Tommaso, mentre Maréchal, forte di diligentissimi studi kantiani e di una buona preparazione tomista, si dette a elaborare una tesi audace, preparata dalla pubblicazione di ben cinque libri, pieni di una ricchissima erudizione storico-critica, secondo la quale tesi, salve restando le condanne papali, era tuttavia possibile trovare un punto di convergenza fra la filosofia di San Tommaso e quella Kant, in quanto, secondo il Maréchal il metodo trascendentale kantiano potrebbe essere «trasposto» in termini di realismo gnoseologico tomistico.

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Maréchal sembra trovare un principio di realismo e quindi di aggancio a San Tommaso in Kant non tanto nella cosa in sé, elemento di indubbio realismo rimasto in Kant, quanto piuttosto in quello che egli chiama «finalismo o dinamismo dell’intelletto», per cui l’intelletto in ogni suo giudizio possederebbe uno slancio o una tensione immediata verso l’assoluto, idea, questa, che in realtà non esiste né in Kant né in Tommaso, i quali connettono come è giusto il conoscere e l’attività dell’intelletto al pensiero, alla causa formale ed alla rappresentazione e non al moto, all’azione o alla causa finale, propria della volontà.

È indubbio che l’intelletto ha un fine, che è quello di conoscere la verità. Ma ci pensa la volontà a dirigere l’intelletto a conseguire il suo fine, che è il suo bene; e l’intelletto muove la volontà al conseguimento del fine; ma non è che l’intelletto abbia per conto suo una forza o una spinta per cui si muova verso il suo fine a somiglianza di un soggetto agente che si avvicina a una meta. Tutto questo dinamismo appartiene alla volontà.

L’intelletto raggiunge il suo fine semplicemente in un atto che è l’atto di un atto e non di una potenza. L’atto dell’intelletto è l’identificazione del pensare col pensato, atto istantaneo e intemporale. È la potenza intellettiva che passa dalla potenza all’atto, ma non l’atto del conoscere. Questo è istantaneo e sovratemporale, a differenza dell’atto della volontà che, per muovere un corpo, si svolge nel tempo.  

 

 

Mattiussi, esplicitando l’accusa di agnosticismo fatta dall’enciclica, mette in luce il fatto che Kant, nel momento in cui vuol eliminare il dubbio, l’agnosticismo e lo scetticismo, vi cade dentro, giacchè distrugge proprio ciò che gli serve per costruire, nega il criterio stesso che gli serve per giudicare, nega il termine di paragone che gli serve per fare il confronto. È ciò che mette in rilievo il Mattiussi.

 

 Immagini da Internet:
- Guido Matteussi
- Joseph Maréchal


 

29 gennaio, 2025

Guido Mattiussi e Joseph Maréchal - Due Gesuiti in contrasto fra di loro su Kant alle origini del modernismo - Seconda Parte (2/3)

 

Guido Mattiussi e Joseph Maréchal

Due Gesuiti in contrasto fra di loro su Kant

alle origini del modernismo

 Seconda Parte (2/3)

 Che cosa volle fare Kant?

Kant ritenne che ai suoi tempi era giunto il momento che la ragione mettesse ordine in se stessa liberata da vane pretese o ingenue credulità, speciose illusioni, irragionevoli dubbi, mescolanza con fantasticherie, indisciplina logica, soggezione a superstizioni e fanatismi, capace di fare l’inventario dei suoi contenuti, dei suoi princìpi, delle sue operazioni e delle sue leggi, di misurare le sue forze e le sue risorse, di chiarire qual è il suo scopo, di determinare il suo ambito e i suoi confini, nel suo rapporto con i sensi, l’esperienza, la sua storia, la volontà e la realtà esterna.

Per Kant uscire dai limiti della ragione è illusione, follia, demenza, irrazionalità, immoralità. Superarli? Li supera con l’idea suprema della ragione, l’idea di un Dio, ente primo e supremo, fine ultimo, sommo bene, creatore, personale, provvidente, rimuneratore, onnipotente.  Tuttavia la ragione non è superata e non è creata da questo Dio, che è immanente alla ragione la quale lo coglie come idea superando sé stessa. 

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Kant si era formato alla metafisica di Wolff, la quale, alla maniera di Cartesio, non partiva dalla constatazione delle cose per ricavare la nozione dell’ente, ma partiva dalla coscienza di sé e delle cose. Inoltre Wolff sulla questione dell’oggetto della metafisica non è chiaro, perché egli espone il suo pensiero in merito in due trattati, uno in tedesco, la Metafisica tedesca, e uno in latino, l’Ontologia, dove l’oggetto della metafisica è presentato in due modi differenti.

Infatti nella Metafisica tedesca egli non pone ad oggetto della metafisica l’ente, che in tedesco si può rendere con la parola seiende o wesen o Dasein. Usa invece il termine Ding o Sache, che significa «cosa», in latino res, da cui viene realtà, in tedesco Wircklicliteit.

Ora la cosa (res) non è esattamente l’ente (ens), ma è uno dei trascendentali, quello che si riferisce all’ente in quanto essenza. Ente, invece, non dice solo essenza, ma anche essere, che è l’atto dell’essenza.

Invece, nella sua Ontologia, scritta in latino, Wolff usa il termine ens per designare l’oggetto della metafisica, solo che per lui non è l’ente esistente in atto d’essere, e tanto meno è l’essere come atto d’essere, ma è l’ente possibile, nell’anima, che può essere attuato e divenire reale fuori dell’anima.

Da qui noi comprendiamo come da questa metafisica possa scaturire l’idealismo al posto del realismo. Infatti è chiaro che il possibile appartiene al piano dell’ideale e non del reale e se il primo oggetto del pensare è il possibile, il reale perde il primato che esso ha nel realismo, e diventa un derivato del possibile: l’idea diventa più importante della realtà. Opportunamente, quindi, in polemica contro l’idealismo, il Papa ci ha richiamato al primato della realtà sull’idea.

Wolff, come Cartesio, inverte e falsifica il processo del conoscere umano: noi cominciamo col conoscere le cose esistenti in atto, e da qui traiamo la nozione della loro possibilità. Non cominciamo a conoscere il possibile (ideale) per aggiungervi successivamente l’attuale (reale), ma attingiamo all’attuale, per capire successivamente che è l’attuazione del possibile. Spetta a Dio creatore e non all’uomo conoscere a priori l’idea delle cose e, se crede, scegliere fra di esse quelle che vuol realizzare creandole. Ma noi le attingiamo già create e solo conoscendole ne conosciamo la loro possibilità.


Immagine da Internet:
- La creazione, Battistero San Giovanni, Firenze
- Christian Wolff

28 gennaio, 2025

Guido Mattiussi e Joseph Maréchal - Due Gesuiti in contrasto fra di loro su Kant alle origini del modernismo - Prima Parte (1/3)

 

Guido Mattiussi e Joseph Maréchal

Due Gesuiti in contrasto fra di loro su Kant

alle origini del modernismo

 

Prima Parte (1/3)

Un’istanza giusta realizzata in modo sbagliato

Il modernismo nacque da un’istanza in sé stessa giusta, un’istanza di ammodernamento della teologia cattolica, che tenesse conto dei valori del pensiero moderno, ma fu soddisfatta in una maniera sbagliata. Ciò fu causato da un equivoco su cosa si deve intendere per filosofia moderna e dalla conseguente assunzione di un criterio errato di valutazione e discernimento, i cui risultati non potevano che essere disastrosi.

Infatti l’espressione «filosofia moderna» può avere due significati: o semplicemente la filosofia che esiste oggi, in tutti i suoi aspetti positivi e negativi, che è il significato più ovvio, ossia un semplice dato di fatto storico, supponendo che il moderno sia migliore dell’antico; oppure l’espressione può significare la filosofia che oggi deriva da quella cartesiana, che i suoi seguaci comprensibilmente considerano la migliore e la più avanzata. 

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Per chiunque conosce Kant appare subito evidente qual è il filosofo al quale Pio si riferisce. E difatti troviamo nell’enciclica i tre caratteri della filosofia kantiana: il fenomenismo, l’agnosticismo e l’immanentismo.

Io affermo che Dio esiste, secondo Kant, non perché, partendo dai fenomeni, dalla realtà esterna o dalle cose in sé, lo scopro come causa prima e creatrice delle cose delle quali ho esperienza, ma perché ne ho bisogno per far funzionare la mia ragione. Io non dimostro, ma postulo l’esistenza di Dio, esistenza pertanto che non è una realtà fuori e al di sopra della mia ragione, ma è un’idea immanente alla mia ragione e posta dalla mia ragione per fondare sé stessa o dar ragione di sé stessa.

A partire dal postconcilio, per una falsa interpretazione delle sue direttive, si avviò purtroppo un falso progresso, simile a quello che era stato il modernismo dei tempi di Pio X. E qui un promotore di questo neomodernismo fu appunto il Maréchal, ripreso successivamente da Rahner, il quale ha peggiorato ulteriormente l’operazione maréchaliana col creare nella sua teologia un’evidente confusione fra il pensiero di San Tommaso e quello di Hegel e di Heidegger.

Immagine da Internet: San Tommaso d'Aquino, Peroni Giuseppe, Parma

23 gennaio, 2025

Le primizie dello Spirito - I doni carismatici straordinari dello Spirito Santo - Terza Parte (3/3)

 

Le primizie dello Spirito

I doni carismatici straordinari dello Spirito Santo

Terza Parte (3/3)

 Dono di veggenza ed audizione. Santa Bernadette Soubirous

 

I vostri giovani avranno visioni

Gl 3,1

Da notare qui soprattutto le apparizioni mariane e i messaggi della Madonna. Si tratta delle cosiddette «rivelazioni private». La Madonna appare al solo veggente ovviamente non in sé stessa come ella è in cielo, ma in un’immagine creata da Dio per l’occasione o formata dagli angeli o in un’immagine impressa da Dio nell’occhio del veggente. Il suono delle parole della Madonna non è un suono fisico naturale, udibile dal comune udito, ma è un suono prodotto o direttamente da Dio o dall’angelo, tale da riprodurre il normale suono fisico, ma ordinato alla trasmissione del messaggio della Madonna.

Il veggente riceve dalla Madonna messaggi da trasmettere ai fedeli per rafforzare, correggere e migliorare la loro vita. La Madonna ottiene dal cielo segni prodigiosi, che servono a rendere credibile la testimonianza della veggente o del veggente. 

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 https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/le-primizie-dello-spirito-i-doni_43.html

 

Qual è sostanzialmente l’odio che gli uomini hanno nei confronti di Cristo? È l’invidia. Si accorgono della grandezza di Cristo, vorrebbero essere alla pari di lui, avere la sua stessa gloria e, constatando che non ci riescono, lo osteggiano e lo denigrano. La sorte dei grandi santi, è la stessa.

Ma che importa avere doni eccezionali? Non è sempre una meraviglia ciò che Dio ci ha dato? Dobbiamo lodarlo e glorificarlo quando veniamo a conoscere un’opera maggiore della sua misericordia!

Non dobbiamo desiderare di essere ammirati e seguiti da molti, ma di servire molti e, sull’esempio di Cristo, di dare la vita per molti. Questa è la vera gloria. Questo è corrispondere ai doni di Dio. Questa è la pregustazione delle primizie dello Spirito. 

Certo, anche i doni eccezionali, sono primizie dello Spirito. Ma anche il riceverli, e poi insuperbircene come accadde al demonio, a che ci servirebbe? Meglio stare bassi e lasciare che sia Dio stesso ad innalzarci. Solo così potremo ricevere già da adesso e in pienezza in futuro molto di più di quanto di meglio potremmo immaginare e desiderare.

 
Immagine da Internet: Allegoria dell'invidia, Scuola emiliana XVIII sec.

22 gennaio, 2025

Le primizie dello Spirito - I doni carismatici straordinari dello Spirito Santo - Seconda Parte (2/3)

 

Le primizie dello Spirito

I doni carismatici straordinari dello Spirito Santo

Seconda Parte (2/3)

 Doni di passione e doni di risurrezione

Tutto il mistero e l’efficacia dell’opera salvifica e glorificatrice di Cristo si riassumono in tre atti fondamentale della sua vita terrena: passione, morte e risurrezione. Dunque i doni che egli ci fa si riassumono in questi tre gruppi. Dio ha certo suoi fini e criteri nella scelta di queste anime privilegiate: decreti certo sapientissimi e provvidenziali, ma per noi assolutamente insondabili ed imperscrutabili. In queste anime risplende con eccezionale fulgore la meraviglia della sua potenza, della sua libertà e della sua grazia. 

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Un dono straordinario dello Spirito Santo è l’ispirazione che dà ad alcune rarissime anime generose e coraggiose di fare il voto di vittima o di offrirsi come vittima sull’esempio di Cristo vittima di espiazione per i nostri peccati, per ottenere da Dio grazie speciali a beneficio della Chiesa o della patria o dell’umanità.

Tra i diversi casi che si potrebbero citare ricordo quello di un mio confratello originario della Cechia, il Servo di Dio Padre Tomas Tyn, morto nel 1990 a 39 anni.

I miracoli, come dice il Concilio Vaticano I, sono «opere divine (facta divina), le quali, dato che mostrano luminosamente l’onnipotenza e l’infinita scienza divine, sono segni certissimi della divina rivelazione, proporzionati all’intelligenza di tutti» (Denz.3009). Infatti nel miracolo avviene qualcosa che si può spiegare solo con la sapienza e la potenza del creatore, perché sorge qualcosa dal nulla.

Immagine da Internet: Ultima Cena, Tiziano Vecellio

21 gennaio, 2025

Le primizie dello Spirito - I doni carismatici straordinari dello Spirito Santo - Prima Parte (1/3)

 

Le primizie dello Spirito

I doni carismatici straordinari dello Spirito Santo

Prima Parte (1/3)

 

Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù

Col 3,1

 La dottrina degli organi del corpo

Già gli antichi pagani, come testimonia il famoso apologo di Menenio Agrippa, hanno avuto l’idea di paragonare la pluralità e diversità dei servizi sociali agli organi di un unico corpo vivente. La stessa idea ricorre in San Paolo, quando espone la sua dottrina del Corpo mistico di Cristo, dove i diversi uffici rappresentano come i singoli organi di questo Corpo.  

Ma il rischio di queste rappresentazioni è quello di favorire il totalitarismo e la tirannide, che riduce le singole persone ad ingranaggi di una macchina o agli accidenti di una sostanza, lo Stato o la società; per cui la singola persona risolve il senso della sua esistenza nell’essere funzionale e relativa alla sostanza, in pratica al capo, che rappresenta la sostanza, l’unico vero ente personale, che sostituisce Dio, al quale solo in realtà la persona umana può essere totalmente ordinata, in quanto è il suo creatore. 

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La dottrina dei doni dello Spirito Santo è basata sulla dottrina paolina del Corpo mistico, dove esistono vari organi – appunto i vari doni – gli uni al servizio degli altri, tutti reciprocamente complementari e tutti armonizzati, unificati, gerarchizzati e ordinati fra di loro dell’unico Spirito Santo, che è lo Spirito di Cristo, Capo del Corpo, che è la Chiesa.


Tali doni sono pertanto qualità o attitudini operative, abiti soprannaturali gratuiti elargiti dallo Spirito Santo, attivi sotto il suo impulso, come elevazione e perfezionamento dell’anima in grazia al fine di santificarla e farle compiere atti al servizio della carità.

I doni di servizio o ministeriali sono detti anche carismi e sono, come insegna il Concilio Vaticano II, di due specie: gerarchici e carismatici. I doni gerarchici sono i tre gradi del sacramento dell’Ordine, riservati al sesso maschile: diaconato, presbiterato ed episcopato. I doni carismatici, ordinari e straordinari, sono conferiti a uomini e donne. Questi doni servono, come si è detto, all’edificazione della Chiesa e al bene dell’umanità.

Immagine da Internet

20 gennaio, 2025

Chi è l’ateo?

 

Chi è l’ateo?[1]

Che cosa intendiamo con la parola «Dio»?

Si dice comunemente che l’ateo è chi nega che Dio esista. Che cosa s’intende con la parola «Dio»? Se guardiamo nel vocabolario, troveremo: «ente supremo». Una volta che abbiamo chiarito il significato della parola, nasce un’altra domanda: chi è Dio? Qual è il vero Dio? A chi conviene il predicato «Dio»? Come dev’essere un ente per essere convenientemente chiamato Dio? Perché meriti il nome «Dio»?  Infatti c’è la possibilità di chiamare «Dio» ciò che non è Dio.

L’ateo si rifiuta di usare la parola Dio e si chiude alla comprensione di questa parola. Per lui è una parola vuota di senso, un termine per designare qualcosa che non esiste e che quindi non offre alcun interesse. Altri associano a questa parola i significati più diversi: l’uomo, la coscienza, l’io, l’essere, il pensiero, il mondo, l’universo, l’assoluto, l’infinito, l’indeterminato, il mistero, la totalità, l’evoluzione, la storia.

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La ragione umana normalmente funzionante, spontaneamente e necessariamente, come ha esperienza delle cose, come si accorge che esse sono causate, ossia appena percepisce l’effetto, s’interroga sulla sua causa sufficiente e proporzionata, ossia dall’effetto risale alla causa. 

Nessuno ignora in buona fede che Dio esiste

 

 

 

 

Immagine da Internet:
- Busto ottocentesco di Lucrezio a Roma

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[1]  Articolo pubblicato: https://substack.com/@aurelioporfiri

https://substack.com/home/post/p-153115441

https://aurelioporfiri.substack.com/p/chi-e-lateo?utm_campaign=post&utm_medium=web

19 gennaio, 2025

Diritti dell’uomo e diritti di Dio - Sovvertimento e restaurazione nella Rivoluzione Francese - Terza Parte

 

Diritti dell’uomo e diritti di Dio

Sovvertimento e restaurazione nella Rivoluzione Francese

Terza Parte

 Il rapporto dello Stato con la Chiesa

Dalla Dichiarazione del 1789 si ricava che il fine dello Stato e del governo civile è la cura del bene comune temporale così come può essere determinato in base alla ragione e al diritto naturale. Da qui discende la cura delle realtà sociali e delle comunità umane presenti nel territorio dello Stato. Ora la Chiesa si presenta agli occhi dello Stato come comunità coinvolta nella cura del bene comune e nel rispetto dei diritti umani, disposta ad obbedire alle direttive del capo dello Stato e alle leggi dello Stato. 

La Dichiarazione, peraltro, col riconoscere la libertà di opinione e la libertà religiosa, rinuncia a interferire negli affari interni della Chiesa. Pertanto, i difetti della Costituzione civile del clero, giustamente segnalati e condannati da Pio VI, furono  quello di interferire negli affari interni della Chiesa per quanto riguarda la libertà di azione del clero e dei Vescovi, nonché quella degli istituti religiosi, fu quello di violare il diritto di proprietà della Chiesa e quello di impedire la libera formazione e diffusione della cultura cattolica, con la soppressione degli Ordini religiosi. 
 
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Luigi XVI ebbe una buona idea a convocare gli Stati generali nel 1789 per risolvere i gravi problemi economici e sociali del paese, onde avere un aiuto e un consiglio sul da farsi.

Il Re purtroppo non si rese conto che il costituirsi di questa Assemblea aveva una base giuridica nel diritto del popolo all’autogoverno e che la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino poteva essere accettata come base giuridica dello Stato, senza che ciò ledesse necessariamente i diritti della monarchia, della nobiltà e del clero.

Purtroppo anche Pio VI non seppe accorgersi degli elementi recuperabili nella concezione illuministica e massonica dello Stato. Solo col Concilio Vaticano II la Chiesa avrebbe assunto in pieno gli aspetti validi delle concezioni illuministiche settecentesche.


L’enorme disagio della Francia che nel ‘700 la condusse alla rivoluzione non fu solo un disagio politico, ma più profondamente fu un travaglio umano, morale, spirituale ed ecclesiale. Anzi, dirò di più: nella Francia, eminente rappresentante della Chiesa cattolica, era la Chiesa stessa che stava subendo una grave crisi, una crisi che sarebbe stata di crescita, che sul momento invece apparve ai cattolici e al Papa stesso, come gravissimo pericolo di vita.

Se la Chiesa avesse saputo affrontare lei di petto l’enorme problema, probabilmente non ci sarebbe stata la Rivoluzione francese, perché ne avrebbe tolto il veleno, spuntata la forza critica e accontentato le istanze giuste. Per fare questo lavoro avremmo dovuto aspettare il Concilio Vaticano II. Non del tutto sbagliata fu quindi la frase del Card. Suenens quando disse che il Vaticano II fu il 1789 della Chiesa. Certo, durante i lavori del Concilio ci furono momenti drammatici, nei quali ci fu la sensazione di una bufera rivoluzionaria.

Immagini da Internet:
- Stati Gemerali 1789, Auguste Couder
- Concilio Vaticano II

18 gennaio, 2025

Diritti dell’uomo e diritti di Dio - Sovvertimento e restaurazione nella Rivoluzione Francese - Seconda Parte

 

Diritti dell’uomo e diritti di Dio

Sovvertimento e restaurazione nella Rivoluzione Francese

Seconda Parte

 La questione dell’autorità politica

 Per quanto riguarda la questione dell’autorità politica e di quella del governante, la Dichiarazione non tiene conto dell’importantissimo insegnamento di San Paolo:

 

«Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna» (Rm 13,1-2).

Ben lungi da avallare qualunque situazione di fatto, qui San Paolo, al contrario, ci dà il criterio per sapere qual è il fondamento della legittima autorità umana, che non sia dispotismo e tirannide: è il fatto di partecipare dell’autorità divina. 

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 https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/sovvertimento-e-restaurazione-nella_18.html


Per sapere quali sono i diritti dell’uomo occorre sapere quali sono i caratteri essenziali della natura umana, quali sono i suoi fini e quali i doveri che la vincolano in coscienza davanti a Dio o quali sono le leggi che deve mettere in pratica per ottenere il suo bene e raggiungere la sua felicità. Occorre quindi sapere che l’uomo è creato da Dio al quale, in quanto creatore, spetta fissare le norme della condotta umana. Il fondamento dei diritti umani è quindi la volontà di Dio creatore dell’uomo.

La ferma volontà di rispettare il diritto degli altri e di Dio, di obbedire alle leggi, di compiere il proprio dovere verso gli altri e verso Dio, di dare a ciascuno quello che gli spetta, è la virtù della giustizia. La giustizia è anche rivendicazione e difesa del proprio diritto. Al diritto da parte nostra corrisponde un dovere da parte degli altri.

Difetto della Dichiarazione del 1789 è l’insufficiente rifermento a Dio, pur indicato come «Ente supremo», ma non come creatore dell’uomo, per cui sembra che i diritti non abbiano la loro origine e fondamento nella volontà di Dio, ma solo nella volontà umana.


Si parla bensì di diritti universali: ma se non c’è il riferimento a Dio, questa universalità diventa come in Kant un qualcosa di puramente astratto e formale, che può essere alla fine riempito con qualunque contenuto.

Possiamo aggiungere che evidentemente il concetto di fratellanza introduce un fattore affettivo, che non è immediatamente avvertibile nel concetto di uguaglianza, che porta il pensiero solo all’universalità della natura umana, della legge morale naturale e della giustizia. Fratellanza dice solidarietà, collaborazione, reciprocità, disponibilità, concordia, amicizia, confidenza, comunione,

La fratellanza richiama anche all’idea della paternità; ma qui il concetto della Costituzione si arresta, perché essa non sa vedere una personalità trascendente in quanto a suo giudizio comprometterebbe l’uguaglianza per rintrodurre l’elemento gerarchico connesso con l’elemento aristocratico e monarchico. 


Immagini da Internet:
- Allegoria della Giustizia, G. Vasari, Firenze
- Allegoria della Fede, G. Vasari, Venezia

15 gennaio, 2025

Diritti dell’uomo e diritti di Dio - Sovvertimento e restaurazione nella Rivoluzione Francese - Prima Parte

 

Diritti dell’uomo e diritti di Dio

Sovvertimento e restaurazione nella Rivoluzione Francese

Prima Parte

 Uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli

Mt 23,8

 

                Rendete a Dio quello che è di Dio

                e a Cesare quello che è di Cesare.

                              Mt 22,21

 

Deposuit potentes de sede

Lc1,52

 Che cosa è la rivoluzione?

 Gli antichi Romani distinguevano un diritto umano da un diritto divino (ius et fas). Tale distinzione è stata ripresa e arricchita dal cristianesimo, il quale ha collegato ragione, diritto, legge e giustizia. Il cristianesimo pertanto distingue una ragione umana da una ragione divina, un diritto umano da un diritto divino, una legge umana da una legge divina e una giustizia umana da una divina.

È stato col razionalismo cartesiano che è sorta una teoria del diritto, della legge e della giustizia indipendente da Dio e pertanto, contrariamente agli intenti dichiarati, sorgente di violenza, tirannia ed ingiustizia. Questo razionalismo aveva inquinato la Corona francese così da ingenerare un regime tirannico, ma ancor più debitori a Cartesio, mediante la massoneria, furono i rivoluzionari che abbatterono la monarchia, così da dare sì alla Francia un regime repubblicano, ma viziato dal razionalismo massonico e liberale.

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L’anima dottrinale della Rivoluzione francese fu la famosa Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 26 agosto 1789. Essa era ispirata alla Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America del 1776 e avrà il suo sviluppo e coronamento – purificata dagli errori - nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo proclamata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. Successivamente questa Dichiarazione fu oggetto di lode ed approvazione da parte della Chiesa.

I lati positivi e quelli negativi della Rivoluzione francese sono la conseguenza degli aspetti positivi e di quelli negativi della Dichiarazione del 1789. 

Uno dei punti cardine della Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789 fu la proclamazione e la promozione dell’uguaglianza fra gli uomini: «Art. 1 – Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti»: gli uomini sono tutti uguali ed hanno gli stessi diritti.

L’uguaglianza della quale parla la Dichiarazione è evidentemente l’uguaglianza di natura: tutti hanno la medesima natura umana specifica con i suoi fondamentali bisogni, diritti e doveri. La legge morale è la stessa per tutti. È proibito pertanto fare accezione di persone. I privilegi devono essere giustificati da ragionevoli motivi e non effetto di discriminazioni, favoritismi o parzialità.


Ma la Dichiarazione ha prodotto anche danni ed ingiustizie gravissime per una malintesa concezione dell’uguaglianza umana. Ha voluto vedere nella Chiesa cattolica il sostegno di un regime tirannico basato sul fanatismo e l’irrazionalità, confondendo l’ossequio che il cristiano presta a Dio con una servile soggezione a chi sta al potere.

Nella Dichiarazione dei diritti del 1789 non si fa parola della fratellanza. Essa appare nella Dichiarazione dei diritti e doveri del cittadino, della Costituzione del 1795, come terzo elemento del motto repubblicano, e definita così: "Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi" (cosiddetta etica della reciprocità). Si tratta di un termine di evidente risonanza evangelica, anche se è chiaro che l’ideale dell’uguaglianza e della libertà di trova già nel Nuovo Testamento. Si pensi per esempio alla dottrina di San Paolo sulla libertà.

 

Immagini da Internet:
- Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America, 1776
- Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, 1789